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Finita operazione militare pachistana in Sud Waziristan

Le forze di sicurezza del Pakistan hanno concluso l’offensiva nel Waziristan meridionale cominciata a metà ottobre ed ora potrebbero trasferirsi in un altra zona calda alla frontiera con l’Afghanistan: l’Orakzay Agency. Lo ha dichiarato oggi il premier pakistano, Yousuf Raza Gilani. Parlando con i giornalisti a Lahore, capitale del Punjab e dove la polizia sta interrogando i cinque americani arrestati il 9 dicembre e sospettati di contatti con il terrorismo islamico, Gilani ha sostenuto che “l’operazione militare nel Waziristan meridionale si è conclusa e stiamo valutando l’opportunità di spostare l’esercito nella Orakzay Agency”. Questo perché, indica Dawn News Tv, il govern ritiene che molti talebani potrebbero essere fuggiti dal Waziristan meridionale per rifugiarsi in quello settentrionale o, appunto, in Orakzay. Le dichiarazioni di Gilani sembrano anche essere una risposta alle affermazioni del presidente statunitense Barack Obama, che ha chiesto al Pakistan, in una intervista alla Cbs, di “fare di più contro Al Qaeda”.

fonte: ANSA

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Attentato in moschea a Rawalpindi, 40 morti

Il Pakistan ha mostrato ancora una volta oggi la vulnerabilità della sua sicurezza quando un commando armato e accompagnato da due kamikaze, ha fatto irruzione a Rawalpindi in una moschea, piena di fedeli in preghiera e vicina al quartier generale dell’esercito, uccidendo almeno 42 persone, fra cui donne e bambini, e ferendone altre 80. Fra le vittime arrivate negli ospedali cittadini, si è appreso, vi sono molti militari, e perfino un generale in servizio. Testimoni oculari hanno riferito che “i terroristi hanno ucciso a sangue freddo alcune delle persone che si trovavano al riverse suolo”. L’attacco, che ha rianimato lo spettro di Osama Bin Laden e dei suoi uomini, ha avuto caratteristiche spettacolari perché nonostante le misure di sicurezza accuratissime attorno al luogo di culto che si trova nel quartiere di Westridge, sei uomini armati sono riusciti a penetrarvi. E ad operare in una zona dove si trovano vari uffici militari, fra cui il quartier generale dell’esercito, e che per questo è considerata la più icura della città. Un testimone oculare, citato dall’agenzia di stampa statale App, ha detto che il commando ha fatto irruzione fra i fedeli appena finite le preghiere della Jumma e, non appena l’Imam ha pronunciato la frase “Allah u Akbar”, ha lanciato due bombe a mano e cominciato a sparare all’impazzata. Subito dopo due kamikaze hanno attivato l’esplosivo che avevano indosso, fatto che ha contribuito a far crollare il tetto della moschea, come ha confermato il ministro dell’Interno, Rehman Malik. La reazione delle forze di sicurezza, che pure è stata tempestiva con l’uccisione di cinque assalitori, non ha potuto evitare l’enorme spargimento di sangue ed un altro colpo al prestigio del governo pachistano. E’ la sesta volta quest’anno che Rawalpindi, dove risiedono i comandi delle forze armate pachistane, è al centro di attacchi terroristici, con la perdita di almeno 120 vite umane. Sia il presidente Asif Ali Zardari sia il suo primo ministro Syed Yousuf Raza Gilani hanno duramente condannato “l’atto terroristico” chiedendo che “su di esso venga fatta la massima luce”. Da tempo il Pakistan è impegnato, su sollecitazione in particolare degli Stati Uniti, in una complessa offensiva contro i talebani, cominciata prima nella Calle dello Swat e proseguita poi nelle regioni confinanti con il Pakistan, fra cui il Waziristan del sud. Il presidente Zardari si trova in questo campo fra l’incudine rappresentata dai talebani ed il martello costituito da una opinione pubblica che vede con sempre più fastidio l’alleanza con Washington che per colpire i santuarì dell’estremismo islamico e di Al Qaida utilizza i droni, velivoli senza pilota che sparano razzi contro i nemici, colpendo però spesso civili incolpevoli. Un aumento dell’utilizzazione di questi droni, conosciuti anche come Predators, è stata autorizzata da Washington, ma questo sta trasformandosi in un motivo di frizione con Islamabad che, come ha dichiarato il premier Gilani al settimane tedesco Spiegel, li considera “controproducenti”. Comunque, incontrando oggi il premier della esplosiva Provincia della frontiera del nord-ovest (Nwfp) Ameer Haider Khan Hoti, il presidente Zardari ha assicurato che l’offensiva intrapresa contro i gruppi estremistici “continuerà fino alla loro completa eliminazione dal paese”.

fonte: ANSA

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Ennesimo attentato a Peshawar

Un attentatore suicida si e’ fatto esplodere stamani davanti all’ingresso principale della cittadella giudiziaria di Peshawar, nel nord ovest del Pakistan, causando la morte di almeno 16 persone. Tra le vittime anche tre agenti di polizia in servizio dinanzi al tribunale di Khyber road, il piu’ grande della citta’ capoluogo della provincia frontaliera di Nord Ovest ai confini con l’Afghanistan. Secondo le prime informazioni, l’attentatore suicida, che indossava un giubbotto imbottito di esplosivo, e’ sceso da un taxi e si e’ diretto verso l’ingresso del tribunale, posto su una delle strade piu’ importanti della citta’. La polizia lo stava controllando prima di permettergli l’accesso quando l’uomo si e’ fatto esplodere. Almeno 25 i feriti secondo la televisione, 35 secondo altre fonti, alcuni dei quali in gravissime condizioni tanto che si teme che il bilancio dei morti possa aumentare. Peshawar e’ stata oggetto nelle scorse settimane di numerosi attentati, quasi uno al giorno. La stessa Khyber road e’ stata presa di mira lo scorso giugno, quando un attacco contro l’hotel a cinque stelle Pearl Continental ha causato 19 morti. Sei giorni fa e’ stata teatro dell’attentato alla sede dei servizi segreti pachistani, l’Isi, nel quale sono morte 19 persone. Le autorita’ puntano l’indice contro i talebani, nei confronti dei quali l’esercito sta portando avanti una offensiva in Sud Waziristan dallo scorso 17 ottobre. Stamani, poche ore prima dell’attentato a Peshawar, un drone americano ha lanciato alcuni missili contro postazioni talebane in Nord Waziristan, causando almeno quattro vittime. Secondo la televisione Dawn, c’erano gia’ informazioni di intelligence che preannunciavano un attentato contro il palazzo di 4 piani che ospita il tribunale di Peshawar, nella centrale Kyber road. Vicinissimo alla struttura e’ anche il Pearl Continental, l’hotel a cinque stelle oggetto di un altro attentato terroristico lo scorso giugno, nel quale morirono 11 persone. Dall’inizio dell’offensiva dell’esercito contro i talebani in Sud Waziristan, sono stati sei gli attentati nella sola Peshawar, che hanno fatto oltre 180 vittime in sette attentati. Il piu’ cruento e’ stato quello nel mercato della citta’ pachistana lo scorso 28 ottobre, con 120 morti, mentre in citta’ sono stati colpiti anche la sede dei servizi segreti e uffici amministrativi oltre che, oggi, il tribunale. Il 9 ottobre, inoltre, un altro attentato suicida sempre a Peshawar, in un mercato, aveva fatto 50 vittime.

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Attentato agli 007 pachistani

Sono 20 le vittime di due attentati terroristici avvenuti oggi in Pakistan nella parte nord occidentale ai confini con l’Afghanistan. Ed ancora una volta nel mirino dei terroristi c’erano due istituzioni importanti, come una sede dei servizi segreti e una stazione di polizia. Il primo attentato alle 6.40 del mattino a Peshawar, capoluogo della Provincia Frontaliera di Nord Ovest (Nwfp), gia’ oggetto di attentati nelle scorse settimane. L’attentato e’ avvenuto a poche ore dall’arrivo ad Islamabad del consigliere per la sicurezza nazionale americana Jim Jones, arrivato in Pakistan a parlare di terrorismo. Obiettivo dei terroristi, il palazzo di tre piani che ad Army Stadium chowk, ospita l’Isi, l’Inter Services Intelligence, il servizio segreto pachistano. Un camioncino con oltre 200 chilogrammi di esplosivo e’ piombato contro l’edificio ed e’ esploso, all’altezza del posto di blocco, a seguito dei colpi delle guardie. L’esplosione e’ stata fortissima: almeno 12 i morti, oltre sessanta i feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni, tanto che si teme che il bilancio possa aumentare. Il forte scoppio ha provocato il crollo e il danneggiamento di palazzi vicini ed e’ stato avvertito ad oltre 20 km di lontananza. Tutta la zona del Cantonment, l’ex zona militare inglese dove si trova l’edificio, e’ stata chiusa e lo stato di massima allerta e’ scattato a Peshawar e in tutte le grandi citta’ del paese. Nessuno ha rivendicato l’attentato, ma si punta il dito contro i talebani, contro i quali da oltre due settimane l’esercito sta portando avanti una offensiva nel Sud Waziristan, sempre nel nord ovest ai confini con l’Afghanistan. Un’ora dopo, un altro kamikaze a bordo di un auto imbottita di esplosivo si e’ lanciato contro la stazione di polizia Bakka Khel sulla Ragsa Road di Bannu, distretto ai confini con il Sud Waziristan. Il palazzo che ospitava gli agenti e’ stato completamente distrutto. La stazione di polizia Bakka Khel si trova al confine del distretto di Bannu e le zone semi tribali del nord ovest. L’esercito continua la sua offensiva in Sud Waziristan, celebrando vittorie quotidiane. Ieri erano stati uccisi 24 militanti, oggi i talebani morti sono 6 e 12 i militari uccisi in battaglia. Ma il governo sta perdendo la sua battaglia contro i terroristi, sul piano della guerriglia. I talebani, infatti, stanno portando lo scontro dalle alture del Sud Waziristan alle citta’ pachistane, colpendo sia il cuore delle istituzioni che i civili. Una serie di attentati, soprattutto tra Peshawar e Islamabad, che hanno colpito la piu’ grande base dell’aeronautica, l’universita’ islamica, la cittadella dell’Onu, la sede dei servizi segreti, ma anche diversi mercati. Una situazione che sta portando all’esasperazione i civili pachistani. Il governo, teme una perdita di consensi. L’attacco di oggi all’Isi, struttura storicamente vicina ai talebani, secondo molti osservatori e’ segno di uno sfaldamento dei vecchi equilibri anche sotterranei in Pakistan. Una situazione che il governo, almeno per ora, sembra non essere in grado di gestire.

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Ennesimo attentato in Pakistan

E’ di almeno 30 morti il bilancio dell’attentato di stamattina in un mercato di Charsadda, citta’ pachistana della Provincia Frontaliera di Nord Ovest (Nwfp) ai confini con l’Afghanistan. Un attentatore suicida, a bordo della sua auto imbottita di esplosivo, si e’ fatto esplodere al mercato Farooq-e-Azam Chowk, in quel momento gremito di gente. Il mercato e’ il riferimento cittadino per coloro che devono acquistare frutta e verdura e al momento dell’esplosione c’era molta gente, tra i quali anche donne e bambini, che sono registrati tra le vittime dell’esplosione. Secondo il ministro dell’informazione della Nwfp, Mian Iftikhar Hussain, l’esplosione e’ stata molto forte tanto da provocare almeno 100 feriti e la distruzione di tutto cio’ che era intorno, auto, bancarelle, negozi e danneggiando seriamente i palazzi. Non c’e’ stato nessuna rivendicazione, ma la polizia punta il dito contro il gruppo talebano Therik-e-Taliban Pakistan, contro il quale l’esercito di Islamabad sta portando una offensiva nel distretto del Sud Waziristan. Il gruppo talebano, che guida la rivolta nel paese contro l’alleanza con gli Usa e con la volonta’ di imporre la Sharia, la legge islamica, in tutto il Pakistan, si e’ reso disponibile di una lunga serie di attentati nel paese. Negli ultimi due anni sono almeno 2500 vittime a causa degli attentati. Le ultime settimane hanno visto una recrudescenza degli attentati nella Provincia Frontaliera, e in particolare a Peshawar, soprattutto contro istituzioni locali e internazionali. Dopo l’attentato del 28 ottobre nel mercato di Peshawar che ha fatto oltre 100 vittime, tre giorni fa e’ stata la volta di undici persone e del sindaco anti talebano di una cittadina nei pressi di Peshawar. Oggi, secondo la stampa pachistana, i talebani hanno voluto continuare a colpire quelli che considerano i loro nemici in patria. Charsadda, infatti, e’ la patria del partito di governo della provincia, lAwami National Party (ANP), che si oppone ai talebani. E monta la paura in Pakistan: mentre l’esercito annuncia continue vittorie in Sud Waziristan, i talebani portano la guerra nelle citta’. E i continui attentati, con la media di uno ogni due giorni, fanno emergere la vulnerabilita’ delle citta’ pachistane, che sta cominciando ad irritare i pachistani, tanto che il governo teme una perdita di consensi soprattutto rispetto alla guerra contro i talebani.

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Attentato in Pakistan contro sindaco anti talebano

E’ salito a dodici il bilancio delle vittime dell’attentato di stamattina nei pressi di Peshawar, nel nord ovest del Pakistan. Un attentatore suicida si e’ fatto esplodere in un mercato affollato della citta’ di Adizai, a 16 chilometri dal capoluogo della Provincia Frontaliera di Nord Ovest, ai confini con l’Afghanistan, con l’intenzione di colpire il sindaco di un villaggio una volta vicino ai talebani e ora invece alleato del governo nell’offensiva anti talebana. Abdul Malik, il sindaco di Adizai, si trovava nell’affollato mercato di Matai per acquistare, come tutti i suoi concittadini, capre da sacrificare in occasione della prossima festivita’ religiosa musulmana di Eid: Il sindaco, del quale si era detto che era sopravvissuto in un primo tempo, e’ invece morto nell’attentato, cosi’ come altre undici persone, tra le quali donne e un bambino. Malik in passato era stato un forte sostenitore dei talebani, offrendo assistenza logistica e protezione ai talebani, soprattutto quelli che operano al confine con l’Afghanistan. Da qualche tempo, aveva invee deciso di appoggiare la guerra del governo centrale di Islamabad contro i talebani, tanto da aver formato una sua milizia, composta da cittadini e tribali, di supporto all’esercito pachistano. Gia’ in passato, a causa di quetsa sua svolta anti talebana, Abdul Malik era stato oggetto di attentati dai quali era riuscito a scampare. Oggi non ci e’ riuscito: un attentatore con un giubbotto imbottito di esplosivo si e’ avvicinato a lui e si e’ fatto epslodere mentre c’erano diverse persone intorno al sindaco ad incoraggiarlo nella sua battaglia anti talebana. Molti locali sono scesi in piazza per manifestare contro l’omicidio del sindaco, molto amato in citta’, e minacciare i talebani di vendetta. Nonostante l’esercito di Islamabad da oltre due settimane stia tenendo contro i talebani una offensiva nella regione del Sud Waziristan, che sino ad ora ha provocato oltre 300 vititme fra i ribelli, questi ultimi continuano a portare la guerra nelel citta’, soprattutto quelle del nord ovest. Peshawar e’ stata quella piu’ colpita, con diversi attentati, l’ultimo il 28 ottobre, che hanno causato nelle ultime settimane oltre 200 vittime.

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Attentato a Rawalpindi, 34 morti

E’ di almeno 34 morti e 50 feriti il bilancio dell’attentato suicida compiuto stamani a Rawalpindi, la citta’ satellite di Islamabad, sede del quartier generale dell’esercito pachistano. Alcuni dei feriti sono in gravi condizioni, per cui si teme che il bilancio delle vittime possa aumentare. Erano circa le 10.45 ora locale quando un kamikaze a bordo di una motocicletta si e’ fatto esplodere a Mall Road, nei pressi di alberghi, banche, uffici, nella centralissima zona di Rawalpindi Cantonment, dove ci sono alcuni uffici e abitazioni di ufficiali dell’esercito. L’attentatore si e’ fatto esplodere vicino a una fila di persone che aspettavano fuori da una banca di ricevere stipendi e pensioni. Tra loro vi sono militari e civili e diversi anziani. L’esplosione e’ stata molto forte, tanto da danneggiare palazzi, abitazioni, uffici, negozi e auto nei pressi. L’intera citta’, cosi’ come Islamabad, e’ stata posta in stato di allerta. Sul posto gli agenti di polizia hanno ritrovato parti umane che hanno collegato all’attentatore suicida. Non c’e’ ancora stata nessuna rivendicazione, ma la polizia punta il dito contro i talebani, in particolare quelli del Therik-e-Taliban Pakistan (Ttp), il gruppo che si e’ reso responsabile di numerosi attentati che in un mese hanno fatto 200 morti. Il governo stamattina aveva deciso di mettere una taglia di 5 milioni di dollari sulla testa di Hakemullah Mehsud, capo del Ttp, al centro, e di altri 18 capi talebani, dell’offensiva che l’esercito sta portando da tre settimane in Sud Waziristan, il distretto tribale ai confini con l’Afghanistan. Il governo tutto ha condannato l’attentato di oggi, confermando che nonostante la ventata di attentati l’offensiva antitalebana nel nord-ovest del Paese non si fermera’. Per ragioni di sicurezza, le Nazioni Unite, sempre oggi, hanno deciso di sospendere alcuni progetti di cooperazione a lungo termine in corso nella Provincia Frontaliera di Nord Ovest (Nwfp), anche se, come ha dichiarato alla stampa Amina Kamaal, portavoce Onu a Islamabad, non e’ stato deciso quale progetto e che per ora non e’ in progetto l’uscita del personale non pachistano.

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Strage in Pakistan durante la visita della Clinton

L’ennesimo attacco suicida ha colpito oggi Pehsawar, nel nord ovest del Pakistan ai confini con l’Afghanistan, facendo almeno 95 morti. Il terzo nella citta’ pachistana in un mese, una carneficina che ha ucciso principalmente donne e bambini poche ore dopo che il segretario di stato americano, Hillary Clinton, era atterrata a Islamabad per una visita di tre giorni, per ribadire l’alleanza con il Pakistan, ampliare e rafforzare i rapporti bilaterali. Un chiaro segnale al governo pachistano: i mezzi blindati, l’esercito, gli aerei da guerra non possono fermare l’offensiva che i talebani portavo dalle montagne ai confini con l’Afghanistan dove e’ in corso l’offensiva dell’esercito, alle inermi citta’ del paese islamico. Era la tarda mattinata di una giornata normale quando in una strada del Peepal Mandi Market, all’interno del Meena Bazar, nella parte vecchia di Peshawar, un’autobomba e’ esplosa facendo una strage. Almeno sei palazzi, compresa una moschea, sono crollati, lasciando sotto le macerie decine di persone. In quel momento il mercato era affollato di persone, soprattutto donne e bambini, questi ultimi liberi dalla scuola visto che il governo della Provincia Frontaliera di Nord Ovest (North West Frontier Province, Nwfp), della quale Peshawar e’ capitale, ha deciso di tenere chiuse le scuole da oltre dieci giorni e almeno fino al primo novembre, a causa dell’allarme attentati che era sfociato in quello all’Universita’ di Islamabad. Non c’e’ stato scampo per nessuno oggi: oltre 150 chili di esplosivo hanno lasciato morte e distruzione, oltre ad una immensa voragine. Piu’ di 230 persone sono state trasportate negli ospedali della zona, che hanno dichiarato lo stato di emergenza per la mancanza di sangue. Diversi feriti sono in gravi condizioni e con quelli che sono ancora sotto le macerie si teme che il bilancio finale possa aumentare. Non c’e’ ancora stata rivendicazione, ma la polizia punta il dito contro i talebani, in particolare quelli del Therik-e-Taliban Pakistan, responsabili dei piu’ atroci attentati degli ultimi anni, contro i quali da poco piu’ di una settimana l’esercito sta portando avanti una offensiva nei loro bastioni del Sud Waziristan, non lontano da Peshawar, per tentare di stanarli dalle loro caverne nelle montagne ai confini con l’Afghanistan. Gli stessi che nel solo mese di ottobre hanno colpito almeno 10 volte nel paese, tre a Peshawar, tre a Islamabad (colpendo l’universita’ e la sede del Programma Alimentare Mondiale dell’Onu), riuscendo a scalfire anche una super protetta base dell’aeronautica pachistana, la piu’ grande del paese. Una vulnerabilita’, quella delle citta’ pachistane, che sta cominciando ad irritare i pachistani, tanto che il governo teme una perdita di consensi soprattutto in chiave di guerra anti talebana. Paura che ha anche la Clinton, che oggi ha detto di ”essere venuta per parlare direttamente al popolo pachistano”. Il segretario di stato americano ha assicurato aiuto, ha detto che ”il Pakistan e Gli stati Uniti combattono la stessa guerra al terrorismo”, che devono stare sempre ”spalla a spalla” e ha ribadito che gli aiuti di 7,5 miliardi di dollari in cinque anni, che gli Usa hanno stanziato per le opere sociali in Pakistan, non sono, come dice molta parte dell’opinione pubblica e della politica pachistana, una ingerenza nella sovranita’ di Islamabad. Il ministro degli esteri pachistano, Mehmood Qureshi, e’ stato chiaro: bene gli aiuti e la lotta, ma ”ci sono delle riserve sulle politiche dell’altro, che devono essere discusse”. Anche il governo forse comincia a non credere piu’ nella lotta al terrorismo al fianco degli Usa, dal momento che i terroristi sono esemplari nel portare sul territorio di guerriglia urbana quella che Islamabad vede come guerra. E per la quale continua a snocciolare dati: solo oggi l’esercito ha comunicato di aver ucciso 24 talebani, portando il bilancio a 256 dall’inizio della guerra. Poco piu’ della meta’ dei civili uccisi oggi dai talebani a Peshawar.

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Il terrorismo? In Pakistan è colpa dei dittatori

Il Pakistan si trova ora ad affrontare il problema terrorismo a causa di decisioni sbagliate adottate all’epoca della dittatura. Lo ha detto oggi il Primo Ministro del Pakistan, Yusuf Raza Gilani, al termine delle celebrazioni tenutesi ad Islamabd per il giorno dell’indipendenza, puntando decisamente il dito contro l’ex presidente Pervez Musharraf. Gilani ha aggiunto che il 17/o emendamento del regime dittatoriale, che concede al presidente ampi poteri e che fu voluto da Musharraf, dovra’ essere cambiato dal parlamento in modo da rendere la costituzione consona al regime democratico. Gilani ha poi detto che quella islamica e’ una religione di pace e di armonia e che sono i terroristi a disonorarla e travisarla attraverso le loro attivita’ negative. Facendo riferimento alle recenti attivita’ militari nella valle dello Swat e in Makaland, Gilani ha affermato che ”il governo del paese aveva inizialmente optato per adottare misure pacifiche per risolvere la questione. Ma in seguito abbiamo dovuto prendere la inevitabile decisione di iniziare un’azione militare nell’interesse della nazione, dal momento che i nostri sforzi di pace sono stati considerati come una nostra debolezza”. Il premier pachistano ha poi voluto rendere omaggio al coraggio dimostrato dalle forze armate nella lotta contro il terrorismo e a tutti coloro che hanno dato la loro vita per liberare il paese dagli estremisti. Sulla politica estera Gilani ha parlato principalmente di Afghanistan, affermando che ”il Pakistan sin dall’inizio ha cercato sempre di promuovere un’atmosfera di fratellanza e di pace fra i due Paesi”. Sempre oggi il Ministro dell’Interno, Rehman Malik, ha denunciato gli attacchi dei droni americani, definendoli molto controproducenti per l’integrita’ del paese. Parlando con la stampa locale dopo aver deposto dei mazzi di fiori su un monumento eretto per i martiri pachistani, Malik ha chiesto al governo degli Stati Uniti di provvedere a concedere al Pakistan droni e tecnologie da poter utilizzare contro i terroristi. Il Ministro dell’Interno ha aggiunto che ci sono abbondanti prove che il capo di Tehreek-e-Taliban, Baitullah Mehsud, sia stato realmente ucciso. ”Se fosse vivo – ha detto – i talebani avrebbero certamente prodotto un audio o un video con qualche sua dichiarazione”.

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Pakistan, così Al Qaeda sogna la bomba atomica

Di seguito un reportage di Guido Rampoldi, inviato di Repubblica, sul Pakistan. Interessante, anche se sbaglia a scrivere “Delhi”.

RAWALPINDI (Pakistan) – La Peshawar road costeggia per due chilometri il Quartier Generale delle Forze armate, una sequenza di caserme circondate dagli unici prati verdi di Rawalpindi; sul lato opposto, palazzine impettite come ufficiali sull’attenti ospitano le sedi di quelle Fondazioni che proiettano anche nell’economia il potere straripante dei generali pachistani. Superate le caserme, il paesaggio urbano rimpicciolisce per altri due chilometri in una fila di botteghe sormontate da cartelloni pubblicitari: scuole di informatica, scuole di inglese, olio di soya, la clinica cinese, i cassoni di plastica per l’acqua. Il pomeriggio c’è sempre molto traffico, ma il viale è largo e le motociclette possono zigzagare tra le macchine.
Quel 3 luglio, quando un pullman privato si è fermato al semaforo del crocevia chiamato Choor Chawk, un motociclista lo ha affiancato e ha fatto esplodere il tritolo di cui era imbottito il serbatoio. Dell’attentatore è rimasto a sufficienza per intuire l’età: molto giovane, uno dei tanti ragazzini convinti da astuti mullah ad ascendere in paradiso dentro una nuvola di fuoco. I passeggeri del pullman, la gran parte dei 23 feriti, non erano “infedeli”, come probabilmente gli era stato fatto credere, ma dipendenti del Kahuta Research Laboratories, forse il più importante centro di ricerche nucleari del Pakistan sin da quando lì fu concepita la Bomba.

Tutto quello che riguarda il Kahuta è protetto da un rigido segreto militare. Eppure i terroristi sapevano. Chi li ha informati sembra all’improvviso rivolgere le sue attenzioni alle 60-100 testate atomiche che sono l’orgoglio del Pakistan, l’incubo dell’India e il sogno di Al Qaeda. Con quale disegno?

Risaliamo i tre chilometri più spiati del Pakistan per girare la domanda al portavoce del Quartier generale, un colonnello. La zona che traversiamo ha visto negli ultimi mesi tre attentati contro obiettivi o personalità militari, quattro calcolando anche l’attacco al pullman del Kahuta. In queste azioni, mi dice il colonnello, “i terroristi hanno dimostrato di possedere informazioni riservate cui non sono in grado di arrivare da soli: dunque deve averli informati uno spionaggio straniero”. Oppure hanno complici nelle Forze armate, e forse anche nel programma nucleare, potremmo aggiungere. In un caso o nell’altro, l’attentato di Rawalpindi racconta la proliferazione atomica come proliferazione di intrighi e di rischi colossali. E forse dice che il Pakistan si sta avvicinando al bivio fatale. Di qua il disastro, se non l’apocalisse; di là la salvezza e la pace.

La Bomba ha reso al Pakistan non poco. Prestigio internazionale, la considerazione dei Paesi islamici, un deterrente per tenere a bada il poderoso vicino indiano, l’amicizia di due alleati tuttora strategici, la Cina e l’Arabia Saudita. Ma ha suscitato anche ostilità e cospirazioni. Zulfikar Bhutto, il premier che aveva sfidato gli americani promettendo “Mangeremo erba ma costruiremo la nostra atomica”, morì sulla forca, impiccato da generali amici di Washington. Alcuni tra gli scienziati cui Bhutto aveva ordinato “implorate, prendete a prestito, rubate, ma procuratevi la Bomba”, compiuta la missione continuarono a praticare metodi discutibili, suscitando sospetti sull’affidabilità del Pakistan. Abdul Qadeer Khan, già direttore del Kahuta Research Laboratories, divenne il facilitatore occulto di altri programmi nucleari (iraniano, nordcoreano, libico) che si avvalsero della sua consulenza, se non anche della tecnologia che Khan maneggiava.
Pakistan, così Al Qaeda sogna la bomba atomica

Missile a testata nucleare portato in parata in Pakistan

Arrestato nel 2003 su pressione americana, scarcerato di recente malgrado le apprensioni dell’amministrazione Obama, tra i suoi compatrioti Khan resta il popolarissimo “padre della Bomba”. Non ha mai svelato i suoi segreti. Un suo collega, Sultan Mahmood, responsabile del reattore nucleare di Khushab e notabile di un partito filo-Taliban, ha dovuto ammettere che Osama bin Laden gli chiese una consulenza per costruire un ordigno “sul genere di Hiroshima”. E già da questi esempi si ricava che ai grandi fisici nucleari pachistani le offerte di lavoro non devono mancare, tanto più da quando le Forze armate hanno impresso al programma atomico un’accelerazione. La scoperta di un giacimento di plutonio nel Punjab ha permesso di avviare, in joint venture con i cinesi, un progetto per fabbricare testate nucleari più potenti e più piccole, dunque lanciabili non più soltanto da rampe fisse ma anche da aerei.

Oltre ad avere il programma atomico più rapido del mondo, il Pakistan ha un altro primato poco rassicurante: la più vaga tra le dottrine militari. Chi possiede l’arma atomica di regola si premura di indicare con la massima precisione – alle proprie Forze armate e allo stesso tempo a potenziali aggressori – in quali situazioni sarà premuto il bottone fatale. Il Pakistan sembra fare eccezione. La sua dottrina di difesa, denominata “Minima deterrenza accettabile”, non è in un documento pubblico. E quel che si conosce per linee generali inquieta. Islamabad si riprometterebbe di usare le sue atomiche in un ventaglio di ipotesi. Innanzitutto qualora subisse “un’invasione massiccia”, formula però vaga. Per esempio, è probabile che la Nato si sia chiesta se si esporrebbe ad una rappresaglia atomica lanciando una grande operazione in territorio pachistano per decapitare i Taliban. Non meno indefinite sono le due ipotesi successive: Islamabad ritiene motivo sufficiente per usare la Bomba sia un’interruzione delle sue maggiori linee di approvvigionamento (per esempio, se la flotta indiana bloccasse i suoi porti o Dehli riducesse la portata del fiume Indo) sia una minaccia all’unità territoriale e alla stabilità del Paese, quale potrebbe essere la sollevazione del Beluchistan, dove opera da anni un forte secessionismo armato. Tuttavia nelle tradizioni militari pachistane c’è una sana riluttanza ad annichilire popolazioni nemiche. Dopotutto, le tre guerre combattute tra India e Pakistan sono stati tutte molto brevi e poco cruente e mai uno dei contendenti ha bombardato città.

Paradossalmente, il problema è l’equilibrio del terrore. Ha evitato una quarta guerra, ma ha suggerito a India e Pakistan di combattersi per procura e secondo geometrie sghembe, come i due Blocchi durante la Guerra fredda. Il prodotto di queste ostilità è un conflitto asimmetrico oggi molto rischioso per l’intera regione. E’ successo questo. Da una parte il Pakistan ha inglobato nel suo sistema di difesa le milizie islamiche che avevano combattuto contro i sovietici, e le ha utilizzate in Kashmir e in Afghanistan. Finché Musharraf le ha scaricate per assecondare gli americani. All’improvviso quei guerrieri fondamentalisti hanno perso prestigio, soldo, ruolo e traffici indotti, insomma tutto tranne i finanziatori arabi e forse alcuni amici nei servizi segreti del Pakistan. Cercando un conflitto in cui far valere il loro mestiere, si sono avvicinati ai Taliban pachistani e ad Al Qaeda, cui hanno portato in dote una rete terroristica diffusa sul territorio nazionale. Insieme, ora combattono un conflitto che ha per posta il Pakistan e le sue bombe atomiche. “Le prenderemo e le useremo contro gli americani”, ha promesso ad una tv araba il capo di Al Qaeda per l’Afghanistan, Mustafa al Yazid, dieci giorni prima che a Rawalpindi i terroristi colpissero i dipendenti del Kahuta Research Laboratories.

A sua volta l’India ha aperto misteriosi uffici consolari in Afghanistan, lungo la frontiera con il Pakistan. Con quelli, e per il tramite di tribù afghane, riuscirebbe a far arrivare armi e denaro sia al secessionismo del Beluchistan sia ad un settore dei Taliban. Islamabad fa sapere di poterlo provare, così come lascia intendere anche il comunicato diffuso a conclusione di un incontro bilaterale, due settimane fa (“Il primo ministro del Pakistan, Gilani, ha affermato di possedere alcune informazioni circa minacce in Beluchistan e altre aree”). Finora inascoltato, l’establishment pachistano sussurra da tempo la seguente accusa: l’India vuole mantenere il Pakistan in uno stato di instabilità controllata, affinché la comunità internazionale si convinca che questo è uno Stato fallito, inaffidabile; e profittando della sua debolezza finanziaria, lo costringa a mettere le sue bombe atomiche sotto sorveglianza internazionale, o almeno a interrompere il suo tumultuoso programma nucleare. Dehli avrebbe un secondo obiettivo strategico: rendere insicura la strada che corre dalle pendici del Karakorum fino al porto di Gwadar, nel Baluchistan pachistano. Presto permetterà alle merci cinesi di raggiungere l’Oceano nominalmente ancora Indiano, e al petrolio arabo di raggiungere la Cina, risparmiando ben tre settimane e relativi costi di trasporto.

Nell’albergo di Islamabad preferito dagli stranieri ormai gli ospiti cinesi sono numerosi quanto gli occidentali. L’influenza di Pechino è discreta ma crescente. In primavera, quando i Taliban sono arrivati a cento chilometri dalla capitale, non solo gli Usa ma anche la Cina hanno incalzato il Pakistan a reagire. Il contrattacco delle Forze armate sarebbe stato blando come le altre volte, se i generali non si fossero convinti che alcune bande di Taliban sono funzionali ai progetti dello spionaggio indiano. Come folgorato da questa percezione nuova, in maggio l’Esercito ha attaccato i Taliban dello Swat e li ha combattuti con una determinazione mai mostrata in passato. Tre mesi dopo, quelle vallate sono ancora insicure; fuggita in montagna, la guerriglia continua a uccidere soldati e a terrorizzare civili. Ma questo è quasi secondario. Per quanto vada ancora verificata, la conversione di Islamabad ne migliora l’immagine internazionale e permette agli americani di aumentare la pressione su Dehli perché accetti un compromesso. Nelle speranze dell’amministrazione Obama, i due nemici rinunceranno a colpirsi per procura e avvieranno una cooperazione contro il terrorismo di cui si intravede qualche timido segnale. A quel punto non sarebbe impossibile negoziare un accordo sul Kashmir. E tutto questo sarebbe di beneficio anche alla situazione in Afghanistan.

In apparenza minuscoli ma in realtà rilevanti, alcuni gesti di disponibilità scambiati in luglio tra Dehli e Islamabad suggeriscono che un processo di pace non è impossibile. Però suscita un’opposizione occulta, mossa da interessi interni e internazionali, in India come in Pakistan. Il partito del conflitto permanente l’anno scorso si è servito del massacro di Mumbai per paralizzare il dialogo tra i due governi e da allora ha riconquistato terreno. In luglio l’India ha varato il suo primo sottomarino nucleare e il terrorismo ha messo gli occhi sulla Bomba pachistana. Il sottomarino ha un nome mitologico che sta per “Distruttore dei nemici”. La Bomba pachistana viaggia su missili chiamati come i conquistatori musulmani dell’India. Ma questo è nella tradizione locale. Di nuovo c’è il fatto che la corsa ultratecnologica all’armamento nucleare ormai bordeggia il campo di battaglia della guerra asimmetrica. Prossimità ormai perfino fisica: uno dei siti nucleari pachistani si troverebbe appunto a ridosso di un territorio “talibanizzato”. Non è difficile immaginare dove potrebbe condurre tutto questo se il contenzioso indo-pachistano fosse abbandonato alla sua deriva.

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