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Per un pugno di visti

Premessa. Se vuoi stare in India, hai bisogno del visto, di questo oggetto mitologico metà carta e metà incazzatura, quello che ti apre le porte del paradiso indiano (?). Per averlo devi fare domanda nel paese di origine o dove sei passaggio. Non so perché, ma fra qualche tempo fra Italia e India “si sono rotte le giarretelle”*. L’India rilascia i visti con il “braccio a rancio fellone”*, l’Italia pure. La seconda si difende dicendo (seguendo quello che fanno molti paesi europei) che la decisione deriva dal fatto che l’India è un paese da alto pericolo emigratorio, per cui tanti indiani con visto turistico o altro, entrano in Italia e ci restano come clandestini. Come fanno anche quelli del Bangladesh, Sri Lanka, Pakistan e altri paesi. L’India, che vanta di essere una potenza mondiale, fa lo stesso ragionamento. Già, perché a Delhi ci sono un sacco di immigrati clandestini napoletani, mentre i milanesi preferiscono emigrare a Mumbai. Sui visti e sui falsi scandali, ho già scritto questo post. In alcuni paesi come il Nepal, il visto, almeno quello turistico, te lo fanno all’arrivo in aeroporto. In India no.

Anche a me, povero giornalista, tocca fare il visto per l’India.  Già, perché nonostante la signora indonapoletana faccia parte della casta e abbia un visto diplomatico come anche la baby indonapoletana, questo pover’uomo viene emarginato pure in famiglia. E così, da cinque anni a questa parte, devo fare la solita trafila. Vado al ministero degli interni, dove compilo una serie di domande e produco una serie di documenti (falsi). Qui dopo un po’ di giorni mi danno la tessera giornalistica necessaria per partecipare alle conferenze stampa governative e per avere il visto giornalistico. A me serve solo per la seconda cosa, perché non vado alle conferenze. La tessera vale per l’anno solare, significa che se il visto invece scade a metà anno, bisogna fare due tessere… Io vado sempre a farla pochi giorni prima che mi scada il visto, e puntualmente mi devo sorbire la ramanzina del funzionario, al quale spiego che sono stato male, c’ho avuto la malattia, mia moglie ha partorito tre gemelli… Con questo agognato tesserino giallo vado al ministero degli esteri dove devo presentare la stessa documentazione già data per la tessera. Non importa che carte porti, cosa hai scritto nei documenti, l’importante è che siano tanti. Ai burocrati indiani, come ai topi, piace la carta. Loro ti danno una lettera e poi con questa vai al FRRO, l’ufficio che rilascia i visti. Devi andarci alle 6 del mattino perché è pieno di afghani, nepalesi, tibetani e altri che sono in fila. Si fa una prima fila fuori, poi una seconda dentro e poi, al termine della giornata e dopo aver pagato 3000 rupie, intorno ai 50 euro, ti danno il visto. L’esperienze di burocrazia indiana riuscirebbe a far pedere la pazienza anche a Giobbe. Io l’avevo fatta anche per la patente.

Quest’anno, trattandosi dell’ultimo anno, ho voluto strafare. Poiché per questioni di famiglia e di lavoro mi trovavo in Italia alla scadenza del visto annuale, ho avuto l’infelice idea di chiedere il visto all’ambasciata indiana a Roma. Ma poiché sono il massimo dei masochisti, ho chiesto all’ambasciata italiana a Delhi di scrivere una mail per me al console indiano, chiedendo la cortesia di potermi dare il visto, di poterlo fare in meno tempo, considerando che avevo (davvero, purtroppo) mio padre in ospedale e in considerazione anche del fatto che mia moglie lavorava in ambasciata, cortesie che di solito ci si scambia fra colleghi.

Tutto speranzoso, giovedì della settimana scorsa sono andato all’ambasciata indiana a Roma. Inutile dire che non mi ha cagato nessuno. Non solo il console e il suo a cui ero stato segnalato non mi hanno pensato né ricevuto, quanto poi ho dovuto fare la fila come tutti. Passi. Mi avevano detto di portare alcuni documenti. Allo sportello, me ne hanno chiesti molti altri, che sono riuscito a  far arrivare via fax. L’indiano allo sportello, devo dire molto gentile e simpatico, parlava in continuazione al telefono con il suo capo. Poco dopo è arrivata la risposta: la chiamiamo oggi pomeriggio al cellulare. Ben ho pensato io, mi diranno che posso prendermi il visto. Alle 16 ricevo una telefonata: abbiamo approvato il suo visto, venga domattina a portare i soldi e giovedì a ritirarlo perché martedì e mercoledì è festa. Io gli ho detto che stavo fuori all’ambasciata e potevo pagare i 94 euro anche subito, ma lui ha detto che accettavano soldi solo di mattina. E meno male che ero stato segnalato, che sapevano che mio padre stava a Napoli in ospedale. Non potendo tornare il giorno dopo, ci vado lunedì mattina. Nel frattempo dagli amici di Delhi era partita una nuova mail per l’ambasciata di Roma, chiedendo che almeno potessi averlo in giornata, visto che martedì partivo per Trieste. Inutile dire che hanno risposto picche e ieri, solo grazie al mio amico Cornelio, ho avuto il passaporto.

Io sono contro qualsiasi tipo di prevaricazione e contro i favoritismi, ma credo che ovviamente delle eccezioni ci possano essere. E la mia poteva esserlo, vista la posizione che occupo in India, visto che faccio il visto da cinque anni, visto dove lavora mia moglie e anche la segnalazione degli amici dell’ambasciata di Delhi. Ed invece nisba. Anzi, mi hanno anche fatto perdere più tempo del solito.  Eppure mentre ero in fila, un certo signor L**i è arrivato, è andato a parlare con il console indiano, ha avuto il visto dopo poco.

Sento molta gente scontenta di come vengono rilasciati i visti a Roma. Certamente gli indiani hanno le loro ragioni. Ma qualcosa non deve andare per il verso giusto, se dinanzi allo sportello c’è questo cartello

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*prego gli amici Dagherrotipo e/o Tuttoquà di tradurre per i non borbonici le due espressioni

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Sui visti per l’Italia e Striscia

Cari amici, la settimana scorsa, alla vigilia del casino di Mumbai, mi sono arrivati sms per segnalarmi un servizio di Striscia la Notizia nel quale si diceva che l’Ambasciata italiana a Delhi vendeva i visti per entrare nel nostro paese. Inutile dire che non ho mai creduto alla cosa, conoscendo personalmente coloro che lavorano al settore visti dell’ambasciata, conoscendo il console, tutte persone straoneste, serie e professionali. Ho deciso di andare a fondo e ho chiesto un po’ in giro. E ho scoperto un paio di cose interessanti, confermate anche dal Console alla lista di Italindia. Non solo non è vero che i visti per l’Italia siano diminuiti, dimostrando l’impossibilità di ottenerli se non dietro pagamento di tangenti, quanto poi la traduzione in italiano de dialogo del servizio di Striscia, mostrata con i sottotitoli, è palesemente (per chi conosce l’Hindi) sbagliata, come si evince dalla traduzione riportata in basso. Pubblico la lettera che il console italiano a Delhi, Gabriele Annis, ha scritto alla lista e a me.

[…] Da oltre due anni ho la responsabilità della Cancelleria Consolare di questa Ambasciata e sin dal mio arrivo in sede ho ispirato la politica dei visti ad un duplice criterio: da una parte, semplificare al massimo le procedure per potere favorire i flussi di affari, turistici, di lavoro, etc.; dall’altra, perfezionare le tecniche di individuazione dei falsi e delle domande di visto tese ad aggirare la normativa in materia di immigrazione.

Come è ben noto, in determinate regioni dell’India operano trafficanti di esseri umani e intermediari criminali, che richiedono cifre astronomiche ai loro ingenui “clienti” per predisporre la domanda di visto e preparare la documentazione necessaria. Questa Ambasciata, in stretto coordinamento con le altre Ambasciate dei paesi Schengen, fa del contrasto di questo fenomeno, una delle proprie priorità.

Non è vero che questa Ambasciata rifiuti visti in continuazione. Un’occhiata alle cifre è sufficiente per sgombrare il campo da questa favola. Infatti, l’Ambasciata d’Italia a New Delhi e i Consolati Generali a Mumbai e Calcutta hanno rilasciato complessivamente nel periodo 1 gennaio-30 settembre 2008 62.534 visti d’ingresso, con un incremento del 26% rispetto allo stesso periodo dell’anno precedente. I casi in cui la domanda di visto non si è conclusa con il rilascio del visto sono stati, nello stesso periodo, 2361 (nello stesso periodo dell’anno precedente erano stati 2351).

Certamente nel contemperamento delle due opposte esigenze di cui sopra e nella gestione di centinaia di richieste di visto al giorno può anche capitare di commettere degli errori; ma ciò non può essere in nessun modo collegato alla politica estremamente restrittiva in materia di visti oggi praticata dalle rappresentanze diplomatiche indiane in Italia.

Quanto al Servizio di Striscia la Notizia, esso non fa altro che riportare una serie di voci e dicerie che chi bazzica l’India conosce bene, dando in questo modo ingiustificato credito a dichiarazioni provenienti proprio da quei circuiti criminali con cui, come Ambasciata, ci confrontiamo quotidianamente. E come se Striscia avesse intervistato un membro di Cosa Nostra chiedendogli la sua opinione sulla Procura di Palermo.

Porto inoltre alla Sua attenzione un aspetto del servizio di Striscia che ovviamente quasi nessuno in Italia è in grado di cogliere, ma che mi sembra rivestire caratteri di estrema gravità. Il dialogo in lingua hindi con l’intermediario di cui allo scoop del 24 novembre non corrisponde affatto a quanto sottotitolato dai giornalisti di Striscia. E’ appena il caso di notare che nel dialogo effettivamente avvenuto non c’è alcuna menzione di questa Ambasciata, o della volontà del “cliente” di recarsi nel nostro paese.

Pertanto il servizio mi appare inutilmente diffamatorio. Se i redattori di Striscia portassero prove concrete del coinvolgimento di impiegati dell’Ambasciata in loschi traffici, ci piacerebbe conoscerle per prendere i provvedimenti opportuni. Altrimenti non credo proprio che rechino un servizio ai nostri rapporti bilaterali e ai tanti nostri connazionali che ci scrivono lamentando grossi problemi nell’ottenimento di visti per l’India.

Concludo pregandoLa di pubblicare questa mia sul Suo forum, lasciando al discernimento dei singoli lettori di giudicare i fatti.

SOTTOTITOLI TRASMESSI DA STRISCIA LA NOTIZIA (24.11)

A – “Ramutarjii!….. per favore, senti fratello…..io ho qualche problema…..tu sai cosa mi ha scritto l’Ambasciata italiana? Che non mi daranno mai piu’ il visto….”

B – “E’ gia tre giorni che io sto parlando per il tuo visto…..”

A – “Quanti soldi ti devo pagare?”

B – “Io avevo fermato il tuo passaporto all’Ambasciata italiana…. e avevo parlato anche con il nostro contatto offrendogli 350 000 rupie …. 50000 me le tenevo io e 300000 le davo a lui…” Stacco con commento del giornalista di Striscia

* * * * * * * * * *

B – “ Adesso io posso fare questo….. qualsiasi sia il motivo per cui ti hanno rifiutato il visto io ti copio i tuoi documenti e li presentero’ ad un nuovo contatto..”

A – “Allora c’e’ la possibilita’?”

B – “ Certo….”

A – “ E come andro’?”

B – “ Qualsiasi Ambasciata con visto Schengen…”

A – “Come andro’, dalla Turchia o come?”

B – “Da dove vuoi, qualsiasi Ambasciata, Italia, Francia, Germania, Spagna ….. Parti per dove vuoi, io ho bisogno di tutti i documenti……Per fare la cosa giusta…..”

A – “ Io ti prego mandami in Italia….”

B – “Non c’e’ problema….. cosi’ potremo fissare un prezzo definitivo…… Adesso lui ti chiedera’, 800 – 850.000 rupie…..”

A – “850.000 rupie?”

TRADUZIONE EFFETTIVA DEL DIALOGO IN LINGUA HINDI

A – “Ramutarji”

B – “fratello, senti, ho un problema, sai cosa c’e’ scritto qui? C’e’ scritto che il visto non lo avro’ mai….”

A – “Stavo parlando con quello di Dehradun che una volta ci aveva gia’ imbrogliato e si parlava che Ramutar, non appena ci sara’ un’occasione…..” stacco con commento del giornalista di Striscia

* * * * * * * *

A – “Adesso quello che posso fare e’ che, siccome ti hanno rifiutato il visto, ripresentare la domanda facendo fotocopia di (rifiuto?) e presentarla a un altro office / officer….”

B – “ Era possibile no?”

A – “Si….”

B – “Come vado? Turchia?”

A – “ Con il visto Schengen puoi andare da qualsiasi paese, Francia, Germania, Italia, Francia, Germania, Spagna ….. Devo far fare il lavoro (parola incomprensibile)….”

B – “Mandami, ti prego a mani giunte….”

A – “Adesso chiede 8000…..”

C (possibile terza persona) – “8500….”

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Sui turisti e la comprensione dell’italiano

Il 25 settembre ho scritto questo post sulla questione dei turisti che nel mondo vanno in cerca di avventura e spesso si cacciano nei guai. Citavo, senza fare il nome, anche il caso di un povero ragazzo in galera qui in India, condannato in primo grado per essere stato trovato con 18 kg di droga. Il post è stato commentato da molte persone. Un eminente esponente della società civile italiana, che si firma con una serie di titoli che ci vorrebbe Totò con il suo “ma mi faccia il piacere”, mi ha scritto oggi un commento che mi lascia allibito. Oltre ad avergli risposto, metto qui il suo commento e la mia risposta perché delle due l’una: o io ho ragione, o io non capisco un cazzo! Aiutatemi voi a capire.

Scrive Luciano Ardoino

Gentile Nello Del Gatto,

navigando in rete, alla ricerca di notizie riguardanti un caso accaduto in India tempo addietro, ho letto la Sua datata 25 settembre 2008 in merito a “Turisti alla ricerca di emozioni e carcerati italiani all’estero” e mi sono un po’ preoccupato per le terminologie usate nella descrizione di quanto accade nell’Ambasciata di New Delhi nonché delle Sue supposizioni al in merito ad eventuali colpevolezze di alcuni cittadini italiani attualmente imprigionati in quel lontano paese.
Premetto che ho una buona conoscenza dell’AIRE, degli uffici consolari e quindi anche Ambasciate dislocate un po’ in tutto il mondo, India a parte, poiché ho svolto prevalentemente la mia attività operativa all’estero nel settore turistico per quasi 40anni contribuendo, in alcuni casi con i Governi locali, alla stesura delle leggi sul turismo e della sicurezza, per quelle nazioni che provvisoriamente mi ospitavano per lavoro.
Detto ha permesso una mia assidua frequenza negli uffici sopra menzionati con un riscontro molto favorevole all’indirizzo delle personalità che ci rappresentavano, Ambasciatori, Consoli, semplici immigrati o turisti italiani occasionali e alcune volte ho dovuto affrontare problematiche, anche se non di mia stretta pertinenza, per risolvere casi che erano da imputare esclusivamente alla corruzione locale, taluni, proprio come nel caso di Angelo Falcone da lei citato, riportavano esattamente le stesse causali; attualmente dispongo di circa una ventina di coincidenze per quanto riguarda l’India e per differenti nazionalità.
In tutte queste occasioni o solamente quelle che mi vedevano vagare in quei corridoi, a volte solo per un cortese saluto, non ho mai, ripeto mai, sentito apostrofare parziali sentenze vocali all’indirizzo di concittadini più sfortunati e tanto meno verso parenti o genitori che impossibilitati richiedevano un aiuto. Nel Suo caso, cortese Nello, le ho viste addirittura scritte in un blog, contribuendo esageratamente all’abbassamento morale dei genitori del sopraddetto che si è manifestato in un chiaro senso di rabbia e sconforto. Mi creda, non è un gran bel agire tenendo in considerazione che Sua moglie lavora in quel dipartimento che dovrebbe invece agire in supporto e cooperazione con i connazionali come, tanto meno il Suo, che in possesso di notevoli armi mediatiche può contribuire a rendere vano ogni nostro sforzo per la liberazione di Angelo Falcone.
La prego pertanto voler rivedere le Sue posizioni e certo di un favorevole riscontro Le invio i miei più cordiali saluti.

Con stima

Luciano Ardoino

Membro Assefa per i bambini in India
Responsabile turismo, Liguria (F. I.)
Multi General Manager


Rispondo io:

Gentile Ardoino, Lei sarà tutte le cose che scrive e avrà tutte le qualifiche e le esperienze che dice, ma Le manca una cosa fondamentale. La conoscenza e la comprensione della lingua italiana. Forse ai Multi General Manager la cosa non è richiesta. A noi poveri mortali si. Vado con ordine a rispondere a quello che dice.
1) Innanzitutto lei non sa di chi parla e non sa che esperienza ha. Posso dire di conoscere meglio di lei ambasciate e consolati, per il semplice fatto di aver lavorato all’ufficio stampa del MAE, lavorando con l’entourage del presidente del Suo partito, che ancora mi ricorda e mi apprezza.
2) Io non ho fatto nessun nome proprio per non offendere nessuno. Ma, dal momento che lo ha fatto lei, vengo a parlare del caso di Falcone. Dal signor Falcone io sono anni che ricevo telefonate. Mi sono messo sempre a disposizione. Anche nei giorni scorsi, di nuovo, mi ha contattato prima tramite un collega a me molto caro e poi personalmente. Non ho fatto altro che fare quello che ho sempre fatto. Dirgli che io mi potevo solo limitare a scrivere del caso ma lui sarebbe in primo luogo dovuto venire qui e in secondo luogo trovare un avvocato. Non ha fatto nè la prima nè la seconda cosa. L’avvocato che gli ho proposto io è un avvocato italiano che lavora in un primario studio indiano che serve le più grosse multinazionali. Non ce ne sono altri italiani, anche perchè non possono esercitare. Ogni volta, ultima la settimana scorsa, il sig. Falcone mi ha detto che costava troppo. Non è certo colpa mia. Fare le battaglie dall’Italia non serve a nulla. Suo figlio, poverino, rimarrà in galera se non si fa qualcosa da qui. E chi lo deve fare se non i genitori? Io, lo ribadisco, rispetto il dolore del signor Falcone e sono vicino al figlio per le condizioni nelle quali si trova in galera. Ma ribadisco che se non si viene qui e, soprattutto, se le cose non si fanno in prima persona, si risolve poco.
3) Se avesse una minima conoscenza della lingua italiana, avrebbe letto che io ribadisco che per me lui, come chiunque altro, è innocente fino a prova contraria. Mi resta però qualche dubbio sulla “modica quantità” di droga: 18 chili è qualcosa in più di uno spinello. Vede, caro signore-non-conosco-l’italiano-ma-sono-bravo-solo-a-sputare-sentenze, non metto in dubbio che il ragazzo possa essere stato coinvolto in una cosa della quale non sa nulla. Allora delle due l’una: o è stato un po’ sprovveduto a fare un viaggio del genere e a “farsi buttare dentro”, o c’è qualcosa di diverso, dal momento che per lui ci si limita a fare battaglie dall’Italia.
4) Signor Multi General Manager, mi spiega che c’entra l’ambasciata e soprattutto mia moglie in tutto questo? Mia moglie non lavora in nessun dipartimento dove si aiutano i connazionali. E comunque, quando imparerà a leggere l’italiano, vedrà che io ho scritto nel post che i funzionari e i dipendenti non fanno mai mancare il loro supporto ai connazionali in difficoltà, spesso ricorrendo anche a soldi propri. Ho infatti scritto di “fare una colletta”: se apre qualsiasi vocabolario, sa quel librone grande dove ci sono le parole in quella lingua che lei fatica a comprendere, fare una colletta significa “raccolta di offerte”.
5) Tra l’altro, signor MGM, io so bene come vanno queste cose. Nel 1995 fui arrestato per aver subito un incidente stradale in Montenegro. A differenza di Falcone, io, nonostante avessi chiamato e chiesto aiuto alle autorità diplomatiche italiane, non ho avuto nessun supporto da loro. Sono stato dalla polizia picchiato e imprigionato, poi processato e condannato a pagare in nero ad un giudice. Credo quindi di avere un po’ di esperienza su questioni legati ai cittadini stranieri all’estero.
6) Lei si dice “preoccupato per le terminologie usate nella descrizione di quanto accade nell’Ambasciata di New Delhi”. E chi ha parlato male dell’ambasciata di New Delhi? Non è che il basilico che ha usato nel suo ultimo pesto era qualcosa di diverso che provoca allucinazioni?
7) Mi viene da pensare che se la politica per il turismo del più grande partito italiano sia nelle sue mani, vedo tempi foschi per il nostro turismo.
Nell’attesa di poterla risentire dopo un corso, da parte sua, anche rapido di lettura e comprensione dell’italiano, La saluto e La ringrazio.
nello del gatto

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Di turisti alla ricerca di emozioni e carcerati italiani all’estero

Spesso i giornali riportano notizie di turisti italiani che, in cerca di avventure e di emozioni forti, visitano luoghi pericolosi nei quali subiscono violenza, vengono rapiti. Interviene poi giustamente il governo, il paese per aiutarli. In questi giorni c’è ad esempio la notizia degli italiani che sono stati rapiti nel sud dell’Egitto. Avevano voluto fortemente questo viaggio, nonostante la Farnesina sul sito dei viaggi sconsigli da tempo questi luoghi. Ferma restando la necessità e il dovere morale di aiutare queste persone, chi deve pagare per i soccorsi, per eventuali riscatti? Non c’era quella massima che diceva “chi è causa del suo mal pianga se stesso”? Non è più valida? Ha fatto scalpore a metà del mese che il governo pachistano abbia chiesto il conto dei soccorsi agli alpinisti che avevano tentato di scalare il Nanga Parbat, in una spedizione che aveva visto la morte di un loro collega. Il ministero degli esteri italiano, giustamente, girò il conto agli alpinisti che si indignarono. Ma dde cche? Sapevano a che rischi andavano incontro, perchè dovrei pagare io? I turisti vengono rapiti in un luogo sconsigliato dalla Farnesina. Perchè devo pagare io? Si sono voluti assumere la responsabilità di farlo e, come si sarebero presi gli onori (mostrando orgogliosi le foto e i video dei viaggi agli amici, mostrando quanto sono machi), se ne devono prendere anche gli oneri. Qui in India, a volte, quando vado in ambasciata, vedo nella sala d’aspetto, degli straccioni che sono venuti in India a “cercare loro stessi”. Strafumati, strafatti, finiscono i soldi e pretendono che l’ambasciata dia loro i soldi e paghi il viaggio in Italia. E in ambasciata, spesso, fanno una colletta e li aiutano, oltre a fare quello che la legge e il buon senso chiede loro. La cosa succede anche altrove, ovviamente, ma soprattutto in paesi come questo. Ma dde cche? Il discorso, per me, vale anche per coloro che vengono arrestati all’estero per reati vari, in maggior parte dei quali legati a reati sessuali o a droga. Anche qui in India ci sono diversi italiani nelle galere indiane, più che altro per questioni di droga. L’ambasciata fornisce loro assistenza, gli impiegati vanno a trovarli in carcere una volta al mese più o meno, portando qualche genere di conforto. Ma c’è qualcuno che vorrebbe di più. Pretende che non siano loro, ma lo stato, a pagare gli avvocati. Da tempo, ad esempio, sono martellato dal genitore di un ragazzo che sta in galera da un anno. Lo hanno trovato con 18 kg di droga. Premetto che sono un innocentista, per me, a differenza di quello che succede in India, una perosna è innocente fino a prova contraria. Ma pretendere che debba essere il governo italiano a pagare l’avvocato per questo ragazzo che è stato arrestato, ricordo, con 18 kg di droga, mi pare assurdo. Una cosa è essere trovati con un grammo, magari in una macchina guidata da un altro. Ma non sapere di una borsa con 18 kg mi pare strano. Ribadisco che sono convinto dell’innocenza del ragazzo fino a prova contraria, ma ho qualche dubbio. Sono anche vicino ai genitori, sicuramente staranno patendo le pene dell’inferno e a lui, che si troverà in un posto sicuramente disumano. Ma ognuno, si dovrebbe assumere le responsabiulità di quello che fa. Il fatto è che noi, abituati in Italia ad un sistema giudiziario che funziona male nel quale i colpevoli sono spesso fuori, dando un senso diffuso di impunità, ci aspettiamo che la stessa cosa accada anche negli altri paesi che, a torto, consideriamo incivili. Deve finire il periodo dello stato che paga per tutti. Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Andate in vacanza giù alla Scala a Torre del Greco. Il massimo che vi può capitare è pigliarvi un eczema.

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Il maglioncino di Marchionne

Ieri sera ho partecipato ad una cena in Ambasciata a Delhi con Sergio Marchionne, ad di Fiat, che ha presentato in anteprima la Linea, una macchina costruita interamente in India. Non male. Io ero li per intervistarlo, ovviamente, non per mangiare, come mal-pensa qualche amico.

Anche a 37 gradi, con una umidità superiore al 60%, dotto i riflettori, Marchionne aveva camicia e maglioncino scuro. E i risultati si vedevano: grondava sudore da tutte le parti. Sapete come si dice in Pakistan nell’antico dialetto del Beluchistan? Chi bello vo’ pare’ guaie e pene adda pate’!

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