Archivi tag: barack obama

Usa-India: tappeto rosso americano per Manmohan Singh

Gli Stati Uniti hanno messo il loro tappeto rosso piu’ bello per accogliere l’India a Washington. Il presidente americano, Barack Obama, ha riservato al premier indiano, Manmohan Singh, l’accoglienza che si riserva agli amici particolarmente graditi. Perche’ – ha detto Obama – Stati Uniti e India si fondano su valori comuni e possono costruire ”una partnership capace di definire il ventunesimo secolo”. Obama ha voluto che in onore del premier indiano e della sua signora, Kaur Gursharan, venissero prodigate tutte le attenzioni diplomatiche possibili. Culminanti nella prima cena di Stato ufficiale della sua amministrazione. In mattinata il presidente Usa e Singh si sono intrattenuti a colloquio per quasi un’ora e mezza nello Studio Ovale della Casa Bianca. Poi i temi del colloquio sono stati ulteriormente approfonditi in un incontro piu’ allargato con i vertici delle due delegazioni. E prima della cena ufficiale, ai Singh e alla loro delegazione gli Stati Uniti hanno offerto anche un pranzo ufficiale al Dipartimento di Stato, presenti il vicepresidente americano, Joe Biden, e il segretario di Stato, Hillary Clinton. Per nessuno dei presidenti finora ricevuti alla Casa Bianca Obama aveva riservato un’accoglienza tanto accurata, attenta e calorosa. ”E’ un onore per me accogliere a nome del popolo americano la prima visita ufficiale del premier Singh – ha detto Obama – Riflette il valore della nostra relazione, per una partnership che vuole definire il XXI secolo”. Singh dal canto suo lo ha ringraziato cosi’: ”India e Usa si fondano su valori comuni e hanno interesse a mettere a fuoco il loro immenso potenziale in una partnership strategica”. I due leader nella conferenza stampa congiunta hanno spiegato che dal nucleare alla lotta al terrorismo, dal clima all’energia, dalla ricerca alla lotta contro la poverta’, sono molteplici i settori in cui India e Stati Uniti intendono rafforzare la loro relazione. Per interessi interni, ma anche in funzione dei reciproci rapporti con la Cina. Alle ragioni di reciproco interesse tra i due Paesi si aggiungono poi quelle derivanti dalla mutua simpatia tra i due presidenti. Obama non ha mai fatto mistero di nutrire nei confronti di Singh una stima particolare. ”Ho avuto modo di intrattenermi con il premier Singh, e devo fare i complimenti ai cittadini indiani: hanno scelto come premier un uomo di grande valore e saggezza” disse Obama al termine di un G20 rispondendo alla domanda di una giornalista di New Dehli. Anche per questo Singh, 77 anni, e la moglie, 51 anni, hanno avuto il privilegio della prima cena di Stato ufficiciale. Per questo e’ stata in indiano la prima parola pronunciata da Obama nella conferenza stampa congiunta tenuta al termine del colloquio avuto con Singh: ”Namaste” (mi inchino a te). ”Il premier Singh – ha detto Obama – e’ un uomo di grande integrita’ che gode della mia stima e del mio rispetto”. ”Quanto Obama sta facendo e’ ammirevole – ha ribattuto Singh – Seppur separati da due oceani, i nostri Paesi sono vicinissimi nei valori su cui si fondano, e intendono adoperarsi insieme per farli crescere nel mondo”. E’ questa la partnership capace di ”definire il XXI secolo”. Dal clima al terrorismo, dall’energia al nucleare, India e Usa sono piu’ insieme che mai.

fonte: Ansa

2 commenti

Archiviato in india, Vita indiana

Usa-India: Hollywood e Bollywood per cena di stato

Hollywood e Bollywood a braccetto per la prima cena di stato di Barack Obama: ad assicurare la colonna sonora del banchetto in onore del premier indiano Manmohan Singh sotto una tenda nel South Lawn della Casa Bianca la First Lady Michelle ha scelto Jennifer Hudson, la star nera di Chicago premio Oscar per Dreamgirls, e A.R. Rahman, il compositore indiano che ha scritto la colonna sonora di Slumdog Millionaire. Menu’ a base di pesce per il vegetariano Singh: Michelle ha scelto per confezionarlo Marcus Samuelsson, uno chef nato in Etiopia e adottato in Svezia. Samuelsson e’ lo chef di Aquavit a New York, uno dei migliori ristoranti di pesce d’America. Ha affiancato Cristeta Comerford nella preparazione della cena. I preparativi hanno impiegato mesi, da quando il segretario di Stato Hillary Clinton ha consegnato a Singh l’invito a mano lo scorso luglio a New Delhi. Menu, fiori, porcellane, musica, abiti da sera. Per gli uomini di rigore lo smoking, alle donne e’ stato consigliato l’oro o comunque un arcobaleno di colori. Michelle ha raccolto il suggerimento fin di prima mattina intervenendo alla cerimonia dell’arrivo degli ospiti con un robe manteau d’arancione damascato. La cena con Singh e’ stata considerata da mesi l’invito piu’ ambito della capitale, quello che definisce una volta per tutto lo status di vip di serie ‘a’ tra i vip della capitale. Il cartoncino color avorio con sigillo presidenziale e’ stato recapitato una settimana fa a 320 eletti: leader del Congresso tra cui la Speaker della Camera Nancy Pelosi e il senatore John Kerry, presidente della Commissione Esteri, indiani-americani del mondo del business, della politica, dello spettacolo e dei media, tra questi il governatore repubblicano della Louisiana Bobby Jindal (convertito dall’induismo al cattolicesimo), il ‘medico’ della Cnn Sanjay Gupta. Nutrito il contingente di Hollywood: con David Geffen, Steven Spielberg e Jeffrey Katzenberg, l’ex trio di Dreamworks che ha da poco stretto un’alleanza finanziaria con il gruppo Reliance di Bollywood, c’e’ anche Ari Emanuel, il fratello del capo di gabinetto Rahm Emanuel e capo di Endevour, una delle maggiori agenzie di talenti della mecca del cinema. E da Bollywood Aishwarya Rai, ex Miss Mondo e una delle piu’ celebri star del cinema indiano.

fonte: Ansa

1 Commento

Archiviato in india, Vita indiana

Ma il muro, è caduto?

bl_wall

Sono stato per un mese da fine luglio a fine agosto a Berlino. Una piacevole scoperta, una bellissima città, anche se ho potuto visitarla, essendo impegnato per lavoro, solo tre ore in una mattina alla fine di agosto. Mi riprometto di tornarci, le poche cose che ho visto, anche la sera quando uscivo per la cena, mi hanno lasciato un’ottima impressione della città. Quello che sono riuscito a fare è stato parlare molto con i locali. Grazie agli amici afteriani, ero lì per i campionati mondiali di atletica e mi sono intrattenuto spesso con i volontari, tutti tedeschi, molti berlinesi. E li ho avuto impressione che la caduta del muro ha avuto una valenza più per noi che per loro. I giovani, quelli che non hanno vissuto quei momenti, se ne fregavano quasi, è stata una cosa come un’altra, un evento importante ma del quale hanno solo sentito parlare. Gli adulti invece erano divisi in due: quelli dell’est parevano contenti della riunificazione, quelli dell’ovest non così tanto. I contenti dell’est erano soprattutto quelli di Berlino, quelli che invece vivevano nelle altre città dell’ex DDR l’hanno vissuto, almeno quelli che ho incontrato io, con piacere, ma in maniera non così esaltante. Una signora di Berlino ovest, ad esempio, continuava a chiamare “loro” quelli di Berlino est. Mi ha detto, in perfetto italiano, quindi non posso non aver capito bene (certo, se lo avesse detto in napoletano sarebbe stato meglio), che quelli dell’ovest non si relazionano con quelli dell’est. “Sai – mi ha detto – una mia mica addirittura convive con uno dell’est. Io non potrei mai”. Una frase che ho sentito da più di una persona. Quelli dell’ovest, soprattutto, sono incazzati per gli aiuti piovuti all’est, per il deprezzamento del marco rispetto alla moneta dell’est. Si considerano comunque due germanie. Aveva ragione la Merkel a dire che la riunificazione succeduta alla caduta del muro non è stata completata. Verissimo. Io spero solo che la caduta di quel muro, evento sensazionale e commovente (anche girando per quei luoghi oggi si avverte una certa emozione), possa essere d’esempio e convivere ad abbattere quei muri, anche piccoli, che resistono, molti dei quali sono proprio nel sud est asiatico. Ultima notazione. Ho seguito la bella cerimonia e mi ha colpito l’assenza di Obama. Molto. Ad un evento del genere, di portata così storica, non si doveva mancare. Dopotutto si sapeva che c’era. Certo, forse ce ne sarà un altro fra 10 anni, auguro ad Obama di essere ancora al potere in quei giorni. Ma stasera doveva esserci. Non doveva mancare. Tanto più che il suo programma per quel giorno non mi pare prevedesse eventi di così vitale importanza. Non a caso il web si è risentito e basta googlare “obama berlin” o “obama absence berlin” che appiano newsgroup, giornali e blog che criticano il presidente americano. L’invio del video, poi, secondo me è stato di cattivo gusto. Perchè Obama non c’è andato? Sul web ci sono tante ipotesi. Io ne sposo una sola. Durante la sua campagna elettorale, ad Obama fu vietato, dal governo tedesco, di tenere un comizio dinanzi alla porta di Brandeburgo. Dovette ripiegare in un altro luogo, dinanzi alla Siegessäule, la colonna della vittoria di Wendersiana memoria, dove fu molto applaudito. Voleva imitare Regan, che nel 1987 dinanzi alla porta di Brandeburgo disse ”Mr. Gorbacev, butti giù questo muro”, oppure JFK, che dal balcone del municipio pronunciò la famosa “Ich bin ein Berliner”, “sono un berlinese”. Certe cose non si dimenticano e qualcuno se le lega al dito.

2 commenti

Archiviato in Cazzeggi in giro per il mondo, Diario indonapoletano

Tre attentati nella stessa mattina in Pakistan

Giornata di attentati nella parte settentrionale del paese. Nel primo, sette persone sono state ucciso da un kamikaze che si e’ fatto epslodere nei pressi della base dell’aeronautica pachistana a Kamra, nella provincia del Punjab pachistano, nella parte nord orientale del paese. L’attentato e’ avvenuto a pochi metri dal Pakistan Aeronautical Complex, una delle piu’ importanti basi dell’aviazione di Islamabad, nella quale e’ ospitato anche l’Air Weapon Complex, un centro dove si ritiene vengano conservate e assemblate testate nucleari. Secondo le informazioni, il kamikaze a bordo di una bicicletta, e’ stato bloccato da un posto di guardia mentre tentava di entrare nella base, che e’ la piu’ grande del paese in termini di parcheggio di aerei e manutenzione degli stessi. La presenza di testate nucleari nella base non e’ confermata dai vertici di Islamabad, ma e’ rivelata da esperti militari e osservatori sia pachistani che stranieri. Due agenti sono tra le vittime, mentre sono 13 i feriti. La base era stata gia’ attaccata nel dicembre del 2007, quando una autobomba si fece esplodere contro un autobus che trasportava bambini e aviatori. Cinque furono le vittime. L’attentato ha fatto rialzare la preoccupazione per la sicurezza dei siti nucleari pachistani, allarme lanciato dalla comunita’ internazionale, Stati Uniti in testa. Dopo qualche ora, un’auto e’ esplosa a Peshawar, il capoluogo della Provincia Frontaliera di Nord Ovest ai confini con l’Afghanistan, nel settore 2 del quartiere di Hyatabad. L’auto era esplosa dinanzi ad un ristorante e l’esplosione ha ferito dieci persone. C’e’ stata anche una sparatoria. Infine nel distretto di Mohmand, nel nord ovest del paese, un autobus con i partecipanti ad un matrimonio e’ esploso su una mina, facendo 18 morti. Per tutti e tre gli attentati, la polizia punta il dito contro i talebani, verso i quali e’ in corso una massiccia offensiva dell’esercito pachistano nel distretto del Sud Waziristan, sempre nella parte occidentale del paese.

1 Commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Offensiva antitalebana e attentato all’universita’

Continua l’offensiva antitalebana dell’esercito pachistano nel nord ovest del paese, nella regione del Sud Waziristan ai confini con l’Afghanistan, e tornano le bombe a Islamabad. Nel pomeriggio, due attentatori suicidi si sono fatti esplodere all’Università islamica della capitale pachistana facendo almeno sette vittime (cinque secondo altre fonti). Erano circa le 15.15 quando il primo kamikaze si è fatto esplodere nella caffetteria della sezione femminile, il secondo, a distanza di un minuto, nel campus della facoltà maschile di legge. Oltre 30 i feriti, la maggior parte donne, alcuni dei quali in gravi condizioni. Da qualche giorno si era diffuso il timore, in tutto il paese di attentati contro istituzioni scolastiche. In mattinata, la polizia aveva disinnescato due bombe in una scuola femminile a Peshawar, nel nord ovest del paese. Molte scuole da ieri erano chiuse proprio per timore di bombe, altre, in tutto il Pakistan, hanno annunciato oggi la chiusura per sette giorni. Anche se non c’é stata nessuna rivendicazione, la concomitanza con l’offensiva antitalebana nel nord ovest e soprattutto la circostanza che la maggior parte delle vittime sia femminile, fa propendere per una azione dei talebani, abili ad entrare in strutture supercontrollate come l’Università, oggi, e la sede dell’Onu, due settimane fa, dove un attentato fece 5 vittime. I talebani, soprattutto quelli del Therik-e-Taliban Pakistan (Ttp), avevano annunciato attentati in tutto il paese se il governo non avesse richiamato l’esercito. Gli stessi talebani in passato si sono resi responsabili di attentati contro istituzioni scolastiche femminili. L’attentato è stato condannato dal premier Yusuf Raza Gilani e dal presidente Asif Ali Zardari che in serata si sono riuniti per fare il punto sulla situazione di sicurezza nel paese. Entrambi hanno ribadito che l’esercito non tornerà indietro e che le operazioni antitalebane andranno avanti. Sul fronte militare, l’esercito ha annunciato di aver ucciso altri 20 talebani nelle aree di Makeen e Ladha, portando il bilancio ad oltre 100. Tra i soldati, dall’inizio dell’offensiva, ci sono 13 morti, secondo i dati dell’esercito. Continua anche l’esodo dei civili, che sono ora arrivati a 150.000, che però lamentano l’assenza di campi e strutture di accoglienza. Molti hanno trovato rifugio presso parenti ed amici in altre zone, ma sono tanti quelli accampati all’addiaccio. I talebani sono riusciti a conquistare la città di Koktai, che era stata presa ieri dall’esercito pachistano nell’ambito dell’offensiva antitalebana in Sud Waziristan, nella parte occidentale del Pakistan ai confini con l’Afghanistan. Koktai è il luogo di nascita di Hakemullah Mehsud, capo del gruppo terrorista Therik-e-Taliban Pakistan. Dopo la riconquista della città da parte dei talebani, l’aviazione pachistana ha bombardato la zona.

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Continua l’offensiva nel Sud Waziristan e in Pakistan arrivano Kerry e Petraeus

Artiglieria pesante e aerei da guerra stanno aiutando l’esercito pachistano ad avanzare nelle remote ed impervie aree del Sud Waziristan, l’area nord occidentale pachistana ai confini con l’Afghanistan dove da tre giorni e’ in corso una massiccia offensiva anti talebana. I combattimenti, che non si sono fermati neanche durante la notte, sono continuati anche durante la visita a Islamabad del senatore americano John F. Kerry, presidente della commissione Esteri del Senato Usa, per discutere il piano di aiuti americano al Pakistan. A Islamabad oggi sono arrivati anche il generale americano David Petraeus, capo del comando centrale Usa, e del generale Stanley McChrystal, comandante in capo delle forze Usa e Isaf in Afghanistan, per colloqui con i vertici militari pachistani. Kerry ha ribadito al governo pachistano l’impegno degli USA negli aiuti, spiegando che il piano di aiuti americano non intende minare la sovranita’ di Islamabad (come denunciato da parlamentari pachistani) ma solo contribuire allo sviluppo del paese. Gli Stati Uniti hanno infatti deciso di stanziare, fino al 2014, un contributo al governo pachistano di 1,5 miliardi di dollari annuo, triplicando il contributo precedente. Petraeus e McChrystal, incontrando il capo di Stato Maggiore pachistano Kayani, hanno discusso di cooperazione militare fra i due Paesi, ma soprattutto il punto sull’offensiva militare che l’esercito pachistano sta conducendo nel Sud Waziristan, offrendo armi e tecnologie. Sul piano dell’offensiva, sono 18 i talebani uccisi nelle ultime 24 ore, portando cosi’ a 78 il numero totale delle vittime talebane. Un portavoce dell’esercito ha annunciato che i militari hanno trovato molta resistenza nelle zone di Sher Bangai e Koktai, dove si trova il centro di addestramento dei kamikaze talebani. Dopo una strenua battaglia, l’esercito e’ riuscito a conquistare queste due citta’. Forti scontri nei dintorni di Wana, la citta’ di origine di Hakemullah Mehsud, il capo del Therik-e-Taliban Pakistan, il gruppo talebano piu’ cruento. Il capo dell’esercito pachistano, il generale Kayani, ha fatto distribuire dai militari una lettera ai membri della tribu’ dei Mehsud. Nella lettera Kayani spiega che l’offensiva dell’esercito non e’ contro di loro ne’ contro i tribali che hanno da sempre appoggiato l’esercito, ma intende cacciare dall’area i talebani sia pachistani che stranieri. Intanto continua l’esodo dei civili. Secondo fonti governative, quasi 20000 persone hanno lasciato le loro abitazioni oggi per essere ospitati nei campi di accoglienza di Peshawar e Dera Ismail Khan.

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Candidato al Nobel

Ebbene si, anch’io sono candidato al Nobel 2010. Da quando è stato deciso che bastano le intenzioni per vincerlo, hanno candidato anche me. Io ho solo quelle. Dopotutto io il Dalai l’ho incontrato, come pure Amartya Sen, quindi due premi Nobel li ho già incontrato. Una volta ho parlato a telefono con Yunus, e sono tre. Non so quale Nobel, vedete voi. Sostenete la mia candidatura. Cerco anche qualcuno che possa realizzare per me video e inno. Prezzi modici.
1378649202_b19d5f64cf

1377738857_c9374f3f9a

nello2

nello7

3 commenti

Archiviato in Diario indonapoletano

L’India protesta per piano contributi USA a Pakistan

L’India è preoccupata che gli aiuti americani al Pakistan vengano utilizzati per operazioni nei suoi confronti. Lo ha detto a New York il ministro degli esteri indiano S. M. Krishna, dopo l’annuncio del presidente americano Obama che l’amministrazione USA ha deciso di triplicare l’aiuto al Pakistan. Gli Stati Uniti hanno infatti deciso di stanziare, fino al 2014, un contributo al governo pachistano di 1,5 miliardi di dollari. L’annuncio è stato fatto dallo stesso Obama durante la riunione nel palazzo dell’ONU degli “amici del Pakistan democratico”, un gruppo di 26 paesi e organizzazioni internazionali. E’ la prima volta, come ha ricordato Richard Holbrooke, inviato speciale americano per Pakistan e Afghanistan, che il congresso americano approva uno stanziamento al Pakistan che prevede un orizzonte temporale così ampio. Ma lo stanziamento preoccupa l’India. Krishna infatti teme che i soldi vengano utilizzati per attività anti indiane. La preoccupazione deriva da precedenti dichiarazioni dell’ex presidente pachistano Pervez Musharraf che ha rivelato come molti fondi americani siano stati utilizzati in passato per operazioni contro l’India. “Ci auguriamo – ha detto il ministro degli esteri indiano prima di incontrare Hillary Clinton – che il governo americano monitori come il Pakistan utilizzerà questi soldi, affinché vengano spesi solo per gli usi per i quali sono stati stanziati”. New Delhi ha anche protestato perché dalla legge che istituisce il contributo americano a Islamabad, è stata tolta la condizione secondo la quale il territorio pachistano non deve essere usato per attacchi terroristici contro l’India. Clausola cambiata con la “cooperazione del Pakistan con i suoi vicini nella lotta al terrorismo”.

2 commenti

Archiviato in Diario indonapoletano, india

Il mio Giotto

La mia prolungata assenza dei giorni scorsi non era dovuta a inerzia o a vacanze. Tutt’altro. Con i miei amici afteriani, sono stato impegnato nelle operazioni di accredito per il G8 de l’Aquila. Dopo essere stato al centro accrediti di Roma, sono stato catapultato in quello della città abruzzese. Una esperienza devastante (in senso buono), sia dal punto di vista lavorativo che umano. Ho conosciuto molta gente, tanta ne ho ritrovata, avrò dormito 4-5 ore in totale tutta la settimana.

Ero fra coloro che erano scettici sull’idea di trasferire il G8 a l’Aquila. Mi sono dovuto ricredere. Una cassa di risonanza del genere non potrà che far bene alla popolazione martoriata dal terremoto. Le testimonianze dei ragazzi che lavoravano con me nel centro accrediti, tutti scampati dal terremoto e la maggior parte dei quali che vivevano nelle tendopoli, hanno suffragato quelle che son diventate le mie convinzioni. A loro ha fatto piacere che l’Aquila sia diventato il centro del mondo, con la speranza che nessuno la dimentichi spenti i riflettori.

Il G8 è stato un successo. E non parlo di questioni politiche, le cui considerazioni e analisi finali si possono leggere sui giornali di tutto il mondo. Parlo del successo di tutto quello che il G8 ha significato. Silvio è stato anche fortunato. Il 7 ci sono state scosse di terremoto ed acquazzoni incredibili. Dall’8 all’11 niente scosse e sole che spaccava le pietre. Scosse e maltempo si sono fatti vivi dal 12.

Innanzitutto sul piano dell’immagine. La protezione civile e gli architetti della presidenza del consiglio sono riusciti a mettere su una struttura incredibilmente bella che ha saputo sapientemente mixare il dolore delle rovine nel centro de l’Aquila e potenti scenografie che hanno reso una grigia, seppur grande caserma in una struttura incredibilmente bella. Tutto però è stato sobrio, non esagerato, non kitsch.

La sala delle conferenze stampa aveva dietro ai relatori, vedute del Gran Sasso. Le montagne e i colori tenui la facevano da padrone, creando un ambiente di lavoro, per le oltre 18000 persone che abbiamo accreditato, favorevole.

Perfetta la sicurezza, buoni, anche se non eccelsi i trasporti. Qualche giornalista ha lamentato poca informazione, poca attenzione. Io mi sono lamentato del fatto che, pur facendomi un mazzo per oltre 20 ore al giorno, non fosse permesso a noi dell’0rganizzazione di mangiare nella struttura, gratuitamente come per tutti quanti. Di solito, non è così.

Il presidente è stato come suo solito populista, alla fine ha ringraziato tutti e, partiti i leader, si è fatto fotografare in una foto di gruppo insieme a molti tra quelli che hanno lavorato. I giornalisti stranieri sono rimasti contenti, così come le delegazioni.

Ho incontrato anche gli amici indiani, tra i quali il console di Roma, al quale ho potuto lagnarmi per l’accoglienza riservatami l’ultima volta che ho chiesto il visto. Mi hanno promesso che la prossima volta me ne daranno uno annuale senza fare storie. Io sono un buono, mi incazzo, ma non serbo rancore. Così, dopo avergliene dette 4 per quella storia, li ho accontentati, anche se non avevano rispettato al 100% la procedura. La cosa, ovviamente, è stata notata dai miei amici dell’ambasciata di Roma che, gentilmente, mi hanno ringraziato. E l’incidente si è chiuso li.

Meno contenti, noi rispetto alle delegazioni. Soprattutto le africane. Le regole di accreditamento prevedevano una procedura on line, alla quale hanno sottostato tutti, da Obama a quelli delle pulizie, con tutto il rispetto per il ruolo fondamentale di questi ultimi. Ma libici, nigeriani, angolani e senegalesi non hanno rispettato le procedure e così abbiamo dovuto fare tutto ex novo, inserendo nome per nome e foto per foto per emettere i badge. Tanta pazienza, molte ore di sonno perse, sia noi che i liaison officer, per lo più giovani appena entrati in diplomazia. Ecco, se posso dire, un’altra parentesi positiva sono stati questi. Dopo un paio di scazzi con alcuni di loro, si sono cementati ancora di più i rapporti e ho scoperto persone molto diverse dagli ovattati indossatori di feluche, dai presuntuosi che ho imparato a conoscere in giro per il mondo. Certo, questi sono giovani, non hanno ancora avuto modo di essere inoculati con il gene del “distanziatore”, ma i loro atteggiamenti mi fanno ben sperare.

Gentili, simpatici e disponibili. Nonostante dovessi rifare tre volte lo stesso lavoro (leggi: libici imparate a seguire le regole) lo si faceva in allegria. Nonostante fossero le quattro del mattino.

Prendi la bandiera, cambia la bandiera. Voglio quella dell’organismo internazionale che rappresento; no, ora voglio quella del mio paese. Io da celeste devo diventare blu. Io da blu devo diventare rosso. A me serve il passi dell’auto. Io ho la stampa al seguito. Io da stampa al seguito devo diventare delegato. Io da delegato devo diventare stampa al seguito. Come, non c’è il mio nome? io devo entrare altrimenti non si fa il vertice. Se non accreditate questa signora, il leader potrebbe ripensare la sua partecipazione. Questo deve entrare per forza, deve attizzare il braciere. Ma come il ministro è celeste? voi lo avete segnato così! no, non siamo stati noi, è il sito che non funziona. Ora che siamo amici posso dirti che avevi ragione tu. La mia non era una richiesta esplicita, ma un consiglio diplomatico.  Siete voi che fate i budge? Buon giorno, devo fare il budget per entrare. Posso avere un tesserino per ricordo? Vi sono avanzati i laccetti? Ma se metto un floater rosso su un badge celeste, funziona? Lei non sa chi sono io.  e via dicendo.

I ragazzi che lavoravano con me mi hanno raccontato le loro storie sul terremoto. Ma tutti erano contenti del G8. Con la speranza che resti qualcosa. Obama l’ha promesso, così come la Merkel. Intanto tutti gli alberghi nel raggio di chilometri ne hanno beneficiato, così come i ristoranti. Noi, come le aziende che hanno costruito le strutture o hanno lavorato alla realizzazione del G8, abbiamo reso tutto personale aquilano. I mobili delle stanze dei grandi, racchiusi in strutture che sono state chiamate Hotel con il nome di una regione italiana, una per ogni delegazione, sono stati già messi a disposizioni delle nuove case in costruzione. Alcuni appartamenti saranno destinati ai senzatetto.

L’attenzione, il clamore non devono finire, è l’unica cosa che possiamo fare.

4 commenti

Archiviato in Cazzeggi in giro per il mondo, Diario indonapoletano

Le elezioni USA secondo Marassi

Due vignette di uno dei più grandi vignettisti, pubblicate sul numero di ieri e dell’altro ieri de Il Mattino.

marassi-2

marassi-1

1 Commento

Archiviato in Cazzeggi in giro per il mondo