Chi atterrasse oggi in India sarebbe accolto da luci, fuochi d’artificio, vetrine illuminate, traffico impazzito, scambi di doni. Non è una anticipazione del Natale o del Capodanno occidentale, ma la festa di Diwali, la più importante per gli indiani.
Diwali (o deepvali, diwaali, dewali) è la Festa delle Luci, che si celebra ogni anno tra ottobre e novembre a seconda del calendario lunare. E’ associabile al nostro Capodanno e viene celebrato per motivi religiosi differenti nel nord e nel sud dell’India.
Nel nord segna il Capodanno e celebra il ritorno del leggendario re Rama a Koshala (Ayodhya) da una campagna militare in cui aveva ucciso il re-demone Ravana. Nel Sud dell’India, dove si segue il calendario Shalivahana la festa si celebra oggi e ricorda invece l’uccisione del demone Narakasura da parte del dio Krishna.
Soprattutto nel nord, nei giorni che precedono la festa c’é una enorme frenesia di acquisti di regali da scambiare. Non solo: è usanza fra gli indiani rinnovare arredamento, ridipingere e ristrutturare le case. In questi giorni i mercati e i negozi indiani, dal più piccolo al più grande, sono pieni di gente e i giornali e le televisioni invitano agli acquisti con una serie di sconti.
Il consumismo e la crescita economica del paese ha portato negli ultimi anni a sostituire semplici regali, come dolcetti e frutta secca, con elettrodomestici, telefonini e oggetti High Tech.
Ma, come per il nostro Natale, Diwali è anche la festa della famiglia e quindi anche il momento nel quale gli indiani da tutto il mondo tornano a casa per incontrare i parenti: trovare in questi giorni un posto in aereo o in albergo è impossibile.
Mi scuseranno i miei amici nepalesi se con ritardo auguro loro Buon Anno Nuovo 2066. A causa delle elezioni indiane non si è capito niente e io mi sono dimenticato di festeggiare per loro.
BUON 2066
Già perchè in Nepal sono avanti su tutto (Niki, era una battuta…) per cui sono 57 anni avanti a noi e l’anno comincia secondo il calendario lunare, intorno al 13 o 14 del nostro aprile, corrispondente al primo del mese di Baisakh nel calendario nepalese. Quest’anno il primo giorno dell’anno nepalese è stato il nostro 14 aprile, festeggiato con tutti gli onori, i carri, le feste…
Però, poichè le cose così sono troppo semplici, i newari, che sono una etnia numerosa soprattutto nella valle di Kathmandu, festeggiano il capodanno intorno alla festa di Diwali, (o Deewali, Deepawali, Tihar) che capita nel mese di Kartik (ottobre-novembre). I Newari hanno un calendario che è 880 anni indietro rispetto a quello gregoriano per cui ci troviamo nel 1128. Che casino
Chi atterrasse stasera in India sarebbe accolto da luci, fuochi d’artificio, vetrine illuminate, traffico impazzito, scambi di doni. Non è una anticipazione del Natale o del Capodanno occidentale, ma la festa di Diwali, la più importante per gli indiani.
Diwali (o deepvali) è la Festa delle Luci, che si celebra ogni anno tra ottobre e novembre a seconda del calendario lunare. E’ associabile al nostro Capodanno e viene celebrato per motivi religiosi differenti nel nord e nel sud dell’India.
Nel nord segna il Capodanno e celebra il ritorno del leggendario re Rama a Koshala (Ayodhya) da una campagna militare in cui aveva ucciso il re-demone Ravana. Nel Sud dell’India, dove si segue il calendario Shalivahana la festa si celebra oggi e ricorda invece l’uccisione del demone Narakasura da parte del dio Krishna.
Soprattutto nel nord, nei giorni che precedono la festa c’é una enorme frenesia di acquisti di regali da scambiare. Non solo: è usanza fra gli indiani rinnovare arredamento, ridipingere e ristrutturare le case. In questi giorni i mercati e i negozi indiani, dal più piccolo al più grande, sono pieni di gente e i giornali e le televisioni invitano agli acquisti con una serie di sconti.
Il consumismo e la crescita economica del paese ha portato negli ultimi anni a sostituire semplici regali, come dolcetti e frutta secca, con elettrodomestici, telefonini e oggetti High Tech.
Ma, come per il nostro Natale, Diwali è anche la festa della famiglia e quindi anche il momento nel quale gli indiani da tutto il mondo tornano a casa per incontrare i parenti: trovare in questi giorni un posto in aereo o in albergo è impossibile.
Noi lo abbiamo festeggiato ieri sera con la nostra famiglia allargata, siamo andatio a casa di Preem, il fratello di Anil, siamo stati con lui, la moglie e i due figli, un nipote che fa l’attore a Bollywood, Sandra e Anil. Menu rigorosamente indiano: dhal, chapati, roti, nan, paneer, tandoori chicken, fish tika e gli spettacolari gamberi di Sandra, il tutto annaffiato da birra Kingfisher.
“…mia cara madre, sta pe’ trasì Natale e a sta luntane chiu me pare amara… ‘E figlie mie facitele ‘o presepe, e a tavola mettito ‘o piatt mio, facite quann’e a sera ra’ vigilia, comme si mmiez a vvuie stess pur’ie.. E ‘nce ne costa lacrime chest’Inda a nuie napulitane a nuie ca ce chiagnimm ‘o ciel ‘e Napule, comm’è amaro stu ppane…”
Così racconta il Natale dell’emigrante il grande e compianto Mario Merola. E per me è stato un po’ così. Ditemi che sono setimentale, che sono arcaico,ma per me il Natale è in famiglia. E non solo: Natale per me non è tale senza il cenone con vongole, capitone, baccalà fritto, insalata di rinforzo, roccocò, susamielli, struffoli e altro.
Dovrò rimandare a Capodanno.
Devo dire che gli amici che ci hanno ospitati per la cena della vigilia ci hanno fatto sentire quasi come a Napoli. I De Benedictis, amici siciliani, hanno preparato infatti un cenone di spaghetti ai porpetielli, calamaretti alla brace, gamberoni alla brace, aragosta alla brace e dolci vari. Anche Anna Chiara si è fiondata sull’aragosta, scartando con una mossa che farebbe impallidire Lavezzi, i suoi omogeneizzati.
Ovviamente dopo, immancabili canzoni di Natale e i bambini che a squarciagola hanno intonato Supersantos di Tony Tammaro, divenuta oramai l’inno dei bambini italiani in India, che potete ascoltare qui.
Una serata simpatica, con tanta gente, abbiamo scartocciato i regali. Ad Anna Chiara abbiamo regalato un giochino musicale che abbiamo scoperto poi, aveva come base musicale Funiculì Funiculà in inglese. Quando si dice ‘o core ‘e Napule!
Il 25 è stato il giorno della messa in Italiano. L’ha celebrata Padre Dino Colussi, un sacerdote salesiano del Friuli, in India da oltre 60 anni, con un bagaglio di conoscenze, con storie, aneddoti, che farebbero invidia a tutti. Un uomo incredibile: 12 fratelli, di cui diversi sacerdoti e quattro missionari in India. Lui è l’ultimo, e il primo fratello missionario non l’ha mai conosciuto, essendo quello morto di tifo in India prima del suo arrivo.
La messa, alla quale ha partecipato un sacco di gente, l’abbiamo celebrata alla chiesa di San Domenico vicno casa nostra. Io e Nuccia abbiamo suonato e i bambini hanno dato il meglio di loro con i canti natalizi.
Al termine della messa, pranzo con padre Dino e altre quattro famiglie a casa di amici fiorentini, i Messeri. Devo dire che all’idea di mangiare la lasagna il giorno di Natale mi si era arriccitao un po’ il naso. Ma la lasagna di Elena era davvero buona e mi ci sono buttato a capofitto. Dopotutto, allo stomaco non si comanda, isn’t it? Inutile dire che era tutto perfetto, come solo Leo e Chiara sanno fare.
A casa abbiamo fatto anche l’albero e il presepe, l’essenziale. L’albero lo abbiamo trovato due anni fa qui a Delhi, oramai tutti vendono queste cose “occidentali”. Il presepe lo abbiamo comprato da una ONG che si occupa di bambini poveri, che realizzano queste statuette in cartapesta.
Oramai, a parte i prodotti che non trovo come ho detto sopra, e la mancanza dei botti, anche qui fanno Natale. Luci, alberi, presepi, stelle, palline colorate. Quelli che sono i segni di un Natale tipicamente occidentale stanno invadendo le strade di Delhi, Mumbai e delle altre grandi città indiane in questi giorni prenatalizi.
Sono molti i negozi che espongono prodotti e addobbi natalizi, e sono presi d’assalto no solo dagli occidentali o dai cristiani indiani, ma da moltissimi appartenenti alla middle class del paese di Gandhi che, pur non avendone tradizione, vogliono abbellire la loro casa nel periodo delle feste con albero e luminarie.
Anche i mendicanti si sono attrezzati: se durante tutto l’anno vendono giornali o stracci per pulire l’auto, dagli inizi di dicembre cercano di piazzare agli automobilisti fermi ai semafori, cappellini e maschere di babbo natale.
Il mio amico Padre Babu Joseph, che è il portavoce della conferenza episcopale indiana, mi ha detto che Natale è riconosciuto in questo paese come la più grande festa dei cristiani, anche persone appartenenti ad altre religioni lo riconoscono come tale e partecipano alle celebrazioni. Cinque anni fa partecipavano alle funzioni di Natale nella cattedrale di Delhi 20-30 mila persone. L’anno scorso, circa 200 mila persone ci sono andate, il 90% di queste appartenevano ad altre religioni.
Ma la simpatia verso il Natale non fa cessare le violenze dei fondamentalisti hindù contro la comunità cristiana. Nel solo 2007 si sono registrati 280 casi, ma la stima è sottovalutata perché non tutti denunciano. Chiese e scuole distrutte, sacerdoti e suore aggrediti e picchiati. In quella che viene descritta come la più grande democrazia del mondo, l’esempio di Gandhi, padre della patria, è ormai andato perso, e i cristiani sono vittime predestinate dei fondamentalisti hindu che vogliono un’India esclusivamente induista. Ne è esemèpio quello che è successo in Orissa.
Il brutto è che il Natale amplifica i contrasti di questo paese. Per fare i regali, siamo andati in un grande centro commerciale, all’americana, bellissimo, con un grande albero, con le renne, commessi con i cappellini di Babbo Natale, ricchi indiani che acquistavano. Appena usciti, niente strade, poveri per le strade, gente senza nulla, neanche speranza.
Federico Rampini, dovrebbe farsi un giro da queste parti.