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La suprema corte conferma: l’omosessualità in India non è reato

La suprema Corte indiana, il tribunale piu’ alto nell’ordine giurisdizionale del paese, ha confermato l’ordinanza dell’alta corte di Delhi che chiedeva la legalizzazione dell’omosessualita’ nel paese. Lo riferisce la televisione indiana IBNLive. Lo scorso due luglio, con una ordinanza che fece discutere, l’alta corte di Delhi aveva chiesto al governo di adoperarsi per legalizzare l’omosessualita’ nel paese, considerato un reato in base ad un artucolo del codice penale risalente al periodo del dominio britannico. L’alta corte motivo’ la sua decisione con il fatto che la legge violava un diritto individuale, chiedendo la legalizzazione di rapporti omosessuali fra consenzienti. A questa decisione, valida per il solo stato di Delhi, si sono appellati gruppi religiosi, soprattutto islamici, contrari alla legalizzazione dell’omosessualita’. La decisione di oggi potrebbe aprire nuovi scenari, dal momento che il giudizio della Suprema Corte ha valore su tutto il paese.

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Omosessualità tabù anche al cinema

Un grazie all’amico Marco Restelli, esperto di cinema indiano, che ha contribuito a schiarirmi le idee sull’argomento cinematografico.

L’omosessualità, oltre che un reato, è sempre stato anche un tabù in India. Non solo nella vita comune, ma anche in quello che è la massima espressione e rappresentazione della società indiana, il cinema di Bollywood. Nessun film dell’industria cinematografica indiana ha mai affrontato il problema se non di striscio, rappresentato principalmente dagli hijras, nome che in passato indicava gli eunuchi di epoca imperiale e che ora indica invece i transessuali. Water, il film sulle giovanissime vedove indiane di epoca gandhiana, uscito nel 2005 e girato da Deepha Metha con una produzione canadese, fu avversato in India anche perché toccava l’argomento omosessualità. La protagonista del film, che ricevette una nomination come miglior film straniero agli Oscar del 2007, nella pellicola stringe amicizia con un hijras. Un altro hijras, ha un importante ruolo nel film epico Jodhaa Akbar del 2008, che racconta la vita dell’imperatore moghul Akhbar e di sua moglie Jodha. In Dostana, commedia del 2008, due giovani indiani si fingono gay per affittare insieme un appartamento a Miami, ma vengono scoperti quando entrambi si innamorano della loro coinquilina. In India gli hijras sono al contempo venerati e temuti. Portano il nome degli eunuchi che un tempo erano al servizio dei re, ma sono oggi veri e propri emarginati, transessuali che girano per strada chiedendo l’elemosina e cacciando il malocchio. Sono però richiesti a cerimonie come battesimi e matrimoni perché, essendo stati sfortunati nella vita, si pensa attirino su di sé la potenziale sfortuna, sottraendola così al bambino o agli sposi.

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Per la corte, la legge sull’omosessualità è anticostituzionale

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Con una storica sentenza che fa breccia in una legge coloniale del 1860, l’alta corte di New Delhi ha dichiarato che l’omosessualita’ non e’ piu’ un reato. Ora spetta al governo nazionale e al parlamento riformare i codici per estendere l’efficacia della sentenza dal solo territorio della capitale federale a tutta l’India. Ci sono voluti anni di battaglie sociali, manifestazioni, parate gay pride e anche suicidi per portare a quella che dai media indiani viene vista come una sentenza epocale che ora passa la palla al parlamento, il quale fra problemi e divisioni, e’ chiamato ora a legiferare. La sentenza ha dichiarato anticostituzionale il reato di omosessualita’ perche’ discrimina una parte sociale, confermando la rilevanza penale dei rapporti non consensuali, soprattutto con minorenni. Fino a oggi una legge emanata sotto l’Impero britannico e confluita nella sezione 377 del codice penale indiano, puniva il ”sesso contro natura” fino a dieci anni. In alcuni casi, la punizione poteva anche arrivare all’ergastolo. La legge inoltre equiparava gli omosessuali a coloro che hanno rapporti con animali, e contro queste discriminazioni, il movimento omosessuale indiano aveva da sempre combattuto. Gli attivisti omosessuali nel 2004 avevano anche fatto ricorso al tribunale di Delhi, che respinse la richiesta bollandola come ”accademica”.

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Tutte le petizioni sono state rigettate dalle autorita’ indiane che, almeno finora, hanno sempre considerato i comportamenti omosessuali contrari alla morale. I gruppi per la tutela dei diritti di gay e lesbiche da qualche anno stanno suffragando la loro lotta una nuova importante argomentazione: la lotta all’Aids. In India infatti vi sarebbero milioni di omosessuali a rischio Aids che, per paura del carcere, non denunciando la loro condizione e non hanno percio’ accesso alle cure mediche. Gia’ il ministro della salute – l’omosessualita’ in India e’ ritenuta infatti da molti una malattia – del passato governo, Ramadoss, si era impegnato a lavorare per depenalizzare il reato. Ma Ramadoss non riusci’ nel suo intento:: Palanippan Chidambaran, ministro degli interni alla fine del passato governo e in questo attuale, la settimana scorsa annuncio’ l’intento di voler riunire i suoi colleghi di gabinetto per analizzare il problema e arrivare alla depenalizzazione. Il giorno dopo il ministro della giustizia, pero’, dopo feroci critiche della comunita’ musulmana, freno’ dicendo che l’argomento non era in agenda. In base alla legge indiana, la sentenza di oggi vale solo per il territorio di Delhi e non per tutto il Paese, e dovra’ essere il governo a esprimersi sulla modifica del codice penale. Un mandato non facile: la sentenza e’ stata commentata da Shakeel Ahmed, portavoce del Partito del Congresso di Sonia Gandhi, con un laconico ”e’ una questione tra governo e tribunale”. La sentenza e’ stata salutata con slogan e canti in aula da un centinaio di attivisti dei diritti degli omosessuali, i quali hanno dichiarato la loro felicita’ per la depenalizzazione del loro status. Ma la stessa sentenza e’ stata subito condannata da alcuni leader religiosi indiani, soprattutto musulmani. ”E’ assolutamente sbagliato legalizzare l’omosessualita’, non accetteremo mai una legge del genere”, ha dichiarato alla tv l’ Imam della Jama Masjid di Delhi, la piu’ grande moschea dell’ India, Ahmed Bukhari. Anche il segretario dell’All India Muslim Peronsal Law Board, organismo che riunisce tutte le associazioni musulmane del Paese, il maulana Khalid Rashid Firangi Mahali, s’e’ dichiarato contrario alla sentenza: ”l’omosessulita’ e’ contro la religione e la sharia (la legge islamica, ndr)”. La Chiesa cattolica indiana, attraverso il Dominic Immanuel, pur ribadendo la sua contrarieta’ alle relazioni omosessualita’, e favorevole a rimuovere le discriminazioni contro gli omosessuali, che non rischiano piu’ l’arresto.

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Dietro front del governo sulla depenalizzazione dell’omosessualità

Tutti coloro che credevano che l’India, la “più grande democrazia del mondo” mostrasse segni di giustizia sociale di rispetto dei diritti, dovranno restare delusi. Nonostante gli annunci anche recenti, il governo indiano non intende per ora depenalizzare l’omosessualita’ in India. Lo ha detto all’agenzia PTI il ministro della giustizia indiano Veerappa Molly. Era stato il suo collega degli interni, Palanippam Chidambaran ad annunciare, nei giorni scorsi, un incontro con alcuni suoi colleghi, per discutere della depenalizzazione di parte della sezione 377, che prevede pene per il ”sesso contro natura”, inglobando gli omosessuali con coloro, ad esempio, che hanno rapporti con animali. Il dietro front del ministro della giustizia arriva dopo che oggi il Maulana Abdul Khalik Madrasi, vice cancelliere del Darul Uloom Deoband, una importante scuola islamica di Muzaffarnagar, nello stato settentrionale dell’Uttar Pradesh, ha detto che ”l’omosessualita’ e’ vietata dalla Sharia (la legge islamica, ndr) e proibita nell’Islam”, sbarrando di fatto la porta alla depenalizzazione. Molly aveva detto che la decisione di depenalizzare il reato sarebbe stata presa solo dopo aver ascoltato tutte le forze sociali, compresi i responsabili religiosi. Il veto del maulana Madrasi, e’ stato ampliato dal Maulana Salim Kasmi, vice presidente dell’All-India Muslim Personal Law Board (AIMPLB), la piu’ importante organizzazione islamica indiana. Per Kasmi, ”le attivita’ gay sono un crimine” e l’omosessualita’ non deve essere depenalizzata dall’ambito della sezione 377. In base alla legge indiana tuttora in vigore (che risale al 1861, quando l’India era ancora colonia britannica) chi pratica ”sesso contro natura” e’ punibile con il carcere fino a 10 anni, ergastolo in casi piu’ gravi. Gruppi di attivisti umanitari e organizzazioni non governative da anni lottano per l’abrogazione di questa legge. Ma tutte le petizioni sono state rigettate dalle autorita’ indiane che, almeno finora, hanno sempre considerato i comportamenti omosessuali contrari alla morale indiana. I gruppi che cercano di tutelare le ragioni dei gay portano una nuova importante argomentazione a supporto della loro tesi: la lotta all’Aids. In India infatti ci sarebbero milioni di omosessuali a rischio Aids che, per paura del carcere, non denunciando la loro condizione e quindi non hanno accesso alle necessarie cure mediche.

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L’India pensa a depenalizzare l’omosessualità

Il Governo indiano potrebbe rivedere la sua posizione e dichiarare non penalmente perseguibile lomosessualita’. Lo scrive il Times of India. Fino ad ora l’esecutivo di New Delhi era stato contrario alla modifica della sezione 377 del codice penale indiano che considera l’omosessualita’ un reato, ma adesso si sta considerando, anche a pressioni interne e internazionali, la possibilita’ di abrogare quella legge. L’attuale Ministro dell’interno, P. Chidambaram, ha espresso parere favorevole in tal senso. Per questo Chidambaram ha indetto una riunione con il Ministro della Sanita’, Ghulam Nabi Azad, con il Ministro della Giustizia, V. Moily, e con i Ministri dell’Interno di tutti gli Stati dell’Unione per discutere l’argomento. Una decisione definitiva sull’abrogazione del reato di omosessualita’, infatti, potrebbe essere presa solo con il consenso di tutti. In base alla legge indiana tuttora in vigore (che risale al 1861, quando l’India era ancora colonia britannica) chi pratica ”sesso contro natura” (avvicinando gli omosessuali a coloro che hanno rapporti con animali) e’ punibile con il carcere fino a 10 anni. Ergastolo in casi piu’ gravi. Gruppi di attivisti umanitari e organizzazioni non governative da anni lottano per l’abrogazione di questa legge. Ma tutte le petizioni sono state rigettate dalle autorita’ indiane che, almeno finora, hanno sempre considerato i comportamenti omosessuali contrari alla morale indiana. I gruppi che cercano di tutelare le ragioni dei gay portano una nuova importante argomentazione a supporto della loro tesi: la lotta all’Aids. In India infatti ci sarebbero milioni di omosessuali a rischio Aids che, per paura del carcere, non denunciando la loro condizione e quindi non hanno accesso alle necessarie cure mediche.

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Rahul Gandhi nuova icona gay

Rahul Gandhi, primogenito di Sonia e segretario generale del partito del Congresso, e’ diventata la nuova icona gay dell’India. Il giovane rampollo della dinastia Gandhi Nehru, considerato uno dei grandi vincitori delle scorse elezioni, e’ stato riconosciuto come simbolo da una delle associazioni omosessuali piu’ importanti dell’India. Rahul e’ da qualche tempo, come lo era suo padre, il simbolo e un esempio per i giovani indiani. GayBombay, la piu’ importante organizzazione omosessuale d’India, lo ha eletto a icona, sperando che nella sua azione politica e di governo ci possa essere anche il riconoscimento dei loro diritti. In India, infatti, l’omosessualita’ e’ reato e si rischia fino all’ergastolo per ”unione carnale contro natura”. La legge, inserita nel codice penale e che si richiama ad una legge britannica del 1830, mette sullo stesso piano i rapporti tra omosessuali e quelli tra uomini e animali. Da tempo alcune parti della societa’ civile si stanno battendo per depenalizzare l’omosessualita’, soprattutto perche’ i gay e le lesbiche indiane malate di AIDS, spaventati dalla minaccia di andare in galera, non sfruttano la possibilita’ di avere le cure mediche per la malattia perche’ per farlo dovrebbero denunciare le loro inclinazioni sessuali. Il Ministro della salute dello scorso governo a guida del Congresso, Ramadoss, aveva provato a discutere della depenalizzazione, ma e’ stato emarginato. Rahul, 38 anni e non sposato, incarna le aspirazioni e i sogni dei giovani indiani ed ora anche degli omosessuali, che vedono in lui una speranza. Il suo celibato infatti, non usuale per un giovane della sua eta’ e del suo stato, lo dipinge come una persona che va oltre gli schemi in un paese molto legato alle tradizioni e molto puritano, dove il sesso e’ tabu’ nonostante sia il paese del Kamasutra. I gay indiani sperano che Rahul possa, come segno di apertura, cominciare con il dare il patrocinio governativo o del suo partito al Gay Pride che ogni anno si tiene a Mumbai.

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Gay israeliani prendono bambina indiana nata da utero in affitto

Una coppia di omosessuali israeliani ha adottato una bambina indiana nata dal seme di uno dei due e partorita da una madre surrogata. Lo ha riferito oggi il Times of India. I due gay, Yonatan di 30 anni e Omer di 31, uno dei quali e’ leader in Israele di un movimento per i diritti degli omosessuali, hanno deciso di venire in India perche’, scrive il giornale, e’ il solo Paese al mondo, oltre agli USA, che concede la possibilita’ anche agli omosessuali di usufruire di una madre surrogata. Ma l’India costa di meno, cosi’ i due hanno deciso di andare a Mumbai per avere il loro figlio. Il caso sta suscitando dubbi e proteste, perche’ la legislazione indiana da una parte prevede la possibilita’ anche per un singolo di adottare un bambino, ma dall’altro vieta l’omosessualita’ che ritiene un reato, con la possibilita’ di condannare all’ergastolo per sodomia gli omosessuali. Anche sul nascituro – Evyatar, che in ebraico significa ”con due padri” – ci sono problemi legali perche’ non e’ chiaro quale nazionalita’ prendera’. L’India sta diventando una nuova frontiera per gli uteri in affitto, grazie alla numerosa offerta e ai bassi costi, anche se non c’e’ ancora una legislazione a riguardo. Nel solo Stato del Gujarat sono talmente tante le donne che affittano il proprio utero a coppie sia straniere sia indiane, che la citta’ di Anand e’ stata ribattezzata capitale mondiale dell’utero in affitto. Anche le coppie omosessuali hanno trovato in India un eldorado. Dal 2005 in una sola clinica di Mumbai 40 coppie straniere di omosessuali hanno avuto un bambino grazie ad un utero in affitto.

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Vietato fumare in India

Da oggi in India è vietato fumare nei luoghi pubblici. Il ministro della salute Anbumani Ramadoss, ha scelto una data importante per quello che sarà uno dei momenti che cambieranno la vita agli indiani. Oggi infatti é festa nazionale, si ricorda la nascita del Mahatma Gandhi, e per tradizione è ‘dry day’, un giorno nel quale sono vietati la vendita e il consumo di alcolici. Da oggi, anche il fumo. Per sempre. Addio dunque, quantomeno in pubblico, a sigarette e bidi, i cigarillos indiani costituiti da una foglia secca di tabacco arrotolata riempita di trinciato. Niente più fumo neanche nei luoghi pubblici all’aperto, come gli stadi, ma permesso di fumare sui marciapiedi o nei mercati all’aperto. Vietato in tutti gli altri posti, sia pubblici che privati, se sono aperti al pubblico. Alberghi, aeroporti, pub e ristoranti, se ne avranno gli spazi, potranno tuttavia creare aree riservate ai fumatori. Le multe previste per i trasgressori sono a livelli popolari: chi viene beccato a fumare dovrà pagare 200 rupie, 3,50 euro circa. La legge era stata già disegnata nel 2003 e doveva entrare in vigore nel 2004. Ma mancavano una serie di provvedimenti come i regolamenti di attuazione che ora, dopo quattro anni, hanno fatto entrare in vigore il divieto. Il provvedimento è stato fortemente voluto dal ministro Ramadoss, già contestato in patria, oltre per questa del fumo, per una serie di scelte. Ad esempio, lui è l’unico esponente del governo che si batte per i diritti degli omosessuali e della depenalizzazione dell’omosessualità, che attualmente può portare un gay alla prigione fino all’ergastolo. Per Ramadoss è stata una battaglia dura, non tanto per aver dovuto fronteggiare le multinazionali del tabacco che in India hanno attecchito poco, ma per combattere le tradizioni degli indiani e, soprattutto, le proteste dei divi di Bollywood che vedono venire a mancare un mucchio di soldi derivati dalle sponsorizzazioni. Secondo i dati forniti dall’Indian Council of Medical Research, i fumatori indiani sono più di 120 milioni, e i morti per tumore da fumo un milione all’anno, 3000 ogni giorno. A dire il vero, la legge che vieta il fumo nei luoghi pubblici era già teoricamente in vigore dalla fine degli anni 90 in diversi stati e territori autonomi, tra i quali Delhi. Ma non è mai stata applicata con particolare severità: dal 1997, da quando la norma è in vigore nella capitale indiana, circa 13mila euro di multe sono state comminate dalla polizia nei confronti di fumatori colti in flagrante. Una curiosità: l’anno scorso a Delhi 5.739 uomini sono stati multati, a fronte di sole 18 donne. Adesso, però, la nuova norma voluta da Ramadoss vale per l’intero paese e specifica i luoghi nei quali il fumo è bandito, contemplando ospedali, ristoranti, uffici pubblici e privati, cinema, centri commerciali, tribunali etc. Il ministro ha inviato una circolare a tutti gli stati dell’Unione chiedendo di far applicare la legge. Due di questi, il Maharashtra (con capitale Mumbai) e il Bihar (nell’India orientale), hanno detto di non essere pronti. E intanto si profilano altri problemi, giacché la nuova legge, se è molto specifica sui luoghi nei quali sarà vietato fumare, nulla dice riguardo alle persone. In India i sadhu, i santoni, sono gli unici che possono fumare anche droga per fini spirituali senza essere arrestati. L’esenzione varrà anche per questa nuova legge? Il divieto, inoltre, riguarda il fumo, ma non masticare il tabacco e suoi derivati, pratica cui gli indiani ricorrono forse in misura maggiore del fumare sigarette.

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L’alta Corte chiede al governo di Delhi di non discriminare gli omosessuali

L’alta corte indiana ha inviato una richiesta al governo centrale di non continuare la discriminazione nei confronti degli omosessuali che, secondo la legge indiana, sono punibili con la galera fino all’ergastolo. L’alta corte si chiede ”cosa spinga lo stato ad avere ancora interesse a continuare con queste leggi contro gli omosessuali dal momento che queste persone soffrono di discriminazione e vengono visti non degni dalla societa”’. La richiesta dell’alta corte nasce dall’esigenza di poter assicurare agli omosessuali che sono malati di AIDS, di poter fare ricorso alle cure. Questi, infatti, per paura di essere scoperti e di andare in galera, non dichiarano ne’ la loro omessualita’ ne’ tanto meno la loro malattia. Secondo il governo, invece, non e’ questione di legge ma semplicemente di inculcare una educazione diversa sulle cure per l’HIV. ”Legalizzare questi atti – ha risposto l’avvocato generale dello stato PP Malhotra – non e’ la risposta. Coloro che indugiano in questi atti non si fanno avanti non per timidezza, ma per incolpare il governo”. Malhotra, mentre giustifica le misure penali contro gli omosessuali, ha spiegato che l’India non puo’ seguire il trend delle societa’ occidentali che considerano l’omosessualita’ normale. Per l’avvocato, che ribadisce che ”non c’e’ il concetto di orientamento sessuale nella costituzione indiana”, il diritto alla privacy degli omosessuali non e’ assoluto mentre deve essere preso in considerazione l’interesse di larga parte della societa’. ”Il sesso tra gay – ha detto Malhotra all’agenzia PTI – e’ contro l’ordine naturale. Noi andremmo contro la natura se gli permettessimo di agire. E’ uno dei casi, questo, nel quale lo stato deve chiedere l’aiuto della legge per mantenere la moralita’ pubblica”. La richiesta della corte e’ arrivata dopo la presentazione di una istanza da parte di un gruppo di attivisti per i diritti degli omosessuali che chiede la cancellazione della legge penale contro di loro. Secondo le associazioni per i diritti dei gay, le leggi che giudicano penalmente l’omossessualita’ in India, portando fino alla pena dell’ergastolo per i gay, violano i diritti fondamentali di di uguaglianza, discriminando gli atti omosessuali sul terreno della moralita’. Nel governo, il solo ministro della salute, Ramadoss, si è da tempo espresso a favore della depenalizzazione dell’omoessualità nel paese.

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Carta di identità per omosessuali in Nepal

Una ventunenne nepalese e’ diventata la prima cittadina del suo paese ad essere riconsciuta come appartente al terzo sesso. Bishu Adhikari, originaria di Pokhara nel nord ovest, citta’ che ha dovuto lasciare perche’ oltraggiata e minacciata dai suoi parenti e vicini che avevano scoperto la sua omossesualita’, ha ricevuto oggi dal governo nepalese la prima carta d’identita’ del paese nella quale c’e’ scritto ”terzo”, inteso come sesso, invece che mascio o femmina nella categoria ‘genere’. La ragazza, con l’aiuto della ONG Naulo Bihani che si interessa dei diritti di gay e lesbiche in Nepal, aveva chiesto una carta di identita’ nel distretto di Kaski, specificando che avrebbe voluto che comparisse la dicitura del terzo sesso. La ragazza ha preso la sua decisione dopo la visita istituzionale nella sua ex citta’ di Sunil Babu Pant, il primo parlamentare nepalese dichiaratamente omosessuale. Durante la sua visita, Pant aveva discusso dei diritti degli omosessuali, spingendoli a chiedere diritti e soprattutto documenti di indentita’ che attestassero la propria appartenenza al ”terzo sesso”. Ad Adhikari erano state offerte carte di identita’ che la identificavano come uomo, visto che il suo aspetto e’ simile a quello maschile, ma lei le ha sempre rifiutate. Il via libera alla donna e’ stato dato dalla suprema corte nepalese che l’anno scorso ha emesso un giudizio fondamentale per gli omossessuali del paese, dichiarandoli ”persone naturali”. La corte chiese cosi’ al governo di rimuovere tutte le discriminazioni contro la comunita’ omosessuale e assicurare per loro gli stessi diritti degli altri. L’anno scorso Chanda Musalman, un gay che divenne transgender, vestito come una donna, ricevette parziale accoglimento della sua richiesta di avere una carta di iidentita’ nella quale era segnalato come donna. Il municipio di Kathmandu, infatti, non sapendo come comportarsi, scrisse ”sia maschio che femmina” nella categoria del sesso sul documento di identita’.

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