Alleanza in vista in Pakistan tra la Lega Musulmana Pachistana-N (PML-N) di Nawaz Sharif e la Lega Pachistana Musulmana-Q (PML-Q), fazioni divise di uno stesso partito divenute rivali, che potrebbero convergere su un solo candidato presidenziale. Il presidente della PML-Q, Chaudhry Shujaat Hussain, ha detto alla stampa di essere stato contattato dal candidato alla presidenza del Pakistan del partito di Sharif, il giudice Saeed-uz-Zaman Siddiqui, per chiedere di essere supportato in vista della tornata elettorale del 6 settembre prossimo per la successione a Musharraf. Hussein non ha escluso la possibilità della convergenza del suo partito su Siddiqui, spiegando che comunque l’identità del suo partito non cambierà. Hussein ha detto che la candidatura di Asif Ali Zardari, co-presidente del Partito del Popolo Pachistano e contro il quale si vogliono coalizzare le due leghe musulmane, è opinabile, perché il vedovo di Benazir Bhutto è ancora accusato di aver riciclato 60 milioni di dollari. Per Hussein questi contatti rappresentano un normale fenomeno nel mondo politico, nonostante le due leghe musulmane fossero acerrimi nemici. Nati sotto l’unica formazione della Lega Pachistana Musulmana, gli uomini di Hussain si separarono nel 2001 dando vita alla loro formazione. La decisione della divisione nacque dalla volontà dal gruppo di Hussein di sostenere la dittatura militare di Musharraf che, pur se non è esponente del partito, é considerato il mentore della Lega Pachistana Musulmana-Q ma fortemente avversato dalla Lega Pachistana Musulmana-N di Nawaz Sharif, il quale considera Musharraf un nemico personale e per la democrazia. Fu proprio Musharraf a cacciare Sharif e mandarlo in esilio mentre era primo ministro nel 1991.
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Tra Sharif e Zardari sempre più distanze. Zardari malato mentale per il FT
Si fa sempre piu’ profonda la frattura tra Asif Ali Zardari e Nawaz Sharif. Dopo la decisione di ieri di Sharif di abbandonare la maggioranza e sedere all’opposizione (la sua Lega Pachistana Musulmana-N, PML-N, ha gia’ richiesto al presidente della camera l’iscrizione nel gruppo di opposizione), Zardari non ha battuto ciglio. L’unica dichiarazione dal vedovo di Benazir Bhutto e co-presidente del Partito del Popolo Pachistano, e’ di stamattina, ed e’ stata indirizzata all’ex alleato al quale sono arrivate le scuse. Zardari ha chiesto ”scusa a Nawaz Sharif se ha avvertito che abbiamo fatto qualche errore”, ribadendo che lui, il Ppp e il governo sono seriamente impegnati nel reintegro dei giudici rimossi. Il vedovo di Benazir Bhutto ha aggiunto che i giudici saranno rimessi al loro posto e che ”non ci sono due opinioni in merito”. Zardari ha anche detto che il suo partito intende ancora avere come partner la Pml-N di Sharif per rafforzare il processo democratico nel Paese. Concetti ribaditi anche dal primo ministro Gilani. Il capo dell’esecutivo, che non ha mai accettato le dimissioni dei parlamentari del PML-N di Sharif che a maggio hanno lasciato il governo, ha detto che dopo le elezioni presidenziali del 6 settembre ci sara’ un rimpasto di governo e spera che il PML-N possa rientravi. Gilani ha confermato l’intenzione del governo a rimettere al loro posto i giudici rimossi e, per la prima volta, ha fatto anche il nome dell’ex capo della corte suprema Iftikhar Muhammad Chaudhry, il cui rinvio del reintegro, e’ stato il motivo scatenante dell’abbandono da parte di Sharif dell’esecutivo e della maggioranza. Domani verra’ deciso il reintegro di 8 giudici della provincia del Sindh. Il ministro dell’Informazione Rehman ha intanto detto alla stampa che il PPP non teme la nascita di altre coalizioni. Ma su Zardari, oltre alla questione del terrorismo interno che continua a far sentire forte la propria voce, si abbatte anche un’altra tegola. Secondo il Financial Times, Zardari avrebbe problemi mentali. Al vedovo della Bhutto, secondo documenti medici in possesso del quotidiano, sono state diagnosticate nel corso di due anni diverse malattie, tra cui demenza, profonda depressione, disordine da stress post-traumatico, derivanti dagli undici anni di prigionia e tortura subite a seguito di numerose condanne. Le cartelle cliniche esaminate da uno psichiatra interpellato dal Financial Times, mostrerebbero un uomo turbato emotivamente che non sarebeb in grado di guidare il paese. Nessun commento dal Pakistan a riguardo. A difesa di Zardari e’ intervenuto l’ambasciatore pachistano in Inghilterra che ha parlato di problema che non esiste in quanto successivi esami clinici avrebbero dimostrato che Zardari gode di ottima forma psicofisica. Zardari pero’ ha altro su cui gioire. Una corte svizzera, infatti, ha deciso il non luogo a procedere nel caso che lo vede coinvolto per frode e appropriazione indebita. A questo punto il vedovo di Benazir Bhutto, grazie anche alla cosiddetta ”Ordinanza di Riconciliazione” voluta da Musharraf, non ha nessuna causa pendente, ne in Pakistan ne’ all’estero. La notizia e’ arrivata alla vigilia della scadenza della presentazione delle candidature per la presidenza del Pakistan. Sette i candidati che hanno chiesto di partecipare alle elezioni del 6 settembre per succedere a Musharraf. Oltre a Zardari e al candidato del partito di SHarif, l’ex gidice Saeed-uz-Zaman Siddiqui, spicca anche un candidato del partito che sosteneva Musharraf, la Lega Pachistana Musulmana-Q. Il 28 si conoscera’ chi potra’ partecipare alle elezioni e i candidati avranno di tempo fino al 30 per ritirare la candidatura. Un altro spiraglio sul possibile ritorno di fiamma tra Sharif e Zardari.
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Sharif abbandona la maggioranza e sbatte la porta
Nawaz Sharif, leader del secondo partito di maggioranza in Pakistan Lega Musulmana Pachistana-N (PML-N), ha deciso di passare all’opposizione rendendo ancora piu’ confusa la vita politica del paese e piu’ difficile il processo democratico nel paese. Quello che doveva diventare un momento di aggregazione degli oppositori a Musharraf, cioe’ l’uscita di scena del presidente ex generale, si e’ invece risolto in un groviglio politico che ha portato alla scissione della maggioranza di governo, uscita vincitrice dalle elezioni del 18 febbraio scorso. L’ex primo ministro destituito da Musharraf nel 1999, aveva gia’ ritirato a maggio i suoi ministri dal governo. Sharif ha sbattuto la porta della coalizione a brutto muso, accusando il Partito del Popolo Pachistano (PPP), guidato da Asif Ali Zardari e da suo figlio Bilawal Bhutto, di non rispettare gli impegni. ”Che senso ha – ha detto Sharif in conferenza stampa stasera ad Islamabad – essere in una coalizione quando un partito decide per tutti?”. Il dissidio tra i due partiti e’ nato soprattutto sul reintegro dei giudici rimossi da Musharraf e sui cambiamenti costituzionali. Da mesi Sharif chiede che i giudici vengano rimessi ai loro posti subito. Secondo quando riferito da Sharif alla stampa, il leader della Lega Pachistana Musulmana-N aveva avuto diversi incontri con la coppia Bhutto-Zardari durante il loro esilio e avevano raggiunto accordi precisi sui giudici. Inoltre Sharif ha anche mostrato ai giornalisti un accordo firmato da Zardari con il quale il PPP si impegnava a rimettere i giudici al loro posto dopo l’uscita di scena di Musharraf. ”Ma per Zardari – ha detto Sharif – l’accordo non e’ ne’ il Corano ne’ la Sunna e tutto puo’ essere cambiato”. Ma Sharif non si ferma qui. Oltre a nominare, contro Asif Ali Zardari, come candidato del suo partito per le elezioni presidenziali del 6 settembre prossimo, l’ex giudice Saeed-uz-Zaman Siddiqui, ha tenuto una riunione con i suoi avvocati. Sul tavolo, la possibilita’ di bloccare la candidatura di Zardari a causa di sue accuse pendenti. I legali di Sharif hanno parlato di possibilita’ di un ”secondo impeachment” dopo quello che stava per essere formulato contro Musharraf. Il partito di Sharif teme inoltre che Zardari non voglia emendare la costituzione riportandola a quella del 1973, facendo restare in piedi le modifiche volute a novembre da Musharraf che concedono al presidente ampi poteri. La reazione del PPP non si e’ fatta attendere. Farhatullah Babur, portavoce del partito, ha detto che la decisione del PML-N ”e’ stata presa in fretta” e che la coalizione ha solo lavorato ”nell’interesse del paese”. Fino ad ora, nessun commento da Zardari. Il co-presidente del partito e candidato alle presidenziali, che oggi ha ricevuto il sostegno alla candidatura da alcuni partiti e due provincie (tra le quali quella del nord ovest al centro di attacchi terroristici), stamattina in una intervista alla BBC aveva detto che il paese ”sta perdendo la guerra con i talebani”. Zardari, che per motivi di sicurezza da giorni lavora nell’ufficio del ‘suo’ primo ministro Yousuf Raza Gilani, ha detto che non si tratta solo ”di previsioni pessimistiche riguardanti il Pakistan o l’Afghanistan”, ma ”il mondo intero ne sara’ colpito”. Il vedovo della Bhutto ha fatto della lotta al terrorismo uno dei punti fondamentali del suo programma. La prima mossa e’ stata la messa al bando del gruppo Tehreek-e-Taliban Pakistan (TTP), responsabile, tra l’altro, degli attentati degli ultimi giorni oltre che, per mano del suo capo Baitullah Mehsud, vicino ad Al Qaeda, dell’uccisione di Benazir Bhutto.
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Zardari candidato alla presidenza del Pakistan
Sara’ Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, il candidato del Partito del Popolo Pachistano (Ppp) a succedere a Pervez Musharraf nelle elezioni presidenziali che la commissione elettorale oggi ha stabilito si terranno in Pakistan il 6 settembre. Lo ha annunciato il ministro dell’informazione, Sherry Rehman, spiegando il comitato centrale del Ppp lo ha nominato all’unanimita’. Zardari si e’ preso 24 ore di tempo per sciogliere la riserva, anche se pare probabile che accetti. Il suo nome circolava gia’ da tempo negli ambienti politici pachistani e stamattina la televisione indiana IbnLive, citando fonti Ppp, l’ ha data per certa. Zardari ha tempo fino al 30 agosto per ritirare la sua candidatura. Il 6 settembre dalle 10:00 (le 07:00 in Italia) nell’aula del parlamento di Islamabad, l’ Assemblea Nazionale (camera bassa) e il Senato (che rappresenta le regioni) si riuniranno per votare il successore di Musharraf, dimessosi cinque giorni fa. Se Zardari, conferma la sua candidatura, taglierebbe la strada alle altre due possibili nel Ppp: quella la sorella di stesso Zardari, che in parlamento ha preso il posto che fu di Benazir Bhutto, e quella del candidato della provincia di Nord- Ovest, pensata per riavvicinare quella parte infuocata del Paese dove i ribelli Taleban combattono contro l’esercito. A questo punto, bisogna vedere cosa faranno gli alleati, Nawaz Sharif e la sua Lega Musulmana Pachistana-N (Pml-N) in primis. Il Ppp, infatti, ha gia’ occupato sia la poltrona di primo ministro (Yusuf Raza Gilani) che quello del presidente dell’Assemblea nazionale (Fehmida Mirza), mentre la Pml-N, secondo partito di maggioranza, al momento e’ fuori dal governo per la questione dei giudici rimossi da Musharraf. Per il momento Sharif non ha parlato. Ha solo fatto sapere di accettare il rinvio della decisione sui giudici a mercoledi’. Ieri l’ex primo ministro aveva minacciato di lasciare il governo se oggi non si fosse deciso di rimettere i giudici al loro posto. Tra Sharif e Zardari c’e’ un accordo scritto che prevede il reintegro dei giudici 24 ore dopo l’uscita di scena di Musharraf. Mentre non c’e’ nessuna obiezione sul reintegro dei magistrati, che sara’ richiesto da una mozione all’assemblea nazionale presentata lunedi’ prossimo e votata mercoledi’, il problema riguarda Iftikhar Chaudhry, il capo della Corte suprema diventato il simbolo, lo scorso ano, della lotta a Musharraf. Sharif lo vorrebbe subito reintegrato, mentre il Ppp vorrebbe limitarne i poteri e riammetterlo dopo un cambio costituzionale. La paura di Zardari e’ che il giudice Chaudhry possa cancellare alcune ordinanze di Musharraf, come quella che ha permesso a lui e alla moglie Benazir Bhutto di rientrare in Pakistan senza essere giudicati e condannati. Per Chaudhry si profila la prospettiva di un ruolo onorifico. Ma su tutto grava l’ombra del terrorismo. Ieri l’attentato che ha fatto 70 vittime, oggi 11 militanti taleban sono stati uccisi dalle forze dell’esercito pachistano ad Hangu, nei pressi della Kurram Agency, nel nord-ovest del paese ai confini con l’Afghanistan. L’esercito ha intimato l’alt a due veicoli che pero’ non si sono fermati. Il conflitto a fuoco, ha provocato lo scoppio delle due vetture che, secondo l’esercito, erano cariche di esplosivo. Il movimento dei taleban pachistani ha fatto sapere di aver inviato kamikaze in tutte le grandi citta’ del paese, pronti a colpire istallazioni civili e militari.
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Il pakistan del dopo Musharraf tra tensioni, incertezze e attentati
Ecco il pezzo uscito nel circuito dell’Ansa ieri.
Si apre tra sangue, instabilita’ e incertezza il dopo Musharraf. All’indomani dell’annuncio delle dimissioni da parte dell’ex presidente pachistano Pervez Musharraf, i due principali partiti, la Lega musulmana pachistana-N dell’ex primo ministro Nawaz Sharif e il Ppp del vedovo della Bhutto, Asif Ali Zardari e di suo figlio Bilawal, si trovano ad affrontare un momento di impasse, divisi su questioni politiche di fondo e incapaci, almeno sinora di trovare una soluzione o quantomeno un compromesso. Quella di oggi e’ stata una giornata di riunioni fiume che pero’ non hanno portato a nulla. Sullo sfondo un paese agitato dall’imperversare dei terroristi specie nelle zone di confine e scosso da continui attentati. L’ultimo oggi, quando oltre venti persone sono rimaste uccise per l’esplosione di un ordigno nell’ospedale di Dera Ismail Khan, nel Pakistan nord occidentale, al confine con le zone tribali. L’ordigno e’ esploso quando un gruppo di persone si e’ riunito nei pressi dell’ospedale per protestare per l’uccisione di un leader sciita che era poco prima stato colpito a morte e che era stato trasportato proprio in quell’ospedale. E ieri notte almeno venti militanti islamici sono stati uccisi in scontri con le forze di sicurezza pachistane a Bajur, roccaforte dei taleban ai confini con l’Afghanistan. L’attentato di oggi e’ stato rivendicato dal portavoce locale dei Taleban, Maulvi Umer, che ha detto che attacchi suicide del genere continueranno fino a quando non smetteranno le operazioni dell’esercito pachistano nello Swat e in altre aree della North West Frontier Province, la provincia di nord ovest al confine con l’Afghanistan. Sul versante politico non si trova un accordo su problemi quali la restaurazione dei giudici deposti proprio da Musharraf e il destino di quest’ultimo, e l’elezione del suo successore. Per questo ruolo, da un lato sembra che il candidato ideale possa essere Nawaz Sharif, ma dall’altro il Ppp non pare disposto a cedere, come ieri ha ribadito Bilawal Bhutto. In gioco anche un esponente della Nwfp, per tentare di tenere unito il paese, e la sorella di Zardari, che ha preso il posto di Benazir Bhutto in parlamento. Le divergenze maggiori sembra siano sulla questione dei giudici rimossi da Musharraf. La lega pachistana musulmana-N vorrebbe che i giudici tornassero al proprio posto subito, senza ulteriori indugi e senza troppe formalita’ mentre il Ppp di Asif Ali Zardari propenderebbe per una procedura diversa, seguendo la costituzione. Zardari e’ infatti piu’ cauto, preoccupato forse anche dell’eventuale rientro del giudice Chaudry, oppositore di quel Nro (National Reconciliation Order) che aveva permesso proprio alla Bhutto e a Zardari di tornare in Pakistan. L’incertezza politica, la mancanza di un solido terreno comune, rende dunque il paese estremamente fragile, in cui restano dubbi anche su quello che sara’ il futuro di Musharraf. Mentre dall’Arabia Saudita giunge una smentita che l’ex presidente starebbe per trasferirsi a Gedda, il Daily Telegraph ha oggi affermato che corrono voci che potrebbe essere proprio Londra la prossima destinazione di Musharraf. Intanto non e’ ancora chiaro se all’ex presidente verra’ o meno concessa l’immunita’ o se dovra’ comunque affrontare un processo per tradimento. Anche su questo non vi e’, a quanto pare, ancora consenso. Stamane un gruppo di parlamentari ha chiesto che Musharraf affronti un ”processo chiaro e trasparente” e che non lasci il paese. Ipotesi questa non appoggiata dai sostenitori dell’ex presidente, i membri della lega pachistana-Q, e in parte forse anche dal Ppp, che propenderebbe per lasciare la decisione finale su Musharraf al parlamento. Mentre continuano i festeggiamenti per le strade per le dimissioni di Musharraf, un sondaggio ha rivelato che il 67% dei pachistani sono contenti che il generale-presidente Musharraf sia andato via, e il 65% lo vorrebbe sotto processo. (ANSA)
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Musharraf abbandona, paese volta pagina
Ecco il pezzo uscito ieri sera nel circuito Ansa.
Dopo nove anni di ‘regno’, il presidente pachistano Pervez Musharraf ha rassegnato oggi le dimissioni ed ha lasciato il palazzo presidenziale, travolto da una serie di accuse di corruzione e scandali politici. “Abbandono nell’interesse supremo del paese”, ha detto stamani l’ex generale, 65 anni, alla fine di un discorso alla nazione, che è stato salutato per le vie di Islamabad e di altre città pachistane da canti, danze e manifestazioni di gioia da parte dei sostenitori della coalizione di governo, vincitrice delle elezioni politiche del febbraio scorso. La decisione di gettare la spugna, nonostante le smentite dei più stretti collaboratori dell’ex presidente fino a poco prima dell’inizio del discorso, era nell’aria oramai dal 7 agosto scorso, da quando i partiti vittoriosi nelle elezioni politiche, con in testa il Partito del popolo pachistano (Ppp) e la Lega Musulmana Pachistana-N, avevano- annunciato che avrebbero iniziato una procedura di impeachment nei confronti del presidente, accusato di gravi reati contro la costituzione. Le dimissioni di Musharraf, salito al potere nel 1999 con un incruento colpo di stato e per anni indispensabile alleato degli stati Uniti nella guerra contro il terrorismo internazionale, lasciano molti interrogativi sul tappeto, anche a causa della fragilità della coalizione di governo e dell’assetto interno del paese, che deve fronteggiare una continua minaccia terroristica. E giungono nel giorno in cui i partiti di Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, e di Nawaz Sharif, ex primo ministro, avevano intenzione di presentare il dossier con i capi d’accusa e le motivazioni della richiesta di impeachment nei confronti del presidente. Alla notizia delle dimissioni, sia Nawaz Sharif che Asif Ali Zardari, hanno parlato di “vittoria del popolo”. E il giovane figlio di Zardari, Bilawal, presidente del Partito del popolo pachistano e indicato da sua madre, Benazir Bhutto, come suo erede politico, arrivato proprio oggi a Karachi, ha esultato. ” Il maggiore ostacolo alla democrazia è stato rimosso – ha affermato parlando da presidente del partito – Sono molto orgoglioso del mio popolo e del mio paese. Il giorno dopo l’uccisione di mia madre dissi che la democrazia è la migliore vendetta. Oggi ne sono ancora più convinto. Nel suo discorso d’addio Musharraf si è soffermato molto sulle accuse mossegli, in particolare quella di aver intascato finanziamenti Usa destinati alla lotta al terrorismo. “Non una sola accusa contro di me potrebbe essere provata – ha scandito – perché non ho fatto nulla per me, ma tutto per il Pakistan”. E ha vantato numerosi successi raggiunti dal Pakistan durante il suo mandato: “il Pakistan era percepito nel mondo intero come uno stato terrorista – ha aggiunto – ma io ho aiutato a cambiare la percezione del Pakistan nel mondo, favorendo due elezioni, raggiungendo importanti obiettivi, migliorando l’economia. Ho preso in mano il paese mentre stava cadendo nelle mani dei terroristi… La stessa imposizione della legge marziale ha aiutato la crescita del Pakistan”. Sul Pakistan del dopo-Musharraf si profilano nubi. La coalizione di governo è instabile. Il PPP rimane fermo sulle sue posizioni e il partito di Sharif è da maggio fuori dall’esecutivo. Sia Zardari che Sharif aspirano alla carica presidenziale, da oggi e per i prossimi trenta giorni, nelle mani del presidente del Senato Muhammadmian Soomro. A complicare le cose, anche il ritorno di Bilawal Bhutto, molto amato dal popolo, ma ancora giovanissimo, compirà 20 anni il prossimo 21 settembre. Per tutta la sera, fino a notte, si é tenuta una riunione fiume dei due maggiori partiti per disegnare il futuro assetto del Pakistan, che non ha portato ancora a nulla. Sul tavolo, il reintegro in carica dei giudici esautorati da Musharraf e il ripristino della costituzione del 1973, che era stata emendata in direzione fortemente presidenziale dall’ex generale. Secondo le indiscrezioni di stampa pachistana, a convincere Musharraf a dimettersi si sarebbero dati molto da fare i servizi segreti sauditi, che gli avrebbero assicurato un’uscita di scena onorevole. Un aereo militare saudita è da qualche giorno a Rawalpindi, dove risiede Musharraf, e sarebbe pronto a portarlo a Gedda. Gli stessi emissari sauditi avrebbero ottenuto che il presidente non venga processato. (ANSA).
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Musharraf, un profilo
Un mio profilo di Musharraf apparso oggi su Il Mattino.
Da nove anni padre-padrone assoluto del Pakistan, l’ex generale Pervez Musharraf è stato sempre considerato un uomo forte all’interno dello scacchiere orientale. Fautore di una stretta alleanza con gli Stati Uniti, che gli ha causato non pochi problemi di terrorismo interno per le proteste di militanti islamici vicini, negli ultimi anni, alle posizioni dei terroristi fondamentalisti e dei talebani, Musharraf ha saputo tessere buoni rapporti all’estero, che hanno portato anche alla ripresa dei rapporti con l’India. La sua capacità e i “successi” in campo internazionale, però, non sono stati bilanciati da una capacità di gestione del paese che, invece, è passato da una democrazia ad una quasi dittatura, con un capo dello stato affermatosi con un colpo di stato (nel 1999) e rieletto “democraticamente” il 6 ottobre scorso. Gli oppositori politici lo accusano di aver militarizzato il paese: non a caso l’ex generale capo dell’esercito, carica che ha tenuto per se unitamente a quella di presidente per anni, aveva trasferito anche la sua residenza ufficiale da Islamabad a Rawalpindi, sede dell’esercito. Proprio la forza nei confronti del fragile assetto democratico del paese gli sono costati il ruolo e lo hanno costretto all’esilio. Il generale nato a New Delhi 65 anni fa, infatti, nel novembre scorso, all’indomani della sua rielezione, decise di dichiarare lo stato di emergenza in Pakistan, sciogliere le camere, concentrare in se tutto il potere, dopo aver già dismesso giudici ostili, tra i quali quell’Iftikhar Chaudry, capo della corte suprema, che avrebbe dovuto decidere sull’ìeleggibilità di Musharraf e che per la sua detenzione agli arresti domiciliari, dove si trova da oltre un anno. Non solo: Musharraf si affrettò a cambiare la costituzione promulgata nel 1973, emendandola nel senso di concedersi più poteri, conferendosi il diritti di sciogliere le camere e dimettere il primo ministro. Un pungo duro che aveva usato anche per reprimere azioni terroristiche interne, come quella che nel luglio dell’anno scorso portò l’esercito ad aprire il fuoco contro gli studenti e i talebani asserragliati nella moschea rossa di Islamabad facendo oltre 100 vittime. Sicuro di tenere in mano il potere, il presidente mise un suo uomo a capo dell’esercito e continuava a gestire l’ISI, il terribile servizio segreto pachistano, accusato, tra l’altro, di essere dietro alla morte dell’ex primo ministro Benazir Bhutto e, recentemente, alle bombe all’ambasciata indiana di Kabul. Con la stessa sicurezza affrontò le elezioni di febbraio dell’anno scorso che lui stesso aveva indetto su pressioni internazionali, in primis quelle dell’alleato americano, che però, grazie anche all’onda emotiva seguita all’attentato fatale che colpì Benazir Bhutto, furono vinte dal partito del popolo pachistano della Bhutto mentre la sua Lega Pachistana Musulmana-Q subì una sonora sconfitta. Da allora, la sua parabola è andata discendendo. Nonostante si fosse prodigato per far tornare in patria la Bhutto e Zardari, suo marito, questi, su pressioni del nemico giurato di Musharraf, Nawaz Sharif (lo stesso che, primo ministro, nel 1999 fu mandato all’esilio in seguito al colpo di stato del generale), suo alleato di governo, ha fatto di tutto per cacciarlo, minacciando l’impeachment e accusandolo, tra l’altro, di aver sottratto fondi dagli aiuti statunitensi alla lotta al terrorismo. Fondi che sarebbero serviti anche a rintracciare quell’Osama Bin Laden che, da quando è cominciata la sua latitanza, si dice essere nelle montagne pachistane ai confini con l’Afghanistan. Circostanza che Musharraf ha sempre rinnegato, soprattutto per tenere buono l’alleato americano il quale, però, alla prima occasione gli ha parzialmente girato la faccia, concedendo all’India e non al Pakistan forniture nucleari civili. Dimostrazione, questa, secondo analisti, del fatto che comunque gli USA sapevano di avere in Musharraf un alleato scomodo ma necessario, vista la posizione strategica del paese. Ora per lui pare si prospetti un futuro in Arabia Saudita, a Gedda, la stessa città (e pare lo stesso palazzo) che ospitò il suo rivale Nawaz Sharif.
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Musharraf si è dimesso
Il presidente del Pakistan, Pervez Musharraf, si e’ dimesso al termine di settimane di accuse e speculazioni sul suo futuro politico. In un discorso alla nazione il presidente ex generale ha detto che presenta le sue dimissioni ”nell’interesse della nazione”. Il presidente, al quale si prospetta secondo fonti di stampa pachistane un futuro da ospite d’onore a Jedda in Arabia Saudita, ha rigettato tutte le accuse rivoltegli dal governo e che sarebbero sfociate in questa settimana in un copioso dossier che sarebbe servito da base per la procedura di impeachment. ”Dopo aver soppesato la situazione e ascoltato i pareri di diversi consiglieri di diritto e alleati politici, ho deciso di dimettermi”, ha detto Pervez Musharraf nel discorso alla nazione. Il presidente alla fine si e’ commosso. Musharraf ha chiesto ai suoi elettori di sostenere la sua decisione e ha detto che sara’ la storia a giudicarlo, spiegando che aveva gia’ lasciato da generale per far evolvere la democrazia nel paese. Musharraf, che non sara’ sottoposto a nessun processo, ha anche detto che ”il Pakistan perdera’ se l’impeachment sara’ portato avanti”, spiegando che il suo paese ”sta soffrendo a causa di vendette politiche”. L’ex presidente, che ha annunciato che presentera’ la lettera ufficiale stesso oggi al presidente dell’assemblea nazionale, ha ribadito di avere avuto come ”solo interesse quello di restaurare e de evolvere la democrazia, rafforzando il processo democratico nel paese”. Il presidente ha anche giustificato la decisione della legge marziale, affermando che ”ha aiutato la crescita del Pakistan”. Per Musharraf, inoltre, ”il Pakistan era percepito nel mondo intero come uno stato terrorista ed io ho aiutato a cambiare la percezione del Pakistan nel mondo, favorendo due elezioni, raggiungendo importanti obiettivi, migliorando l’economia. Ho preso in mano il paese mentre stava cadendo nelle mani dei terroristi”. Musharraf ha chiuso accusando i ”traditori che stanno rovinando il paese colpendo me”.
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Domani ultimo giorno per Musharraf?
Si fa sempre piu’ difficile e incerta la posizione del presidente pachistano, Pervez Musharraf che pare essere arrivata ad un punto finale. Mentre il paese si appresta a festeggiare domani il giorno dell’indipendenza, il destino del generale e’ ancora tutto da decidersi. Oggi anche l’assemblea della Provincia del Sindh ha deciso di approvare la risoluzione per chiedere al Presidente pachistano di presentarsi al Parlamento a chiedere la fiducia, seguendo l’esempio dell’assemblea del Punjab e di quella della NWFP (North West Frontier Province) che avevano votato una risoluzione simile nei giorni scorsi. La decisione della Provincia del Sindh costituisce un ulteriore passo avanti verso l’impeachment. Manca infatti ora solo la decisione della quarta provincia, quella del Beluchistan, che potrebbe arrivare anche entro la fine di questa settimana. Se anche il Beluchistan dovesse votare la risoluzione, l’Assemblea Nazionale, il parlamento pachistano, potrebbe riunirsi e votare l’impeachment a meta’ della settimana prossima. Gia’ ieri il Ministro federale dell’informazione, Sherry Rehman, aveva fatto sapere che la mozione di impeachment sarebbe stata presentata, con molta probabilita’, la prossima settimana, e che l’attuale coalizione di maggioranza, guidata da Asif Ali Zardari, vedovo di Benazir Bhutto e co-presidente del PPP, puo’ gia’ ora contare sui numeri necessari, un terzo dei parlamentari, per mandare a casa Musharraf. Quello che pesa di piu’ politicamente nel voto anti Musharraf delle provincie, e’ soprattutto il fatto che molti alleati del presidente, tra i quali l’ex ministro Sherpao, hanno votato contro di lui, decidendo di appoggiare la risoluzione che chiede il voto di fiducia e quindi l’impeachment. Lo stato di accusa sembra dunque ormai quasi inevitabile, salvo eventuali colpi di scena. Uno dei quali potrebbe essere rappresentato dalla decisione di Musharraf di dimettersi. Nonostante fino a ieri il presidente pachistano avesse ripetutamente fatto sapere tramite il suo portavoce di non avere alcuna intenzione di rassegnare le dimissioni (il presidente voleva andare alla conta dei parlamentari sperando di passare indenne l’impeachment come gli capito’ nel 2002), alcuni giornali pachistani, tra cui The Daily Times, stamattina riportavano la notizia secondo la quale Musharraf avrebbe deciso di cedere, dimettendosi subito dopo il giorno dell’indipendenza. I giornali del paese islamico, con notizie riprese anche dalla maggior parte della stampa e delle televisioni locali indiane, hanno precisato che al presidente pachistano sarebbe stata in questo caso garantita una ”uscita di scena senza conseguenze” e hanno aggiunto che Musharraf avrebbe chiesto solo di poter fare un discorso alla nazione. Ipotesi questa smentita pero’ solo poche ore dopo dal suo portavoce, Rashid Qureshi. ”La stampa pachistana – ha detto Qureshi – spesso sogna delle cose e poi scrive su di esse. Non c’e’ nulla di vero”. Qureshi non ha pero’ detto nulla, almeno sinora, sulle reali intenzioni di Musharraf. Oltre alla via delle dimissioni e a quella di difendersi dimostrando la sua innocenza in caso di impeachment (soluzione per la quale propenderebbero i suoi sostenitori), a Musharraf resterebbe ancora una terza possibilita’. Come presidente ancora in carica, ha il potere costituzionale di sciogliere il Parlamento, ma una simile decisione potrebbe risultare controproducente e minare ancor di piu’ la sua immagine pubblica gia’ compromessa e comunque richiederebbe il forte appoggio dell’esercito, un appoggio su che probabilmente non e’ piu’ sicuro di poter contare. Intanto, a dimostrazione che il governo non riconosce piu’ il suo ruolo, la residenza del presidente Musharraf non ospitera’ il ricevimento di domani in occasione della festa dell’indipendenza, ricevimento che sara’ ospitato dal primo ministro Gilani.
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Zona calda, quella Pakistana!
Spirano venti di incertezza, tensioni politiche e paura in queste ore in Pakistan, incendiato da diversi focolai. Oggi a Peshawar, capitale del Nwfp (North west frontier provice, al confine con l’Afghanistan) tredici persone sono rimaste uccise quando un autobus dell’aeronautica pachistana (Paf) e’ stato colpito da un ordigno esplosivo mentre percorreva un ponte nella zona di Kohat Road. Nessun gruppo ha rivendicato l’attentato ma questo genere di attacchi sono solitamente attribuiti, dalle autorita’ locali, ai gruppi taleban locali. Sempre nell’area frontaliera continuano gli scontri tra militanti e forze di sicurezza pachistane nella regione tribale di Bajaur, ai confini con l’Afghanistan, ritenuta una delle basi operative di Al Qaida, dove in poco piu’ di una settimana hanno perso la vita oltre 160 persone. E si e’ saputo in mattinata che in uno di questi scontri avvenuti nei giorni scorsi, ha perso la vita uno dei leader di Al Qaida, Abu Said Al Masri, vicino ad Al Zawahiri e da molti ritenuto la terza figura piu’ importante nell’organizzazione terroristica di Bin Laden. Comandante delle operazioni di al Qaida in Afghanistan, Al Masri era un egiziano che ha passato del tempo in prigione insieme al numero due di al Qaida Ayman al Zawahri, dopo l’assassinio del presidente egiziano Anwar Sadat nel 1981. Prosegue intanto la querelle che vede opposti da un lato il presidente Pervez Musharraf e i suoi sostenitori, e dall’altro i partiti della coalizione di maggioranza (con in testa il co-presidente del Partito del Popolo Pachistano Ali Asif Zardari, vedovo di Benazir Bhutto, e Nawaz Sharif, ex primo ministro rientrato dall’esilio) in un braccio di ferro che potrebbe – ma non e’ detta l’ultima parola – portare alla destituzione ufficiale di Musharraf. Dopo quella del Punjab, con 107 voti a favore e 4 contrari, anche l’Assemblea della NWFP ha deciso di approvare una risoluzione anti-Musharraf, chiedendo quindi al presidente di presentarsi al parlamento a chiedere la fiducia. Un altro passo in avanti verso l’impeachment, anche se la strada e’ ancora lunga. Oggi il Ministro Federale per l’Informazione, Sherry Rehman, secondo quanto riportato dal giornale ‘The News’, ha fatto sapere che di fatto la presentazione del lungo dossier contenente le accuse contro Musharraf e la votazione sull’impeachment, potrebbe aversi solo la prossima settimana, dovendo prima attendersi la decisione della provincia del Sindh (che pero’ stando ad alcuni giornali pachistani potrebbe arrivare forse gia’ domani). Il ministro Rehman ha anche aggiunto che la coalizione di maggioranza ha i numeri necessari per votare l’impeachment e che le accuse a Musharraf sono gravissime, ma che comunque gli verra’ data ampia possibilita’ di difendersi. Intanto Asif Ali Zardari, in una intervista alla televisione pachistana Geo Tv, pur ribadendo la sua convinzione di ricorrere all’impeachment, ha parzialmente ritirato l’accusa al presidente pachistano di essersi indebitamente appropriato di fondi concessi dagli Usa al Pakistan per la lotta al terrorismo, dicendo che ”le sue parole, tratte da una intervista concessa al giornale britannico Sunday Times, sono state estrapolate inadeguatamente dal contesto del discorso e che e’ prematuro fare simili affermazioni”. Ma non e’ solo la regione di confine con l’Afghanistan a turbare il sonno in Pakistan. Il ministro degli Esteri pachistano, Makhdoom Shah Mahmood Qureshi, ha espresso profonda preoccupazione per le recenti tensioni fra indu’ e musulmani nello stato indiano del Jammu e Kashmir che hanno causato, nella sola giornata di oggi, 14 morti, il coprifuoco nella capitale Srinagar in seguito all’uccisione ieri di un leader politico, affermando che se la violenza nella valle persiste ci saranno conseguenze negative anche sullo sviluppo dei negoziati di pace tra India e Pakistan sulla questione del Kashmir. Una affermazione che sembra non essere molto piaciuta all’India che si e’ affrettata a invitare il Pakistan a ”non interferire nelle sue questioni interne”. (ANSA).
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