“L’effetto Rampini”, quel processo per il quale uno scrive cazzate su un luogo pur non avendoci mai messo piede, si estende, come per un effetto chimico o fisico anche al suo giornale, a Repubblica. Ieri c’è stato il primo turno elettorale nel paese e Repubblica on line ha pensato bene di fare un fotoracconto. Peccato che le quattro righe contendono una cazzata madornale. In India gli elettori non vengono riconosciuti tramite le impronte digitali, ma tramite un tesserino elettorale con foto.
Anzi: questa volta, per la prima volta, l’80% degli elettori viene riconosciuto grazie ad un Electroroll, una sorta di data base elettronico delle persone con le loro fotografie.
Questo perché molti non hanno documenti o, comunque, ci sono molti omonimi o persone registrate con il solo nome. Spesso ho visto passaporti che ad esempio contenevano il solo nome di battesimo. Non esiste un certificato di voto: la certificazione viene attestata marcando con inchiostro blu indelebile (va via dopo due settimane minino, molto di più se, come fanno molti indiani soprattutto delle campagne, non ci si lava le mani con il sapone) l’unghia, di solito, dell’indice della mano destra.
Altro che impronte digitali. E’ vero che viene usato il voto elettronico, ma in India è un bisogno più che una scelta. Quando ero giovane e facevo il galoppino per le elezioni nella mia città per guadagnare qualche soldo, mi ricordo che con amici andavamo a distribuire agli anziani e agli analfabeti, dei normografi, quelle laminelle di plastica di solito verde che contenevano il nome del candidato. La povera vecchina o l’analfabeta, che non sarebbero stati in grado di votare perchè non sapevano scrivere, dovevano solo ricalcare il nome del candidato attraverso il normografo, seguendo gli spazi della laminella. In India hanno trovato un altro sistema. La macchinetta elettronica che serve per votare è in definitiva una pulsantiera. Ad ogni pulsante corrisponde un candidato, un partito politico. C’è il nome del candidato, ma più importante, c’è il suo simbolo che di solito è un oggetto molto riconoscibile. Una mano, un fior di loto, falce e martello, una bombola del gas, elefante, occhiali, bicicletta, cocco, pianta e oggetti simili. L’elettore entra nella cabina e pigia il tasto corrispondente al simbolo del partito che deve votare. Semplice. Anche per coloro che non sanno leggere. Ma niente impronte digitali.
Ecco una spiegazione di come funziona il voto elettronico, presa dal sito della Commissione Elettorale Indiana.
Ma secondo te, se Rampini lo lasciassero, senza testimoni, per mezz’ora, nelle mani di un gruppo di italiani residenti (e lavoranti) in questa parte del mondo. Ne resterebbe qualche pezzo intero?
Quell’uomo (uomo?) è una vergogna per la stampa italiana.
Nello, ma non c’è un modo per sbugiardare sto cretino?
Baci
Niki
Pingback: Le impronte di La Repubblica » Orientalia4All
ahahahah!!! bravo Nello! e grazie, mi hai fatto fare quattro sane risate!
Grazie per aver rettificato la cazzata madornale di Repubblica. Vivo in India da sedici anni e quella mattina che ho visto le foto mi è salita la pressione, il che non mi fa certo bene.
Repubblica certamente riceve la segnalazione dai motori di ricerca ogni volta che viene citata sul web. Quindi se tu avessi scritto Repubblica.it o meglio http://www.repubblica.it/ nel tuo testo, credo che ti avrebbero risposto o perlomeno rettificato la cazzata che è ancora presente sul loro sito. Tornerò a visitarti anche se la politica non mi interessa.
Caro Chamki, grazie per avermi scritto. Io ho mandato un paio di mail a Repubblica sulla cosa, ma non se ne sono fregati. Riconoscere i propri errori, non è una prerogativa di tutti.
Grazie per seguirmi.
Pingback: L’uomo della speranza ci ricade di nuovo « Indonapoletano’s Weblog