La fiaccola a Hong Kong

La fiaccola olimpica ha cominciato la sua staffetta in territorio cinese, dopo un pellegrinaggio cominciato a marzo e che ha toccato 5 continenti e 21 citta’. A Hong Kong il sacro fuoco di Olimpia e’ stato portato per 8 ore da 120 tedofori, sotto una pioggerellina e senza molte proteste, con una ventina di fermati. E domani in Cina arriveranno anche due inviati del Dalai Lama per ”colloqui informali” che, secondo molti osservatori, non porteranno a nulla. La politica di ”un paese, due sistemi”, non ha funzionato come doveva nella ex colonia britannica, annessa alla Cina nel 1997. Ad Hong Kong il governo assicura maggiore liberta’ di informazione e di espressione rispetto alla Cina, ma le autorita’ locali hanno dovuto vedersela con le pressanti richieste di Pechino di non permettere manifestazioni anti cinesi o pro Tibet. Gia’ da qualche giorno era cominciato un repulisti della polizia di Hong Kong, che aveva soprattutto innalzato barriere agli aeroporti, vietando in particolare l’accesso in citta’ a stranieri se considerati vicini alle posizioni tibetane. Ne ha fatto parzialmente le spese anche Mia Farrow, alla quale e’ stato permesso di entrare dietro promessa di non interferire con la staffetta. E l’attrice, da sempre sostenitrice dei diritti umani e critica nei confronti di Pechino anche per il suo appoggio al regime di Kartoum che non cessa le violenze in Darfur, si e’ limitata, dopo una conferenza stampa, ad accendere una simbolica fiaccola dinanzi agli uffici della municipalita’ di Hong Kong. Partita dal porto Victoria Harbour di Kowloon, la fiaccola ha visto come primo tedoforo l’unica medaglia d’oro di Hong Kong, Lee Lai-shan, olimpionico nel windsurf ad Atlanta. La torcia, come in ogni altra citta’, era scortata da agenti a piedi e sui mezzi mentre in totale 3000 uomini ne assicuravano un passaggio tranquillo per le vie di Hong Kong. Migliaia i sostenitori della fiaccola sparsi sul percorso con bandiere e abiti rossi, un centinaio i manifestanti tenuti a distanza. Non solo manifestanti pro Tibet, ma anche per i diritti civili e la liberta’ di stampa e di espressione in Cina. La polizia ha impedito loro di raggiungere la fiaccola e una ventina sono stati arrestati, dopo che erano entrati in contatto con cinesi sostenitori di Pechino. Domani sara’ la volta di Macao, e poi la fiaccola comincera’ il suo giro in continente da Hainan, per arrivare l’8 agosto a Pechino. La sorella gemella, sta aspettando invece a quota 6000 sull’Everest che migliori condizioni meteorologiche le permettano di arrivare agli 8848 metri. Saranno Lodi Gyaltsen Gyari e Kelsang Gyaltsen i due inviati del Dalai Lama che domani a Pechino avranno ”colloqui informali”, con le autorita’ cinesi. Chhime R. Chhoekyapa, segretario del Dalai Lama, ha detto che gli inviati della visita, che si annuncia breve, discuteranno della situazione nelle aree tibetane. ”Essi – ha scritto Chooekyapa in un comunicato – esprimeranno la preoccupazione del Dalai circa la gestione da parte delle autorita’ cinesi della situazione in Tibet e forniranno dei suggerimenti per portare pace nella regione”. Ma secondo molti osservatori, la visita ha solo uno scopo promozionale di Pechino, al quale comunque i tibetani non potevano sottrarsi. Dal 2002 ci sono stati sei incontri tra emissari del Dalai Lama e governo cinese, risolti in un nulla di fatto. Oggi il governo tibetano in esilio a Dharamsala ha denunciato che poliziotti cinesi hanno cremato oltre 80 corpi di tibetani a Lhasa, morti durante i moti del marzo scorso, per nascondere le prove degli scontri.

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