Portano diritte ai taleban e alle zone tribali nella parte occidentale del paese, le indagini della polizia pachistana sulle mani che ieri hanno fatto esplodere un camion bomba dinanzi all’Hotel Marriott di Islamabad provocando almeno 60 vittime, tra cui l’ambasciatore della Repubblica Ceca e due militari dell’ambasciata Usa. Anche se nessuna rivendicazione e’ stata fatta, gli investigatori pachistani, che hanno ricevuto informazioni dai servizi di sicurezza, propendono per un attacco voluto da Al Qaida e dai suoi gruppi di appoggio in Pakistan che, nella zona frontaliera con l’Afghanistan, hanno trovato i loro ‘santuari’. La convinzione emerge dalle parole del ministro dell’Interno pachistano, Rehman Malik, che in una conferenza stampa ha detto oggi, riferendosi alla responsabilita’ dell’attentato, che ”tutte le strade portano al Fata”, che e’ l’acronimo che viene usato per indicare le regioni tribali dell’ovest e nord ovest del paese. Secondo alcuni esponenti delle forze di sicurezza pachistane, trattandosi di un attentato ben organizzato, studiato nei minimi dettagli per fare i maggiori danni e considerando anche la quantita’ e la qualita’ dell’esplosivo, pare certa la firma di Al Qaida e dei suoi alleati taleban dell’occidente pachistano. Secondo Malik, il camion bomba era preparato con 600 chilogrammi di esplosivo a alto potenziale Rdx e Tnt, unito a polvere di alluminio per aumentarne gli effetti incendiari. Indiziato numero uno e’ di nuovo quel Baiatullah Mehsud, leader del gruppo Terikh-e-taleban, che e’ ritenuto essere dietro anche all’omicidio di Benazir Bhutto lo scorso 27 dicembre. C’e’ un altro particolare che spinge gli investigatori a propendere per un ruolo determinante di Al Qaida: il camion bomba e’ esploso ad un anno esatto del messaggio di Osama Bin Laden con il quale il leader di Al Qaida chiamava alla jihad, la guerra santa, i musulmani pachistani contro il governo alleato degli americani dell’aborrito presidente Pervez Musharraf. Nel messaggio audio diffuso il 20 settembre dell’anno scorso su internet e intercettato dai servizi americani, la voce attribuita a Bin Laden definisce ”un obbligo” per i pachistani ribellarsi a Musharraf, ”un traditore dell’Islam e dei musulmani”. Oggi non c’e’ piu’ Musharraf ma, nonostante i problemi legati alle incursioni in Pakistan delle forze americane di stanza in Afghanistan, il Pakistan e’ ancora un forte alleato americano nella ”lotta al terrorismo”. Malik ha anche aggiornato il numero delle vittime. Secondo il ministro dell’Interno, i corpi fino ad ora recuperati sarebbero 53, altri sette sono stati individuati e mancano all’appello ancora diverse persone, tra le quali un diplomatico danese, che potrebbero ancora essere intrappolati sotto le macerie della struttura in parte crollata. Tra le vittime, ci sono quattro occidentali accertati: l’ambasciatore della Repubblica Ceca Ivo Zdarek, una donna vietnamita, due militari americani addetti all’ambasciata Usa. Tra i 286 feriti sono 21 gli stranieri, tra i quali inglesi, americani, tedeschi e di paesi del Medio oriente. Ma il bilancio delle vittime potrebbe aumentare perche’ alcuni dei feriti versano in gravi condizioni. Il primo ministro Yusuf Raza Gilani ha denunciato la volonta’ dei terroristi di ”destabilizzare il paese e la democrazia” e di ”distruggerne l’economia”. Parlando ai giornalisti a Lahore (est), ha detto poi che l’intelligence pachistana sapeva da due giorni dell’attacco, anche se l’obiettivo previsto era la sua stessa residenza o il parlamento. Per Gilani e’ essenziale aiutare le aree tribali dell’ovest, per evitare che si crei una frattura incolmabile di odio con il resto del paese. Il presidente Asif Ali Zardari, che e’ in viaggio verso New York per partecipare all’assemblea generale dell’ONU, ha detto in un messaggio alla nazione che ”il terrorismo sara’ estirpato con ogni mezzo dal paese”. Ma da quando il vedovo di Benazir Bhutto ha soppiantato Musharraf, c’e’ stata una recrudescenza di attacchi terroristici nel paese.