La presenza di un topo a bordo ha impedito la partenza di un aereo dell’Air India da Amristar, nel nord ovest del paese diretto verso Londra. Il volo AI 187 doveva partire dalla capitale dello stato indiano del Punjab alle 6.30 di questa mattina. I 238 passeggeri erano gia’ saliti a bordo quando uno di loro ha visto il topo e ha informato l’equipaggio. E’ cominciata la ricerca del roditore che pero’ non ha portato frutti. Cosi’ tutti i passeggeri sono stati fatti scendere. Le squadre di pulizia hanno cercato di trovare il topo, ma anche dopo tre ore non ci sono riusciti. La compagnia ha cosi’ deciso di prendere un nuovo aeroplano che sostituisca quello infestato. Il nuovo orario di partenza del volo, con il nuovo aeromobile, e’ fissato per le 15. Non e’ la prima volta che un aereo della compagnia di bandiera indiana non e’ partito a causa di animali a bordo. In passato, oltre ai topi, anche serpenti e scarafaggi hanno bloccato gli aeromobili a terra.
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Morta l’ultima Maharani di Jaipur
Sono cominciati oggi a Jaipur, nel nord ovest dell’india, i funerali della Maharani (la regina moglie del Maharaja) Gayatri Devi, morta ieri all’eta’ di 90 anni. Migliaia di persone stanno partecipando nella capitale del Rajasthan ai funerali della donna, uno degli ultimi simboli della nobilta’ indiana, considerata, negli anni sessanta e settanta, una delle donne piu’ carismatiche e belle del mondo, tanta da essere inserita da Vogue fra le dieci donne piu’ belle del mondo. La Devi, terza moglie del maharaja di Jaipur, ha sempre vissuto nella ‘citta’ rosa’, alternando con lunghi soggiorni in Europa, specie a Londra dove aveva trascorso la sua infanzia. Nata nel 1919 in una famiglia nobile, Gayatri Devi divenne la Maharani di Jaipur nel 1939, sposando l’allora Maharaja, Sawai Man Singh. In breve Gayatri, grazie anche al suo portamento regale, alla sua istruzione e alla sua grazia e bellezza, divenne fuori e dentro l’India icona di eleganza. Fondatrice di una prestigiosa scuola a Jaipur, nel 1962 scese in politica (fondando il Swatantra Party in opposizione al Congress della dinastia Gandhi) e fu eletta in parlamento con una vastissima maggioranza, tanto da essere inserita nel guinnes dei primati. Fu poi in seguito rieletta per altri due mandati, ed e’ stata una delle piu’ acerrime avversarie di Indira Gandhi, soprattutto per la decisione di quest’ultima di togliere i privilegi ai maharaja. La sua fama di donna di successo, anche in politica oltre che in societa’, oltrepasso’ i confini indiani tanto che il Presidente Kennedy la invito’ ad un evento da lui organizzato, presentandola come ”la donna con la piu’ sbalorditiva maggioranza che nessuno abbia mai ottenuto in un’elezione”.
La gloria e il successo della Devi subirono tuttavia una battuta di arresto quando l’allora primo ministro Indira Gandhi aboli’ nel 1971 tutti i privilegi reali. Gayatri Devi fu accusata di aver violato la legge sulle tasse e trascorse 5 mesi in carcere. Si ritiro’ dalla vita politica e pubblico’ un’autobiografia, ”Ricordi di una principessa”, nel 1976. Negli ultimi anni, per dispute sull’eredita’ del marito, e’ entrata in conflitto con il figlio di suo marito, l’attuale maharaja di Jaipur.
La sua morte ha suscitato le reazioni commosse di tutto la societa’ indiana. ”Era una bellissima e squisita principessa – ha commentato tra gli altri la leggenda di Bollywood, Amitab Bachachan – la sua grazie e bellezza mi aveva lasciato senza parole”.
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La stupidità e l’ingiustizia non hanno confini
La vicenda degli operai inglesi in sciopero a Londra contro il fatto che un’azienda italiana abbia vinto una gara, mi ha fatto venire in mente gli espisodi xenofobi e protezionisti soprattutto a Mumbai, dove i maharati, i locali, guidati da partiti regionali indu’ che hanno il geme della stupidità in ogni iscritto ma soprattutto nei leader, vogliono cacciare i lavoratori di altri stati indiani. L’anno scorso sono successi anche incidenti, che hanno interessato anche attori importanti, colpevoli di lavorare a Bollywood, quindi a Mumbai, ma di non essere di Mumbai.
La cosa mi ha fatto fare una serie di considerazioni:
1) la fame è fame dovunque;
2) i coglioni non hanno nazionalità;
3) le persone per bene, coloro che vogliono fare le cose secondo legge, sono le prime a pagare;
4) le leggi valgono solo per poche persone.
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Brown in Pakistan la patria del terrorismo
Il premier britannico Gordon Brown, in visita oggi a New Delhi e a Islamabad, ha lanciato accuse pesanti al Pakistan, indicandolo come fucina di tre quarti delle azioni terroristiche che hanno preso di mira la Gran Bretagna. Brown ha chiesto un’azione ferma e congiunta contro il terrorismo, possibilita’ per Londra di partecipare alle indagini sugli attentati di Mumbai, impegno del Pakistan a non consentire oltre la permanenza di cellule terroristiche legate ad Al Qaeda sul suo territorio. Ma ha anche annunciato un aiuto di sette milioni di euro a Islamabad per aiutarla nella lotta al terrorismo, e ha cercato di gettare acqua sul fuoco delle tensioni fra Pakistan e India. Giunto nella tarda serata di sabato a New Delhi, Brown ha incontrato nelle prime ore di questa mattina, a colazione, il suo omologo indiano, Manmohan Singh. Dopo aver espresso all’India le sue condoglianze per le vittime di Mumbai (tra le quali anche un cittadino britannico), il premier ha detto che la Gran Bretagna sa che ”dietro gli attentati di Mumbai c’e’ Lashkar-e-Taiba”, un gruppo armato integralista islamico che si batte per sottrarre il Kashmir al controllo indiano. Una convinzione che Brown ha ribadito, poche ore dopo, anche al presidente pachistano Asif Ali Zardari, con il quale ha tenuto una conferenza stampa congiunta ad Islamabad. ”I tre quarti di tutti i complotti terroristici su cui si e’ investigato in Gran Bretagna sono riconducibili al Pakistan”, ha detto Brown ad Islamabad, aggiungendo che ”ora e’ tempo dell’azione e non piu’ delle parole”. Brown ha poi detto di voler ”aiutare il Pakistan a interrompere la catena del terrore” e ha proposto un ”patto anglo-pachistano” contro il terrorismo. Il premier britannico ha annunciato che la Gran Bretagna concedera’ a Islamabad sette milioni di euro da destinare, tra l’altro, ad un migliore addestramento delle squadre speciali antiterrorismo e al rafforzamento delle misure di sicurezza negli aeroporti. Nell’ottica della collaborazione e dell’aiuto reciproco Gordon Brown ha chiesto, sia all’India che al Pakistan, di concedere alla Grand Bretagna la possibilita’ che investigatori britannici interroghino l’unico terrorista del commando di Mumbai catturato vivo ed altri eventuali sospetti. Zardari, ha assicurato dal canto suo che il governo pachistano e’ pronto ad agire contro coloro che verranno identificati come responsabili degli attentati e ha chiesto all’India di condividere tutte le informazioni necessarie. ”Siamo noi stessi vittime del terrorismo”, ha detto. La visita di Gordon Brown a Delhi e ad Islamabad si e’ svolta solo poche ore dopo che i rapporti tra India e Pakistan hanno rischiato di subire un altro contraccolpo dopo che il Pakistan aveva accusato l’India di aver violato il suo spazio aereo. L’India pero’ detto che ”non si e’ verificato alcun incidente di questo genere” e Zardari ha attribuito l’incidente a un errore tecnico dei piloti.
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Cina respinge risoluzione congresso americano sul Tibet
La Cina ha respinto oggi ”con indignazione” la risoluzione sul Tibet votata dal Congresso degli Usa. La risoluzione chiede a Pechino di ”mettere fino al suo intervento contro i non-violenti manifestanti tibetani e la sua continua repressione culturale, religiosa, economica e linguistica nel Tibet” e di aprire un ”dialogo significativo” con il Dalai Lama, il leader tibetano in esilio e premio Nobel per la pace. In un comunicato diffuso sul suo sito web, il ministero degli esteri di Pechino afferma che la risoluzione ”distorce in modo evidente la storia e la realta’ del Tibet” e rappresenta ”una garve interferenza negli affari interni della Cina”. La risoluzione americana, ha affermato ancora il portavoce cinese ”confonde il bianco con il nero e (rappresenta) la malafede di alcuni componenti della Camera dei rappresentanti che non solo non hanno condannato gli attacchi, i saccheggi, gli incendi di Lhasa…ma hanno infierito contro il governo cinese e il suo popolo”. Pechino ha reagito con un giorno di ritardo dunque alla risoluzione, fortemente voluta dalla presidente della Camera Nancy Pelosi, nella quale gli Stati Uniti definivano ”sproporzionata ed estrema” la risposta cinese alle manifestazioni in Tibet, facendo appello ad un ”urgente, diretto, incondizionato dialogo” con il Dalai Lama sul futuro di quella regione. La risoluzione di mercoledi’ -che chiedeva anche il libero accesso della stampa e di osservatori internazionali alla regione, il rilascio dei prigionieri e la fine della repressione delle manifestazioni dei tibetani- era passata con 413 voti contro uno.
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La fiaccola a Buenos Aires tra le proteste
La fiaccola simbolo dei Giochi olimpici di Pechino 2008, dopo il turbolento passaggio europeo e dopo il transito ‘blindato’ di San Francisco, e’ arrivata in serata a Buenos Aires, unica tappa nel sub-continente americano, dove sara’ portata domani da atleti simbolo dello sport internazionale, ma dove dovra’ comunque confrontarsi con i movimenti che lottano per il rispetto dei diritti umani in Cina. I media televisivi argentini hanno mostrato la partenza di un corteo di automobili che scortano la fiaccola che sarà custodita fino a domani, giorno in cui sarà portata per le vie del centro di Buenos Aires, in una località segreta Ancor prima del suo arrivo all’aeroporto internazionale di Ezeiza, intorno alle 17 locali (le 22 italiane), il Comitato olimpico argentino aveva fatto sapere che oggi non era prevista alcuna cerimonia particolare. Intanto, i movimenti aderenti al gruppo della ‘Staffetta mondiale della fiaccola per i diritti umani’ hanno annunciato per domani una manifestazione parallela a quella ufficiale per protestare contro la violazione dei diritti umani in Cina in cui verra’ portata fino alla Casa Rosada presidenziale una fiaccola alternativa. Il giornalista Martin Bermudez, parlando a nome degli organizzatori, ha sottolineato che ”non ci saranno azioni di protesta diretta” volte a ostacolare il percorso della fiaccola, ma non ha escluso che altre associazioni possano avere organizzato azioni ”a sorpresa”. All’incontro era presente anche Liwei Fu, esponente della pratica spirituale Falun Gong, che ha ricordato come in Cina esistano ”centinaia di migliaia di seguaci del movimento imprigionati in campi di lavoro forzato” e ”sottoposti alle piu’ atroci torture, tra cui l’espianto di organi da vivi destinati alla vendita”. La manifestazione ufficiale promossa dal Comitato olimpico argentino iniziera’ domani alle 14:30 locali (le 19:30 italiane) nel quartiere di Puerto Madero, da dove la fiaccola, dopo un passaggio davanti alla Casa Rosada presidenziale, verra’ trasportata attraverso il centro della citta’ fino al Club Hipico Argentino. Lungo il percorso di 13,5 chilometri, la fiamma olimpica sara’ portata da 80 tedofori, tra cui quelle di alcuni campioni dello sport come Diego Armando Maradona – che, se confermato, sara’ il primo – Gabriel Batistuta, la nuotatrice Georgina Bardach e l’ex tennista Gabriela Sabatini, che chiudera’ la staffetta. Per l’evento e’ stata prevista un’organizzazione senza precedenti, considerate anche le forti proteste in difesa del Tibet avvenute a Londra e Parigi e per garantire la sicurezza e’ stato messo a punto un piano che prevede l’intervento di 5.700 persone fra agenti e volontari. Dopo la sosta nella capitale argentina, la fiaccola riprendera’ l’aereo per partire, sabato, alla volta della Tanzania.
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Cresce negli USA pressione per boicottaggio
Dopo la tappa americana della fiaccola olimpica e la difficile giornata vissuta ieri da San Francisco, cresce negli Stati Uniti un sentimento favorevole al boicottaggio della cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici di Pechino. Anche se il presidente George W. Bush continua ad avere una posizione di apertura nei confronti delle Olimpiadi e ancora ieri ha ribadito in un’intervista a una tv cattolica che lui ”non ha mai cambiato idea” circa la sua intenzione di partecipare ai Giochi (senza pero’ precisare ‘quando’), nel fronte politico sono pressoche’ unanimi le voci di coloro che lo invitano ad assumere nei confronti della Cina una posizione piu’ severa. Nei giorni scorsi era stata la Speaker della Camera, Nancy Pelosi, a prendere posizione esplicita contro la Cina e la repressione in Tibet, e a invitare al boicottaggio della cerimonia di apertura dei Giochi. Ma, dopo la staffetta ‘blindata’ di San Francisco, si sono espressi piu’ chiaramente anche i candidati in corsa per le presidenziali. Sia il candidato alla nomination repubblicana, il senatore dell’ Arizona John McCain, sia i candidati alla nomination democratica, il senatore dell’Illinois Barack Obama e la senatrice di New York Hillary Clinton, hanno detto che Bush non dovrebbe andare alla cerimonia di apertura dei Giochi finche’ la Cina non cambia posizione. McCain ha legato la sua posizione soltanto al Tibet: ”Se io fossi presidente – ha detto alla emittente ABC – finche’ non si vedono progressi con il Dalai Lama non andrei ad alcuna cerimonia inaugurale finche’ (i cinesi) non cambiano e non danno prova di farlo velocemente. Non si puo’ avere una nazione che sotto molti aspetti e’ una superpotenza e che si comporta cosi’, in modo oppressivo e brutale. Io penso che ci sia bisogno di mandare un messaggio ai cinesi e che sia molto forte”. Anche Barack Obama, che fino ad oggi si era detto ‘perplesso’ circa l’opportunita’ di utilizzare le Olimpiadi a fini politici, dopo la giornata di San Francisco ha sciolto la riserva e ha detto che il presidente Bush dovrebbe boicottare la cerimonia d’apertura non solo per il Tibet, ma anche per la mancata pressione del governo cinese sul Sudan per quanto riguarda il Darfur. Analoga in tutto e per tutto la posizione di Hillary Clinton. E’ in questo scenario che il Dalai Lama arriva oggi a Seattle, per una visita negli Usa che durera’ quasi una settimana. Nel frattempo il segretario delle Nazioni Unite, Ban ki-Moon, ha reso noto che non andra’ ai Giochi. La sua portavoce, Marie Okabe, ha peraltro precisato che il segretario non potra’ essere presente a Pechino ”per problemi di calendario” e che il governo cinese ”e’ gia’ stato avvisato tanto tempo fa”. Altre fonti dell’Onu hanno precisato che la posizione di Ban ki-Moon non deve essere messa in alcun modo in relazione a un’ipotesi di boicottaggio dei Giochi.
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No comment
Ecco il modo migliore per protestare, nel più puro spirito buddista. E’ successo a San Francisco, un esempio di civiltà. Il tedoforo e’ un uomo sulla sedia a rotelle che, mentre prende la fiaccola, mostra dal suo polsino, una piccola bandiera tibetana.
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Dalai Lama: si a fiaccola ma non zittiteci
Il Dalai Lama e’ favorevole allo svolgimento dei giochi olimpici a Pechino e assicura di non avere alcuno spirito anticinese, ma i tibetani hanno diritto a protestare pacificamente. Durante la breve sosta a Tokyo sulla via degli Stati Uniti il leader dei tibetani in esilio ribadisce di aver supportato l’ipotesi di assegnare i giochi olimpici alla Cina ”fin dal primo istante”, al punto da dirsi pronto a partecipare alla cerimonia inaugurale di Pechino 2008. ”Certo – ha aggiunto rispondendo con un sorriso alla domanda di un giornalista – mi sembra un po’ difficile che mi invitino, ma ci andrei molto volentieri. Sono a favore del fatto che la Cina ospiti i piu’ famosi giochi al mondo, ma i tibetani hanno diritto a una protesta non violenta”. In un’attesa conferenza stampa tenuta in un hotel vicino all’ aeroporto internazionale di Narita, a poche decine di chilometri da Tokyo, il leader buddhista afferma di essere rattristato dalla ”demonizzazione del governo cinese nei miei confronti. Sono un essere umano, non un demone”. Inoltre ci tiene a ribadire che l’autonomia in Tibet ”e’ rimasta solo sulla carta e non e’ stata realmente favorita”. Proteste si sono tenute nelle citta’ di tutto il mondo in una dimostrazione di crescente simpatia verso il Tibet dove lo scorso mese, sulla scia di moti antigovernativi,sono scoppiati violenti disordini. ”L’espressione dei loro sentimenti e’ loro e nessuno ha il diritto di zittirli. Uno dei problemi in Tibet e’ che non vi e’ liberta’ di espressione”. Il Dalai Lama mette in guardia dai rischi delle manifestazioni contro il passaggio della fiaccola olimpica. ”Ho mandato messaggi a Londra, Parigi e San Francisco perche’ non ci fossero disordini”, rileva ancora ribadendo che la ”visita negli Usa non ha alcun valore politico”. E sullo stesso argomento interviene anche il governo tibetano in esilio da Dharamsala, in India affermando che il Dalai Lama, cosi’ come molta gente in Tibet, non vuole che si fermi la fiaccola olimpica.
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La fiaccola in una San Francisco blindata
Non e’ stata certo una atmosfera di pace di fratellanza quella che ha accolto a San Francisco la fiaccola dei giochi olimpici di Pechino nella sua unica tappa americana. La staffetta si e’ svolta lontano dal centro, lontano dalle migliaia di manifestanti radunatisi nella citta’ del Golden Gate per manifestare pro o contro i giochi cinesi. E soprattutto si e’ svolta sotto il controllo di centinaia, forse migliaia di agenti della polizia di San Francisco, che hanno disposto intorno alla torcia olimpica una protezione senza precedenti. Le autorita’ della citta’, dopo essersi consultate con Londra e Pargi, hanno deciso che il rischio di incidenti era ”verosimile”, che doveva essere evitato ”al cento per cento” e che la fiaccola doveva essere protetta come se fosse un Capo di Stato in pericolo. Cosi’ e’ stato: il percorso della staffetta, tenuto segreto, e’ stato modificato e accorciato, la fiaccola a un certo momento e’ scomparsa in un magazzino per poi ricomparire successivamente non nelle zone storiche della citta’ ma dirottata in quartieri periferici e semideserti, costantemente circondata da un drappello di guardie cinesi appositamente addestrate per proteggerla, e a loro volta protette da un imponente schieramento di agenti di polizia. Mentre sul lungomare di San Francisco attendevano da ore migliaia di manifestanti, mentre nella zona di Chinatown la comunita’ cinese, la piu’ grande d’America, festeggiava con carnevali e danze tradizionali l’unica tappa americana della fiaccola di Pechino, mentre nel centro e lungo il percorso previsto si accalcavano migliaia di persone per manifestare per la liberta’ del Tibet, la fiaccola correva in anonime periferie controllata solo dalla telecamere degli elicotteri della CNN, che come le principali altre emittenti Usa ha seguito in diretta l’evento. Per proteggere l’avvenimento e’ stata anche cancellata la prevista cerimonia di chiusura, che avrebbe dovuto svolgersi nella Baia di San Francisco. La fiaccola e’ stata dirottata in direzione del celebre ponte, il Golden Gate, il cui accesso pedonale nel frattempo era stato chiuso. In quelle stesse ore si apprendeva che il presidente degli Stati Uniti, George W. Bush ha confermato che la sua posizione nei confronti dei Giochi Olimpici di Pechino non e’ cambiata: sara’ presente. La Casa Bianca non ha precisato se il presidente Usa andra’ alla cerimonia inaugurale o a quella di chiusura oppure alle gare sportive vere e proprie. Ma a Pechino ci andra’.”Non ho cambiato idea – ha detto Bush alla Tv cattolica EWTN – E se lo faccio e’ perche’ penso di poter parlare (ai dirigenti cinesi) di liberta’ religiosa prima, durante e dopo i Giochi”. Bush ha anche aggiunto che i dirigenti cinesi conoscono ‘perfettamente” la sua posizione, ”che non e’ mai cambiata”. Nei giorni scorsi da piu’ parti erano cresciute nei confronti della Casa Bianca le pressioni affinche’ Bush boicottasse i Giochi, o ”almeno” non si presentasse alla loro cerimonia inaugurale. Eventualita’, questa, non esclusa dalla stessa Casa Bianca solo alla vigilia della tappa americana della fiaccola. Ma nel giorno di San Francisco, proprio mentre da Londra il premier britannico Gordon Brown faceva sapere che non andra’ alla cerimonia inaugurale di Pechino, si apprendeva che Bush, nell’intervista rilasciata martedi e in onda venerdi prossimo, ha ribadito che ai Giochi ci sara’. Non ha solo detto ”quando”, ma ci sara’.
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