La democrazia indiana non si smentisce e il diritto alla difesa, come tanti diritti, viene calpestato. Capisco implicazioni sentimentali, capisco tutto, ma i diritti sono inalienabili. Anche io, quando a volte mi viene da pensare a quelli che stuprano o violentano bambini, mi chiedo perchè questi debbano avere un difensore. Ma la democrazia è per tutti, anche per i più “cattivi”. Anjali Waghmare, la donna avvocato che solo ieri aveva accettato di difendere d’ufficio Muhammed Ajmal Amir Kasab, l’unico terrorista rimasto in vita tra quelli che hanno attaccato Mumbai lo scorso novembre, ha dovuto rinunciare all’incarico. Poche ore dopo la pubblicazione della notizia dell’accettazione della sua difesa e dell’inizio del processo il 6 aprile prossimo, un centinaio di manifestanti dello Shiv Sena, un movimento induista fondamentalista, ieri sera tardi hanno protestato dinanzi la sua casa di Mumbai, lanciando pietre e urlandole contro slogan. La donna, che e’ anche moglie di un poliziotto, temendo per la sua vita, ha annunciato di rinunciare alla difesa di Kasab, ”per non urtare i sentimenti della gente”. I manifestanti, dispersi dalla polizia, sono stati a protestare fino all’alba dinanzi alla stazione di polizia di Worli, il quartiere dove vive l’avvocato, ma nessuno e’ riuscito a raggiungere l’abitazione della donna e non ci sono stati feriti. Gia’ lo scorso dicembre un altro avvocato, Dinesh Mota, scelto per difendere Kasab, ha rifiutato dopo aver accettato adducendo motivi etici e dichiarandosi disponibile anche a consegnare la sua licenza di avvocato. La corte da allora ha avuto difficolta’ a trovare un difensore per il terrorista, fino a ieri. Ma da oggi bisognera’ cominciare tutto da capo per permettere l’inizio del processo come previsto.
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Avvocato costretta a lasciare difesa terrorista di Mumbai
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Trovato l’avvocato per il terrorista di Mumbai
Sarà una donna avvocato a difendere Mohammed Ajmal Amir Kasab, l’unico terrorista sopravvissuto del gruppo di fuoco che assaltò a novembre Mumbai, nel processo a suo carico che comincerà il 6 aprile. Lo ha deciso la corte speciale della capitale economica indiana, dinanzi alla quale si svolgerà il processo. Con la decisione di oggi, il tribunale speciale è riuscito a superare lo stallo nel quale si trovava il procedimento, anche a causa del fatto che non si trovavano avvocati disposti a difendere Kasab. Il tribunale ha informato Kasab, collegato in videoconferenza, della data di inizio del processo e del suo nuovo avvocato d’ufficio, che a giorni sarà affiancato da un assistente. Il terrorista non ha fatto obiezioni e ha chiesto ed ottenuto di vedere il legale prima del processo.
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Il Pakistan risponde ed ammette. Soldi anche dall’Italia
Il Pakistan ha risposto al dossier indiano con le investigazioni sugli attentati che a novembre scorso a Mumbai fecero 179 morti, ammettendo che ”parte della cospirazione e’ stata organizzata sul suolo pachistano”. Lo ha detto oggi in conferenza stampa, presentando a Islamabad il dossier di risposta, Rehman Malik, consigliere agli interni del primo ministro, in pratica il ministro degli interni pachistano. Malik ha spiegato che azioni legate all’organizzazione degli attentati di Mumbai sono state messe in atto in diversi altri paesi, tra i quali Italia, Spagna, Russia e Stati Uniti. In particolare in Italia, secondo le risultanze investigative pachistane, sarebbero transitati alcuni soldi. La risposta pachistana, attesa lungamente dall’India e arrivata dopo diversi rinvii, e’ stata accolta favorevolmente dal governo di New Delhi che, per bocca del ministro degli interni Chidambaram, ha parlato di ”positivo sviluppo” nelle relazioni dei due paesi. L’India aveva inviato il dossier il 5 gennaio scorso, chiedendo a Islamabad di rispondere quanto prima sulle accuse che puntavano al Pakistan e a gruppi pachistani per l’ideazione e la gestione dell’attentato di novembre. Malik ha detto che le indagini pachistane hanno portato a scoprire la colpevolezza in qualita’ di organizzatore degli attentati di Hamad Amin Sadiq, vicino al Lashkar-e-Taiba (LeT), il gruppo terrorista indicato da Delhi come il principale colpevole. Il governo pachistano ha ammesso la colpevolezza del LeT, in particolare del comandante delle operazioni Zaki-ur-Rehman Lakhvi e dell’esperto di comunicazioni Zarar Shah, che avrebbero addestrato i 10 componenti del commando che per tre giorni ha tenuto in pugno la capitale economica indiana. Malik ha comunicato ai giornalisti che il governo ha aperto un procedimento penale, tramite denuncia, nei confronti di coloro che ritiene implicati negli attentati, spiegando di aver rintracciato le comunicazioni telefoniche che portano alla rete di contatti in Pakistan e all’estero, oltre ad aver rintracciato il luogo dal quale sono partiti i gommoni alla volta di Mumbai. Il governo pachistano, nel consegnare all’India il dossier, ha chiesto a Delhi di rispondere a 30 altri quesiti lasciati irrisolti e ha chiesto l’esame del DNA di Kasab, l’unico attentatore sopravvissuto e in custodia dalla polizia di Mumbai.
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India consegna al Pakistan prove su Mumbai
L’India ha consegnato stamattina al Pakistan le risultanze investigative degli attentati di Mumbai del novembre scorso, dalle quali emergerebbero coinvolgimenti ”dell’establishment” pachistano. Lo ha comunicato alla stampa il sottosegretario agli esteri indiano Shiv Shankar Menon, per il quale, dalle indagini ”e’ difficile credere che qualcosa cosi’ grande e che ha richiesto tanta preparazione e’ potuta avvenire senza che qualcuno nell’establishment pachistano ne avesse conoscenza”. Menon ha anche negato la possibilita’ di una commissione di inchiesta congiunta indo-pachistana sugli attentati della fine di novembre. Il primo ministro pachistano Yosuf Raza Gilani, ricevendo i documenti indiani, ha assicurato che il suo esecutivo ”agira’ se le prove sono credibili”, ma non ha voluto commentare la nuova richiesta indiana di estradare altri responsabili degli attentati che hanno fatto 170 morti. Secondo gli indiani, i nove terroristi morti e il decimo sopravvissuto e arrestato sarebbero stati addestrati in Pakistan dal Lashkar-e-Taiba (LeT), il gruppo terrorista con base in Pakistan e da membri dell’ISI, il servizio segreto pachistano. Le prove presentate al governo di Islamabad comprendono gli interrogatori dell’unico terrorista sopravvissuto, Ajmal Amir Iman meglio noto come Mohammed Ajmal Kasab, telefonate intercettate da Mumbai verso il Pakistan, dati gps e satellitari. A Islamabad, intanto, era in visita il sottosegretario di stato americano Richard Boucher, che ha invitato i due paesi a lavorare insieme. Boucher ha detto in conferenza stampa che ”e’ chiaro che gli attentatori avevano collegamenti in Pakistan”, ma ha lodato l’impegno del Pakistan nella lotta al terrorismo, citando il bando imposto da Islamabad al gruppo terrorista Jamaat-ud-Dawa (JuD), ritenuta la facciata pulita del LeT. L’India pero’ accusa il Pakistan di aver eseguito solo una operazione di facciata, non adoperandosi contro altri gruppi e contro gli stessi membri del JuD che stanno operando in organizzazioni con nomi diversi.
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Guerra di parole tra India e Pakistan
Scongiurata la guerra armata, tra India e Pakistan e’ ora la volta della guerra di parole. E il primo ministro indiano, Manmohan Singh, la cui moderazione e’ da sempre il suo elemento caratterizzante, oggi non ha usato mezzo parole, definendo il Pakistan ”epicentro del terrorismo”. Lo ha fatto dinanzi alle due camere del parlamento indiano, riunite in sessione plenaria per discutere dell’emergenza terrorismo dopo i fatti di Mumbai. Singh non solo ha attaccato il Pakistan, ma lo ha spinto a fare di piu’. ”Abbiamo notato – ha detto al parlamento Manmohan Singh – i passi fatti dal Pakistan, ma chiaramente e’ necessario fare molto di piu”’. Per il premier indiano, ”l’infrastruttura del terrorismo deve essere smantellata definitivamente. Questo e’ un bene per l’intera comunita’ mondiale, incluso anche il benessere stesso del popolo del Pakistan”. Le parole di Singh sono state precedute da quelle del giovane Rahul Gandhi, figlio di Sonia di Rajiv, ultimo rampollo della dinastia che governa l’India dall’indipendenza, indicato come possibile prossimo primo ministro indiano. Il figlio di Sonia, in un suo raro discorso, ha definito l’attacco all’India una ”guerra”. La stessa parola l’aveva usata il ministro degli esteri Pranab Mukherjee, che aveva detto in mattinata al parlamento che ”Attaccare il Pakistan non e’ la soluzione alla minaccia del terrorismo”, puntando invece sulla necessita’ di fare pressioni internazionali sul Pakistan ne ribadendo di aver chiesto l’estradizione di almeno 40 ricercati. E la risposta di Islamabad, a parole e in azioni, non si e’ fatta attendere. In un comunicato, Yousuf Raza Gilani, capo del governo pachistano, assicura che il Pakistan ”eseguira’ tutti i suoi doveri” derivati dal documento del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite. ”Il primo ministro Gilani – e’ scritto nel comunicato – ha detto che il Pakistan ha preso nota della designazione di alcuni individui e entita’ da parte della risoluzione 1267 del consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite, e osservera’ i suoi obblighi internazionali”. E per questo, il governo ha dato ordine di far chiudere gli uffici del gruppo Jamaat-u-Dawa, bandito ieri dalle Nazioni Unite come gruppo terroristico, anche se ufficialmente risulta essere un’associazione caritatevole. Il suo leader, Hafiz Mohammed Saeed, e’ considerato l’ex fondatore del Lashkar-e-Taiba, il gruppo terrorista ritenuto dietro agli attentati di Mumbai, gruppo dal quale e’ fuoriuscito nel 2001. L’annuncio dell’arresto di Saeed era stato fatto in un primo momento l’8 dicembre e poi smentito, per poi essere stato di nuovo fatto oggi, specificando che il leader islamico si trova nella sua casa di Lahore circondata dalle forze di sicurezza. Inoltre il governo ha diffuso una lista di 20 persone alle quali e’ vietato lasciare il paese. Safeed ha smentito la vena terroristica della sua organizzazione, annunciando di ricorrere in tribunale contro il bando imposto dalle Nazioni Unite. Il presidente Asif Ali Zardari, incontrando il sottosegretario di stato americano John Negroponte, ha ribadito, come aveva fatto precedentemente anche il ministro degli interni Malik, che l’India non ha ancora prodotto prove del coinvolgimento del Pakistan negli attacchi di Mumbai. (
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Gli USA con l’India bacchettano il Pakistan
L’India trova negli Stati Uniti un valido alleato nella lotta al terrorismo, al punto di portare dalla sua parte quello che è da anni invece il partner strategico del Pakistan, accusato in questi giorni da New Delhi di aver in qualche modo coperto il commando che ha attentato a Mumbai la settimana scorsa. È quanto emerge dalla visita lampo di Condoleeza Rice, segretario di stato americano, oggi a New Delhi, durante la quale ha incontrato il ministro degli esteri di New Delhi, Pranab Mukherjee e il primo ministro Manmohan Singh. La Rice ha avuto parole di vicinanza, non soltanto di solidarietà, con il governo indiano, anche in chiave antipachistana. Nono solo ha esortato Islamabad a prendere “azioni decise” contro il terrorismo, ma ha criticato in maniera indiretta il presidente Zardari. Quest’ultimo ieri aveva detto che “attori senza paese che vogliono tenere in ostaggio il mondo intero” avevano realizzato gli attentati. La Rice ha oggi detto in conferenza stampa congiunta con Mukherjee che “gli attori senza stato recitano dai confini dell’India e Islamabad deve prendere azioni decise, agire in maniera trasparente e urgentemente, dal momento che questi attori senza stato sono questione della responsabilità del Pakistan perchè in qualche modo relativa al suo territorio”. Una presa di posizione forte, soprattutto alla vigilia della visita che la Rice farà domani a Islamabad. Il ministro degli esteri indiano ha consegnato alla Rice le prove che gli attacchi sono giunti in qualche misura dal Pakistan. L’arrivo a Delhi del segretario di stato americano, era stato disegnato come il tentativo di pacificare le posizioni indiane e quelle pachistane, dopo che New Delhi aveva detto di avere le prove del collegamento dei terroristi di Mumbai con Islamabad e aveva chiesto al Pakistan di consegnare 20 terroristi, che in vece Islamabad ha rifiutato per bocca del presidente Zardari che si è impegnato a processarli e condannarli in patria semmai si dimostrasse la loro colpevolezza. Invece la Rice ha preso subito posizione nei confronti del Pakistan, ricevendo da Mukherjee le prove del coinvolgimento pachistano negli attentati e ribadendo l’appoggio americano sulle investigazioni. Questa posizione ha ringalluzzito anche Mukherjee che, dopo il rifiuto pachistano sui 20 terroristi, era stato silente. “La nostra azione dipenderà dalla risposta che riceveremo dal Pakistan”, ha detto il capo della diplomazia indiana, ribadendo, attraverso la formula diplomatica della “necessità di proteggere l’integrità territoriale indiana e la sicurezza dei suoi cittadini”, che non esclude l’utilizzo delle armi. E lo ha detto dinanzi alla Rice che ha chiesto all’India di valutare la propria reazione contro il Pakistan in modo da evitare “conseguenze indesiderate”, esortando comunque i due paesi a collaborare. Per la Rice inoltre, non si può escludere il coinvolgimento di Al Qaeda negli attentati di Mumbai perché, ha detto il segretario di stato americano, “questo è un tipo di terrorismo nel quale partecipa Al Qaeda”. A Islamabad, intanto, non stanno a guardare. Il governo pachistano, per il tramite del ministro degli esteri Qureshi, ha fatto sapere di essere anch’esso pronto a tutelare l’integrità territoriale del suo paese. La visita di domani a Islamabad della Rice è stata preceduta da quella di oggi dell’ammiraglio Mark Mullen, capo di stato maggiore americano. Mullen ha esortato oggi il Pakistan a rafforzare la lotta contro i gruppi della Jihad. Ed oggi, ad una settimana esatta dall’inizio dell’assedio di Mumbai, mentre centinaia di migliaia di cittadini indiani sono scesi in piazza in tutto l’India per manifestare solidarietà alle vittime e protestare contro il governo chiedendo maggiori azioni e meno parole, la polizia ha trovato una, forse due, sacche con dell’esplosivo nel Chhatrapati Shivaji Terminus, l’ex Victoria Station, la stazione più importante di Mumbai. Si pensa che si tratti di parte dell’arsenale dei terroristi che hanno assaltato la capitale economica indiana. Sul cui numero, però c’è un giallo perchè da alcune evidenze investigative, pare che siano più dei dieci da sempre annunciati dalla polizia indiana, per cui almeno 14 di essi sarebbero ancora in giro. Il ministro della difesa di Delhi, AK Anthony, riunendo lo stato maggiore, ha allertato di possibili nuovi attacchi terroristici che potrebbero essere portati da piattaforme marine, che ricalcherebbero quelli alle torri gemelle americane. È mistero intanto sul numero dei partecipanti al commando che esattamente una settimana fa ha preso d’assalto Mumbai facendo circa 200 vittime. La televisione americana ABC, riferendo di fonti di intelligence americana (che tramite l’FBI sta partecipando alle indagini in India), ha rivelato che oltre al terrorista sopravvissuto e arrestato, unico del commando di 10 che ha tenuto Mumbai in assedio per tre giorni, ce ne sarebbero altri 14 che potrebbero portare a termine un’altra azione questa volta a New Delhi. Il Times of India rivela che la giornata più calda sarebbe il 6 dicembre, sedicesimo anniversario della demolizione della moschea di Babri ad Ayodhya nel 1992, demolita dagli induisti perché ritenuta costruita sul luogo sul quale era nato il dio Rama e la cui demolizione provocò feroci scontri fra le due comunità religiose. A tal proposito, soprattutto nell’aeroporto di New Delhi sono state aumentate le misure di sicurezza. Il giallo dei terroristi mancanti, il cui numero sarebbe stato rivelato da Azam Amir Kasab,il terrorista nelle mani della polizia indiana, è venuto alla luce anche da un’inchiesta indiana e rivelata da giornali indiani e dal Times, secondo la quale a bordo della Kuber, la barca con la quale i terroristi sono arrivati a Mumbai, c’erano prove della presenza di molti più uomini, almeno una ventina. Da Karachi a Mumbai i terroristi hanno utilizzato due barche, uccidendone l’equipaggio, ma lasciando prove della presenza di molti più uomini di quelli che la polizia indiana ha identificato come i terroristi uccisi. Inoltre, il commando, nell’abbandonare una delle due imbarcazioni, ha lasciato anche un telefono satellitare dal quale si sarebbe risaliti al numero usato in Pakistan da Mohammed Muzzamil alias Yusuf alias Abu Gurera, uno dei comandanti del gruppo terrorista Lashkar-e-Taiba. Il nome di Muzzamil è stato fatto anche da Kesab agli investigatori indiani e americani, come il capo e coordinatore dell’ “Operazione VTS”, nome in codice dell’assalto a Mumbai, i cui partecipanti, secondo Kesab, sono stati addestrati tutti in Pakistan
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La Rice in India e lo scontro indo-pakistano
Il Pakistan deve reagire ”urgentemente e in maniera risolutiva” e cooperare con l’India nelle indagini per gli attentati di Mumbai. Lo ha detto a New Delhi il segretario di stato americano Condoleeza Rice, poche ore dopo il suo arrivo nella capitale indiana. La Rice, che oggi vedra’ i vertici del governo indiano e domani volera’ ad Islamabad, e’ in missione per conto di Bush per riportare la calma fra India e Pakistan dopo le accuse indiane secondo le quali i terroristi che hanno attaccato Mumbai sono legati al Pakistan. Accuse che Islamabad ha decisamente respinto. Il ministro degli esteri pachistano Makhdoom Shah Mehmood Qureshi, utilizzando le stesse parole del suo collega indiano pronunciate ieri, ha detto che il Pakistan ha il diritto di difendere il suo onore, la sua dignità così come la sua sovranità, l’indipendenza politica e l’integrità territoriale. Inoltre il presidente pachistano Asif Ali Zardari, intervistato da Larry King nel so famoso show della CNN, ha respinto la richiesta indiana, avanzata due giorni fa dal ministero degli esteri indiano all’ambasciatore pachistano a Delhi Shahid Malik, di consegnare 20 terroristi ricercati da New Delhi e che avrebbero trovato rifugio in Pakistan. Zardari ha detto che qualora ricevessero dall’India le prove della colpevolezza di pachistani o di persone che si trovino su suolo pachistano, il suo paese li portera’ nei propri tribunali, li processera’ e li condannera’. Zardari pero’, cosi’ come fatto sia dal suo primo ministro Gilani e dal ministro degli esteri Qureshi, ha ribadito l’aiuto e la cooperazione nelle indagini. Un aiuto che la Rice ha detto indispensabile e che ha assicurato aver richiesto anche a nome del suo governo, cosi’ come il fatto di aver avanzato a Islamabad la richiesta di prendere azioni decise contro i terroristi. La Rice ha anche detto che non si puo’ escludere la mano di Al Qaeda negli attentati di Mumbai, dal momento c he questo ”e’ il tipo di terrorismo nel quale Al Qaeda vive”. Intanto la polizia indiana ha rivelato i nomi di tutti gli attentatori mentre Sonia Gandhi, ribadendo che l’India dara’ una risposta decisa al terrorismo, ha detto che ”nessuno deve considerare la nostra amicizia con il Pakistan come una nostra debolezza”.
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Sul mio silenzio (parte seconda e ultima)
Una cosa volevo farvi notare. A parte la spettacolarizzazione, l’attentato i Mumbai non rappresenta nulla di nuovo nel panorama indiano. Sempre l’ex Bombay è stata oggetto di attentati anche più gravi. Ricordo che due anni fa diverse bombe esplosero nella “metropolitana” della città facendo 200 morti. Ma erano tutti indiani, per cui, dopo neanche un paio di giorni, se ne dimenticarono tutti. Come questo altri. In meno di sei mesi, gli ultimi, in India ci sono state, accantonando i fatti di Mumbai, almeno 64 bombe che hanno ucciso quasi 300 persone ferendone 900. Quante di queste notizie ricordate? Invece di Mumbai ce ne ricordiamo, per la spettacoliazzazione dell’evento e perchè ci sono andati di mezzo anche gli stranieri. Non c’è che dire. Come sempre i morti indiani valgono di meno, come nel caso delle inondazioni, dei terremoti, dello tsunami. Si è fatto un casino in Italia per la questione dei cristiani in Orissa dopo l’attacco ad una chiesa e l’uccisione di alcune persone (sempre deprecabile, per carità). Ma cala il silenzio sulle centinaia di morti quotidiane anche in Orissa a causa delle guerre tribali, di indiani missionari di tutte le religioni, di povera gente, di morti di fame, di gente che muore nell’attesa della “speranza indiana”. Non c’è che dire, faccio davvero un bel mestiere. Mi sento un po’ Cassandra, rileggendo e pensando che scrivevo o dicevo che eravamo in pericolo, che non potevamo uscire di casa, da più parti mi prendevano n giro, dicevano che ero esagerato. Ecco. Mi dispiace aver ragione così. Sempre sul fatto di aver ragione (non che la cosa mi fa piacere), ma il 13 settembre scorso ho scritto un post (e un lancio Ansa) nel quale riportavo che i terroristi avevano annunciato hce il prossimo attentato rispetto a quello di Delhi di settembre, sarebbe avvenuto a Mumbai. Porto sfiga?
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Il (mio) silenzio sull’attentato di Mumbai
Molti di voi, e vi ringrazio, mi hanno lasciato messaggi tra il blog e facebook, oltre a telefonate ed email, preoccupati per i fatti di Mumbai. Qualcuno si è anche chiesto sul blog perchè non ho riportato notizie sugli avvenimenti, lasciando invece la pubblicazione di notizie “frivole”. I motivi sono due: il primo è che ero in vacanza e il secondo è che sono stanco di scrivere di morti. Per il primo motivo, vi rimando ad un post che scriverò nei prossimi giorni. Sono appena tornato da una settimana di vacanza da un posto meraviglioso, un paradiso terrestre. Vi racconterò poi. Il secondo motivo è meno frivolo. Sono stanco di parlare di morti. Sono stanco di scrivere e cercare di far capire che questo paese non è quella democrazia più grande del mondo che si vuol disegnare, che è quel bengodi degli investimenti stranieri, che è il paese dove si campa divinamente. Basta digitare “bombe” nel motore di ricerca interno del blog per trovare diversi articoli a riguardo. Chi mi segue da tempo sa che ho sempre cercato di raccontare un’India diversa dall’iconosgorafia e dalle immagini oleografiche solite, diversa dalle “speranze indiane”. Ma la mia è un’azione donchisciottesca. Resteranno sempre le “speranze indiane”. Non per questo mi arrendo, ma non voglio dare pubblicità ai terroristi, non più di quanto non abbiano già avuto sui media di tutto il mondo. Io cerco di raccontare l’India come la vedo, com’è, le grandi notizie le leggete dovunque (molto spesso sono mie…). Sulla faccenda di Mumbai, bhè, posso dirvi che due settimane fa ero al Taj Mahal Palace con moglie e figlia. Hanno perquisito anche la mia bambina di nemmeno due anni prima di farla entrare. Ma sui controlli indiani ho già scritto nel blog. Quando consiglio ai turisti di fare attenzione, di evitare luoghi affollati come mercati o altro perchè pericoloso, vengo tacciato di voler spaventare la gente. Ecco, li voglio spaventare. Si è visto. Per me e per molti amici che vivono qui, la “speranza indiana” è quella di riportare salva la pellaccia a casa. Cosa che, di questi tempi in India (ma anche da un po’ di tempo) non è poi così sicura. Facciamo vita da reclusi, non possiamo andare nei centri commerciali, nei ristoranti degli alberghi (che sono i migliori), nei mercati. Già un paio di bombe a Delhi sono esplose non lontane da me. A Pushkar la fiera è stata sottotono anche per le bombe. Ma si può campare così? No. La cosa che mi fa più paura è che gli indiani hanno l’atomica. Ma come la proteggono? come hanno fatto con le città? Poveri noi.
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Di nuovo bombe a Delhi. E, come l’altra volta, una mi è esplosa vicino. Non c’è due senza tre?
Tornano alti l’allarme e la paura in India, dopo le cinque bombe esplose, altre due trovate non esplose, stasera a New Delhi, in tre mercati molto affollati. Bombe di piccolo potenziale, posizionate in posti strategici dove il sabato sera centinaia di indiani e anche molti stranieri si ritrovano. 18 le vittime, anche se alcune fonti parlano di 20 morti, oltre 80 i feriti delle cinque bombe esplose a partire dalle 18.15 in un lasso di tempo di 45 minuti. Due le rivendicazioni: Indian Mujahedin e SIMI, lo Student Islamic Movement of India, due gruppi legati fra loro che hanno rivendicato anche gli ultimi attentati in India del luglio scorso a Bangalore e Ahmedabad. La prima bomba e’ esplosa al Gaffar Market di Karol Bagh, altre due a Connaught Place, considerato il centro anche geografico della citta’. Le ultime due sono esplose a Greater Kailash 1, M-block, una zona piena di ristoranti e negozi molto frequentati anche da stranieri. Una bomba non esplosa e’ stata rinvenuta sempre a Connaught Place dinanzi al Regal Cinema, uno dei cinema piu’ famosi e vecchi della citta’; la seconda bomba inesplosa e’ stata trovata al Gate of India, il monumento ai caduti che si trova nel quartiere dei ministeri, sulla stessa strada del palazzo presidenziale. Quest’ultima bomba e’ stata trovata nei pressi del laghetto e del giardino dove di solito giocano i bambini. Il basso potenziale delle bombe, il fatto che le due non esplose siano state posizionate in luoghi molto frequentati anche da bambini, fa pensare che l’intento dei terroristi sia stato solo quello di spaventare il paese, di far capire che possono colpire dovunque e comunque. Le due rivendicazioni inviate ad organi di stampa via mail da Mumbai parlano la stessa lingua. Si riferiscono ad azioni gia’ passate e, soprattutto il SIMI, fa riferimento alle operazioni BAD, dalle iniziali delle citta’ dove ci sono stati gli ultimi attentati: Bangalore (7 bombe, due morti il 25 luglio), Ahmedabad (17 bombe, 45 morti il 26 luglio) e Delhi oggi. ”Feramteci se siete capiaci” e’ scritto nella rivendicazione. I terroristi del SIMI indicano in Mumbai il prossimo obiettivo. Anche per gli ultimi attentati, ci sono state le rivendicazioni di entrambi i movimenti. Le bombe sono state piazzate in cestini della spazzatura, probabilmente azionate da timer. Nei precedenti attentati, da Jaipur a maggio (con 63 morti) fino a quelli di Ahmbedabad a luglio, le bombe erano state portate anche su biciclette. La polizia indiana, che ha messo in stato di allerta il paese intero, ha arrestato due persone a Connaught Place e ha preso un ragazzo di dodici anni, all’inizio creduto uno di coloro che hanno portato le bombe, poi tenuto sotto interrogatorio come testimone. Il governo indiano ha condannato in massa l’attentato e ha convocato una riunione di emergenza. Da mesi l’attenzione e’ alta nel paese. Dopo che si era fatto sentire molto il terrorismo islamico di matrice separatista soprattutto kashmiro, anche legato anche ad AL Qaeda, da qualche mese si e’ rifatto vivo il terrorismo interno nel paese che, dopo aver colpito i tre stati che sono guidati dal partito del BJP dei fondamentalisti hindu (Rajasthan, Karnataka e Gujarat), ha colpito la capitale, nella quale l’ultimo devastante attentato era stato ad opera dei separatisti islamici filo Al Qaeda, avvenuto ad ottobre del 2005. Anche in quella occasione furono piazzate sette bombe in mercati affollati di sabato sera, ma i morti furono oltre 70, anche perche’ le bombe erano di alto potenziale. Il SIMI e’ stato responsabile di diversi attentati in India fra cui quello sanguinosissimo alla metropolitana di Mumbai (l’ex Bombay), che nel 2006 fece 185 morti.
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