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Strage di fedeli alla processione sunnita

Sono almeno 30 i morti e oltre 80 i feriti di un attentato suicida avvenuto oggi a Karachi, nel sud del Pakistan, durante la processione religiosa per commemorare l’Ashura. L’attentato ha scatenato una folla infericita che si è scagliata contro la polizia e i giornalisti, devastando negozi e uffici. Oltre 50.000 sciiti erano nelle strade della città pachistana, migliaia in processione lungo la centralissima MA Jinnah Road, quando, all’altezza della Tibet House, due kamikaze, probabilmente nascosti tra i fedeli, si sono fatti saltare in aria. La potente esplosione è stata seguita da colpi di arma da fuoco. Un fumo denso e nero, alimentato da alte fiamme, è rimasto visibile per ore mentre sul posto giungevano poliziotti e mezzi di soccorso. La folla inferocita si è scagliata contro gli agenti, colpevoli di non aver garantito la sicurezza. Un cineoperatore della televisione è stato attaccato insieme ad altri suoi colleghi ed ora è ricoverato in gravi condizioni in ospedale. Il governo, per paura di attentati, aveva dispiegato nella città almeno diecimila tra poliziotti, agenti e paramilitari per scongiurare attentati, soprattutto dopo che ieri nella stessa Karachi un’esplosione aveva ferito 17 fedeli che partecipavano alla processione dell’Ashura. Ma i controlli non sono bastati a limitare i danni. Il ministro degli interni pachistano Rehman Malik, nel confermare la natura suicida dell’attentato, ha puntato il dito contro il Tehreek-i-Taliban e il Lashkar-i-Jhangvi, due tra i più potenti gruppi terroristici talebani del paese, responsabili di una serie di attentati in Pakistan. Da ogni parte è arrivato l’invito alla comunità sciita a fermare la processione e soprattutto le violenze a Karachi. Appelli lanciati nel vuoto: la processione è continuata su un’altra strada mentre la folla dava alle fiamme una quarantina di auto (tra le quali alcune della polizia), almeno 50 negozi, due stazioni di polizia e il Light Building, un palazzo che ospita alcuni uffici governativi. La folla, nel fuggi fuggi generale, ha anche provocato la morte, calpestandoli, di alcuni fedeli. Autorità religiose e civili di tutto il Pakistan hanno condannato l’attentato, il secondo durante l’Ashura. Ieri infatti una bomba era esplosa all’esterno di una moschea a Muzzafarabad, capoluogo del Kashmir pachistano, facendo dodici vittime. Proprio per scongiurare attentati nel paese, in concomitanza con la festività religiosa sciita, il governo da sabato ha innalzato lo stato di allerta nel paese, chiamando a raccolta 127 compagnie dell’esercito pachistano. Con l’esercito, l’esecutivo ha voluto rafforzare il cordone di sicurezza. Agenti e militari hanno scortato le processioni religiose in tutto il paese. Il Pakistan è un paese a maggioranza sunnita e gli sciiti rappresentano il 20% dei circa 167 milioni di abitanti. Dagli anni Ottanta, sono stati oltre 4.000 i morti per gli scontri tra sciiti e sunniti.

update 29 dic.: i morti sono arrivati a 43.

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Karachi senza acqua ed elettricita’ da 48 ore

Nonostante le rassicurazioni del Ministro per l’acqua e l’elettricita’, il 90% della citta’ di Karachi e’ senza luce da quasi due giorni. Ormai da oltre 30 ore la maggior parte della citta’ e’ al buio. Gia’ ieri sera gruppi di persone sono scese in strada per manifestare contro la KESC (Karachi Electric Supply Company), la societa’ che gestisce la fornitura dell’elettricita’, bloccando strade, bruciando copertoni e danneggiando un centro commerciale. La polizia e’ dovuta intervenire, usando anche i gas lacrimogeni, per disperdere la folla inferocita. A causa delle forti piogge monsoniche degli ultimi giorni le strade si sono trasformate in veri e propri fiumi ma la mancanza di elettricita’ ha reso impossibile utilizzare le pompe per aspirare l’acqua. Centinaia di veicoli in avaria sono stati abbandonati dai loro proprietari ai bordi delle strade e moltissime auto sono poi sono state trascinate via dalla potenza delle acque. Ventotto sarebbero finora le persone che hanno perso la vita in vari incidenti. Tra questi i componenti di un’intera famiglia che sono morti quando il tetto di una casa vicina e’ caduto sulla loro abitazione. I treni e gli aerei hanno subito gravi ritardi e numerose cancellazioni. Il sistema della KESC e’ crollato sabato pomeriggio dopoche’ una linea da 500kva e’ venuta meno lasciando l’intera citta’ senza corrente elettrica.

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Zardari riceve ultimatum anche da Gilani

Dopo il capo dell’esercito, anche il primo ministro pachistano Yousuf Raza Gilani ha dato un ”ultimatum” al presidente Asif Ali Zardari di ”agire o andarsene”. Lo rivela la televisione indiana Times Now e lo riporta l’edizione on line del quotidiano indiano Times of India, citando informazioni da Islamabad. Dietro la spinta di Washington e Londra, dopo le richieste del generale Kayani, anche Gilani ha chiesto a Zardari di andare se non accettasse un nuovo accordo concordato con le potenze straniere. A Gilani e’ stato chiesto di abbassare la temperatura politica nel paese che sta attraversando una crisi dovuta da un lato dal terrorismo nelle zone occidentali, ma soprattutto dalla marcia di protesta del partito dell’ex primo ministro Nawaz Sharif. Proprio nei confronti di quest’ultimo e delle sue richieste, in primis quella di rimettere al loro posto i giudici rimossi da Musharraf, Zardari ha mostrato il pugno di ferro, temendo che con l’istaurazione dei giudici deposti, possano essere cancellate le leggi che gli hanno permesso di tornare in Pakistan e che hanno cancellato tutte le accuse mosse contro di lui. Il primo ministro si e’ preso 24 ore per convincere il presidente a mostrare piu’ flessibilita’. A questo punto il pallino e’ nelle mani di Zardari, l’unico che puo’ decidere di sbloccare il paese e accontentare l’opposizione, ma ora anche gli alleati, interni e la comunita’ internazionale. Se il presidente non dovesse accettare, si potrebbe profilare anche la presa del potere da parte dell’esercito, come gia’ successo in passato, anche se l’ammiraglio Mullen, capo di stato maggiore americano, ha assicurato che il suo omologo Kayani non seguira’ questa via. Se non accettasse l’incarico, Zardari rischierebbe prima di essere emarginato e poi rimosso. In questo caso il potere passerebbe a Gilani e Nawaz Sharif entrerebbe nel governo, i giudici sarebbero rimessi al loro posto.

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Protesta l’opposizione in Pakistan

Un folto gruppo di militanti dell’opposizione pachistana fedeli all’ex premier Nawaz Sharif, fra cui numerosi avvocati e giuristi, hanno dato il via oggi a Karachi ad una ‘Lunga Marcia’ che si propone di raggiungere la capitale Islamabad lunedi’ prossimo. Lo riferisce l’emittente all news Geo Tv. Prima della partenza del corteo ingenti forze della polizia pachistana hanno arrestato oltre 30 persone, fra cui il vicepresidente del partito fondamentalista Jamaat-e-Islami, Ghafour Ahmed. Questi arresti si aggiungono agli oltre 350 realizzati ieri nel Punjab, provincia che i manifestanti si propongono di attraversare. Obiettivo della ‘Lunga Marcia’ e’ esigere che il presidente Asif Ali Zardari rispetti la promessa di restituire le cariche a numerosi giudici destituiti dall’ex presidente Parvez Musharaf. Lo stesso Zardari, vicino agli Stati Uniti, si trova in difficolta’ per l’attivita’ del comandante dell’esercito, generale Ashfaq Parvez Kayani, che la settimana scorsa gli ha ingiunto di ”agire o andarsene”.

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I talebani vietano emissione di carte d’identità alle donne

I Talebani pachistani della regione tribali del Khyber, nel nord ovest del paese ai confini con l’Afghanistan, hanno avvisato le autorita’ di non rilasciare carte di identita’ alle donne perche’ e’ una pratica anti-islamica. Lo ha detto Omar Farooq, comandante del gruppo talebano Tehrik-e-Taliban ai giornalisti. Farooq ha inviato una lettera all’Autorita’ Nazionale per le registrazione e la conservazione dei dati, che i suoi uomini sono pronti ad attaccare gli uffici dell’autorita’ se questa emettera’ carte di identita’ per le donne. Secondo il leader del gruppo terrorista talebano, il suo gruppo e tutti i talebani non possono permettere alle donne di ottenere queste carte in quanto la procedura va contro la legge islamica. Farooq ha anche avvisato le donne di non andare a chiedere questi documenti se non vorranno andare incontro a conseguenze. I talebani della provincia dello Swat nella Provincia Frontaliera di Nord Ovest, dove il 15 marzo dovrebbe entrare in vigore la sharia, hanno vietato l’educazione scolastica per le bambine e hanno vietato alle donne di uscire di casa anche solo per andare al mercato, senza essere accompagnate dai loro parenti maschi.

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Gli USA con l’India bacchettano il Pakistan

L’India trova negli Stati Uniti un valido alleato nella lotta al terrorismo, al punto di portare dalla sua parte quello che è da anni invece il partner strategico del Pakistan, accusato in questi giorni da New Delhi di aver in qualche modo coperto il commando che ha attentato a Mumbai la settimana scorsa. È quanto emerge dalla visita lampo di Condoleeza Rice, segretario di stato americano, oggi a New Delhi, durante la quale ha incontrato il ministro degli esteri di New Delhi, Pranab Mukherjee e il primo ministro Manmohan Singh. La Rice ha avuto parole di vicinanza, non soltanto di solidarietà, con il governo indiano, anche in chiave antipachistana. Nono solo ha esortato Islamabad a prendere “azioni decise” contro il terrorismo, ma ha criticato in maniera indiretta il presidente Zardari. Quest’ultimo ieri aveva detto che “attori senza paese che vogliono tenere in ostaggio il mondo intero” avevano realizzato gli attentati. La Rice ha oggi detto in conferenza stampa congiunta con Mukherjee che “gli attori senza stato recitano dai confini dell’India e Islamabad deve prendere azioni decise, agire in maniera trasparente e urgentemente, dal momento che questi attori senza stato sono questione della responsabilità del Pakistan perchè in qualche modo relativa al suo territorio”. Una presa di posizione forte, soprattutto alla vigilia della visita che la Rice farà domani a Islamabad. Il ministro degli esteri indiano ha consegnato alla Rice le prove che gli attacchi sono giunti in qualche misura dal Pakistan. L’arrivo a Delhi del segretario di stato americano, era stato disegnato come il tentativo di pacificare le posizioni indiane e quelle pachistane, dopo che New Delhi aveva detto di avere le prove del collegamento dei terroristi di Mumbai con Islamabad e aveva chiesto al Pakistan di consegnare 20 terroristi, che in vece Islamabad ha rifiutato per bocca del presidente Zardari che si è impegnato a processarli e condannarli in patria semmai si dimostrasse la loro colpevolezza. Invece la Rice ha preso subito posizione nei confronti del Pakistan, ricevendo da Mukherjee le prove del coinvolgimento pachistano negli attentati e ribadendo l’appoggio americano sulle investigazioni. Questa posizione ha ringalluzzito anche Mukherjee che, dopo il rifiuto pachistano sui 20 terroristi, era stato silente. “La nostra azione dipenderà dalla risposta che riceveremo dal Pakistan”, ha detto il capo della diplomazia indiana, ribadendo, attraverso la formula diplomatica della “necessità di proteggere l’integrità territoriale indiana e la sicurezza dei suoi cittadini”, che non esclude l’utilizzo delle armi. E lo ha detto dinanzi alla Rice che ha chiesto all’India di valutare la propria reazione contro il Pakistan in modo da evitare “conseguenze indesiderate”, esortando comunque i due paesi a collaborare. Per la Rice inoltre, non si può escludere il coinvolgimento di Al Qaeda negli attentati di Mumbai perché, ha detto il segretario di stato americano, “questo è un tipo di terrorismo nel quale partecipa Al Qaeda”. A Islamabad, intanto, non stanno a guardare. Il governo pachistano, per il tramite del ministro degli esteri Qureshi, ha fatto sapere di essere anch’esso pronto a tutelare l’integrità territoriale del suo paese. La visita di domani a Islamabad della Rice è stata preceduta da quella di oggi dell’ammiraglio Mark Mullen, capo di stato maggiore americano. Mullen ha esortato oggi il Pakistan a rafforzare la lotta contro i gruppi della Jihad. Ed oggi, ad una settimana esatta dall’inizio dell’assedio di Mumbai, mentre centinaia di migliaia di cittadini indiani sono scesi in piazza in tutto l’India per manifestare solidarietà alle vittime e protestare contro il governo chiedendo maggiori azioni e meno parole, la polizia ha trovato una, forse due, sacche con dell’esplosivo nel Chhatrapati Shivaji Terminus, l’ex Victoria Station, la stazione più importante di Mumbai. Si pensa che si tratti di parte dell’arsenale dei terroristi che hanno assaltato la capitale economica indiana. Sul cui numero, però c’è un giallo perchè da alcune evidenze investigative, pare che siano più dei dieci da sempre annunciati dalla polizia indiana, per cui almeno 14 di essi sarebbero ancora in giro. Il ministro della difesa di Delhi, AK Anthony, riunendo lo stato maggiore, ha allertato di possibili nuovi attacchi terroristici che potrebbero essere portati da piattaforme marine, che ricalcherebbero quelli alle torri gemelle americane. È mistero intanto sul numero dei partecipanti al commando che esattamente una settimana fa ha preso d’assalto Mumbai facendo circa 200 vittime. La televisione americana ABC, riferendo di fonti di intelligence americana (che tramite l’FBI sta partecipando alle indagini in India), ha rivelato che oltre al terrorista sopravvissuto e arrestato, unico del commando di 10 che ha tenuto Mumbai in assedio per tre giorni, ce ne sarebbero altri 14 che potrebbero portare a termine un’altra azione questa volta a New Delhi. Il Times of India rivela che la giornata più calda sarebbe il 6 dicembre, sedicesimo anniversario della demolizione della moschea di Babri ad Ayodhya nel 1992, demolita dagli induisti perché ritenuta costruita sul luogo sul quale era nato il dio Rama e la cui demolizione provocò feroci scontri fra le due comunità religiose. A tal proposito, soprattutto nell’aeroporto di New Delhi sono state aumentate le misure di sicurezza. Il giallo dei terroristi mancanti, il cui numero sarebbe stato rivelato da Azam Amir Kasab,il terrorista nelle mani della polizia indiana, è venuto alla luce anche da un’inchiesta indiana e rivelata da giornali indiani e dal Times, secondo la quale a bordo della Kuber, la barca con la quale i terroristi sono arrivati a Mumbai, c’erano prove della presenza di molti più uomini, almeno una ventina. Da Karachi a Mumbai i terroristi hanno utilizzato due barche, uccidendone l’equipaggio, ma lasciando prove della presenza di molti più uomini di quelli che la polizia indiana ha identificato come i terroristi uccisi. Inoltre, il commando, nell’abbandonare una delle due imbarcazioni, ha lasciato anche un telefono satellitare dal quale si sarebbe risaliti al numero usato in Pakistan da Mohammed Muzzamil alias Yusuf alias Abu Gurera, uno dei comandanti del gruppo terrorista Lashkar-e-Taiba. Il nome di Muzzamil è stato fatto anche da Kesab agli investigatori indiani e americani, come il capo e coordinatore dell’ “Operazione VTS”, nome in codice dell’assalto a Mumbai, i cui partecipanti, secondo Kesab, sono stati addestrati tutti in Pakistan

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Polizia blocca matrimonio fra bambini

La polizia di Karachi, in Pakistan, ha interrotto un matrimonio nel quale il prete stava sposando una bambina di quattro anni ad un bambino di sette. Gli agenti hanno anche arrestato il sacerdote. Lo riferisce la televisione pachistana Dawn. La legge in vigore nel paese proibisce i matrimoni dei minori ma, nonostante il divieto, sono molti i bambini che vengono fatti sposare dalle loro famiglie per alleanze tribali o per onorare debiti contratti. La polizia di Karachi era stata allertata da alcuni vicini che avevano notato i preparativi per l’imminente matrimonio. Secondo gli agenti, la bambina era stata offerta in sposa per poco più di 6000 dollari. Insieme all’officiante, la polizia ha arrestato il padre del bambino mentre quello della bambina è riuscito a scappare.

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Adolescente arrestato per omicidio Bhutto

Un adolescente pachistano, arrestato la settimana scorsa per l’omicidio di Benazir Bhutto, ha riferito ieri agli investigatori che il prossimo obiettivo dei terroristi era il consolato americano nella città settentrionale di Karachi. Lo riferisce l’agenzia indiana PTI. Aitezaz Shah, il quindicenne che ha confessato agli agenti di essere stato addestrato in un campo come attentatore suicida, ha detto che gli era stato chiesto di colpire Benazir Bhutto a Karachi se questa fosse scappata dall’attentato di Rawalpindi. Secondo il racconto alla polizia, Shah faceva parte di un commando di cinque membri inviati da Baitullah Mehsud, comandante del gruppo Tehrik-e-Taliban, che doveva uccidere l’ex primo ministro pachistano. Non appena arrestato giovedì nella città di Dera Ismail Khan nella Provincia Frontaliera di Nord Ovest, il ragazzo aveva confessato che ad uccidere Benazir, sparando contro di lei e facendo esplodere il suo giubbotto esplosivo, è stato un uomo di nome Bilal. Nell’interrogatorio di ieri, il giovane ha poi detto, secondo quanto riferisce il giornale pachistano Dawn, di aver avuto ordini di recarsi a Karachi per colpire il consolato americano. Shah ha ammesso alla polizia di essere stato addestrato da Bilal e Ikram, due nomi che sono stati intercettati anche dalla polizia in una conversazione telefonica tra Baiatullah Mehsud e un anonimo, il giorno dopo l’omicidio della Bhutto. Nella telefonata si citavano Bilal, Ikramullah e Said come coloro che avevano attentato alla Bhutto.

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Intervista sul Pakistan

Come già successo in passato,Angelo Maria D’Addesio, gestore del blog Il Paroliere, mi ha cheisto una intervista sul Pakistan che gli ho rilasciato volentieri.

La trovate qui.

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Musharraf scontento dell’inchiesta

Ci sono stati errori nelle indagini, ma non c’é stata nessuna mano dei servizi segreti nella morte di Benazir Bhutto e l’ex primo ministro era stata avvertita dal governo dei pericoli che correva. Lo ha detto oggi il presidente pachistano Pervez Musharraf, durante una conferenza stampa televisiva, dinanzi a giornalisti provenienti da tutto il mondo. Mentre la tensione sembra calare e il paese ha vissuto un giorno di calma, nel quale non si sono registrati scontri, oggi Nawaz Sharif, ex primo ministro e leader della Pakistan Muslim League-N, ha fatto sapere di essere aperto ad una coalizione di governo con il Ppp di Zerdari e Bilawal Bhutto, figlio e erede politico di Benazir, in vista delle elezioni del 18 febbraio. Musharraf ha insistito anche oggi con la sua versione: il governo ha fatto di tutto per difendere la Bhutto, le ha dato la possibilità di scegliersi anche la scorta, ma “lei ha ignorato il pericolo”. E ha di nuovo puntato il dito contro il maulana Fazlullah e Baitullah Mehsud, responsabili, secondo lui, dei 19 attentati terroristici degli ultimi tre mesi. A una settimana dalla morte di Benazir Bhutto, Musharraf ha nuovamente respinto i sospetti da più parti gettati sui servizi segreti militari, negando che alcun servizio di intelligence pachistano sia capace di indottrinare un uomo a farsi esplodere in un attacco suicida. Il capo di Stato ha ammesso di “non essere del tutto soddisfatto” dell’andamento dell’inchiesta sulla morte dell’ex primo ministro, soprattutto puntando il dito sul lavaggio della scena del delitto fatta subito dopo l’attentato dal servizio di nettezza urbana con potenti idranti. Tuttavia ha escluso che questa solerte opera di pulizia sia dovuta a una volontà di cancellare eventuali prove. “Sono sicuro che non lo hanno fatto con l’intenzione di nascondere segreti o che l’intelligence abbia ordinato di nascondere segreti”, ha detto il capo di Stato. Per questo motivo ha detto di aver chiesto la partecipazione di Scotland Yard all’indagine; richiesta che, però, oggi è stata contestata da Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir. Secondo il copresidente del Partito del popolo pachistano (Ppp), infatti, l’unica inchiesta indipendente che potrebbe fare luce sulle circostanze della morte è una delle Nazioni Unite, perché Scotland Yard comunque lavora con elementi del governo pachistano. Musharraf ha voluto anche tranquillizzare la stampa straniera annunciando che “non c’é nessuna possibilità che gli estremisti arrivino al potere o nel governo del Pakistan o che possano prendere il controllo di impianti nucleari, anche attraverso il sistema politico o democratico”. Quella dell’infiltrazione di terroristi nelle maglie del governo o sulle istallazioni nucleari è infatti una delle paure ricorrenti e maggiori nella comunità internazionale. La minaccia arriva soprattutto dalla zone zone tribali al confine con l’Afghanistan, dalla Provincia della frontiera di Nord Ovest, dal nord e sud Waziristan, dalla Valle di Swat o dal distretto di Kurram. Qui la presenza dei taleban e il controllo che esercitano sulla popolazione è notevole e l’esercito nonostante i molti proclami, non è riuscito a prendere davvero il controllo del territorio. Oggi un portavoce taleban ha fatto sapere alla stampa che se il governo non ritirerà l’esercito dalla valle di Swat entro due giorni, kamikaze colpiranno istallazioni governative e persone in tutto il paese. Oggi ci sono state centinaia di arresti e almeno 30 morti fra la valle di Swat e il Kurram, anche se in questo distretto i guerriglieri tribali hanno accettato la proposta del cessate il fuoco.

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