Fu un terrorista pachistano ad effettuare, dalla cella di massima sicurezza del carcere pachistano di Hyderabad nel quale era rinchiuso, la telefonata al presidente pachistano Zardari, spacciandosi per il ministro degli esteri indiano Mukherjee, all’indomani degli attacchi di Mumbai, facendo temere per qualche ora lo scoppio della quarta guerra fra i due paesi (se si esclude quella non dichiarata del 1998). Lo riferisce oggi il quotidiano pachistano Dawn. Omar Saeed Sheikh, ritenuto uno dei piu’ importanti terroristi pachistani, in carcere tra l’altro per il rapimento e l’omicidio del giornalista del Wall Street Journal Daniel Pearl, secondo il giornale pachistano, in carcere, nonostante si trovasse in isolamento, riusciva a ricevere telefonate dalla moglie su un cellulare che aveva nascosto. La scheda Sim era una scheda inglese, cosa che avvalora quanto ha scritto nella sua biografia l’ex presidente Pervez Musharraf, secondo il quale Saeed era un servizio del MI6, il servizio segreto inglese. Sul quel telefono cellulare, il terrorista fu informato dalla moglie dei fatti di Mumbai, ricevendo continui aggiornamenti. Venerdi’ 28 novembre, a due giorni dall’inizio degli attacchi terroristici a Mumbai, nelle stesse ore in cui i gruppi speciali indiani liberavano gli ultimi ostaggi negli alberghi della citta’, nella residenza ufficiale del presidente pachistano Asif Ali Zardari squillo’ il telefono riservato: dall’altra parte Saeed, spacciandosi per il ministro degli esteri indiano, Pranab Mukherjee, accusava il Pakistan di aver aiutato i terroristi, annunciando di star spostando le truppe verso il confine pachistano e ingiungendo a Islamabad di prendere provvedimenti contro i fondamentalisti islamici. Zardari richiamo’ a Islamabad il primo ministro Yusuf Raza Gilani che era a Lahore, un aereo militare parti’ alla volta di New Delhi per riportare a casa il ministro degli esteri Shah Mahmud Qureshi che sarebbe dovuto ritornare il giorno dopo con un volo di linea. Il capo di stato maggiore dell’esercito viene avvisato di mettere in stato di massima allerta le truppe, e di cominciare a spostare battaglioni dal confine afghano a quello indiano. Furono 24 ore di intense telefonate, di contatti diplomatici tra Islamabad, New Delhi e Washington. Lo stesso pseudo ministro degli esteri indiano autore del falso telefonico con Zardari avrebbe provato a chiamare anche il segretario di stato americano Condoleezza Rice, ma i servizi americani non hanno passato la telefonata. La Rice invece parlo’ con Zardari e poi con Mukherjee, che smenti’. Saed e’ stato trasferito nel carcere di Lahore e il responsabile del carcere di Hyderabad, dopo che una perquisizione approfondita ha fatto rinvenire telefoni cellulari e schede nella cella di Saed, e’ stato trasferito.
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Ennesimo attentato a Peshawar
Un attentatore suicida si e’ fatto esplodere stamani davanti all’ingresso principale della cittadella giudiziaria di Peshawar, nel nord ovest del Pakistan, causando la morte di almeno 16 persone. Tra le vittime anche tre agenti di polizia in servizio dinanzi al tribunale di Khyber road, il piu’ grande della citta’ capoluogo della provincia frontaliera di Nord Ovest ai confini con l’Afghanistan. Secondo le prime informazioni, l’attentatore suicida, che indossava un giubbotto imbottito di esplosivo, e’ sceso da un taxi e si e’ diretto verso l’ingresso del tribunale, posto su una delle strade piu’ importanti della citta’. La polizia lo stava controllando prima di permettergli l’accesso quando l’uomo si e’ fatto esplodere. Almeno 25 i feriti secondo la televisione, 35 secondo altre fonti, alcuni dei quali in gravissime condizioni tanto che si teme che il bilancio dei morti possa aumentare. Peshawar e’ stata oggetto nelle scorse settimane di numerosi attentati, quasi uno al giorno. La stessa Khyber road e’ stata presa di mira lo scorso giugno, quando un attacco contro l’hotel a cinque stelle Pearl Continental ha causato 19 morti. Sei giorni fa e’ stata teatro dell’attentato alla sede dei servizi segreti pachistani, l’Isi, nel quale sono morte 19 persone. Le autorita’ puntano l’indice contro i talebani, nei confronti dei quali l’esercito sta portando avanti una offensiva in Sud Waziristan dallo scorso 17 ottobre. Stamani, poche ore prima dell’attentato a Peshawar, un drone americano ha lanciato alcuni missili contro postazioni talebane in Nord Waziristan, causando almeno quattro vittime. Secondo la televisione Dawn, c’erano gia’ informazioni di intelligence che preannunciavano un attentato contro il palazzo di 4 piani che ospita il tribunale di Peshawar, nella centrale Kyber road. Vicinissimo alla struttura e’ anche il Pearl Continental, l’hotel a cinque stelle oggetto di un altro attentato terroristico lo scorso giugno, nel quale morirono 11 persone. Dall’inizio dell’offensiva dell’esercito contro i talebani in Sud Waziristan, sono stati sei gli attentati nella sola Peshawar, che hanno fatto oltre 180 vittime in sette attentati. Il piu’ cruento e’ stato quello nel mercato della citta’ pachistana lo scorso 28 ottobre, con 120 morti, mentre in citta’ sono stati colpiti anche la sede dei servizi segreti e uffici amministrativi oltre che, oggi, il tribunale. Il 9 ottobre, inoltre, un altro attentato suicida sempre a Peshawar, in un mercato, aveva fatto 50 vittime.
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Attentato agli 007 pachistani
Sono 20 le vittime di due attentati terroristici avvenuti oggi in Pakistan nella parte nord occidentale ai confini con l’Afghanistan. Ed ancora una volta nel mirino dei terroristi c’erano due istituzioni importanti, come una sede dei servizi segreti e una stazione di polizia. Il primo attentato alle 6.40 del mattino a Peshawar, capoluogo della Provincia Frontaliera di Nord Ovest (Nwfp), gia’ oggetto di attentati nelle scorse settimane. L’attentato e’ avvenuto a poche ore dall’arrivo ad Islamabad del consigliere per la sicurezza nazionale americana Jim Jones, arrivato in Pakistan a parlare di terrorismo. Obiettivo dei terroristi, il palazzo di tre piani che ad Army Stadium chowk, ospita l’Isi, l’Inter Services Intelligence, il servizio segreto pachistano. Un camioncino con oltre 200 chilogrammi di esplosivo e’ piombato contro l’edificio ed e’ esploso, all’altezza del posto di blocco, a seguito dei colpi delle guardie. L’esplosione e’ stata fortissima: almeno 12 i morti, oltre sessanta i feriti, alcuni dei quali in gravi condizioni, tanto che si teme che il bilancio possa aumentare. Il forte scoppio ha provocato il crollo e il danneggiamento di palazzi vicini ed e’ stato avvertito ad oltre 20 km di lontananza. Tutta la zona del Cantonment, l’ex zona militare inglese dove si trova l’edificio, e’ stata chiusa e lo stato di massima allerta e’ scattato a Peshawar e in tutte le grandi citta’ del paese. Nessuno ha rivendicato l’attentato, ma si punta il dito contro i talebani, contro i quali da oltre due settimane l’esercito sta portando avanti una offensiva nel Sud Waziristan, sempre nel nord ovest ai confini con l’Afghanistan. Un’ora dopo, un altro kamikaze a bordo di un auto imbottita di esplosivo si e’ lanciato contro la stazione di polizia Bakka Khel sulla Ragsa Road di Bannu, distretto ai confini con il Sud Waziristan. Il palazzo che ospitava gli agenti e’ stato completamente distrutto. La stazione di polizia Bakka Khel si trova al confine del distretto di Bannu e le zone semi tribali del nord ovest. L’esercito continua la sua offensiva in Sud Waziristan, celebrando vittorie quotidiane. Ieri erano stati uccisi 24 militanti, oggi i talebani morti sono 6 e 12 i militari uccisi in battaglia. Ma il governo sta perdendo la sua battaglia contro i terroristi, sul piano della guerriglia. I talebani, infatti, stanno portando lo scontro dalle alture del Sud Waziristan alle citta’ pachistane, colpendo sia il cuore delle istituzioni che i civili. Una serie di attentati, soprattutto tra Peshawar e Islamabad, che hanno colpito la piu’ grande base dell’aeronautica, l’universita’ islamica, la cittadella dell’Onu, la sede dei servizi segreti, ma anche diversi mercati. Una situazione che sta portando all’esasperazione i civili pachistani. Il governo, teme una perdita di consensi. L’attacco di oggi all’Isi, struttura storicamente vicina ai talebani, secondo molti osservatori e’ segno di uno sfaldamento dei vecchi equilibri anche sotterranei in Pakistan. Una situazione che il governo, almeno per ora, sembra non essere in grado di gestire.
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Cos’è l’Isi, il famigerato servizio segreto pachistano
L’Isi, Inter-Services Intelligence, e’ il famigerato servizio segreto pachistano da sempre associato a molti crimini che hanno scosso il subcontinente e gli stati limitrofi negli ultimi anni. Oltre 10000 sarebbero i suoi agenti, esclusi gli informatori. Fondato nel 1948, all’indomani della separazione del Pakistan dall’India, il servizio segreto pachistano negli anni ’50 divenne sempre piu’ legato al presidente di turno, staccato da qualsiasi controllo e soprattutto utilizzato per scopi politici, come indagini nei confronti di avversari politici del presidente. Nel corso degli anni, l’Isi ha acquistato sempre maggiore potere, tanto da essere chiamata ”lo stato nello stato”, definizione usata spesso anche da Benazir Bhutto. Dopo una riorganizzazione nel 1967, l’Isi, infatti, e’ stata impiegata durante le guerre con l’India, aiutando i militanti in Kashmir, ed altri conflitti nell’area. Ma, soprattutto, in Afghanistan, a seguito dell’invasione sovietica. Qui, foraggiati dalla Cia, gli agenti dell’Isi hanno tenuto moltissime operazioni coperte ed hanno addestrato i mujaheddin e i talebani, aiutando questi ultimi a salire al potere. I legami con i talebani sono ritenuti in piedi ancora oggi, tanto che c’e’ la convinzione che agenti dell’Isi informino i talebani degli attacchi americani attraverso aerei senza pilota, nella zona occidentale del Pakistan. Ma l’Isi, soprattutto sotto Musharraf, ha assunto contorni ancora piu’ oscuri. L’ex presidente e generale, nominando ai vertici del servizio suoi amici generali, si e’ assicurato i loro servigi, impiegandoli non solo nelle battaglie politiche di Musharraf, ma anche in operazioni terroristiche in India e in altri paesi. La mano dell’Isi e’ accertata negli attacchi a Mumbai del novembre dell’anno scorso ed e’ ritenuta molto probaile nell’attentato di quest’anno all’ambasciata indiana a Kabul e negli attentati alla metropolitana di Londra del luglio 2005. Dopo Musharraf, il capo dell’esercito, che comunque era stato nominato dall’ex presidente ed era il suo secondo, ha cambiato i vertici dei servizi, nominando un altro generale a se vicino, ancora oggi alla guida dell’Isi. Il governo pachistano ha tentato invano piu’ volte di controllare l’Isi. L’ultima volta, nel settembre dell’anno scorso, si e’ cercato, senza successo, di portare il controllo dell’Isi sotto il ministero degli interni e non sotto il capo di stato maggiore.
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Pakistan, un paese allo sbando
E’ sempre piu’ complicata la situazione in Pakistan. Il tanto paventato cambiamento democratico, con la deposizione del padre-padrone Pervez Musharraf e l’elezione del governo a guida Gilani-Zardari, non e’ avvenuto e il paese si trova sempre piu’ sotto la minaccia terroristica che destabilizza le sue istituzioni. Il presidente Asif Ali Zardari e il primo ministro Yousuf Raza Gilani non sono mai riusciti a controllare l’escalation terroristica nel paese. Anzi, secondo molti osservatori internazionali, hanno concesso anche troppo ai terroristi, soprattutto ai talebani nel nord ovest, tra i quali si annidano i sodali di Osama Bin Laden e, secondo alcuni rapporti di intelligence internazionale, anche lo stesso capo di Al Qaeda. Zardari, dopo l’uccisione della moglie Benazir Bhutto e all’indomani della sua elezione, aveva annunciato linea dura contro i terroristi. Una situazione che, pero’, non si e’ verificata: gli attentati, anche contro gli occidentali (vedi quello all’hotel Marriott di Islamabad non lontano dalla sua residenza) sono aumentati e i talebani continuano indisturbati i loro traffici ai confini con l’Afghanistan. Tanto indisturbati, da aver ottenuto dal governo di Islamabad, dietro la promessa di un cessate il fuoco (quanto durera’?), di instaurare la sharia, la legge islamica in tutta l’area. La situazione e’ incandescente, gli americani hanno aumentato i loro attacchi soprattutto con droni nella zona di frontiera con l’Afghanistan, ala ricerca di terroristi. Il Pakistan ha criticato questi attacchi, dichiarando che destabilizzano il suoi potere, ma intanto rappresentano l’unica risposta ai terroristi taleban. Anche gli impegni del dopo Mumbai non son ostati rispettati e i gruppi terroristici responsabili degli attacchi di Mumbai, cosi’ come chiesto anche dall’ONU, non sono stati scovati e le loro sedi chiuse. Inoltre il duo Gilani-Zardari deve anche fronteggiare la crisi politica interna, derivata dalla sentenza del tribunale che impedisce ai fratelli Sharif di candidarsi. Nazaw Sharif, capo del secondo partito del paese ed ex alleato di Zardari contro Musharraf (senza il quale il generale non sarebbe stato cacciato), ha accusato il governo di aver guidato i giudici contro di lui. Zardari e Gilani, inoltre, devono fronteggiare anche polemiche e manifestazioni interne, sia dal loro stesso partito che dalle opposizioni e dalla societa’ civile, soprattutto per essere venuti meno alla promessa di rimettere al loro posto i giudici rimossi da Musharraf. Una scelta che sembra sia stata presa per non indispettire l’ex presidente-generale che dalla sua avrebbe ancora il controllo dell’ISI, il potentissimo servizio segreto pachistano, l’unico che deciderebbe le strategie politico-militari nell’area.
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India consegna al Pakistan prove su Mumbai
L’India ha consegnato stamattina al Pakistan le risultanze investigative degli attentati di Mumbai del novembre scorso, dalle quali emergerebbero coinvolgimenti ”dell’establishment” pachistano. Lo ha comunicato alla stampa il sottosegretario agli esteri indiano Shiv Shankar Menon, per il quale, dalle indagini ”e’ difficile credere che qualcosa cosi’ grande e che ha richiesto tanta preparazione e’ potuta avvenire senza che qualcuno nell’establishment pachistano ne avesse conoscenza”. Menon ha anche negato la possibilita’ di una commissione di inchiesta congiunta indo-pachistana sugli attentati della fine di novembre. Il primo ministro pachistano Yosuf Raza Gilani, ricevendo i documenti indiani, ha assicurato che il suo esecutivo ”agira’ se le prove sono credibili”, ma non ha voluto commentare la nuova richiesta indiana di estradare altri responsabili degli attentati che hanno fatto 170 morti. Secondo gli indiani, i nove terroristi morti e il decimo sopravvissuto e arrestato sarebbero stati addestrati in Pakistan dal Lashkar-e-Taiba (LeT), il gruppo terrorista con base in Pakistan e da membri dell’ISI, il servizio segreto pachistano. Le prove presentate al governo di Islamabad comprendono gli interrogatori dell’unico terrorista sopravvissuto, Ajmal Amir Iman meglio noto come Mohammed Ajmal Kasab, telefonate intercettate da Mumbai verso il Pakistan, dati gps e satellitari. A Islamabad, intanto, era in visita il sottosegretario di stato americano Richard Boucher, che ha invitato i due paesi a lavorare insieme. Boucher ha detto in conferenza stampa che ”e’ chiaro che gli attentatori avevano collegamenti in Pakistan”, ma ha lodato l’impegno del Pakistan nella lotta al terrorismo, citando il bando imposto da Islamabad al gruppo terrorista Jamaat-ud-Dawa (JuD), ritenuta la facciata pulita del LeT. L’India pero’ accusa il Pakistan di aver eseguito solo una operazione di facciata, non adoperandosi contro altri gruppi e contro gli stessi membri del JuD che stanno operando in organizzazioni con nomi diversi.
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Il Pakistan arresta una delle menti della strage di Mumbai
E’ stato assicurato alla giustizia pachistana il presunto organizzatore degli attentati di Mumbai. Le pressioni di Washington su Islamabad sembrano dunque aver avuto i loro primi effetti. Le forze di sicurezza pachistane hanno dato un primo importante segnale all’India, arrestando Zakiur Rehman Lahwi che, stando agli inquirenti, potrebbe essere la mente degli attentati di dieci giorni fa, che hanno causato la morte di 172 persone nella capitale economica dell’India. L’arrestato, Zakiur Rehman Lahwi, sarebbe colui che fece la telefonata ai dieci terroristi islamici inviati in India, dando loro l’ordine di dare inizio agli atti di terrorismo che hanno tenuto in scacco la metropoli indiana per ben tre giorni. Esponente di spicco di Lakshar-e-Taiba e già in passato noto per aver addestrato terroristi per compiere altri attentati, Lahwi è stato arrestato ieri durante un raid effettuato dalle forze di sicurezza del Pakistan in un campo ritenuto essere una delle basi dell’organizzazione terroristica islamica, nel Kashmir pachistano. Oltre a Lahwi, una ventina le altre persone arrestate, tra cui alcuni membri di un’altra organizzazione, la Jamat-ud-Dawah, guidata da Hafiz Mohammad Saeed e considerata una sorta di costola di Lakshar-e-Taiba. L’azione pachistana è ritenuta essere la risposta alle richieste della comunità internazionale, e soprattutto di quelle degli Stati Uniti, ad agire in maniera incisiva per combattere il terrorismo. Solo ieri, il Segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, aveva detto che “il Pakistan ha la responsabilità di agire”. La Rice, rispondendo al presidente pachistano Zardari che aveva parlato di possibili “elementi senza paese come responsabili della strage di Mumbai” e aveva anche chiesto al Pakistan di stanare “giocatori non appartenenti allo stato ma presenti sul suo territorio”. Un riferimento, forse, a Lakshar-e-Taiba e ai suoi esponenti. Organizzazione islamica che era stata bandita dal Pakistan già nel 2001, dopo che le era stata attribuita la responsabilità dell’attentato al parlamento indiano a New Delhi. Sono in molti a ritenere che Lakshar-e-Taiba, negli ultimi anni, abbia potuto continuare ad agire indisturbata ed anzi a rafforzarsi anche grazie all’ISI, il servizio di intelligence pachistano che, in cambio di informazioni, non l’avrebbe contrastata lasciandole ampi spazi. Un collegamento che, tuttavia, non proverebbe alcun eventuale coinvolgimento dell’ISI negli attacchi di Mumbai. Il Pakistan intanto ha dichiarato di aver lanciato una vasta operazione, ancora in corso, contro i gruppi militanti islamici. Lo hanno reso noto le forze armate. “Questa è una operazione condotta dall’intelligence contro bande e organizzazioni militanti fuorilegge – hanno detto le forze armate in una dichiarazione – ci sono stati arresti e le indagini sono in corso”. Gli Stati Uniti hanno dichiarato di aver accolto con favore la notizia degli arresti in Pakistan. “E’ di estrema importanza – ha detto la portavoce della Casa Bianca Dana Perino – che l’India, il Pakistan, gli Stati Uniti e i paesi nostri alleati, tutti insieme continuiamo a collaborare per impedire nuovi attentati dopo quelli di Mumbai”.
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Uno scherzo telefonico ha rischiato di far scoppiare una guerra fra India e Pakistan
India e Pakistan sono stati ad un passo da una guerra, nei giorni scorsi, a causa di una falsa telefonata. Lo rivela oggi il quotidiano pachistano in lingua inglese Dawn, spiegando che venerdi’ 28 novembre sarebbe potuta essere la data di inizio della quarta guerra (se si esclude quella non dichiarata del 1998) tra i due cugini atomici. Secondo quanto scrive il quotidiano, tutto e’ cominciato la sera di venerdi’ dell’altra settimana, a due giorni dall’inizio degli attacchi terroristici a Mumbai, nelle stesse ore in cui i gruppi speciali indiani liberavano gli ultimi ostaggi negli alberghi della citta’. Nella residenza ufficiale del presidente pachistano Asif Ali Zardari squilla il telefono riservato: dall’altra parte il ministro degli esteri indiano, Pranab Mukherjee, accusa il Pakistan di aver aiutato i terroristi, annuncia di star spostando le truppe verso il confine pachistano e ingiunge a Islamabad di prendere provvedimenti contro i fondamentalisti islamici. Zardari richiama a Islamabad il primo ministro Yusuf Raza Gilani che era a Lahore, un aereo militare parte alla volta di New Delhi per riportare a casa il ministro degli esteri Shah Mahmud Qureshi che sarebbe dovuto ritornare il giorno dopo con un volo di linea. Il capo di stato maggiore dell’esercito viene avvisato di mettere in stato di massima allerta le truppe, e di cominciare a spostare battaglioni dal confine afghano a quello indiano. Sono state 24 ore di intense telefonate, di contatti diplomatici tra Islamabad, New Delhi e Washington. Lo stesso pseudo ministro degli esteri indiano autore del falso telefonico con Zardari avrebbe provato a chiamare anche il segretario di stato americano Condoleezza Rice, ma i servizi americani non hanno passato la telefonata. La Rice ha invece parlato con Zardari e poi con Mukherjee, che ha smentito tutto. Con il ministro degli esteri indiano la Rice ha usato un tono grave dicendosi, secondo una fonte giornalistica, ”estremamente preoccupata per l’escalation che avrebbe potuto portare ad una guerra provocata dall’India”. La Rice e’ stata poi inviata di persona a Dehi e Islamabad per calmare gli animi e normalizzare la situazione, stringendosi all’India nonostante la vecchia alleanza con il Pakistan. Il ministro pachistano dell’informazione, Sherry Rehman, si e’ affrettata stasera a dire che non c’e’ stata nessuna falla nella sicurezza, dal momento che la telefonata fasulla proveniva da un numero del ministero degli esteri indiano, gia’ utilizzato in passato. Accertamenti sono in corso, in Pakistan e in India, per tentare di scoprire chi, spacciandosi per Mukherjee, e’ arrivato vicino a gettare le due potenze nucleari dell’Asia meridionale sulla strada del non ritorno. Piu’ vicino, forse, di quanto abbiano potuto gli attentati di Mumbai. Il credito dato al falso telefonico e’ solo l’ultimo esempio di quanto sia alta la tensione tra i due paesi, i quali si erano ravvicinati negli ultimi anni normalizzando i loro rapporti, ma sono stati sul punto di romperli nuovamente dopo che l’India ha accusato Islamabad, i suoi servizi e alcuni esponenti militari, di aver in qualche modo aiutato i terroristi pachistani che hanno assaltato Mumbai facendo 172 morti. La polizia indiana intanto ha fatto sapere oggi di aver arrestato a Calcutta due uomini, sospettati di aver aiutato gli attentatori di Mumbai ad ottenere delle sim cards da utilizzare durante gli attacchi, per comunicare tra loro. E quella odierna, che doveva essere una giornata da bollino rosso per i rischi terrorismo in India, e’ scivolata via senza problemi: la ricorrenza della demolizione della moschea di Babri, ad Ayodhya, ha provocato solo 50 arresti nel luogo dove si pensa sia nato il dio Rama e dove sedici anni fa cominciarono feroci scontri tra induisti e musulmani.
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La Rice in India e lo scontro indo-pakistano
Il Pakistan deve reagire ”urgentemente e in maniera risolutiva” e cooperare con l’India nelle indagini per gli attentati di Mumbai. Lo ha detto a New Delhi il segretario di stato americano Condoleeza Rice, poche ore dopo il suo arrivo nella capitale indiana. La Rice, che oggi vedra’ i vertici del governo indiano e domani volera’ ad Islamabad, e’ in missione per conto di Bush per riportare la calma fra India e Pakistan dopo le accuse indiane secondo le quali i terroristi che hanno attaccato Mumbai sono legati al Pakistan. Accuse che Islamabad ha decisamente respinto. Il ministro degli esteri pachistano Makhdoom Shah Mehmood Qureshi, utilizzando le stesse parole del suo collega indiano pronunciate ieri, ha detto che il Pakistan ha il diritto di difendere il suo onore, la sua dignità così come la sua sovranità, l’indipendenza politica e l’integrità territoriale. Inoltre il presidente pachistano Asif Ali Zardari, intervistato da Larry King nel so famoso show della CNN, ha respinto la richiesta indiana, avanzata due giorni fa dal ministero degli esteri indiano all’ambasciatore pachistano a Delhi Shahid Malik, di consegnare 20 terroristi ricercati da New Delhi e che avrebbero trovato rifugio in Pakistan. Zardari ha detto che qualora ricevessero dall’India le prove della colpevolezza di pachistani o di persone che si trovino su suolo pachistano, il suo paese li portera’ nei propri tribunali, li processera’ e li condannera’. Zardari pero’, cosi’ come fatto sia dal suo primo ministro Gilani e dal ministro degli esteri Qureshi, ha ribadito l’aiuto e la cooperazione nelle indagini. Un aiuto che la Rice ha detto indispensabile e che ha assicurato aver richiesto anche a nome del suo governo, cosi’ come il fatto di aver avanzato a Islamabad la richiesta di prendere azioni decise contro i terroristi. La Rice ha anche detto che non si puo’ escludere la mano di Al Qaeda negli attentati di Mumbai, dal momento c he questo ”e’ il tipo di terrorismo nel quale Al Qaeda vive”. Intanto la polizia indiana ha rivelato i nomi di tutti gli attentatori mentre Sonia Gandhi, ribadendo che l’India dara’ una risposta decisa al terrorismo, ha detto che ”nessuno deve considerare la nostra amicizia con il Pakistan come una nostra debolezza”.
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I risvolti politici dell’attentato a Mumbai
Gli attentati di Mumbai daranno un duro colpo alla politica del Partito del Congresso di Sonia Gandhi al potere in India. Ne e’ convinto Varun Sahni, professore all’Universita’ Jawaharlal Nehru di New Delhi, dove dirige il Centro per la politica internazionale, organizzazioni e disarmo. Secondo Sahni, ”Mumbai, e piu’ in generale il problema del terrorismo e della politica interna, puo’ costituire la chiave di svolta nella politica indiana portando il Partito del Congresso alla sconfitta alle prossime e lezioni”. Sahni e’ convinto che in questo fine di legislatura l’aspetto di sicurezza interna pesera’ non poco sulle scelte del governo, che avra’ ”solo sei mesi di tempo per tentare di arginare l’ondata di malcontento nel paese per gli attacchi terroristici”. Fino ad oggi, ha spiegato il professore, nelle elezioni pesavano fattori come quelli delle caste e delle minoranze etniche e religiose, dei ceti piu’ poveri, dell’economia, mentre ora sara’ il terrorismo a farla da padrone e il Partito del Congresso non potra’ dominare. ”Non a caso – dice Sahni – per porre rimedio alla situazione, il Partito del Congresso ha sostituito il ministro degli interni Patil, dimessosi, con un politico di primo piano, l’ex ministro delle finanze Chidambaran, uno degli artefici del miracolo economico indiano”. L’enormita’ dell’azione di Mumbai, secondo il professore, si fara’ sentire anche per quanto riguarda la decisione sulla data delle elezioni. ”Se fino a qualche settimana fa si pensava ad elezioni anticipate a febbraio, forti della sottoscrizione dell’accordo nucleare e del buon andamento dell’economia – spiega Sahni – ora la situazione interna che potrebbe portare il Partito del Congresso a perdere le elezioni negli stati dove si vota in questo periodo (tra i quali Delhi, Kashmir, Madhya Pradesh e Rajastan, ndr) potrebbe indurre a portare a termine la legislatura, ad arrivare cioe’ fino a giugno per tentare un recupero del Partito del Congresso negli ultimi mesi”. Gli attentati di Mumbai, cambieranno i rapporti con il Pakistan e gli altri paesi nell’area? ”Non credo – dice il professore – che ci saranno cambiamenti. L’India ha avuto risposte e posizioni moderate dal Pakistan su questioni importanti come l’attentato alla sua ambasciata in Afghanistan. Ma a che si dovrebbe arrivare, ad una guerra nucleare? Il problema e’ che in Pakistan bisogna fare i conti con l’ISI, il servizio segreto, che sfugge ai controlli di qualsiasi governo di Islamabad e ha una propria strategia per l’area. Non soltanto sull’India, ma anche sull’Afghanistan”. Quale allora la ricetta? ”L’India deve operare – continua Sahni – in maniera chirurgica contro i terroristi, scovandoli nelle loro tane, impedendo loro di giungere nel paese. A Mumbai sono arrivati via mare. Abbiamo chilometri di coste, significa che sono tutte vulnerabili? Dobbiamo rafforzare l’intelligence di sicurezza”. Gli attentati di Mumbai cambiano l’immagine dell’India negli occhi dei paesi soprattutto occidentali? ”Sicuramente – conclude Sahni – si andra’ avanti sull’ondata emozionale di quanto successo a Mumbai, che non e’ il primo ne’ l’ultimo attentato. Ci sono stati attentati anche piu’ cruenti che, non avendo avuto questa spettacolarizzazione e non interessando stranieri, non hanno avuto il clamore di quelli di Mumbai. Ricordo che negli ultimi undici anni ci sono stati mediamente una decina di morti al giorno per attentati nel paese. Eppure l’India attrae turisti e imprenditori. Fra un po’, come successo a Bali, ci si dimentichera’ della cosa e tutto tornera’ come prima”.
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