“I nostri body per il Dalai Lama”. Antonio Rossi e Josefa Idem scendono in acqua per la causa del Tibet. I due canoisti azzurri hanno deciso infatti di imitare la fiorettista Margherita Grambassi che aveva detto nei giorni scorsi di essere intenzionata a donare la sua maschera alla massima autorità religiosa tibetana. “Certo – spiega il portabandiera italiano ai Giochi di Pechino – non è un regalo di feticismo sportivo, ma di simbolismo sui diritti umani”. “Anche io – aggiunge la medaglia d’argento nel K1 500 – regalo il mio body alla causa del Dalai Lama. E’ un piccolo gesto a cui voglio però che faccia seguito una presa di posizione netta dei politici, che in passato hanno ricevuto vergognosamente il Dalai Lama sottobanco in Europa, ad eccezione della Merkel. Voglio che il Dalai Lama sia ricevuto con gli onori e il rispetto che merita, la prossima volta che viene in Europa”, conclude Josefa Idem. “Sono i politici che devono fare la politica – aggiunge Josefa Idem – non noi atleti. Sono loro che sono chiamati ad agire, invece di mettere la coda tra le gambe”. “Io volevo denunciare la grossa ipocrisia che c’é – sottolinea l’azzurra, ex assessore allo sport del Comune di Ravenna per il centrosinistra – Chiedono a noi atleti grandi gesti, mentre loro non hanno gli attributi. E tutti fanno affari con la Cina”. “Io non mi tiro indietro rispetto a un giudizio politico da dare – la conclusione della Idem – ma non qui. Se volevano fare qualcosa, doveva farlo il Cio in sede di assegnazione dei Giochi”. E anche Clemente Russo, dopo aver perso la medaglia d’oro e conquistato quella d’argento, ha parlato di dritti umani in Cina. ”Dedico questa medaglia d’argento a tutte le persone che soffrono in Cina, perche’ qui ce ne sono tante. Credo che comunque le Olimpiadi contribuiranno a cambiare le cose”. Smaltita la delusione per l’esito della finale dei pesi massimi del torneo di pugilato delle Olimpiadi, che l’aveva portato a piangere sul podio, l’azzurro Clemente Russo vuole fare una dedica speciale e, visto che i Giochi sono ormai alla fine, parla del problema dei diritti umani in Cina che sente particolarmente anche se su questo argomento aveva polemizzato con la ministro Giorgia Meloni, che aveva chiesto agli atleti italiani di non partecipare alla cerimonia d’apertura. ”Se ci ricevono al Quirinale e c’e’ anche la Meloni, io l’abbraccio”, ha detto Russo. E la palestra simbolica fornita dagli atleti di vertice azzurri al Dalai Lama per tenere desta l’attenzione sulla causa del tibet, si arricchisce. Arrivano infatti guantoni e bendaggi di Clemente Russo, medaglia d’argento nei pesi massimi ai Giochi.”So che altri atleti – ha spiegato il campano – stanno mandando attrezzi, se questo può servire a qualcosa lo faccio anch’io. Mando guantoni e bendaggi, e non sembri irriverente. Tra l’altro, solo con i miei guantoni il Dalai Lama non farebbe neanche il sacco, come diciamo noi pugili. Quindi invito gli altri atleti della spedizione italiana ad unirsi all’iniziativa”.
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Gli atleti italiani si ricordano dei diritti civili violati in Cina. Meglio tardi che mai
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Il ministro Meloni agli atleti: disertate la cerimonia di inaugurazione
Il pezzo dell’Ansa sulla richiesta del ministro dello sport, Meloni, agli atleti italiani impegnati alle olimpiadi, di disertare la cerimonia di inaugurazione, momento politico delle olimpiadi.Personalmente credo che il boicottaggio non abbia senso, gli atleti aspettano una vita per le olimpiadi. Inoltre, dall’esperienza che ho dei mondiali di atletica, alla cerimonia inaugurale partecipano sempre pochi atleti, non tutti i più rappresentativi. Avrebbe invece senso sfilare senza bandiera, o con quella del comitato olimpico, come avvenne alle Olimpiadi di Mosca. Meglio sarebbe stato sfilare con la bandiera tibetana. Mi auguro che qualche atleta faccia a Pechino come Tommy Smith e John Carlos alle Olimpiadi di Città del Messico nel 1968, quando sul podio alzarono la mano con il pugno chiuso fasciato da un guanto nero. Un gesto che oggi, a distanza di 40 anni, ricordano in molti e conoscono in tanti.
“Dagli atleti azzurri serve un gesto forte ed in questo senso anche disertare l’inaugurazione sarebbe un segnale importante da dare, visto che il problema dei diritti in Cina sembra ormai caduto nel dimenticatoio”. Cosi Giorgia Meloni, ministro della Gioventù, al telefono con l’ANSA conferma e rilancia l’appello del suo collega di partito, il presidente dei senatori del Pdl Maurizio Gasparri, che ha chiesto agli atleti di schierarsi in difesa dei diritti umani. “Ognuno – ha spiegato la Meloni raggiunta telefonicamente da Pechino per un commento su quanto dichiarato da Gasparri – ha una responsabilità e tutti quelli che rappresentano l’Italia, compresi gli atleti, sono lì in rappresentanza di una democrazia che si basa su dei valori fondanti”. “Il presupposto di questi Giochi – ha sottolineato il ministro di An – era proprio quello di cercare di chiedere con maggiore forza alla Cina passi avanti in materia di diritti umani e civili”. Invece, ha aggiunto, “non si è mosso nulla ed anzi il problema sembra del tutto dimenticato”. Alla domanda su come gli atleti debbano dimostrare il loro dissenso verso il regime cinese, la Meloni ha risposto: “Non solo gli atleti, ma anche i tifosi potrebbero esprimere la loro opinione: ad esempio facendo delle dichiarazioni o ricordando nelle interviste lo spirito olimpico”. “Poi – ha proseguito – ciascuno è libero di scegliere la forma che ritiene più opportuna, compresa quella di gesti più forti”. Ad esempio quali? “Magari anche quello estremo di disertare la cerimonia di inaugurazione dei Giochi”, ha risposto il ministro.
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La democrazia delle olimpiadi
di solito non riporto notizie di altri, ma questa apparsa su Repubblica.it mi sembrava emblematica per la questione tibetana. Quando il potere economico mette sotto i piedi i valori dello sport.
*Gli atleti inglesi dovranno firmare un impegno scritto a non criticare il governo cinese: il “Mail on Sunday” ha pubblicato un documento scritto di 32 pagine, che dovrà essere accettato da tutti i componenti della rappresentativa britannica.
Una polemica del genere era scoppiata anche in Italia: fu Amnesty a sollevare il problema. Ma il Coni ha sempre dichiarato che non esisteranno limitazioni del genere per gli atleti azzurri. La stessa associazione definisce “contraria allo spirito olimpico” la scelta inglese, già adottata da Belgio e Nuova Zelanda.
Da parte sua, il governo cinese ha lanciato una serie di “warning” sull’uso di simboli religiosi durante la manifestazione sportiva di agosto. Pechino teme iniziative degli adepti della Falun Gong e dei dissidenti tibetani. E proprio in solidarietà con il Tibet, il principe Carlo d’Inghilterra ha dichiarato che non presenzierà ai Giochi.
La British Olympic Association (Boa) nega di essere mossa da intenti censori e sostiene di essersi limitata a richiamare l’attenzione degli atleti sul divieto della “propaganda politica, religiosa o razziale”, espressamente sancito dalla carta del comitato olimpico internazionale.
Simon Clegg, direttore esecutivo di Boa, ha sostenuto che numerose associazioni politiche spingono affinchè gli atleti usino le Olimpiadi di Pechino come “veicolo per pubblicizzare le loro cause” e “ciò è contrario all’interesse della squadra”.
Secondo il segretario del Coni Raffaele Pagnozzi, l’iniziativa inglese è controproducente. “Sarebbe stato meglio arrivare a una indicazione comune”. “In ogni caso noi non censuriamo nessuno -ha continuato. I nostri atleti mostreranno il rispetto che devono anche a Pechino, così come è sempre avvenuto in tutti i paesi. E naturalmente tutti saranno liberi”.
La canoista Josefa Idem, che disputerà la sua quinta Olimpiade in maglia azzurra (7 in totale), giudica “indelicata” la decisione del Comitato olimpico britannico. “Anche perché finisce per pesare solo sugli atleti. Prima di assegnare i Giochi, il Cio sapeva tutto della situazione dei diritti umani in Cina”
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