Archivi tag: attentato

Il nuovo video dell’uccisione della Bhutto

Ecco il nuovo video, dove si vede chiaramente un uomo sparare dalle spalle della Bhutto verso di lei. Da qui pare quindi improbabile la versione del governo che vuole la Bhutto morta per aver battuto la testa. Versione in ogni caso contestata dal suo partiti che ha portato anche la testimonianza dell’ex portavoce della Bhutto, Rehman

1 Commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Musharraf annuncia linea dura

Pervez Musharraf ha deciso per la linea dura. Il presidente pachistano, allarmato per l’escalation di violenza che da due giorni sta interessando l’intero paese, ha tenuto una riunione di emergenza del consiglio di sicurezza nel quale ha reso nota la sua volontà di fermare ogni tentativo di violenza. “Chiunque tenti di sfruttare la situazione rubando e saccheggiando dovrà essere trattato con fermezza e tutto il possibile deve essere fatto per assicurare la sicurezza dei cittadini”, ha detto il capo dello stato, aggiungendo che “Non sarà tollerato nessuno che cerchi di prendere la legge nelle proprie mani”. Per Musharraf, coloro che hanno approfittato dei giorni di lutto per la morte della Bhutto per saccheggiare e distruggere “sono dei miscredenti ed elementi che vanno contro la società ai quali non può essere permesso di danneggiare vite e proprietà dell’uomo comunione con la giustificazione delle proteste”. Musharraf ha anche rinforzato le forze di sicurezza che stanno controllando ora diverse zone del paese, e reso più efficaci le leggi anti terrorismo, dando così più potere all’esercito e alla polizia. Ma l’appello del presidente non è servito a fermare le proteste e gli scontri di oggi. E’ di cinque morti solo oggi il bilancio delle vittime degli scontri di Karachi, la città costiera del Pakistan feudo della famiglia Bhutto, seguiti alla morte dell’ex primo ministro Benazir. Sono 40 le vittime registrate negli ultimi due giorni in tutto il paese, la maggior parte proprio a Karachi, mentre l’esercito, posto in stato di allerta, è stato dispiegato in 16 distretti della provincia sud orientale del Sindh, compreso Karachi. In tutta la regione gli scontri si sono fermati per poche ore, durante le celebrazioni del Ghaibana namaz-e-janaza, i funerali musulmani in assenza del defunto. L’esercito ha preso il controllo di varie parti del paese, ma non cessano gli scontri e le violenze. 176 banche, 34 pompe di benzina, 72 vagoni ferroviari, 18 stazioni, 175 uffici e 370 veicoli sono stati dati alle fiamme, secondo i dati forniti in una conferenza stampa dal portavoce del ministero degli interni Cheema. Oltre 100 i prigionieri che sono scappati dalle prigioni pachistane, soprattutto nella provincia del Sindh, approfittando dei disordini. E’ di decine di milioni di dollari, secondo Cheema, l’ammontare dei danni provocati nei tre giorni di scontri per le proteste seguite alla morte di Benazir Bhutto. Il brigadiere Cheema ha poi aggiunto che tutto comunque sta tornando alla normalità e che la situazione è comunque soddisfacente. Ieri, nella prima manifestazione organizzata successiva alla morte della Bhutto, oltre diecimila persone hanno manifestato a Lahore nel nord est del paese, gridando slogan contro Musharraf, chiedendo che lasci il potere, e inneggiando all’ex primo ministro ucciso giovedì. E la morte di Benazir Bhutto e la manifestazioni di protesta di questi giorni stanno anche mettendo a serio rischio lo svolgimento delle elezioni generali previste per l’8 gennaio. Se il primo ministro Soomro ha in più di una occasione detto che la consultazione si terrà come stabilito, richiesta avallata anche dal marito della Bhutto Asif Ali Zardai, molti osservatori internazionali temono che Musharraf voglia rinviare la tornata. Il presidente ha detto che saranno i partiti a decidere ma intanto ieri la commissione elettorale ha detto che “il processo elettorale è stato sfavorevolmente colpito dall’attentato e dalle violenze conseguenti”. Questo ha portato la commissione a decidere un incontro risolutore domani. Dalle parole del presidente della commissione elettorale Qazi Muhammad Farooq, pare comunque assai probabile lo slittamento della tornata. Farooq, infatti, ha fatto sapere che diversi uffici elettorali della provincia del Sindh sono stati dati alle fiamme e con loro gli elenchi elettorali e il materiale per il voto. A causa inoltre della situazione di instabilità, il personale per lo scrutinio non è stato formato a dovere e in due zone, la Kurran Agency e lo Swat, le condizioni di sicurezza non permettono lo svolgimento delle elezioni. Ma il pallino passa anche per la decisine politica. Mentre infatti Nawaz Sharif ha già deciso il boicottaggio delle elezioni del suo partito (anche se lui non vi avrebbe potuto partecipare essendo stato rigettato il suo ricorso), il Partito del Popolo Pachistano deciderà oggi, con la lettura del testamento politico della Bhutto per bocca di suo figlio (indicato come erede), il futuro politico del partito e se, soprattutto, si boicotteranno o meno le elezioni. Se il PPP dovesse decidere per il boicottaggio, Musharraf sarebbe obbligato a rinviare le elezioni, venendo a mancare dalla contesa elettorale anche il più grande partito di opposizione.

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Bhutto: la sua portavoce dice di aver visto i fori

“Ho visto una ferita di proiettile nella sua testa, con foro d’ingresso di dietro e foro di uscita dall’altro lato”. Questa la rivelazione alla stampa, riportata da tutte le televisioni pachistane, di Sherry Rehman, portavoce e amica di Benazir Bhutto. La Rehman ha dato alla stampa la sua versione, contrastando quella ufficiale consegnata ieri ai giornalisti dal portavoce del ministero degli interni pachistano, secondo la quale Benazir Bhutto sarebbe morta per una ferita accidentale alla testa. “Questo è ridicolo, pericoloso, e non ha senso perchè è solo l’intenzione di coprire cosa realmente è successo” ha detto la Rehman riferendosi alla tesi governativa. “Ero con Benazir Bhutto e il suo seguito quando è successa la tragedia e si è trattato di un attentato suicida. Sono poi andata con tutti loro all’ospedale ed ero fra le poche persone che l’hanno lavata, ormai morta, prima del funerale”, ha detto la portavoce, aggiungendo che è con la sua auto che Bhutto è stata trasportata in ospedale. “Non abbiamo potuto lavarla nel modo migliore – ha aggiunto la Rehman – perchè la ferita era ancora sanguinante. Lei ha perso una grande quantità di sangue”. Sherry Rehman ha accusato il governo di voler camuffare la verità. “L’ospedale ha cambiato immediatamente la propria dichiarazione iniziale sulle cause della morte. Non hanno mai fornito una relazione appropriata”. Secondo la portavoce della Bhutto, “il ministero degli interni sta dicendo che lei è morta a seguito dello scontro contro il tettuccio dell’auto. Questo è una mistificazione di cosa realmente è accaduto”. E la tesi della Rehman sembra trovare conferme non soltanto dalle notizie circolate subito dopo la morte dell’ex primo ministro pachistano, ma anche da un nuovo video di 25 secondi, nel quale si vede chiaramente un uomo che spara dalle spalle della Bhutto, all’indirizzo proprio dell’ex primo ministro del Pakistan. Alle dichiarazioni della Rehman, che ha chiesto la riesumazione del corpo dell’ex leader del Partito del Popolo Pachistano, hanno fatto seguito quelle di Farooq Naik, avvocato della Bhutto e esponente del partito, secondo il quale l’ex primo ministro avrebbe un altro proiettile conficcato nell’addome. Queste accuse, però sono state rigettate dal portavoce del ministero degli interni brigadiere Javed Iqbal Cheema, che ha ribadito la versione del governo secondo la quale la Bhutto è morta accidentalmente battendo il capo contro il tetto dell’auto, dopo l’esplosione della bomba nella quale è morto l’attentatore suicida. Per Cheema, comunque, la Rehman è una “testimone oculare”. “Perché avremmo dovuto mentire? Noi abbiamo dato assolutamente i fatti, nient’altro che i fatti. Questi sono stati corroborati dai report dei dottori e dalle evidenze raccolte. È immateriale – ha detto Cheema – il modo nel quale è morta. Ma la cosa più importante è sapere chi sono coloro che la volevano uccidere”. Il portavoce del ministro degli interni ha detto che il governo è anche pronto a riesumare il corpo della Bhutto se la famiglia lo riterra’ opportuno, ricordando che è stato lo stesso marito dell’ex primo ministro, Asif Ali Zardari, a chiedere, nell’immediatezza della morte della moglie, che non venisse effettuata l’autopsia. Rispondendo poi ad una domanda sul fatto che il principale indiziato dell’attentato alla Bhutto, il leader talebano Baitullah Mehsud, ha negato il suo coinvolgimento, Cheema ha detto “abbiamo prove che lui ne è coinvolto. Perché lo dovrebbe ammettere? Non credo che ci possano essere altre persone capaci di fare un atto del genere, a parte questo tipo di criminali”. Cheema ha detto inoltre che il governo pachistano non necessita dell’aiuto della comunità internazionale perché questa non conosce l’ambiente pachistano e che l’indagine giudiziaria si chiuderà nel giro di sette giorni.

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

La Bhutto morta per aver battuto la testa

Benazir Bhutto è morta accidentalmente. Ha battuto la testa ed è morta. Questo è quello che dice il governo pachistano ufficialmente.

Nessun proiettile avrebbe colpito Benazir Bhutto e la morte sarebbe arrivata per un colpo subito alle tempie. Questa la ricostruzione che il portavoce del ministero degli interni pakistano Cheema ha fatto ieri in una conferenza stampa. Secondo Chema, la Bhutto si era affacciata in piedi dall’auto attraverso il tettuccio apribile, quando l’attentatore si è avvicinato al lato sinistro del veicolo esplodendo tre colpi, nessuno dei quali l’avrebbe colpita. Poco dopo, l’attentatore si è fatto esplodere e la Bhutto, per ripararsi, si è abbassata colpendo la leva del tettuccio che l’ha ferita gravemente al lato destro della testa. Nessuna autopsia è stata eseguita, su richiesta dei familiari, sul corpo della Bhutto, anche se Chema, citando i medici dell’ospedale di Rawalpindi, ha detto che nessun segno di proiettile è stato trovato sul corpo dell’ex primo ministro che è morta per una ferita alla testa. Il portavoce del ministero ha mostrato anche un video dove si vede chiaramente l’ex primo ministro del Pakistan che saluta la folla in piedi nell’auto bianca, con mezzo busto fuori dal tettuccio. L’assenza dell’autopsia non confuta però neanche la prima informazione arrivata dal ministero degli interni, secondo la quale una scheggia, non si sa se di granata o dello stesso tettuccio apribile della jeep, ha colpito e ferito seriamente la Bhutto. “Se fosse rimasta nell’auto, si sarebbe salvata”, h detto il brigadiere Cheema in conferenza stampa. Il portavoce del ministero degli interni ha anche annunciato che due alte commissioni di inchiesta sono state messe in essere per fare luce piena sull’accaduto. La nuova ricostruzione presentata come ufficiale dal governo, pone però parecchi dubbi, soprattutto perché diversi testimoni hanno detto di aver visto la Bhutto colpita dai proiettili. Il Partito del Popolo Pachistano, dell’ex primo ministro Benazir Bhutto, rigetta con fermezza la teoria secondo la quale la morte della Bhutto non sarebbe da attribuire ai proiettili dell’attentatore ma al tettuccio apribile dell’auto. Secondo testimoni citati da fonti del partito, Bhutto sarebbe stata colpita da almeno un proiettile. Nella conferenza stampa il portavoce del ministero degli interni ha detto che la Bhutto era nel mirino di Al Qaeda e che secondo rapporti dell’intelligence pakistana, dietro l’attentato c’è il leader talebano Baiatulla Massod, del quale sono stati intercettati due messaggi , uno con il quale si ordinava la morte della Bhutto e un altro con le congratulazioni. La conferenza stampa del brigadiere Cheema è arrivata al termine della giornata dei funerali di Benazir Bhutto. Migliaia di persone si sono recate a Larkana, nella regione sud orientale del Sindh, feudo della famiglia Bhutto. Con i tre figli adolescenti e il marito Asif Ali Zardari, decine di migliaia di persone in lacrime hanno seguito il feretro, coperto dalla bandiera tricolore verde rossa e nera del Partito popolare pachistano (di cui la Bhutto era presidente a vita), che ha impiegato due ore, tanta era la folla, per percorrere i sette chilometri dalla casa di famiglia, a Larkana, al mausoleo di Garhi Khuda Bakhsh dove Benazir è stata sepolta accanto al padre, impiccato da un dittatore militare nel 1979. Il funerale non ha placato le violenze e i saccheggi che da ieri insanguinano il Pakistan. I morti negli scontri sono 32, 23 vittime solo nella provincia del Sindh dove, per tentare di porre un freno alle violenze, il governo locale ha ordinato, dopo la morte di un poliziotto, alle forze di sicurezza di sparare a vista. Negli scontri oltre un centinaio di auto, negozi, banche, case e un ospedale sono stati dati alle fiamme. E si sono tornate a fare sentire le bombe. Una forte esplosione nella regione nord occidentale dello Swat, dove da tempo l’esercito combatte contro i talebani del mullana Fasullah che intende instaurare la sharia nella regione, ha fatto otto morti durante un comizio elettorale del partito di Pervez Musharraf. Il governo, intanto, ha deciso di andare avanti sulla strada delle elezioni così come deciso, cosa chiesta anche dal marito della Bhutto, Asif Ali Zardari. Il primo ministro pro tempore Mohammadmian Soomro ha detto che: “le elezioni si terranno per quando sono state annunciate”, rispondendo ai giornalisti che gli chiedevano se era stata presa una decisione sulla data delle elezioni politiche alla luce dell’assassinio di Benazir Bhutto. Il premier ha poi aggiunto che ogni decisione sarebbe comunque stata presa insieme ai partiti. Elezioni che sono senza significato per Nawaz Sharif. “Se il governo resta fermo sul mantenere la data delle elezioni all’8 gennaio, questo ci porterà sulla strada dell’autodistruzione, che non riguarderà solo la distruzione del governo ma anche quella del paese”, ha detto Sharif, leader del secondo partito, in ordine di importanza dopo quello di Bhutto, dell’opposizione in Pakistan. Sharif, che ha ripetuto ancora che boicotterà le elezioni, ha inoltre dichiarato che” Musharraf non ha alcuna intenzione di organizzare elezioni libere ed eque nel paese e ciò che è successo ieri ne è la prova”. Da settimane sia Sharif che la Bhutto andavano denunciando il timore di scrutini “truccati” da Musharraf.

2 commenti

Archiviato in Diario dal subcontinente

Pakistan, un paese in guerra da vent’anni

Una cronologia degli ultimi anni in Pakistan pubblicata dall’Ansa

L’attentato che ha ucciso Benazir Bhutto è l’ultimo episodio di una lunga serie di colpi di scena che ha travagliato la storia recente di un Paese che non trova stabilità. Ecco le vicende del Pakistan degli ultimi 20 anni: 1988: il 17 agosto il presidente Zia Ul Haq muore in un attentato che fa esplodere il suo aereo. Il generale Zia Ul-Haq era salito al potere nel 1977 con un colpo di Stato, destituendo Zulfikar Ali Bhutto, che poi nel 1979 era stato impiccato. A novembre Benazir Bhutto, figlia dell’ex primo ministro, vince le elezioni e diventa primo ministro. 1990: ad agosto, il presidente Ghulam Ishaq Khan destituisce Benazir Bhutto e nomina primo ministro ad interim Ghulam Mustafa Jatoi che, a novembre, viene sostituito da Nawaz Sharif. 1993: ad aprile il presidente Ishaq Khan scioglie l’Assemblea nazionale, destituisce Sharif e nomina capo del governo Balakk Sher Mazari. A ottobre il Partito del popolo pachistano (Ppp) della Bhutto vince le elezioni e la Bhutto torna primo ministro. 1996: a novembre il presidente Faruk Ahmed Leghari destituisce la Bhutto e scioglie il Parlamento. A febbraio 1997 la Lega musulmana di Nawaz Sharif vince le elezioni e Sharif diventa di nuovo primo ministro. La Bhutto va in Svizzera. 1999: ad ottobre un golpe guidato dal capo di stato maggiore dell’esercito, generale Pervez Musharraf, depone Sharif. Musharraf decreta lo stato di emergenza, sospende la Costituzione e il Parlamento, assume la carica di capo del governo. Il capo dello Stato Rafiq Tarar resta in carica, ma sottoposto all’autorità dei militari. Nel 2000 la Corte Suprema decreta la legittimità del golpe. Sharif è condannato all’ergastolo, ma, graziato, va in esilio in Arabia Saudita. 2001: a giugno Musharraf si proclama presidente. Dopo gli attentati dell’11 settembre, Musharraf decide di dare appoggio alla guerra al terrorismo in Afghanistan. 2007: il 5 ottobre parlamento e assemblee provinciali votano per eleggere il nuovo presidente. Musharraf stravince, ma la sua vittoria è legata alla decisione della Corte suprema che deve esprimersi sulla legittimità della sua candidatura (la Costituzione proibisce al capo delle forze armate di essere anche presidente, è previsto un intervallo di due anni prima di ricandidarsi per una carica pubblica già avuta, le assemblee, nazionale e provinciali, scadono a novembre). Intanto, il 18 ottobre, dopo otto anni di esilio volontario, torna Benazir Bhutto, accolta a Karachi da centinaia di migliaia di seguaci e da un attentato che, al passaggio del corteo dell’ex premier, uccide almeno 139 persone. Il 3 novembre, Musharraf proclama lo stato d’emergenza. La Costituzione è sospesa, le tv private oscurate, il presidente della Corte suprema è deposto e sostituito. Gli Usa esprimono ‘profondo disappunto’. Il 15 dicembre lo stato d’emergenza è revocato e le elezioni politiche confermate per gennaio 2008.

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Bhutto, icona asiatica

Un ritratto di Benazir Bhutto pubblicato dall’Ansa

Amata in occidente, beniamina degli americani, Benazir Bhutto, simbolo della democrazia, della modernita’, della rivendicazione femminile, e’ morta in un attentato poco più di due mesi dopo il ritorno in patria, dopo otto anni di esilio volontario, segnata da una lunga battaglia contro accuse di una presunta corruzione e dal dubbio di compromessi poco onorevoli con il regime. I Bhutto, come i Nehru-Ghandi in India, come i Kennedy negli Stati Uniti, sono una delle grandi dinastie politiche del mondo. Il padre Zulfiqar Ali Bhutto fu il primo civile eletto a dirigere un governo del Pakistan. Proprietari terrieri, ricchissimi in un Paese dove ancora oggi il 73 per cento dei 160 milioni di cittadini vive con meno di due dollari al giorno, i Bhutto hanno una storia tragica, di molte morti precoci. Zulfiqar fu impiccato nel 1979, due anni dopo essere stato imprigionato in un colpo di Stato del suo generale Zia ul Haq. Benazir aveva 26 anni, era anche lei in prigione e vi rimase per cinque anni, per lo piu’ in isolamento. Lo vide, con la madre, per mezz’ora, il giorno prima l’esecuzione non annunciata, senza neanche poterlo abbracciare, racconta nella sua autobiografia ‘La figlia dell’Est’. Il fratello, Murtaza, che sarebbe dovuto diventare leader del Partito popolare pachistano fondato dal padre, fuggi’ in Afghanistan dopo la morte di Zulfiqar. Dall’estero guido’ una resistenza contro il regime militare e nel 1993 venne eletto deputato in esilio. Tre anni dopo, al ritorno in patria, fu ucciso in circostanze ancora misteriose a Karachi. L’altro fratello, Shahnawaz, venne trovato morto nel suo appartamento in Francia, a Cannes, nel 1985. La vedova di Murtaza, Ghinwa, guida una fazione del Ppp e si oppone al rientro della cognata definendola ”un emissario del presidente Bush in Pakistan”. Erede politica di Zulfiqar, nel 1988, a 35 anni, bellissima, la Bhutto divenne la prima donna del mondo musulmano a dirigere un governo, eletta nelle consultazioni dopo la morte del generale Zia. Nel 1990 fu destituita, travolta da accuse di corruzione, piu’ o meno fondate, che posero fine anche al suo secondo mandato, dal 1993 al 1996. In ambedue le occasioni, il ruolo del marito Asif Zardari e’ molto controverso. Mister 10%, lo chiamano in Pakistan, in riferimento alle presunte appropriazioni indebite di milioni di dollari dalle casse dello Stato. Dopo dieci anni, nessuna delle 18 incriminazioni contro Zardari hanno trovato conferma in tribunale, ma egli ha passato almeno otto anni in carcere. E’ stato rilasciato nel 2004 con la condizionale. Il presidente Pervez Musharraf ha firmato il 5 ottobre una controversa amnistia che cancella i reati della Bhutto e del marito, aprendo la strada a un accordo di spartizione del potere. Nel 1999, dopo essere stata incriminata – ma registrazioni proverebbero che i giudici erano sotto la pressione dell’allora governo di Nawaz Sharif – la Bhutto ha lasciato il Paese ed e’ vissuta a Dubai, con i tre figli. Il 18 ottobre di quest’anno, Benazir Bhutto rientra a Karachi. Migliaia di sostenitori scendono per le strade per festeggiare il rientro. Intorno a mezzanotte, al passaggio del corteo, un kamikaze si fa esplodere tra le ali di folla. La Bhutto rimane illesa, ma nell’attacco almeno 139 restano uccise ed oltre 400 ferite. E’ il peggior attentato della storia del Pakistan. La Bhutto accusa ”elementi” dei servizi segreti pachistani e conferma di voler mantenere il proprio programma e guidare il Partito popolare pachistano (Ppp) nelle elezioni legislative previste a gennaio. Stati Uniti e Gran Bretagna vedevano in lei un leader liberale che avrebbe potuto dare legittimita’ alla guerra contro il terrorismo del generale Musharraf.

1 Commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

La vita difficile della famiglia Bhutto

Il padre giustiziato, un fratello avvelenato e un’altro ucciso a raffiche di mitra, il marito e il suocero a lungo in carcere, e ora lei, ultima vittima di un impegno nella politica del Pakistan, che non ha certo risparmiato drammi alla famiglia Bhutto. Il primo componente della importante famiglia del Sind a cadere è stato Zulfikar Ali Bhutto, padre di Benazir e presidente dal 1971 fino al colpo di Stato del 5 luglio 1977, quando fu deposto dal generale Zia Ul Haq. Ali Bhutto fu condannato per aver cospirato per uccidere il suo avversario politico Reza Kasuri (nell’attentato mori’ invece il padre di questi) nel 1974. Nonostante le numerose richieste di grazia, dall’interno e dall’estero, Zulfikar fu impiccato il 4 aprile 1979. Bhutto si era sempre detto innocente. Il secondo Bhutto morto di morte violenta è stato Shahnawaz, fratello minore di Benazir. Il 18 luglio 1985 il suo cadavere fu trovato dalla moglie Rehana nell’appartamento di Cannes, in Francia. Benazir, autorizzata a lasciare il Pakistan dopo otto mesi di arresti domiciliari, depose sulla morte del fratello accusando i servizi pachistani di averlo avvelenato. Mir Murtaza Bhutto, fratello ‘dissidente’ di Benazir, e’ stato ucciso il 20 settembre 1996 a Karachi, durante una sparatoria con la polizia. Murtaza accusava la sorella di ”lavorare con i responsabili della morte del padre”. Uomo d’azione piu’ che leader politico, negli anni Ottanta, mentre la sorella entrava e usciva di prigione, aveva fondato in Afghanistan il gruppo di resistenza ‘Al Zulfikar’ ed era tornato in Pakistan nel 1994

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

La morte di Benazir Bhutto

L’ex primo ministro pachistano Benazir Bhutto è stata uccisa ieri a Rawalpindi. Aveva appena terminato un comizio elettorale quando, salita a bordo della sua auto, quando questa è stata colpita da cinque colpi di kalashnikov. Due colpi hanno raggiunto la Bhutto alla nuca e alla schiena. Secondo la ricostruzione più accreditata, la Bhutto, a bordo della sua auto, e’ stata affiancata da due uomini (ma secondo alcune ricostruzioni si sarebbe trattato di un uomo solo) a bordo di una motocicletta che, dopo averle sparato, si sono fatti esplodere. Subito dopo l’attentato per circa dieci minuti nessuno si è avvicinato all’auto temendo che vi fosse stato posizionato altro esplosivo. Inutile la corsa al General Hospital di Rawalpindi, dove Benazir Bhutto e’ giunta in stato di incoscienza. Le sue condizioni sono parse subito gravi e i medici hanno tentato invano una operazione di emergenza. L’ex primo ministro e’ spirato alle 18.46 ora locale. E sono almeno 35 le persone che hanno perso la vita nell’esplosione, tutti sostenitori della Bhutto che stavano intorno all’auto dell’ex leader del Partito del Popolo Pakistano. L’assassinio di Benazir Bhutto ha fatto piombare il Paese nel caos più totale. Nelle principali città si sono verificati scontri violentissimi che hanno visto protagonisti i sostenitori dell’ex primo ministro del Pakistan. Almeno quattordici le persone che, stando alla televisione pachistana Dawn, hanno perso la vita durante gli scontri. A Karachi, citta’ dove la Bhutto viveva, sono stati incendiati almeno un’ottantina di veicoli. Assaltati negozi, uffici e pompe di benzina. Una forte esplosione è stata avvertita nei pressi dell’abitazione della Bhutto a Karachi e in questa citta’ sono morte 10 persone negli scontri. Il Paese vive un momento di instabilita’ assoluta. Il Presidente del Pakistan, Pervez Musharraf, appresa la notizia dell’assassinio di Benazir Bhutto, ha invitato il popolo alla calma. “Si tratta di un atto opera di gruppi terroristici – ha poi detto Musharraf in un discorso alla nazione trasmesso dalle principali emittenti – e noi dobbiamo lottare fino allo stremo contro il terrorismo”. Il presidente ha poi annunciato tre giorni di lutto per la Bhutto e ha giurato che non si fermerà fino a quando il terrore nel paese non sarà cessato. Intanto e’ proprio contro Musharraff che si scaglia il marito di Benazir Bhutto, Asif Ali Zardari, che ha detto che la morte della donna “e’ un atto del governo”. Critico anche Nawaz Sharif, l’ex Primo Ministro da poco rientrato dall’esilio, che ha accusato duramente il governo del Pakistan per la morte della Bhutto. Musharaff, nel suo discorso, non ha fatto nessun accenno alla possibilità di rinviare le elezioni previste per l’8 gennaio. Elezioni che, secondo Sharif, hanno perso di significato. E lo stesso Sharif ha annunciato che il suo partito Pakistan Muslim League-N, non parteciperà alle elezioni. Intanto si accavallano le voci circa la responsabilità dell’esplosione. Già pochi minuti dopo l’annuncio della morte del leader politico pachistano, le principali televisioni pachistane hanno ipotizzato che dietro all’attentato di ieri pomeriggio potesse esserci la mano dei talebani, ed in particolare di Baitullah Mahsud, un terrorista ritenuto responsabile di una serie di attentati che hanno causato decine di morti quest’anno e che aveva minacciato più volte di uccidere Benazir Bhutto se fosse rientrata dall’esilio per partecipare alle elezioni parlamentari di gennaio. Secondo alcuni analisti politici, tuttavia, la morte della Bhutto potrebbe essere stata ordinata da Al Qaida ed eseguita dal gruppo sunnita wahabita Lashkar-i-Jhangvi per la sua dichiarata volontà di combattere i talebani nel nord ovest del paese. Ma poco dopo l’attentato alla Bhutto, è arrivata una rivendicazione da parte di Al Qaeda. Il numero due del movimento di Osama Bin Laden ha rivendicato l’attentato, rivendicazione non confermata da nessun esponente del governo pakistano. La morte di Benazir Bhutto ha suscitato sdegno in tutto il mondo. Gorge Bush ha detto che “Gli Stati Uniti condannano con fermezza questo atto vile compiuto da estremisti che stanno cercando di indebolire la democrazia del Pakistan”. Poi ha esortato i pachistani ad “andare avanti” nel processo di democratizzazione. Anche il Segretario generale dell’ONU, che ha riunito il consiglio di sicurezza, ha condannato l’episodio. Ban Ki Moon ha detto di essere “scioccato e indignato dall’assassinio della signora Bhutto”. Prodi ha condannato “con sdegno la cieca furia del terrore che ha portato ancora sangue e dolore in Pakistan, una terra già troppe volte martoriata dal fanatismo. Il Primo Ministro indiano, Manmohan Singh ha dichiarato di “essere profondamente impressionato da questo tremendo assassinio” mentre il Ministro degli esteri indiano ha detto che “il contributo della Signora Bhutto alla democrazia e allo sviluppo delle relazioni indo-pachistane e alla restaurazione della normalitàin Pakistan sarà motivo di ispirazione”. L’attentato alla Bhutto è avvenuto quasi in contemporanea con un attacco contro il raduno di un altro partito d’opposizione, al quale avrebbe dovuto partecipare l’altro ex Primo Ministro, Nawaz Sharif. Cinque persone sono state uccise. Benazir Bhutto sara’ sepolta a Larkana dove la famiglia Bhutto ha un mausoleo dove è sepolto suo padre. Benazir Bhutto, 54 anni, due volte primo ministro, era sfuggita lo scorso 18 ottobre a un attentato a Karachi il giorno del suo rientro in patria, dopo otto anni di esilio volontario. Circa 140 persone vennero uccise nell’attacco in quell’occasione.

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente