Il governo nepalese sta pensando di espellere i tibetani che vivono ‘illegalmente’ nel paese o che commettono reati soprattutto di opinione. Lo scrive il quotidiano Kantipur Daily. La polizia e le autorità di immigrazione hanno cominciato delle indagini a seguito di precise direttive impartite dal vice primo ministro e ministro degli interni di Kathmandu Bamdev Gautam, che ha deciso di fermare tutte le manifestazioni di protesta dei rifugiati tibetani. La polizia nepalese continua ad arrestare tibetani, in base al divieto di manifestare contro la Cina e contro l’occupazione del Tibet. Martedì sono stati arrestati 64 rifugiati tibetani, mercoledì in galera ne sono finiti 42. Tutti stavano manifestando dinanzi alla sezione consolare dell’ambasciata cinese a Kathamandu. Gli incartamenti che li riguardano sono stati inviati alle autorità che gestiscono l’immigrazione per accertamenti. Secondo ufficiali dell’immigrazione citati dal quotidiani, i rifugiati “devono stare nel paese in certi limiti altrimenti dovranno lasciare il Nepal”. Fonti del ministero degli interni nepalese hanno indicato che le manifestazioni pro Tibet, creano non solo problemi al traffico, ma minano i rapporti internazionali del governo, in particolare quelli con la Cina, resi ancor più forti e stretti da quando al potere in Nepal ci sono i maoisti del primo ministro ex primula rossa e capo dei ribelli Pushpa Kamal Dahal, detto Prachanda. Ogni giorno il governo di Kathmandu dispiega 400 poliziotti intorno all’ambasciata cinese e alla sua sezione distaccata consolare, per bloccare le proteste dei tibetani. In Nepal vivono oltre 20.000 rifugiati dal Tibet.
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Sull’Orissa e la questione religiosa
Ho letto e commentato questo post del blog di Enrica Garzilli, ottimo come sempre. Vi stimolo a continuare la discussione. Intanto, però, leggo da Repubblica, che prende le notizie dall’agenzia del Pontificio Istituto Missioni estere, che alcune suore di Madre Teresa sono state aggredite (mi pare, leggendo il pezzo, più appropriato il termine ‘minacciate’ e quello ‘bloccate’) in una stazione. Che scandalo! Ovviamente non che le suore siano state bloccate, ma che Repubblica lo scrivi. Ma vi rendete conto di quello che fate? Che giornalismo è questo? Raccontare cose che sono nella, purtroppo, quotidianità di questo paese, non fa altro che alimentare questi atti. Mi sembra di sentire quegli italiani che dicono, riferendosi ai musulmani, “noi li ospitiamo nel nostro paese e gli costruiamo le moschee e loro non ci fanno costruire le chiese nei loro”. Ma basta con questi noi e loro. E soprattutto basta con questi articoli. Ci siamo già dimenticati dei tre preti che sono stati barbaramente picchiati a Torino. Ah già, dimenticavo, sono stati degli extracomunitari a farlo. Magari degli induisti dell’Orissa. Intendiamoci: io sono cattolico apostolico (ma poco romano) e confido nella libertà religiosa. Non ho letto in nessun passo del vangelo l’obbligatorietà di ricevere questa libertà, anzi, il cristianesimo ha nei martiri della fede, figure fantastiche. Ovviamente non tutti sono votati al martirio e alla santità, ma a me interessa quello che faccio io per gli altri, non quello che gli altri fanno per me.
Intanto, leggo dall’Ansa, nell’articolo che parla della riunione informale di ieri dei ministri dell’unione europea, che
…il titolare della Farnesina ha avuto modo di mettere sul tavolo anche un tema particolarmente caro al governo Berlusconi: la tutela della liberta’ religiosa. Dopo le violenze anti-cristiane dei giorni scorsi nello stato indiano dell’Orissa, Frattini aveva gia’ convocato l’ambasciatore indiano alla Farnesina per avere informazioni dirette su quanto stesse accadendo. E oggi la presidenza francese ha accolto la richiesta proprio di Frattini di inserire la questione nell’agenda del vertice Ue-India che si terra’ il prossimo 29 settembre a Marsiglia: l’Italia, ha osservato il ministro, e’ stato ”l’unico paese europeo ad aver sollevato il tema della liberta’ religiosa in India” e ”oggi la mia richiesta e’ stata accolta senza nessuna obiezione dalla presidenza francese”.
Come dice il mio amico Claudio: meji coglioni!
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Domani la fiaccola in Tibet tra repressione e oppressione
La fiaccola olimpica passera’ domani da Lhasa, la capitale del Tibet ancora chiusa a tutti gli osservatori indipendenti dopo le manifestazioni anticinesi dei mesi scorsi. Residenti della citta’ riferiscono che i movimenti della popolazione tibetana sono ancora soggetti a stretti controlli e che domani, in occasione del passaggio della fiaccola, alla maggior parte degli abitanti non sara’ consentito uscire dalle proprie case. La presenza per le strade di agenti della Polizia Armata del Popolo, un corpo paramilitare addetto tra l’altro alla repressione delle proteste popolari, e’ aumentata negli ultimi due giorni, aggiungono le fonti. Non e’ chiaro quale sia la situazione nei grandi monasteri di Lhasa, come quelli del Jokang e di Ramoche e quelli che sorgono nei pressi della citta’ come Sera, Drepung e Ganden, dai quali il 10 marzo scorso sono partite le proteste che poi si sono estese a tutto il Tibet, protraendosi almeno fino alla fine di maggio. A Lhasa ed in altre zone del Tibet i monasteri sono controllati da centinaia di poliziotti e soldati che impongono ai monaci le cosidette ”sedute di rieducazione” nelle quali devono rinnegare il loro leader spirituale, il Dalai Lama, che dal 1959 vive in esilio in India. Ieri l’organizzazione umanitaria Amnesty International ha ricordato che sono non meno di mille le persone che sono state arrestate in questi mesi e delle quali non si hanno notizie precise. ”La chiusura totale del Tibet fa si’ che le violazioni dei diritti umani, come gli arresti arbitrari e i maltrattamenti proseguano in silenzio e nella piu’ completa impunita”’, ha affermato Amnesty International. Il programma diffuso oggi dai mezzi d’informazione cinesi prevede che la staffetta parta dai giardini del Norbulingka, la ex-residenza estiva dei Dalai Lama – i leader spirituali e temporali del Tibet prima della conquista cinese – e termini sulla piazza davanti al palazzo del Potala, che domina la citta’. Artisti balleranno e canteranno, afferma il quotidiano China Daily sulla piazza. I tedofori saranno 156 e davanti al Potala avverra’ il ”ricongiungimento” delle due parti della fiaccola, che sono state separate in aprile per consentire ad un gruppo di alpinisti di portarla sulla cima piu’ alta del mondo, quella dell’ Everest, a oltre ottomila metri d’ altezza. Intanto i tribunali tibetani hanno condannato 12 persone coinvolte nei disordini avvenuti nella capitale Lhasa in marzo. Lo ha annunciato l’agenzia cinese Nuova Cina citando il vice presidente del Tibet Palma Trily, e sottolineando che le condanne – la cui entità non è stata precisata – sono state comminate alla vigilia del passaggio della torcia olimpica in Tibet.
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Le olimpiadi si avvicinano, ma non si placano repressioni in Cina contro dissidenti
Di seguito il pezzo dell’Ansa del corrispondente da Pechino
L’ elenco è lungo: dal difensore dei malati di Aids Hu Jia (condannato a tre e mezzo di prigione), all’ avvocato degli inquilini di Shanghai Zheng Enchong (agli arresti domiciliari dopo aver scontato quattro anni di detenzione) fino all’ ultimo in ordine di tempo, l’ attivista e blogger Huang Qi, arrestato nei giorni scorsi per aver scritti articoli critici verso il comportamento delle autorità locali in occasione del terremoto del Sichuan. Mancano circa 50 giorni all’ 8 agosto, giorno di apertura dei Giochi Olimpici di Pechino e, secondo i gruppi umanitari, la repressione contro i dissidenti cinesi non accenna a fermarsi, anzi. In un documento diffuso alla fine dell’ anno scorso Amnesty International ha ricordato le vicende di alcuni dissidenti che illustrano il giro di vite dato da Pechino in vista delle Olimpiadi: Wang Ling, condannata in ottobre a 15 mesi di “rieducazione attraverso il lavoro” per aver firmato petizioni e preparato cartelli critici verso la costruzione delle nuove strutture olimpiche; Yang Chunlin, che dopo la pubblicazione del rapporto di Amnesty è stato condannato a cinque anni (il 24 marzo scorso), per aver scritto e diffuso una petizione dal significativo titolo: “vogliamo i diritti umani e non le Olimpiadi”; Ye Gouzhou, attivista per il diritto alla casa, che sta scontando quattro anni di reclusione per aver cercato di organizzare una manifestazione per richiamare l’attenzione sulla sorte delle persone che hanno dovuto trasferirsi per far posto alle opere olimpiche, circa un milione e mezzo di persone secondo il Centre on Housing Rights and Evictions (Cohre), un’ organizzazione umanitaria basata a Ginevra. Il caso che ha più suscitato clamore è stato quello di Hu Jia, del quale invano hanno chiesto la liberazione i governi di numerosi paesi occidentali. Trentaquattro anni, tra i primi a denunciare lo scandalo del traffico di sangue infetto che ha portato ad un’ epidemia di Aids nella provincia dell’ Henan, Hu é un attivo blogger e promotore dei diritti democratici. Con l’ avvocato democratico Teng Biao, ha diffuso una lettera aperta di denuncia della “vera situazione” dei diritti umani in Cina nell’ anno delle Olimpiadi. L’ iniziativa gli è costata tre anni e mezzo di prigione, che gli sono stati inflitti per il reato di aver “incitato a sovvertire i poteri dello Stato”. Teng Biao se l’ è cavata con un sequestro durato due giorni, durante i quali è stato “invitato” da un gruppo di agenti del Ministero per la Pubblica Sicurezza a rinunciare ai suoi contatti con giornalisti stranieri, e con la revoca della sua licenza d’ avvocato, decisa dopo che si era offerto di difendere i tibetani detenuti per le manifestazioni anti-cinesi dei mesiscorsi. Inoltre Zeng Jiyan, moglie di Hu Jia e anche lei attivista, e la loro bambina di pochi mesi sono agli arresti domiciliari di fatto dallo scorso dicembre. Il conto alla rovescia tocca i cinquanta giorni mentre la staffetta della fiaccola olimpica – il “viaggio dell’ armonia” secondo il Comitato Organizzatore dei Giochi di Pechino (Bocog) – passa per i posti più rischiosi: da oggi è nel Xinjiang, la Regione Autonoma dove vivono tra gli altri circa otto milioni di uighuri, di etnia turcofona e di religione musulmana, e poi – forse – passerà dal Tibet. Testimoni riferiscono che a Kashgar, la città sulla storica Via della Seta ai confini con il Pakistan e l’ Afghanistan e capitale del nazionalismo uighuro, sarà consentito seguire il passaggio della fiaccola solo alle persone inquadrate dalla proprie “unità di lavoro”. Le strade sono pattugliate da militari, poliziotti, e vigili del fuoco e ai negozi è stato ordinato di restare chiusi durante il passaggio del simbolo olimpico.
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Cina: scompaiono i difensori dei diritti umani
La cara Giusi, che oppone al mio caldo indiano il freddo scandinavo, mi ha segnalato questa interessantissima lettera inviata a Beppe Severgnini e pubblicata dal corriere.
Cina: scompaiono i difensori dei diritti umani
Caro Beppe, cari Italians.
E’ con molta amarezza che devo riportare la scomparsa di Teng Biao, avvocato specializzato in diritti umani (Weiquan), che ho personalmente incontrato soltanto la scorsa settimana. E’ stato caricato in una macchina e da allora sua moglie e il figlio di tre mesi non hanno più notizie di lui. Questo mi è stato riportato direttamente da uno dei suoi colleghi, che di recente ha subito lo stesso trattamento ed è stato violentemente picchiato dalla polizia.
I Weiquan sono sottoposti a una sempre maggiore pressione e regolarmente minacciati o picchiati, man mano che le Olimpiadi si avvicinano. Il governo cinese vuole sbarazzarsene ben in anticipo, prima che l’attenzione del mondo si focalizzi sulla Cina. I Weiquan sono consci dei rischi che corrono e ugualmente persistono nella loro azione di garanzia dei diritti umani, nella speranza che il loro ruolo possa essere reso noto in Occidente tramite le varie organizzazioni non governative. Il minimo che posso fare è scrivervi, nella speranza che lui stia bene. Ovviamente la stazione di polizia dove sua moglie ha presentato denuncia si è ben guardata dall’iniziare la minima indagine. Questo a riprova di quanto rimanga dello dello spirito Olimpico e della garanzia degli inalienabili diritti dell’individuo. Teng Biao è stato pure recentemente picchiato dalla polizia durante un processo. Per quanto mi riguarda, questa è l’ulteriore prova che da questo punto di vista non è cambiato nulla e che il Cio, l’Onu e compagnia tengono gli occhi ben chiusi per non dar troppo fastidio alla Cina e mettere a rischio gli immensi vantaggi economici di cui gioveranno tutti quelli che hanno investito in quest’evento. Un evento che ai miei occhi resta una vergognosa farsa.
Grazie.
Luca Biason
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Più controlli su artisti in Cina dopo concerto di Bjork
La Cina “rafforzerà i controlli” sugli artisti stranieri che si esibiscono nel paese dopo che, lo scorso fine settimana, la cantante islandese Bjork ha inneggiato al Tibet indipendente alla fine di un concerto tenuto a Shanghai. Lo afferma il ministero della cultura di Pechino in un comunicato apparso sul suo sito web. “Un’ artista ha deliberatamente trasformato uno spettacolo commerciale in una esibizione politica, in disprezzo della legge cinese e dei sentimenti del popolo cinese”, si legge nel comunicato. Dopo aver cantato il suo pezzo “Dichiarazione d’indipendenza” – scritto per il Kososvo – Bjork ha urlato “Tibet, Tibet…alza la tua bandiera”. La Cina, secondo funzionari del ministero, potrebbe “non autorizzare mai più” Bjork ad esibirsi nel paese. La notizia della protesta della cantante è stata accuratamente nascosta dai mezzi d’informazione cinesi ma si è diffusa nel paese quando un filmato del concerto è comparso sul sito web YouTube. Il Tibet é stato conquistato nel 1950 dall’ esercito cinese e la Cina lo considera parte integrante del proprio territorio. Il leader spirituale del Tibet e premio Nobel per la Pace, il Dalai Lama, vive in esilio dal 1959 ed è considerato dalla Cina un pericoloso nemico.
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Dalai Lama annuncia sostegno a Olimpiadi
Il Dalai Lama sostiene i giochi Olimpici di Pechino 2008: “Sua Santità il Dalai Lama ha sempre supportato i Giochi e lo riafferma ancora una volta”, ha dichiarato il segretario, Chime Chhoekyapa, respingendo le accuse delle autorità cinesi, secondo le quali il leader spirituale tibetano sta sabotando i giochi. L’accusa cinese prende le mosse da un’intervista rilasciata in gennaio dal Dalai Lama, nella quale aveva parlato di una marcia pacifica di protesta in Cina. “L’intervista televisiva – ha precisato Chhoekyapa – a cui i cinesi di riferiscono è stata distorta e l’affermazione è stata estrapolata dal suo contesto”. Il Dalai Lama – ha proseguito il suo staff – si è limitato a chiedere alle organizzazioni non governative di ricordare alla comunità internazionale la repressione cinese in Tibet e la situazione della regione. Cinque gruppi rappresentanti degli esiliati tibetani stanno pianificando di marciare dall’India al Tibet in coincidenza dei Giochi. I cinque gruppi hanno comunque precisato che non cercheranno l’approvazione del Dalai Lama, considerato più moderato. Il prossimo 10 marzo cadrà il 49mo anniversario dell’esilio del Dalai Lama.
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