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Omosessualità tabù anche al cinema

Un grazie all’amico Marco Restelli, esperto di cinema indiano, che ha contribuito a schiarirmi le idee sull’argomento cinematografico.

L’omosessualità, oltre che un reato, è sempre stato anche un tabù in India. Non solo nella vita comune, ma anche in quello che è la massima espressione e rappresentazione della società indiana, il cinema di Bollywood. Nessun film dell’industria cinematografica indiana ha mai affrontato il problema se non di striscio, rappresentato principalmente dagli hijras, nome che in passato indicava gli eunuchi di epoca imperiale e che ora indica invece i transessuali. Water, il film sulle giovanissime vedove indiane di epoca gandhiana, uscito nel 2005 e girato da Deepha Metha con una produzione canadese, fu avversato in India anche perché toccava l’argomento omosessualità. La protagonista del film, che ricevette una nomination come miglior film straniero agli Oscar del 2007, nella pellicola stringe amicizia con un hijras. Un altro hijras, ha un importante ruolo nel film epico Jodhaa Akbar del 2008, che racconta la vita dell’imperatore moghul Akhbar e di sua moglie Jodha. In Dostana, commedia del 2008, due giovani indiani si fingono gay per affittare insieme un appartamento a Miami, ma vengono scoperti quando entrambi si innamorano della loro coinquilina. In India gli hijras sono al contempo venerati e temuti. Portano il nome degli eunuchi che un tempo erano al servizio dei re, ma sono oggi veri e propri emarginati, transessuali che girano per strada chiedendo l’elemosina e cacciando il malocchio. Sono però richiesti a cerimonie come battesimi e matrimoni perché, essendo stati sfortunati nella vita, si pensa attirino su di sé la potenziale sfortuna, sottraendola così al bambino o agli sposi.

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11mo comandamento: non confondere moglie e nuora

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Una disputa storica, poi manco tanto storica, scade in proteste di piazza e scontri. E’ la quotidianità della più grande democrazia del mondo. In qualsiasi parte del pianeta una disputa pseudostorica sarebbe stata dipanata nelle aule univeristarie, nei convegni, in televisione. All’ombra del Taj Mahal, invece, la cosa degenera in scontri, violenze e arresti.

Al centro della disputa, un film, Jodhaa Akbar, appena uscito nelle sale cinematografiche indiane, dalle quali sta per essere ritirato a causa delle numerose proteste scatenate. Il film, diretto da Ashutosh Gowarikar (lo stesso di Lagaan, il Fuga per la Vittoria in salsa indiana) e che ha per interprete l’ex miss universo Aishwara Rai, racconta la storia dell’amore tra l’imperatore moghul (e quindi musulmano) Akbhar e la sua sposa indù originaria del Rajastan Jodha Bai.

Proprio in Rajasthan sono cominciate le proteste, tanto che il film è stato ritirato da tutte le sale. Già perchè, secondo i masnifestanti, non c’è evidenza storica che Akbar fosse sposato con questa Jodha che invece risulta essere la moglie di suo figlio Jehangir.

Premessa: sugli imperatori moghul non ci sono grosse certezze ed evidenze storiche precise, se non le monumentali e bellissime costruzioni che ci hanno lasciato (vedi il Taj Mahal, la città di Fathepur Sikri e altro). Molte sono leggende, il resto costruzioni.

Gli abitanti del Rajasthan, discendenti dei fieri Rajput (letteralmente figli del re) dell’ex stato del Rajputana (che non è quello che pensate voi) si sono sentiti umuiliati dal fatto che un imperatore musulmano, seppur grande come Akbhar (lo dice il nome stesso) che seppe espandere il proprio impero in tutta l’India del nord, sposasse una hindu. Non solo: ma questi accademici sono scesi in piazza per protestare per la confusione tra la moglie di Akhbar, che si sa essere stata una hindu anche se difficilmente viene nominata per cui non se ne conosce il nome, e la nuora.

Ma vi pare possibile? Altra critica che i manifestanti hanno fatto, mentre imbracciando bastoni e cartelli impedivano che i cinema proiettassero la pellicola, è che nel film Jodha ha una vita troppo moderna, usciva di casa, e una ragazza Rajput a quel tempo era troppo morigerata per farlo.

Il film, ovviamente, dove lo fanno proiettare, sta avendo successo, pare più per le polemiche che ha suscitato che per la sua qualità: 3 ore e 20 di palla assoluta, come nel più più spirito gowarikharo – vedi Lagaan – in uno sfarzo di costumi e scene costate milioni di dollari.

Non è la prima volta che una cosa del genere accade, film e libri vengono tolti dal mercato per non urtare la suscettibilità di nessuno. La stessa Rai e l’attore che interpreta Akbhar (Hrithik Roshan), erano stati già al centro di polemiche per una scena con un bacio appassionato in Dhoom II.

Il fatto è che la democrazia è di per se imperfetta. L’India creca di applicarla nel migliore dei modi. Non si vuole urtare la sensibilità di nessuno, neanche dei più piccoli, per cui basta che tre persone su un miliardo e due dicano che una cosa li offende che, oltre a trovare solidarietà, trovano anche ascolto.

Mi verrebbe da dire a tutti questi manifestanti, utilizzando un linguaggio arcaico e tribale, ma vada via i ciap!

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