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Sania Mirza sposa un pachistano e sfida la comunità

Una delle love story più appassionanti e diplomaticamente difficili d’Asia meridionale, quella della tennista indiana Sania Mirza e del giocatore di cricket pakistano Shoaib Malik, sta per dare i suoi frutti perché i due fidanzati hanno annunciato che si sposeranno l’11 aprile a Hyderabad (Stato indiano di Andhra Pradesh). “Sì ci sposiamo – ha detto raggiante la tennista che, di religione musulmana, ha avuto spesso problemi in patria – e le nostre famiglie sono molto contente”. Da parte sua Malik ha scelto il social network Twitter per confermare la notizia del matrimonio e per ringraziare i suoi sostenitori “per tutto l’appoggio fornito al nostro progetto di vita”. Per non alimentare le possibili polemiche dovute al fatto che le relazioni fra Islamabad e New Delhi non sono delle migliori a causa di atti di terrorismo e contestazioni territoriali, la coppia ha deciso di risiedere a Dubai. Frequentatrice dei tornei WTA di tutto il mondo Mirza, 23 anni, ne ha anche vinto uno nel 2005 riuscendo a salire fino al 27/o posto della classifica mondiale, mai più raggiunto successivamente. Nel 2008 un avvocato la denunciò per vilipendio alla bandiera perché durante un torneo in Australia l’aveva vista seguire un match con un piede appoggiato al tricolore indiano. In precedenza aveva avuto problemi con i fondamentalisti musulmani per aver girato uno spot in una moschea e per aver giocato con pantaloncini corti. Atteggiamento questo che gli procurò anche una ‘fatwa’ avversa (editto religioso islamico). Da parte suo il futuro sposo, che ha 28 anni, è molto conosciuto nel mondo del cricket, anche se di recente è stato punito con una interdizione di 12 mesi dai responsabili della nazionale del Pakistan per scarso rendimento.

fonte: ANSA

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No dal Pakistan a film indiano

India e Pakistan, paesi confinanti dalle pessime relazioni, continuano a duellare a distanza anche sul grande schermo. Il film indiano “Lahore”, infatti, è incappato nella censura di Islamabad e non potrà essere proiettato nelle sale pachistane. Il produttore del film, Vivek Khatkar, ha rivelato che le autorità pachistane ne hanno bloccato la distribuzione sostenendo che esso “mette in cattiva luce l’immagine del Pakistan” e anche perché sostanzialmente contrarie al titolo stesso di “Lahore”. Parte delle scene sono state girate nella capitale culturale pachistana da una troupe straniera in quanto gli indiani non hanno potuto ottenere i visti d’ingresso in tempo per le riprese. La trama del film, diretto dal regista debuttante Sanjay Puran Singhj Chauhan, racconta una storia di amicizia sportiva tra un campione indiano di kickboxing e uno pachistano, storia che travalica le differenze religiose e politiche. Va detto che il governo di Islamabad ha consentito solo dal 2008 la distribuzione dei film di Bollywood, molto popolari tra il pubblico pachistano. Lo scorso settembre “Lahore” è stato presentato in anteprima europea al Salento International Film Festival dopo aver ottenuto diversi riconoscimenti internazionali e Aanaahad ha ottenuto il premio per il miglior attore emergente nel ruolo del protagonista, Veeru. Nel cast del film, distribuito dall’americana Warner Bros Picture e uscito da ieri nelle sale indiane, c’é anche l’attrice pacifista ed ex-Miss India, Nafisa Ali, ritornata sul grande schermo dopo una lunga assenza.

fonte: ANSA

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Donne in Asia? Non pervenute

Sul sito di Partecinesepartenopeo, ho trovato questo interessante articolo dell’Ansa sulla condizione femminile in Asia. Andatelo a leggere.

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Minacce agli atleti stranieri che parteciperanno ai Commonwealth Game

Un gruppo terroristico islamico con base nel Kashmir e considerato vicino ad Al Qaida ha minacciato oggi l’incolumita’ degli atleti stranieri che parteciperanno agli eventi sportivi internazionali previsti quest’anno in India, come i Giochi del Commonwealth. Lo riferiscono i media a New Delhi. L’Harkat-ul-Jihad-al-Islami (HuJI, Movimento di lotta islamica) HuJI), che e’ una organizzazione fondamentalista islamica di matrice sunnita attiva in Asia meridionale dagli anni ’90, ha diramato un comunicato in cui avverte ”la comunita’ internazionale a non mandare la propria gente alla Coppa mondiale di Hockey 2010, alla Premier League di Cricket e ai Giochi del Commonwealth”. Diramato da quello che il gruppo definisce PoK (Kashmir occupato dal Pakistan), il comunicato prosegue sostenendo che ”queste persone non debbono visitare l’India e se lo faranno saranno responsabili per le conseguenze”.

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Missile da drone forse uccide leader talebano, gruppo smentisce

Hakemullah Mehsud, leader del piu’ potente gruppo talebano pachistano, il Therik-e-Taliban Pakistan (Ttp) potrebbe essere tra le 14 vittime di un attacco missilistico da parte di un drone americano nel nord ovest del Pakistan. La notizia della morte del leader talebano, implicato anche nell’attentato suicida nel quale sono morti in Afghanistan sette agenti Cia, si e’ diffusa in mattinata, poche ore dopo l’annuncio dell’attacco missilistico di un aereo senza pilota statunitense nel villaggio di Garyom, ai confini tra Nord e Sud Waziristan. Qui il drone ha colpito, nell’area di Shaktoi, dove si trovava un seminario, una scuola coranica e quello che e’ stato identificato come un campo di addestramento. I due missili hanno abbattuto le costruzioni, tra le quali la casa di un capo tribale, Muhammad Yaqoob, nella quale si ritiene fosse Hakemullah al momento dell’attacco. Poco dopo la diffusione della notizia della morte del leader talebano, un portavoce del Ttp, Azam Tariq, ha detto che ”Hakemullah Mehsud era presente al momento dell’attacco del drone ma è scappato prima. E’ sano e salvo”, spiegando che il leader talebano si trovava sul posto ma era scappato in tempo. La smentita del portavoce non e’ pero’ ritenuta attendibile dalle autorita’. Ad agosto scorso un missile americano lanciato da un drone, uccise, insieme ad altri leader talebani, Baitullah Mehsud, cugino di Hakimullah e leader storico del Ttp del quale Hakimullah era portavoce. La morte di Baitullah, che era ritenuto il terminale pachistano di Al Qaeda e responsabile tra gli altri dell’attentato a Benazir Bhutto, fu smentita subito dallo stesso Hakimullah, per poi essere confermata settimane dopo. Per ben due volte, anche lo stesso Hakimullah, nell’immediatezza della morte di Baitullah, era stato dato per morto da fonti governative, nelle lotte di successione a Baitullah. Hakimullah Mehsud, la settimana scorsa, era apparso in un video alle spalle dell’agente segreto giordano Humam Khalil al-Balawi, che si e’ fatto epslodere a Khost in Afghanistan uccidendo sette agenti Cia per i quali lavorava. Nel video Balawi annunciava un attentato proprio per vendicare la morte di Baitullah.

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Tornati alla vita civile i primi 200 ex bambini soldato del Nepal

Oltre 200 ex bambini soldato hanno oggi lasciato uno dei sette campi in Nepal nel quali gli ex ribelli maoisti li avevano rinchiusi dopo la fine della guerra nel paese con la caduta della monarchia e la proclamazione della Repubblica. E’ il primo gruppo fra 4008 ex bambini soldato, alcuni ormai maggiorenni, che le Nazioni Unite hanno censito tra le fila degli ex ribelli e che avranno dinanzi a loro un’altra vita. Non senza difficolta’: il governo nepalese fino ad oggi non e’ riuscito a mantenere la sua promessa di assicurare un futuro a questi ex soldati tramite aiuti economici, mentre sia i maoisti che le Nazioni Unite si sono impegnati a fornire loro educazione scolastica e lavorativa. La maggior parte di quelli che hanno oggi lasciato il campo di Dudhali, a Sindhuli, nel sud est del paese, con abiti civili nuovi e nuovi documenti, saranno ospitati in alcune strutture delle Nazioni Unite dove seguiranno corsi professionali. Altri hanno raggiunto i loro villaggi di origine. ”Oggi – ha detto durante la cerimonia di commiato Robert Piper, responsabile dell’ufficio Onu di Kathmandu – segniamo il primo passo per il ritorno alla vita civile per migliaia di nepalesi che hanno vissuto in caserme dal 2006. Questa cerimonia e’ un importante pietra miliare nel processo di pace che va avanti nel paese e che speriamo possa realizzarsi velocemente.” A salutare gli ex bambini soldato, esponenti delle istituzioni nazionali e internazionali e della societa’ civile, che hanno partecipato ad una grande festa. Quella di oggi e’ la prima tappa di un accordo siglato nel dicembre scorso tra il Partito comunista maoista, il governo nepalese e le Nazioni unite. In verita’ non tutti quelli che hanno lasciato il campo erano soldati: molti di questi bambini o appena maggiorenni, erano stati reclutati dai maoisti anche per altre funzioni, come lavapiatti, pulitori o portantini. Attualmente, tra gli ex bambini soldati che saranno liberati da qui a 40 giorni, circa 20 sono minori di 16 anni e intorno a 500 hanno meno di 18 anni. Un terzo sono bambine. Il resto, erano minorenni ai tempi dell’inizio del censimento delle Nazioni Unite, nel 2007. Un anno prima, nel maggio del 2006, un mese dopo la caduta della monarchia e la nascita della Repubblica, i maoisti firmarono con gli altri partiti un accordo con il quale si impegnavano a non reclutare piu’ bambini soldato. Una promessa mai mantenuta. Secondo l’ufficio delle Nazioni Unite in Nepal e l’ultimo rapporto (2008) dell’organizzazione non governativa Child Soldiers, 1576 bambini sono stati reclutati dai maoisti dopo l’aprile 2006, 896 solo nel mese di novembre. Circa 527 bambini sono riusciti a scappare o sono stati poi liberati grazie all’impegno delle loro famiglie. Il reclutamento era semplice: i maoisti rastrellavano tutti i villaggi chiedendo ad ogni famiglia una persona con lo slogan di ”almeno uno per i maoisti”. I genitori venivano spesso forzati a lasciare andare i loro figli, anche perche’ i maoisti assicuravano loro un lavoro. Molti venivano presi dalle scuole, dove i maoisti, dopo aver preso in ostaggio il corpo docente, eseguivano un indottrinamento. Dopo l’inizio del processo di pace, gli ex ribelli maoisti riuscirono anche ad aumentare il numero dei bambini soldato reclutati promettendo loro un lavoro nel nuovo esercito nepalese. Molti di quelli che hanno lasciato il campo oggi hanno promesso di continuare a lavorare per la causa maoista in Nepal.

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Più civili che terroristi uccisi dagli aerei americani in Pakistan

Per ogni terrorista talebano e di Al Qaeda ucciso da uno dei 44 attacchi missilistici dei droni americani nel nord ovest del Pakistan, 140 civili sono morti, con una media di 58 civili uccisi ogni mese, 12 ogni settimana, due ogni giorno. Lo rivelano le statistiche pubblicate oggi dal governo di Islamabad e diffuse dalla stampa pachistana. I 44 attacchi del 2009 da parte degli aerei senza pilota americani contro istallazioni talebane nel nord ovest del Pakistan, hanno fatto 708 vittime civili. Solo cinque attacchi, secondo le statistiche pubblicate, hanno raggiunto i loro obiettivi, uccidendo cinque leader tra Al Qaeda e talebani. I dati mostrano che il 90% delle vittime degli attacchi degli aerei americani di stanza in Afghanistan, sono civili, con un successo per le missioni di solo l’11%. La maggior parte degli attacchi colpivano obiettivi segnalati loro da spie pachistane e afghane, membri delle tribu’ dell’area nord occidentale, fedeli al governo pachistano. Dei cinque attacchi dei droni americani andati a buon fine, il primo in assoluto del 2009, il primo gennaio dell’anno scorso, uccise due leader di Al Qaeda, Usama al-Kin e Sheikh Ahmed Salim, ricercati dall’Fbi. Kin era capo delle operazioni di Al Qaeda in Pakistan. Il 5 agosto scorso, invece, in Sud Waziristan, in un altro attacco missilistico da parte di un drone americano, fu ucciso Baitullah Mehsud, il capo del Therik-e-Talkiban, il piu’ temuto gruppo terroristico pachistano, legato ad AL Qaeda, responsabile di una serie di attentati tra i quali quello nel quale perse la vita l’ex primo ministro Benazir Bhutto. Islamabad ha spesso criticato, senza successo nonostante le minacce di ritorsioni, Washington per gli attacchi dei droni.

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Strage di fedeli alla processione sunnita

Sono almeno 30 i morti e oltre 80 i feriti di un attentato suicida avvenuto oggi a Karachi, nel sud del Pakistan, durante la processione religiosa per commemorare l’Ashura. L’attentato ha scatenato una folla infericita che si è scagliata contro la polizia e i giornalisti, devastando negozi e uffici. Oltre 50.000 sciiti erano nelle strade della città pachistana, migliaia in processione lungo la centralissima MA Jinnah Road, quando, all’altezza della Tibet House, due kamikaze, probabilmente nascosti tra i fedeli, si sono fatti saltare in aria. La potente esplosione è stata seguita da colpi di arma da fuoco. Un fumo denso e nero, alimentato da alte fiamme, è rimasto visibile per ore mentre sul posto giungevano poliziotti e mezzi di soccorso. La folla inferocita si è scagliata contro gli agenti, colpevoli di non aver garantito la sicurezza. Un cineoperatore della televisione è stato attaccato insieme ad altri suoi colleghi ed ora è ricoverato in gravi condizioni in ospedale. Il governo, per paura di attentati, aveva dispiegato nella città almeno diecimila tra poliziotti, agenti e paramilitari per scongiurare attentati, soprattutto dopo che ieri nella stessa Karachi un’esplosione aveva ferito 17 fedeli che partecipavano alla processione dell’Ashura. Ma i controlli non sono bastati a limitare i danni. Il ministro degli interni pachistano Rehman Malik, nel confermare la natura suicida dell’attentato, ha puntato il dito contro il Tehreek-i-Taliban e il Lashkar-i-Jhangvi, due tra i più potenti gruppi terroristici talebani del paese, responsabili di una serie di attentati in Pakistan. Da ogni parte è arrivato l’invito alla comunità sciita a fermare la processione e soprattutto le violenze a Karachi. Appelli lanciati nel vuoto: la processione è continuata su un’altra strada mentre la folla dava alle fiamme una quarantina di auto (tra le quali alcune della polizia), almeno 50 negozi, due stazioni di polizia e il Light Building, un palazzo che ospita alcuni uffici governativi. La folla, nel fuggi fuggi generale, ha anche provocato la morte, calpestandoli, di alcuni fedeli. Autorità religiose e civili di tutto il Pakistan hanno condannato l’attentato, il secondo durante l’Ashura. Ieri infatti una bomba era esplosa all’esterno di una moschea a Muzzafarabad, capoluogo del Kashmir pachistano, facendo dodici vittime. Proprio per scongiurare attentati nel paese, in concomitanza con la festività religiosa sciita, il governo da sabato ha innalzato lo stato di allerta nel paese, chiamando a raccolta 127 compagnie dell’esercito pachistano. Con l’esercito, l’esecutivo ha voluto rafforzare il cordone di sicurezza. Agenti e militari hanno scortato le processioni religiose in tutto il paese. Il Pakistan è un paese a maggioranza sunnita e gli sciiti rappresentano il 20% dei circa 167 milioni di abitanti. Dagli anni Ottanta, sono stati oltre 4.000 i morti per gli scontri tra sciiti e sunniti.

update 29 dic.: i morti sono arrivati a 43.

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Riprende il lavoro dell’assemblea costituente nepalese, ma i maoisti minacciano altre manifestazioni

Dalla ripresa ieri dei lavori dell’assemblea costituente nepalese, dopo il blocco di oltre cinque mesi effettuato dai maoisti, la commissione speciale che deve scrivere la bozza della nuova costituzione della piu’ giovane repubblica himalayana, ha gia’ deciso su 98 questioni insolute. Lo riferisce la stampa di Kathmandu. La maggioranza, costituita dai maoisti, e’ andata diverse volte sotto nelle votazioni, non riuscendo a far passare alcuni loro emendamenti. Tra questi, il cambiamento della bandiera nazionale, la stessa del periodo monarchico, l’introduzione delle parole ”guerra del popolo” nel preambolo della costituzione, e il nome della stessa carta costituzione, che per i maoisti deve chiamarsi ”costituzione della repubblica federale popolare del Nepal”. I maoisti hanno anche perso sul fronte del federalismo, la cui definizione relativa alla divisione su base etnica non verra’ citata nella costituzione, cosi’ come il secolarismo. Via libera a larga maggioranza invece per la liberta’ di stampa e pluralismo, fortemente voluti dal partito del Congresso. I maoisti hanno anche annunciato l’inizio della quarta fase di protesta per tutto il Nepal, per ristabilire ”la supremazia del popolo” nel paese. I maoisti hanno annunciato uno sciopero generale se entro il 24 gennaio il governo non accettera’ le loro condizioni, riducendo i poteri del presidente e lavorando per uno stato federale su base etnica. Una proposta avversata da tutti gli altri partiti, anche se gruppi politici di Newari, l’etnia piu’ diffusa a Kathmandu e nella sua valle, hanno ricevuto l’appoggio ieri non solo dei maoisti, ma soprattutto per partito del Congresso e di altre formazioni che siedono nell’assemblea costituente, dichiarando oggi la provincia autonoma Newar.

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Finita operazione militare pachistana in Sud Waziristan

Le forze di sicurezza del Pakistan hanno concluso l’offensiva nel Waziristan meridionale cominciata a metà ottobre ed ora potrebbero trasferirsi in un altra zona calda alla frontiera con l’Afghanistan: l’Orakzay Agency. Lo ha dichiarato oggi il premier pakistano, Yousuf Raza Gilani. Parlando con i giornalisti a Lahore, capitale del Punjab e dove la polizia sta interrogando i cinque americani arrestati il 9 dicembre e sospettati di contatti con il terrorismo islamico, Gilani ha sostenuto che “l’operazione militare nel Waziristan meridionale si è conclusa e stiamo valutando l’opportunità di spostare l’esercito nella Orakzay Agency”. Questo perché, indica Dawn News Tv, il govern ritiene che molti talebani potrebbero essere fuggiti dal Waziristan meridionale per rifugiarsi in quello settentrionale o, appunto, in Orakzay. Le dichiarazioni di Gilani sembrano anche essere una risposta alle affermazioni del presidente statunitense Barack Obama, che ha chiesto al Pakistan, in una intervista alla Cbs, di “fare di più contro Al Qaeda”.

fonte: ANSA

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