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Celebrata dai cinesi la giornata di liberazione dal Dalai Lama

La Cina ha celebrato ieri per la prima volta il Giorno della Liberazione dalla Schiavitù nell’anniversario dell’ istituzione del primo governo filo-cinese nel Tibet. Il territorio fu definitivamente annesso alla Repubblica Popolare Cinese il 28 marzo del 1959, dopo la sconfitta della rivolta iniziata il 10 marzo, che si concluse con la fuga in India del Dalai Lama. In una cerimonia sulla piazza antistante il Potala, il palazzo d’inverno dei Dalai Lama a Lhasa, il governo ha lanciato il suo messaggio, secondo il quale l’occupazione del Tibet da parte dell’ esercito cinese ha messo fine ad un oppressivo regime feudale. A poco più di un anno dall’inizio della rivolta dell’anno scorso, iniziata a Lhasa e poi estesasi ad altre zone a popolazione tibetana della Cina, gli oratori hanno parlato davanti ad una folla di migliaia di tibetani vestiti nei loro costumi tradizionali. La cerimonia si è svolta mentre la maggior parte delle aree a popolazione tibetana sono guardate a vista da migliaia di uomini della polizia armata del popolo, che perquisiscono tutti coloro che entrano ed escono dalle zone “pericolose” e impediscono l’accesso a tutti gli stranieri. Dall’inizio del “lockdown” del Tibet, nella prima settimana di marzo, almeno 200 persone sono state arrestate dopo manifestazioni di protesta. Zhang Qingli, il segretario del partito comunista locale, ha affermato tra l’altro che “qualsiasi complotto per rendere il Tibet indipendente, per separarlo dalla Cina socialista, è destinato a fallire”. La cerimonia, che è stata trasmessa in diretta dalla tv di Stato, ha segnato il culmine di una lunga campagna di propaganda rivolta in primo luogo contro la “cricca” del Dalai Lama, il leader tibetano che chiede per il territorio quella che chiama una “vera” autonomia ma che secondo il governo cinese punta in realtà alla creazione di un Paese indipendente. Visitando ieri una mostra sul Tibet a Pechino, il presidente cinese Hu Jintao ha detto che l’attuale “buona situazione” del territorio “é stata conquistata a duro prezzo e deve essere fortemente apprezzata”, riferisce l’agenzia Nuova Cina. In una conferenza stampa a Dharamsala in India, dove risiede il Dalai Lama, la rappresentante del governo tibetano in esilio Kesang Y.Takla ha sostenuto che “i tibetani considerano questa celebrazione offensiva e provocatoria” e che la “massiccia propaganda” del governo cinese è volta a “nascondere la repressione in atto” nel territorio. Takla ha aggiunto che prima del 1959 i detenuti nelle prigioni del Tibet erano “poco più di un centinaio”. “Dopo la cosidetta ‘liberazione’ e l’emancipazione dei ‘servi’ prigioni sono sorte in ogni parte del Tibet. Nella sola Lhasa ci sono cinque prigioni principali con una popolazione di detenuti tra i tremila e cinquecento e i quattromila”. I tibetani in esilio hanno organizzato manifestazioni di protesta anticinesi a Londra, Parigi, Bruxelles, San Francisco, New York, Toronto, Montreal, Taipei, New Delhi e Dharamsala.

fonte: ANSA

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La Cina celebra domani giornata di liberazione da Dalai Lama

La Cina si prepara a celebrare domani, per la prima volta, la Festa della Liberazione dalla Schiavitù nel cinquantesimo anniversario della istituzione del primo governo cinese nel Tibet, che era stato occupato nel 1950 dalle truppe dell’ Esercito di Liberazione Popolare. La Festa segna il culmine di una lunga campagna di propaganda del Partito Comunista Cinese che per gli ultimi due mesi ha inondato i mezzi di comunicazione cinesi, tutti sotto il suo controllo, di denunce della “cricca del Dalai Lama”, il leader tibetano in esilio che chiede una “vera” autonomia per il territorio ma che Pechino accusa di puntare in realtà alla secessione del Tibet dalla Cina. La scrittrice e poetessa tibetana Woeser, interpellata dall’ ANSA, ha definito “ridicola” l’ iniziativa. “E’ la prima volta in 50 anni che viene celebrata questa festa, si tratta di una risposta alle manifestazioni di protesta dell’ anno scorso”, ha aggiunto. “Il governo dovrebbe rispondere piuttosto ad una sola domanda: come mai tanti tibetani protestano ancora contro la Cina?”, ha concluso Woeser, che ha 41 anni e vive a Pechino col marito, lo scrittore cinese Wang Xilong. Woeser ha diffuso nei giorni scorsi sul suo blog alcuni fotogrammi di un filmato girato l’ anno scorso in Tibet, nel quale si vede la polizia cinese che picchia a sangue alcuni monaci e civili tibetani con le mani legate dietro la schiena. Pechino ha sostenuto che il filmato – proveniente dal governo tibetano in esilio fedele al Dalai Lama – è stato “manipolato” e ha bloccato per oltre quattro giorni il sito web “Youtube”, sul quale era visibile. “Youtube” è tornato ad essere accessibile dalla Cina nella serata di venerdì. In quello che è stato interpretato come un indiretto attacco al Dalai Lama, il “numero due” della gerarchia tibetana, il Panchen Lama nominato da Pechino, ha affermato che il territorio “si trova di fronte all’ attacco di un individuo senza scrupoli”. Per domani è stata annunciata una “cerimonia teletrasmessa” che si svolgerà a Pechino. Non è chiaro se siano state programmate attività a Lhasa, capitale della Regione Autonoma del Tibet. Dall’ inizio di marzo tutta la Regione Autonoma e altre vaste zone a popolazione tibetana delle altre province cinesi sono strette in una morsa di controlli e posti di blocco dalla Polizia Armata del Popolo, il corpo paramilitare addetto al controllo dell’ ordine pubblico. Dalla zona, completamente sigillata, sono filtrate notizie di manifestazioni di protesta e di decine di arresti dalla province del Sichuan e del Qinghai. Nel marzo dell’ anno scorso iniziarono a Lhasa proteste che poi si estesero ad altre zone tibetane e proseguirono fino alla fine di maggio. I tibetani in esilio affermano che almeno 200 persone hanno perso la vita nella repressione che è seguita, mentre la Cina parla di una ventina di vittime, in grande maggioranza immigrati cinesi uccisi dai rivoltosi tibetani.
Per il governo tibetano in esilio, la Festa della liberazione della schiavitù proclamata per domani dal governo cinese “sta aggravando i problemi in Tibet con una iniziativa offensiva, provocatoria e destabilizzante, con l’intenzione di creare caos”. Lo afferma oggi in un comunicato il ‘Kashag’, l’organo di governo tibetano in esilio a Dharamsala nel nord dell’India, che reagisce fermamente alle celebrazioni indette per domani. Il Kashag ha parole dure e annuncia che “se i tibetani perdono la looro pazienza, scenderanno per le strade a protestare, consapevoli che daranno così la scusa ai leader cinesi per usare ancor più forza bruta per fermarli”. Nel comunicato Il Kashag tibetan denuncia lo stato di sudditanza nel quale si trovano i tibetani, sottomessi all’esercito cinese, annunciando che domani sarà osservato da tutti i tibetani del mondo un giorno di lutto. Il Kashag contesta anche la caratterizzazione di “stato feudale” usata da Pechino per giustificare l’invasione del 1950.

fonte: ANSA

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