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Addio

La transizione è avvenuta. A malincuore abbandono la nave. Non ce la faccio a gestirne due, la Cina è grossa e impegna. Il blog rimarrà attivo, ma non rispondo ai commenti,s egnalazioni o email. L’India è purtroppo lontana. Come mi diceva sempre un mio amico di Benares, “tu puoi lasciare l’India ma l’India non ti lascerà mai”. E io rispondevo, “salutam ‘a soreta”.
Vi lascio con i consigli per la lettura. Abbonatevi e leggete quotidianamente il sinonapoletano di partecinesepartenopeo.wordpress.com. Mi fa simpatia e pare una brava persona. Saluti a tutti, Namastè.
p.s.: non leggerà ne i commenti ne le mail, per cui non vi aspettate risposte.

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Donne in Asia? Non pervenute

Sul sito di Partecinesepartenopeo, ho trovato questo interessante articolo dell’Ansa sulla condizione femminile in Asia. Andatelo a leggere.

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Hacker cinesi attaccano sistemi sicurezza indiani

Hacker cinesi hanno provato a penetrare nei computer del consulente indiano alla Sicurezza Nazionale, M K Narayanan. Lo ha rivelato lo stesso responsabile della sicurezza indiana a Londra, dove è in visita. L’attacco sarebbe stato portato il 15 dicembre scorso, nello stesso giorno nel quale furono presi di miria il ministero americano per la difesa, enti e sistituzioni finanziare di tutto il mondo, società tecnologiche come Google. La Cina ha ovviamente smentito di avere un ruolo nella cosa. Come già in passato, gli hacker hanno inviato email con allegati virus. Gli indiani sono sicuri che gli attacchi sono partiti dalla Cina, ma Pechino smentisce “è una cosa illegale in Cina”, ha detto il portavoce del ministro degli esteri cinese. Ma Narayan teme che attacchi possano arrivare anche dal Pakistan, dal momento che, secondo lui, il governo pachistano non ha fatto nulla per smantellare le “strutture del terrore”. La cosa comica è che, soprattutto grazie a persone tipo Hopeman, l’India è conosciuta anche per ospitare i più bravi ingegneri informatici del mondo. Sarà. Tuttoqua e Bixx non la pensano così.

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In migliaia piangono Jyoti Basu, padre dei marxisti indiani

Non sara’ cremato il leader marxista indiano Jyoti Basu, morto ieri a Calcutta. Basu, infatti, diversi anni fa ha espresso il desiderio di donare il suo corpo per ricerche scientifiche e i suoi organi per trapianti. Ma, questo, non ha impedito a migliaia e migliaia di cittadini di Calcutta di andare nella casa di funerali dove il corpo dell’anziano leader riposa ora, per onorare l’uomo che per 23 anni consecutivi e’ stato primo ministro dello stato, fino al 2000. Il corpo di Basu domattina uscira’ dal Peace Haven per essere portato in corteo, attraversando il centro di Calcutta, al quartier generale del Communist Party of India – Marxist, del quale l’anziano politico e’ stato fondatore insieme ad altri nel 1964. Il corteo funebre, poi da qui ripartira’ passando all’esterno dei palazzi delle istituzioni, soprattutto quelli nei quali Basu, morto a 95 anni dopo un ricovero di 17 giorni in ospedale a causa di problemi respiratori, ha operato per anni. Il corpo di Basu poi sara’ ospitato nel palazzo del governo dello stato dove ci sara’ la commemorazione civili per poi terminare in serata in ospedale dove saranno rispettate le volonta’ dell’anziano leader. Jyoti Basu e’ stato uno dei piu’ importanti politici indiani. Riconosciuto dalla Cina come un amico, Basu si schiero’ addirittura contro il governo di New Delhi quando scese in guerra contro la Cina per la rivendicazione di alcuni confini comuni. Era l’ultimo tra i fondatori del CPI-M ad essere ancora in vita. Fu lui a portare alla vittoria e al governo in West Bengala i comunisti marxisti nel 1977, governo che dura tutt’ora. La caduta del comunismo sovietico non blocco’ la sua carriera, ma anzi, gli diede la possibilita’ di riformare il partito e agevolare lo sviluppo dello stato, tanto da diventare quasi una figura mitica tra i cittadini del West Bengala.

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I ghiacciai si sciolgono, anzi no. Figuraccia degli scienziati

I ghiacciai himalaiani non si starebbero sciogliendo, smentendo quanto da mesi gli scienziati asserivano. Lo rivela la stampa indiana, secondo la quale gli studi dell’Inter-governmental Panel on Climate Change (Ipcc), guidato dall’indiano Rajendra Pachauri che annunciavano entro il 2035 lo scioglimenti dei ghiacciai dell’Himalaya, sono basati non su dati scientifici ma su interviste giornalistiche. Pachauri e’ uno stimato economista e scienziato presidente del The Energy and Resources Institute (Teri), l’istituto per l’energia e la ricerca di Nuova Delhi. Dal 2002 Pachauri e’ anche presidente dell’Ipcc, per i cui studi sul clima nel 2007 ha vinto, insieme all’ex vicepresidente americano Al Gore, il premio Nobel per la pace. Secondo le rivelazioni giornalistiche, lo stesso management dell’Ipcc ha ammesso errori scientifici nelle proprie predizioni e sarebbe pronto a ritirare i suoi documenti sullo scioglimento dei ghiacciai. L’errore e’ stato evidenziato da esperti del Wwf indiani che hanno mostrato come le previsioni dell’Ipcc non si basino su modelli scientifici accettati ma su una intervista che un professore della Jawaharlal Nehru University di Delhi, aveva dato ad un giornale. Nell’intervista, il professore, Syed Hasnain, parlava del 2035 come data entro la quale l’Himalaya avrebbe visto i suoi ghiacciai sciolti. La cosa fu ripresa dall’Ipcc, senza le opportune verifiche. Pachauri, contattato dalla stampa indiana, si e’ lavato le mani, dicendo che gli studi del suo istituto rispetto ai ghiacciai non sono del tutto sbagliati, perche’ alcuni di questi, i piu’ piccoli, comunque stanno mostrando segni di cedimenti. Il premio Nobel ha comunque assicurato che investighera’ sull’argomento.

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Sul clima, no ad accordo a tutti i costi

L’India non è d’accordo sull’ipotesi che per raggiungere comunque un consenso nel Vertice di Copenaghen si possa indurre i paesi a firmare un documento politico ‘uncooked’, incompleto e non lavorato, e assicura che anche la Cina ed i paesi poveri del cosiddetto G77 la pensano allo stesso modo. Al termine di una giornata molto tesa a Copenaghen il capo degli sherpa indiani, Shyam Saran, ha dichiarato alla stampa che “dobbiamo evitare la politica del fatto compiuto”. Secondo il programma, inoltre, domani dovrebbe giungere in Danimarca il ministro dell’Ambiente Jairam Ramesh, che giorni fa aveva rivelato come durante un incontro a Pechino l’India, la Cina ed il Brasile avessero concertato “una bozza di base” comune mirante “ad incanalare il negoziato”. Da parte sua Saran, che ha preso l’aereo per New Delhi per illustrare lo stato della trattativa sulla riduzione dell’intensità delle emissioni di CO2, ha indicato che con la Cina e con i paesi più poveri del G77 “lavoriamo insieme. Su tutte le questioni principali, siamo uniti”. Tuttavia nel corso dei lavori alcune divergenze sono emerse, soprattutto da parte di alcuni paesi più piccoli che temono che l’India possa negoziare individualmente con le nazioni industrializzate l’ammorbidimento della sua posizione. Su alcuni temi specifici, ha ammesso Saran, possono esservi posizioni articolate, ma sulle questioni più ampie – appoggio all’Unfccc sulle responsabilità comuni ma differenziate e Piano di azione di Bali su maggiori risorse finanziarie e riduzioni di CO2 più intense per i paesi industrializzati – non ci sono differenze di opinione”. “L’India, il G77 e la Cina – ha proseguito – hanno detto molto chiaramente che non si immaginano neppure che un documento politico incompleto possa essere trasmesso per l’approvazione ai capi di Stato e di governo”. Saran ha insistito che “qualunque testo sottoposto all’approvazione dei capi di Stato e di governo dovrà prima essere stato analizzato a fondo e messo a punto prima del 18 dicembre. Questo è messaggio molto forte che è stato fatto pervenire a chi di dovere”. Questa posizione sembra respingere completamente l’ipotesi circolata in giornata secondo cui, se non si riuscirà a mettere a punto un accordo legalmente coercitivo durante il Vertice, allora i 100 paesi convenuti a Copenaghen potrebbero firmare, in presenza dei capi di Stato, un documento politico, la cui natura comunque è tutta da definire.

fonte: ANSA

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Sul clima, accordo India, Cina e Brasile

Sospettata a lungo di voler contribuire al fallimento del Vertice dell’Onu sui Mutamenti climatici cominciato oggi a Copenaghen, l’India si è proposta invece oggi come parte attiva della trattativa per un accordo, anche se con i suoi noti distinguo legati al rifiuto di quote e date legalmente coercitive per gli sforzi di riduzione dell’intensità delle emissioni di CO2. In un intervento oggi nella Rajya Sabha (Camera alta), segnato dall’uscita dall’aula dell’opposizione, il ministro per l’Ambiente Jairam Ramesh ha negato che con l’annuncio di un progetto di riduzione volontaria dell’intensità del carbonio del 20-25% entro il 2020 – salutato dai paesi industrializzati – New Delhi abbia indebolito la sua posizione. A sostegno di questa tesi Ramesh ha rivelato che “India, Cina e Brasile hanno coordinato le loro posizioni per il Vertice”. Ricordando il recente incontro a Pechino dei paesi del cosiddetto Basic (Brasile, Sudafrica, India e Cina), il ministro ha detto che con due di questi paesi (non con Johannesburg) “abbiamo concordato una bozza di base”. “E io – ha aggiunto – ho una copia di questa bozza (…) Un testo che deve servire ad incanalare il negoziato”. Ramesh ha poi minimizzato le tensioni nate con le dimissioni, formulate e poi revocate, di due degli sherpa della delegazione indiana (Chandrasekahr Dasgupta e Prodipto Gosh), delusi per quelle che consideravano “concessioni troppo grandi ai paesi industrializzati”. La nostra equipe “é compatta – ha proseguito – e noi vogliamo essere visti come costruttori e non distruttori dell’accordo” a Copenaghen. “Abbiamo – ha aggiunto – già messo nero su bianco i nostri quattro punti irrinunciabili fra cui la non accettazione di coercizioni legali per quote di riduzione delle emissioni o per anni picco per le emissioni stesse come chiesto incerti ambienti”. La tesi indiana a Copenaghen è in definitiva che pur in uno sforzo comune di tutte le nazioni del pianeta per porre un freno all’effetto serra attraverso il contenimento delle emissioni, le responsabilità fra i gruppi di paesi sono differenti, e che i paesi in via di sviluppo hanno diritto ad essere aiutati. In questo senso si sono espressi oggi a Mosca in una dichiarazione comune il premier indiano Manmohan Singh (che sarà a Copenaghen il 17 dicembre) e il presidente russo Dmitri Medvedev. India e Russia, si assicura, si impegnano a “continuare il lavoro costruttivo allo scopo di favorire il successo della Conferenza (…) in conformità ai principi e alle tesi della Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici e al Piano d’azione di Bali, ma anche tenendo conto del principio della responsabilità comune ma differenziata e delle rispettive possibilità dei diversi stati”.

fonte: ANSA

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Clima, India e Cina siglano accordo di cooperazione

India e Cina hanno sottoscritto oggi a New Delhi un accordo di cooperazione per combattere i cambiamenti climatici. Lo scrive l’agenzia Ians. I due paesi hanno ribadito che fra loro non ci sono differenze di “posizioni negoziali” sui trattati internazionali climatici, per questo continueranno a lavorare insieme sulla negoziazione internazionale. L’accordo è stato firmato dal ministro per l’ambiente indiano Jairam Ramesh e dal suo omologo Xie Zhenhua. Ramesh ha ribadito l’impegno dei due paesi nel rispetto dell’ambiente e che India e Cina si incontreranno anche successivamente per preparare la posizione comune in vista della conferenza internazionale di Copenaghen sul clima, organizzata dall’Onu a dicembre. India e Cina, secondo quanto ha detto il ministro indiano dell’Ambiente, vogliono sicuramente cooperare alla lotta ai cambiamenti climatici e al successo del vertice di Copenaghen, anche se, hanno detto, “non vogliamo limitare gli interessi e le possibilità dei paesi in via di sviluppo”. Ramesh ha anche chiarito che l’India non intende uscire dal Gruppo dei 77, la coalizione di paesi in via di sviluppo all’interno delle Nazioni Unite. L’accordo siglato oggi a Delhi intende intensificare la collaborazione nel campo dell’efficienza economica, delle energie rinnovabili, delle tecnologie ad energia pulita, dei trasporti, dell’agricoltura sostenibile e contro la deforestazione. In base all’accordo, scienziati climatici indiani e cinesi lavoreranno insieme su ricerche e sviluppo.

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L’India diventerà il paese più popoloso al mondo?

Non si ferma l’esplosione demografica che dovrebbe portare il paese di Gandhi a superare la Cina entro il 2050 ed a diventare il Paese più popoloso del mondo. E’ una situazione che fa gonfiare il petto ai nazionalisti che vedono l’India primeggiare dinanzi ad uno dei rivali storici: nel 2050, secondo proiezioni attendibili, l’India avrà addirittura 1,7 miliardi di abitanti contro “solo” 1,4 in Cina. Ma all’orizzonte si profilano nuove tensioni, anche perché nel paese so è sempre faticato a trovare un equilibrio tra le diverse componenti religiose. Il tasso di natalità tra hindù e musulmani è infatti differente e pertanto il peso specifico di questi ultimi è destinato ad aumentare al punto che la tradizionale divisione tra un Pakistan islamico e un’India hindu tra qualche decennio non avrà più molto senso. D’altra parte, se già oggi, con un miliardo e 147 milioni di abitanti denunciati dai dati governativi (probabilmente molti di più considerando gli immigrati illegali) esistono problemi di approvvigionamento, questi non potranno che aumentare. Le bizzarrie del clima cui non è estraneo l’effetto serra, sono in agguato per peggiorare ulteriormente le prospettive. Il governo tenta di porre un freno all’aumento indiscriminato della popolazione, ma non riesce ad intervenire in maniera radicale. Nelle menti degli indiani è ancora troppo fresca la politica interventista di controllo delle nascite di Indira Gandhi, che portò al terrore nelle campagne e all’isolamento del paese. Sonia Gandhi, nuora di Indira, ora al potere in India, cerca di trovare con i suoi tecnici una soluzione che non sia radicale. Conta sul grande sviluppo economico e sulla diffusione della istruzione che di per sé, in ogni angola del mondo, hanno avuto effetti moderatori sulla crescita demografica. La congiuntura è infatti favorevole all’India, che si trova in una fase di cosiddetta transizione demografica. Archiviata l’epoca dell’alta natalità cui però corrispondeva un altrettanto elevato tasso di mortalità, il Paese di Gandhi si trova ora in una fese intermedia caratterizzata da una ancora molto marcata crescita della popolazione a cui però si affianca una ridotta mortalità. L’obiettivo finale, almeno nelle intenzioni governative, dovrebbe essere quello del raggiungimento del terzo stadio, quello del livellamento verso il basso di entrambi gli indici, quello della crescita demografica (attraverso politiche mirate di controllo delle nascite soprattutto nelle zone rurali del paese) e quello del tasso di mortalità (attraverso politiche di miglioramento e maggiore accessibilità per tutti ai servizi sanitari). Secondo i dati della National Commission for Population del Governo indiano, i primi significativi cambiamenti si ravviseranno nel 2016 quando si prevede un aumento della popolazione adulta (tra i 15 e 59 anni) dall’attuale 58% al 64%. Atteso anche un aumento di circa il 2% della popolazione di età superiore ai sessant’anni. A diminuire dovrebbero dunque essere i giovanissimi, quelli della fascia sotto i 15 anni, come risultato delle politiche di controllo demografico poste in essere in questi anni. Previsioni e dati tutti comunque da verificare nel tempo.

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L’eclissi in India e Nepal, due morti e bagno purificatore

Due persone sonno morte a Varanasi, la ex Benares indiana citta’ sacra dell’induismo, uccise mentre si recavano sul Gange per partecipare al bagno purificatore dopo l’eclissi.  Secondo la polizia una persona e’ morta per annegamento mentre si bagnava nel fiume, le cui acque sono alte a causa dei monsoni, mentre una seconda e’ stata schiacciata dalla folla. Subito dopo il passaggio dell’eclissi da Varanasi, infatti, come consigliato dagli astrologi, oltre 70000 persone si sono recate sul Gange per effettuare un bagno purificatore e lavarsi dagli influssi, da molti astrologi ritenuti non favorevoli, del fenomeno astronomico. Un centinaio i feriti ricoverati in ospedale. Anche in Nepal stamattina migliaia di cittadini hanno assistito all’eclissi, visibile in 14 distretti del paese himalayano, a cominciare dalle 5.45 del mattino fino alle 7.48. Nella capitale Kathmandu, per strada e sui balconi si sono riuniti alle 6.50 i nepalesi, che poi si sono riversati a Pashupatinath, la ”Benares del Nepal” sulle rive del fiume sacro Bagmati, per il bagno rituale. Il monsone ha parzialmente offuscato la vista in alcune zone, mentre in altre il cielo si e’ oscurato come fosse sera e lo spettacolo astronomico e’ stato notevole. Consigliato dagli astrologi (il Nepal e’ a maggioranza induista), il ministro degli interni ha dichiarato per oggi una festa nazionale, lasciando chiusi uffici, fabbriche, scuole e anche missioni diplomatiche sia estere che nepalesi all’estero.

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