Chi di voi è stato in India, ha visto il modo incredibile con il quale gli indiani guidano. e incredibile è un eufemismo. E’ un insieme non scritto di regole non scritte, dove vige la regola del più forte, del più grosso. Capita quindi che in una stradina stretta che chiamare lingua offenderebbe la glossa id molti, in un lembo di asfalto in mezzo a filari di alberi, tu stai con la tua auto e contro ti viene un camion riempito all’inverosimile, tanto da farlo pendere da un lato. Che fai, chi si muove? Tocca a chi ha l’auto più piccola spostarsi.
Regole come questa sono alla base del guidare in India. Dove per stare decentemente in strada non hai bisogno di un’auto funzionante, ma di qualsiasi trabiccolo a cui funzionino freni e soprattutto clacson. Dopotutto tutti i camion hanno dietro la scritta horn please, suona per favore. Se te lo chiedono loro!
Io non ho mai avuto autista, se non per il primo mese. Dopotutto, se un indiano può guidare, perché non potrei farlo io. Qualche maligno che abitano al di sopra del Volturno potrebbe dire che essendo napoletano sono avvantaggiato, forse è vero non perché a Napoli c’è traffico sui guidi male (chiunque sia stato a Roma sa che nella capitale è peggio), ma perché il nostro DNA è superiore, non c’è dubbio.
Intanto, a parte questioni genetiche, i nodi sono venuti al pettine. Il Times of India, uno dei più grandi quotidiani indiani, ha infatti rivelato in un inchiesta che per prendersi la patente in India basta pagare. Bella scoperta! A parte il fatto che basta farsi un giro per Delhi o per le altre città per capire che chi ha la patente non ha sicuramente mai fatto nessun tipo di scuola. Ma che bisognasse solo pagare lo avevo già detto io, in questo post. Io ho pagato per avere la patente e ho anche pagato per avere la targa. Sono andato al mercato e ho scelto la targa diplomatica del paese che più mi piaceva. L’ho messa dietro alla mia Ambassador e così i vigili non mi fermano più per chiedermi la tangente.