Quando si parla di India, molti italiani, a tutti i livelli, si dimostrano ignoranti. Complice la non perfetta informazione che parte da qui, il poco spazio dedicato dai media italiani, gli stereotipi legati ai santoni, alla democrazia più grande del mondo, ai serpenti, agli elefanti, al paese della tolleranza, a Gandhi, etc, e anche a causa di scrittori che fanno i milioni con i libri sull’India avendo messo piede in questo paese tre volte nella loro vita, poca gente lo conosce veramente.
Una di queste dimostrazioni di poca conoscenza, è stata data dalla festa del cinema di Roma appena conclusa. Hanno deciso quest’anno di far diventare l’India il paese focus. Sono venuti a Mumbai nel marzo scorso i produttori italiani spinti dalla Confindustria e dall’Ice per fare affari con Bollywood. E hanno poi invitato i produttori, registi e star indiane a Roma.
Da quello che ho letto, a dire il vero, a Roma c’erano molti nomi sconosciuti anche in India. C’era qualche pezzo grosso, ma la maggior parte era quello che a Napoli si chiama ‘a mazzamma.
Blocca un italiano, anche un appassionato di cinema per strada e chiedigli: associami le parole India e cinema. Cosa ne viene fuori? E lui ti dirà subito: Bollywood. Niente di più sbagliato. Bollywood non è il cinema indiano o, meglio, non solo.
Il cinema indiano, essendo il cinema di un continente, è un universo variegato nel quale Bollywood rappresenta solo la punta dell’iceberg. Ma cos’è Bollywood? Crasi di Bombay e Hollywood rappresenta quel genere cinematografico indiano fatto di balli e canti, intorno ai quali si sviluppano le storie. Per il 90% le storie sono le stesse, da sceneggiata napoletana sul filone iss, ess e o malamente. Lui ama lei che però è combattuta o il loro amore è avversato perché in India ci si sposa con matrimoni combinati e nonostante lui, come recita il grande Tony Tammaro in Si pigl ‘o posto
Bimba Bimba Bimba questo amore è nostro,
tuo padre capirà pure si nun tengo ‘o posto,
dopotutto anch’io ce l’ho un mestiere
faccio ‘o giovane ‘e barbiere,
abbia una posizione. Ma i genitori la promettono a un altro e lei si strugge tra balli e canti. Ma dico io: una che sta impazzendo per amore, si può mettere a ballare o a cantare?
Da qualche anno a Bollywood hanno fatto la comparsa anche i film sociali. Il primo si può dire è stato Lagaan, successo internazionale (che palla!) una specie di Fuga per la vittoria in salsa indiana. La storia di un gruppo di sfessati indiani che per non pagare le tasse dal momento che non hanno soldi per la mancanza d’acqua, sfidano a cricket i colonizzatori inglesi e, ovviamente vincono. Il tutto fra balli e canti.
Nell’ultimo anno Lage Raho Munnabhai (del quale parlo in questo articolo), Dhoom, Rang de Basanti sul cambiamento dei giovani indiani e Chak de India sulle donne che giocano a hockey. Anche buone idee, ben filmate, ma sempre con i balli e i canti. Ce ne sono altri, dove i cattivi e i buoni si pigliano a mazzate peggio di Bud Spencer e Terence Hill, peggio di Bruce Lee, saltando volando, menando calci, pugni e paccheri c’a mano smerza. Ovviamente alla fine vincono i buoni. E anche qui si balla e si canta. Di conseguenza poi c’è tutto un merchandising delle canzoni dei film (che non sono cantate dagli attori ma da veri cantanti) che diventano anche suonerie per cellulari.
Sono pochi i film di Bollywood (nel senso di girati a Bombay nei famosi studios statali, tra i più grandi del mondo, la cosiddetta Film City) dove non si balla e canta. A me ne vengono in mente due molto belli: Black (storia di un professore scontroso e cattivo che si addolcisce insegnando a casa di una ragazza non vedente) e Gandhi my father, un bellissimo ed interessante film dove la figura del Mahatma viene analizzata dal figlio, con tutti i problemi che può comportare essere figlio di un Mahatma che per dare l’esempio si priva di tutto e ti chiede di privarti di tutto, che è padre per tutti meno che per i suoi figli. Non a caso ha destato molto scalpore in India.
Oltre a Bollywood, c’è un filone di film Tamil, del sud, un po’ più spinti, dove di solito una ragazza viene violentata e poi, vestita come Lara Croft, uccide i cattivi. Molti di questi film utilizzano scene già girate da altri.
C’è invece tutto un filone cinematografico sul quale si potrebbe investire, si potrebbe proporre in occidente. E’ quello del cinema di Calcutta, impegnato, che è nato all’ombra del neorealismo italiano. Il più grande autore in questo filone è stato Satyajit Ray, che, sotto l’influenza di De Sica, Visconti e Antognoni, ha dipinto splendidamente l’India rurale o comunque quella del Bengala negli anni 50-60. Grandi film a volte con attori sconosciuti. Capolavori. Oggi il suo testimone è stato preso da Gautam Ghose, autore di eccellenti pellicole.
Amitabh e a sinistra Abhishek Bachchan (foto AFP/Getty)
Dopotutto, il gusto occidentale si stanca facilmente dei film dove si balla e si canta. A parte Lagaan mi viene in mente solo Bride e Prejudice che ha avuto successo. Mentre riscuotono consensi i film di Mira Nair (gli ultimi a dire il vero hanno poco a che fare con l’india), autrice di ottime pellicole come Salaam Bombay, Mississipi Masala, Kamasutra e Monsoon Weddings, oltre all’ultimo Namesake, che però non mi è piaciuto molto.
Io inviterei a riconsiderare la nostra idea del cinema indiano. A vedere più film calcuttiani che bombayani, anche se obiettivamente i primi sono più impegnativi.
Inutile dire che anche dal punto di vista attoriale non sappiamo nulla dell’India. Per noi l’attore indiano è Kabir Bedi, il mitico Sandokaaaaaaaan, Sandokaaaaaaaaan du du du du du du du….. Qui è poco conosciuto. Non dico che sia sconosciuto, ma non è proprio una star di primissima grandezza.
Abhishek Bachchan e sua moglie Aishwarya Rai e una foto di Aish
Il più grande in assoluto, quello che gli indiani no chiamano attore, ma the living legend, la leggenda vivente, è Amitabh Bachachan. Effettivamente un grande. Di lui ho visto Black, grande performance. Dietro di lui ci sono suo figlio Abhisheck, Aamir Khan (produttore e attore in Lagaan, mi sta un po’ antipatico), Shar Rhuk Khan. Ancora dietro Sanjay Dutt e poi una serie di star e starlett.
Tra le donne, piazza d’onore per Aishwarya Ray, ex miss universo (anche se come attrice non è proprio il massimo) protagonista di Bride and Prejudice e non a caso moglie di Abishek Bachachan e volto di grandi case internazionali di cosmetici. A seguire, una serie di star e starlett (mi si lasci dire che molte so bone): Kareena Kapoor, Shilpa Shetty (più famosa per il bacio con Richard Gere che per altro), Priyanka Chopra, Deepika Padukone e altre.
E poi c’è la mia preferita Sonali Kulkarni. Non a caso ha partecipato anche a Fuoco su di Me.
Sonali nel ruolo di Graziella in Fuoco su di Me (foto G. Fiorito)
Sonali (foto Mimmo “Dagherrotipo” Torrese)
Se quelli della festa del cinema di Roma avessero chiesto a qualcuno che se ne intendeva e non sempre ai soliti soloni, il focus India avrebbe avuto un senso reale e non si sarebbe limitato alla presentazione di commediole bollywoodiane tipo musical di quart’ordine. Ma, the show must go on. E lasciamolo andare.
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