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Un anniversario di silenzio per il Tibet

Un anniversario all’insegna della tristezza, della delusione, della disperazione. E’ questo il sentimento che aleggia a Dharamsala, la cittadina nel nord dell’India sede da mezzo secolo del governo tibetano in esilio. Qui oggi il leader spirituale e temporale dei buddisti tibetani, il Dalai Lama, terrà il suo discorso di commemorazione in occasione della ricorrenza dell’invasione tibetana del 1959. Qui si sono riuniti attivisti e monaci da tutto il mondo, Italia compresa. Da qui partirà una marcia silenziosa che durerà tutta la notte, ricordando gli oltre un milione di morti a causa dell’invasione e della repressione. In ballo c’è l’esistenza stessa del popolo tibetano, le sue millenarie tradizioni, culture, la lingua. Il Dalai Lama ha presieduto ieri pomeriggio nel più grande tempio tibetano di Dharamsala, il Tsuglag-Khang, una cerimonia religiosa alla quale hanno partecipato migliaia di persone. Manifestazioni sono previste nel nord dell’India, ma anche in Nepal, Bhutan e in altre parti del pianeta per protestare contro l’invasione cinese del Tibet. A Delhi la polizia ha dichiarato off limits la zona dell’ambasciata cinese. A Kathmandu il governo nepalese ha vietato le manifestazioni anticinesi. L’esercito cinese ha aumentato i controlli, isolando totalmente il Tibet. dove le proteste vengono soffocate dalla polizia al loro nascere, come in altre èparti della Cina. Nella provincia del Qinghai, più di cento monaci, dei circa 300 religiosi che di solito vivono nel monastero di Lutsang (An Tuo in cinese), sono stati arrestati dopo una manifestazione per le festivita’ del Capodanno tibetano (Losar), che si e’ celebrato il 25 febbraio. Anche due giornalisti italiani, il corrispondente dell’Ansa da Pechino e l’inviato di Sky Tg 24, che si trovavano nei pressi del monastero a raccogliere informazioni circa gli arresti,sono stati detenuti per tre ore dalla polizia. Sempre nel Qinghai una bomba e’ esplosa oggi senza fare vittime in un commissariato. La Cina non vuole sapere ragioni e sta facendo pressioni sul mondo intero per affermare il suo controllo sul Tibet. Parlando ai tremila delegati dell’Assemblea nazionale del popolo (il Parlamento di Pechino), il presidente cinese Hu Jintao ha detto che la Cina deve creare ‘”una Grande Muraglia di stabilità” intorno al Tibet per bloccare il “secessionismo”. Ma a queste parole, il Dalai Lama opporrà oggi la sua ferma richiesta per una genuina autonomia del Tibet. La stessa richiesta che il leader tibetano avanza da decenni. ‘’Questi 50 anni – recita un passaggio del discorso del premio Nobel, del quale alcuni stralci sono stati diffusi dagli uffici del governo tibetano in esilio – hanno portato in sofferenza e distruzione il popolo e il territorio del Tibet. Ancora oggi i tibetani vivono in costante paura. Ma noi vogliamo il rispetto delle nostre tradizioni, vogliamo essere autonomi’’. Il leader tibetano parlerà di coesistenza e amicizia con i cinesi, ma di rispetto delle identità ottenibile solo con l’autonomia. Una richiesta che però non prescinde dalla “via di mezzo”, dalla ricerca dell’autonomia ottenuta attraverso la non violenza, in contrapposizione ai giovani dei movimenti tibetani che chiedevano una rivolta incisiva. Il discorso di oggi cade anche ad un anno dall’inizio dei moti di Lhasa dell’anno scorso, in concomitanza con il passaggio per il Tibet della fiaccola Olimpica, durante il quale ci furono scontri e morti tra esercito cinese e tibetani. In quella occasione Pechino attaccò il Dalai Lama e la “sua cricca”. Un anno fa le proteste sono partite a Lhasa, la capitale del Tibet, e sono sfociate in violenze, secondo fonti ufficiali di Pechino, contro gli immigrati cinesi 22 dei quali sarebbero stati uccisi. Le manifestazioni sono poi proseguite fino a maggio. Secondo il governo tibetano in esilio le vittime sono state almeno duecento. La International Campaign for Tibet (Itc), un gruppo basato a Washington, sostiene in un rapporto che dallo scorso marzo 1200 tibetani sono “scomparsi”. Il settantatreenne monaco tibetano, premio Nobel per la Pace, è stato anche per questo messo in discussione da diversi movimenti tibetani, ma negli stati generali tibetani convocati lo scorso novembre, ha avuto il pieno appoggio alla sua “via di mezzo”. Alla quale, oggi, dovrà dare nuovo vigore per sperare di non dover commemorare più l’invasione cinese.

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Domani riunione speciale sul futuro del Tibet

Hanno cominciatoano ad arrivare oggi a Dharamsala, nel nord dell’India, le centinaia di dirigenti tibetani in esilio attesi per la riunione, al via da domani fino al 22, convocata per stabilire una nuova strategia sul futuro del Tibet dopo l’insuccesso nei rapporti con la Cina riconosciuto anche dal Dalai Lama. Una strategia che da più parti si ritiene debba basarsi su una rinnovata intransigenza, insistendo sul riconoscimento dell’indipendenza da parte di Pechino e abbandonando quindi la linea che vedrebbe come auspicabile anche uno status di autonomia. La riunione, la più massiccia della comunità tibetana da 60 anni a questa parte, potrebbe inoltre dettare i tempi per un’uscita di scena del Dalai Lama, dal momento che la sua “via di mezzo”, l’azione non violenta nei confronti della Cina nella richiesta di una completa autonomia, è fortemente criticata soprattutto dai giovani. Il leader spirituale e politico dei tibetani, che dal 1959 è costretto a vivere in esilio a Dharamsala, nelle scorse settimane ha esternato la sua frustrazione e delusione nei confronti delle trattative con Pechino, parlando di “perdita di fiducia” e di scomparsa del Tibet. Dal 2002 emissari del Dalai Lama e rappresentanti cinesi sono stati impegnati in regolari incontri in una linea di dialogo che sembra però irreparabilmente interrotta dopo che la scorsa settimana la Cina ha affermato che non farà “mai concessioni” al Tibet, escludendo anche la possibilità di una “semi-indipendenza”. Oggi il Dalai Lama ha accolto i primi delegati giunti nella città indiana dicendo che l’obiettivo dell’assemblea è di raccogliere “le vere opinioni e punti di vista del popolo tibetano attraverso discussioni libere e franche”. Si prevede che durante l’assise venga presentata una mozione che rivendica l’indipendenza, ma l’assemblea non ha alcun potere decisionale e dovrà quindi rimettersi alle decisioni di Parlamento e governo in esilio. La riunione è vista da molti in ogni caso come “un momento di svolta”, ne è convinto Sonam Dolkar, dell’organizzazione degli ex prigionieri politici ‘Go Chu Sum’ che fa parte dell’ala indipendentista, “é arrivato il momento per il popolo tibetano di riflettere sul proprio avvenire e di decidere quale direzione prendere”. “I cinesi attendano che sua Santità (il Dalai Lama, che ha 73 anni e problemi di salute) muoia perché pensano che ciò segnerà la fine del movimento tibetano – dice Tenzin Choeying leader degli ‘Studenti per un Tibet libero’ -. La comunità tibetana deve prendere in mano il suo avvenire”.

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