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Ali’ Baba e i quaranta ladroni. Sui falsi santoni indiani

Ho letto ieri sull’Ansa la notizia riportata di seguito. Poichè di “fake baba”, falsi santoni, che si rivolgono soprattutto agli occidentali ne ho incontrato e scritto parecchio, ho chiesto all’amico Tuttoquà di utilizzare il suo caustico linguaggio per scrivere della cosa. Il post lo riposto di seguito e può essere letto sul suo blog qui. Ovviamente, non tutti i santoni sono fake, qualcuno di veramente mistico c’è, ma le esperienza di moltissimi purtroppo offuscano la realtà di pochi. Ricordo quelli che violentano le straniere con la scusa del tantra, quelli che girano in Rolls Royce, i milionari. A volte mi chiedo: ma ci ricordiamo che nella nostra tradizione occidentale e in quella mediorentale, ci sono numerosi santoni, eremiti, asceti, maestri spirituali, che hanno insegnato la meditazione, la rinuncia, l’alienazione. Uno di questi mi pare nacque in una grotta. Ma forse è troppo banale. Meglio seguire gli insegnamenti di questi maestri, senza avere neanche lo stimolo a fare una ricerca su internet per verificare il curriculum di questi signori.

Ali’ Bába, e i quaranta ladroni (POST sull’India)

Su segnalazione del buon Nello, ricevo e volentieri pubblico e commento.

Il 9 Ottobre, l’ANSA ha pubblicato la seguente agenzia:

ROMA, 9 OTT – Pilot Baba, uno dei più famosi “Maha yogi” dell’India, sarà domenica a Roma per una conferenza dedicata al “potenziamento del Sé interiore”. La sua storia di missionario dell’autorealizzazione è cominciata molti anni fa durante il conflitto tra India e Pakistan: sopravvissuto miracolosamente allo schianto dell’aereo da lui stesso pilotato, Pilot Baba abbandonò tutto e si trasferì nell’Himalaya, approfondendo per sette anni le tecniche della meditazione profonda. In questo periodo sperimentò personalmente il “samadhi”, uno stato – spiega la tradizione indiana – di semisospensione delle funzioni vitali, nel quale il battito cardiaco viene ridotto al minimo e si permette all’anima di fuoriuscire dal corpo. Pilot Baba si è fatto seppellire in passato per sei giorni e ha passato tre giorni sotto l’acqua, sospendendo le funzioni fisiologiche e abbassando il ritmo del respiro, per dimostrare pubblicamente il potere immenso, e sconosciuto, contenuto nel corpo umano. Attualmente Pilot Baba insegna queste tecniche di evoluzione interiore in America e in Giappone, oltre che in India. Domenica 11 ottobre sarà possibile seguire la sua conferenza alla Sala San Leone Magno, in via Bolzano 38 a Roma, dalle 17 alle 20. Ma nei giorni successivi, dal 12 al 18 ottobre, ci si potrà anche iscrivere ai suoi seminari che parleranno di come usare il potere della mente, come cambiare il destino modificando il proprio “karma”, come usare le tecniche per rilassare le tensioni e affermare l’Essere. Per informazioni si può contattare il Centro ayurvedico Devata (tel. 06/35347810) o l’Accademia Yoga (tel. 06/4742427).

Un Maha Yogi e’, se non mi sbaglio, un esperto di meditazione e di Yoga, i cui benefici sulla salute e sulla psiche sono difficilmente discutibili, o almeno cosi’ dicono gli esperti. In India, di questi personaggi se ne possono trovare a pacchi, piu’ o meno celebri e piu’ o meno imbroglioni. Il problema, dal mio punto di vista, e’ che costoro, spesso e volentieri, trascendono il loro ruolo di “insegnanti di educazioni fisica” (e’ riduttivo, ma serve a rendere l’idea), per assumere il ruolo di veri e propri santoni. Si ritrovano ad essere corteggiati da stuoli di seguaci accaniti e da milioni di incantati adoratori, persone (benestanti prima di tutto), disposte ad andare ovunque per vederli, ma non tanto per poter trarre insegnamento dalle loro lezioni, ma piuttosto per conoscerli, salutarli, inchinarsi davanti a loro, toccargli la veste e, soprattutto, riceverne la benedizione. Si, avete capito bene, la benedizione, nonostante questi non siano sacerdoti di alcun genere. E’ come se io, vestito da cardinale, mi mettessi a benedire la gente che passeggia sotto i portici di Bologna al sabato sera! Ma cose da pazzi!

Non parlo per sentito dire, ma per esperienza personale: un bel giorno, nel giardino pubblico di fronte casa, un drappello di “engineers” inizia a montare un gigantesco gazebo, mentre la Demo House (la bellissima villetta a schiera utilizzata per attirare e truffare gli ignari conduttori), viene letteralmente addobbata a festa, con striscioni, luci, piante, tappeti rossi, tende da circo, templi d’oro, mucche, cani cavalli, ricchi premi e cotillons. Un paio di giorni dopo arriva uno di questi santoni, (mi pare si chiamasse Baba Ramdi…), che prende possesso della villetta e inizia a ricevere, a ciclo continuo, lunghissime file di adoratori (per la gioia del sottoscritto, che si ritrova lo spazio antistante casa invaso da ogni genere di mezzo di trasporto, al punto quasi da non riuscire piu’ nemmeno a uscire di casa). Inutile dire, che al termine del soggiorno del Lord, il verde e la strada erano ridotti in condizioni ancora piu’ pietose di quanto non fossero normalmente tenuti dalla proprieta’. Le mie coronarie ancora ringraziano sentitamente.

Ma torniamo ai Guru. Questi signori, approfittando della celebrita’, non solo diventano straricchi, ma divengono anche potentissimi, e capaci di influenzare uomini politici, ministri e capitani d’industria. E, ovviamente, lo fanno senza troppo ritengno, allo scopo di elargire favori personali, di guadagnare ancora piu’ soldi e prestigio e, anche, di rafforzare il loro ruolo e la loro immagine. Sono macchine da business, perche’ oltre alle sedute pubbliche, frequentate da migliaia di persone, vendono anche libri, CD, DVD, diete speciali, gadget e tutto il resto. E’ evidente che mischiare il sacro e il profano in India sia divenuto lo sport preferito di un sacco di gente (che s’adda da pe’ campa’): infatti, il sacro attira le masse, ma in barba al sacro il profano fa crescere i quattrini a palate sui rami degli alberi. Chiarisco: non faccio il moralista, anche perche’ questa cosa avviene ovunque, anche da noi, ma noi non urliamo al Mondo di essere il Paese dell’esperienza mistica, dell’accoglienza, del sorriso, degli sguardi profondi, dell’amicizia e di tante altre virtu’, e poi inchiappettiamo il primo che passa. Noi inchiappettiamo e basta, mi pare piu’ coerente.

E allora? Su, coraggio, ditemi “che te ne frega?”, chiedetemi se sono invidioso a tal punto da scriverci su un POST. No, in teoria non me ne importerebbe una cippa, se non fosse che Nello ha scovato poi anche questo articolo.

Qui si scopre che il nostro Pilot Baba e’ uno che, grazie ai suoi poteri mistici, ricicla enormi quantita’ di danaro sporco, per conto di industriali e politici, indiani e non. E guadagna cifre da capogiro, arrivando perfino a chiedere il 50% della cifra come commissione, perche’, come avrete letto nell’articolo, “perche’ rischiare per un misero 10%?”. Bisogna comprenderlo il pover’uomo. Uno che se ne fa, ad esempio, del 10% di 50 Crore Rupees (circa 10 milioni di dollari)?? In India poi, che potere d’acquisto si puo’ mai attribuire a un milione di dollari americani???

Si, e’ proprio un Guru, con una capacita’ speciale: quella di far rivoltare Yogananda nella tomba, grazie alla sola imposizione delle mani su un grasso pacco di banconote!

Che mariuolo!

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Problemi satellitari alla base della cancellazione del reality show

Sulla questione della cancellazione del Reality Show La Tribù – Missione India, sul quale ho già scritto, interviene il presidente della società si produzione a chiarire alcuni aspetti.

“Non riesco a spiegarmi in nessun modo neanche io la cancellazione de La Tribù-missione India”, dice Silvio Testi, fondatore della Triangle Production, in un’intervista a Gente, in edicola domani a proposito dell’annullamento del reality di Canale5. “Eravamo pronti alla messa in onda del programma per il 23 settembre, come da accordi col Biscione. Poi lo stop, che ho appreso dal comunicato stampa. Neanche una telefonata di spiegazione, nonostante le settimane di lavoro e le difficoltà. Perché di difficoltà – sottolinea Testi – ce ne sono state tante. A partire dai tempi tecnici per l’organizzazione. Il programma, che prevedeva la permanenza di 12 concorrenti in un villaggio indigeno vicino a Goa per due mesi, ci è stato commissionato a fine giugno. Un termine già molto difficile da rispettare, ma non abbiamo voluto dire di no: con Mediaset e Paola Perego avevamo già lavorato, producendo La Talpa che era stato campione di ascolti della scorsa stagione”, dice Testi. Due i problemi fondamentali: i visti per i concorrenti e il ponte satellitare per i collegamenti in diretta. L’ambasciata indiana a Roma, contattata da Gente, spiega che per realizzare un prodotto televisivo, serve un apposito visto, detto “JV” [il visto giornalistico, ndr], che viene concesso dal ministero dell’Informazione di New Delhi. E che per tutto “il progetto Tribù” l’ok era arrivato. Tutto ok dunque? “A noi partecipanti hanno spiegato il rinvio dicendo che c’erano problemi con i collegamenti satellitari dall’India all’Italia. Siamo stati fermati la mattina stessa della partenza, quando con la valigia in mano stavamo andando in aereoporto”, racconta Elenoire Casalegno. Lucio Presta, compagno di Paola Perego e suo manager, non si pronuncia. Nina Moric:”ho cancellato moltissimi impegni di lavoro e attualmente come da contratto non possiamo prendere altri impegni. Eravamo un bel gruppo, avevo molta voglia di partire per l’India”. Si profila una possibIle battaglia legale tra Mediaset e Triangle. “Ci hanno creato un danno enorme, ci riserviamo ogni iniziativa giudiziaria”, dicono da Cologno. “Sono accuse immeritate – ribatte Testi – non hanno versato l’anticipo come previsto, sono insolventi nei confronti della Triangle”.

fonte: ANSA

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Niente reality show italiano, in India la vita è già un reality

Avrei voluto scrivere un articolo sulla faccenda del reality La Tribu-Missione India che si sarebbe dovuto fare in India. Non ho avuto tempo, e così riporto quanto ha scritto nel suo blog l’ottimo Tuttoqua. Da parte mia aggiungo solo un paio di cose. Innanzitutto non mi esprimo sul fatto dei visti: gli indiani stanno esagerano, ho già scritto sulla questione, e la mia idea non cambia. Non possono pensare che poiché i paesi europei stringono le maglie dei visti agli indiani perché l’India è un paese ad alto pericolo di emigrazione clandestina, possono applicare gli indiani lo stesso metro anche a noi europei. In secondo luogo, concordo con fatto che di molti indiani non ci si può fidare. Terzo: se volevano far vivere i vipponi italiani in una situazione di disagio, che bisogno c’era di andare a scomodare una tirbù primitiva? Bastava che li portavano nella Delhi bene dove ho vissuto io o a Gurgaon, dove vive l’ottimo Tuttoqua. Provate voi a vivere con lo stipendio di un operaio italiano (non indiano, ma italiano) in uno di questi quartieri, provate voi a vivere senza acqua, elettricità, in mezzo a bestie di ogni foggi, taglia e tipo. Altro che Tribù, altro che Isola dei Famosi.

Poveri illusi, io mi rendo conto che il mio povero e infimo blog non possa pretendere di diffondere informazioni oltre il livello degli amici che mi seguono assiduamente, e che non si possa necessariamente prendere per buono tutto cio’ che dico. Pero’, se qualcuno in Mediaset si fosse andato a leggere qualcuno dei miei numerosissimi POST sull’India, magari si sarebbe fatto cogliere dal dubbio. No, vabbe’, sto facendo il presuntuoso, quindi basta.

Intanto pero’, il reality di Canale 5 denominato Missione India ha chiuso i battenti ancora prima di partire. Perche’? Perche’, secondo Mediaset, “si e’ superato ogni ragionevole ritardo”. La trasmissione sarebbe dovuta partire il 16 Settembre, ma cio’ non e’ accaduto. Il produttore, la Triangle Production di Silvio Testi (il marito di Lorella Cuccarini), nonostante le accuse di Mediaset, dice che la location e’ pronta e che tutto e’ in ordine, e che il ritardo non e’ da imputarsi a lui, ma piuttosto al fatto che il cast e’ stato composto all’ultimo momento e che il governo indiano non ha (ancora) concesso i Visti. Da un lato, dunque, chi produce punta il dito verso chi trasmette, e dall’altro lato viceversa. Ma noi, in realta’, la ragione la conosciamo, perche’ l’abbiamo letta praticamente ovunque. Il Governo indiano si e’ rifiutato, finora, di concedere i Visti, perche’ Missione India avrebbe mostrato una popolazione primitiva che vive nella zona in cui doveva essere ambientato il programma, dunque un’immagine troppo arretrata di un paese che vuole, a tutti costi, far vedere solo il suo lato migliore (quale?). Come ho gia’ fatto notare un paio di giorni fa, la spiegazione e’ pretestuosa, perche’ quella zona non ospita gente che vive ancora nell’Eta’ della Pietra, ma piuttosto e’ abitata da persone che fanno parte di quegli 8/900 milioni di indiani che vivono nella miseria piu’ nera. Ora, dovete sapere che l’intera economia indiana, e dunque la crescita economica annuale a doppio zero, si poggia sostanzialmente proprio su questi poveracci. Un immane, sterminato, infinito serbatoio di mano d’opera quasi gratis, per la quale non bisogna nemmeno preoccuparsi di adottare il benche’ minimo criterio di sicurezza, perche’ tanto, in India, quando muoiono quelli li’ non se ne accorge nessuno, purtroppo.

E’ chiaro, quindi, che la classe dominante del sub-continente abbia un interesse specifico nel mantenere la situazione cosi’ come si trova, altrimenti fine della crescita mirabile riscontrata negli ultimi anni e su cui l’India conta, allo scopo di posizionarsi come super potenza, alla stessa stregua della Cina, degli USA, dell’Europa e del Giappone. Che possano riuscirci o meno (secondo chi scrive non ce la faranno mai), al momento cio’ che conta e’ mostrare un’immagine patinata del Paese, cosi’ che gli investimenti da fuori (e i miliardi di dollari offerti dai Paesi Amici) continuino a fluire indisturbati, e nessuno debba fare pubblicamente mea culpa per le condizioni misere in cui viene tenuto quasi un sesto della popolazione mondiale (!).

Quindi, guai a far andare in onda quel reality, ma scherziamo? D’altronde come reagi’ il Governo indiano quando fu proiettato “The Billionaire”? “Eh, ma cazzo, avete fatto vedere le bidonville di Mumbai!”. E che dovevano far vedere di Mumbai? A parte la lungomare, e’ tutta una bidonville! E’ Mumbai cazzo, mica ci potevano mettere un telone nero sopra? E poi, i protagonisti del film, non vivevano proprio in quelle baracche? No, loro si risentirono, salvo invece poi bearsi della pioggia di Oscar, come se il film fosse stato scritto e prodotto in India e pagato con soldi indiani! Ma saranno scemi o no?

Torniamo a Missione India, e domandiamoci: e’ possibile che Mediaset, per gestire tutta la parte logistic-burocratic-amministrativa, si sia messa a fare tutto da remoto? Certo che no, avranno preso contatti con qualche indiano che, dopo essersi infilato un pezzo di celluloide sull’orecchio sinistro, per certificare la sua appartenenza al settore televisivo, li avra’ inchiappettati per bene dopo essersi preso una bella carrettata di rupie! “Sorry Sir… which reality… No Sir… Sir… I sent you a document… I apologies… my grandmother passed away…. I am sick…. sorry today I am busy…”. E via, con vagonate di cazzate pur di non fare il lavoro.

Conoscendo l’India e gli indiani, facendo le cose nel modo giusto e pagando quello che c’e’ da pagare, i Visti non solo li avrebbero rilasciati in 5 minuti, ma li avrebbero fatti incidere, uno per uno, su targhe d’oro zecchino, che sarebbero state consegnate a Mediaset direttamente dalla popolazione primitiva di cui sopra, ben tirata a lucido.

Beata ingenuita’ e, come sempre, Incredible India!

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