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Tre attentati nella stessa mattina in Pakistan

Giornata di attentati nella parte settentrionale del paese. Nel primo, sette persone sono state ucciso da un kamikaze che si e’ fatto epslodere nei pressi della base dell’aeronautica pachistana a Kamra, nella provincia del Punjab pachistano, nella parte nord orientale del paese. L’attentato e’ avvenuto a pochi metri dal Pakistan Aeronautical Complex, una delle piu’ importanti basi dell’aviazione di Islamabad, nella quale e’ ospitato anche l’Air Weapon Complex, un centro dove si ritiene vengano conservate e assemblate testate nucleari. Secondo le informazioni, il kamikaze a bordo di una bicicletta, e’ stato bloccato da un posto di guardia mentre tentava di entrare nella base, che e’ la piu’ grande del paese in termini di parcheggio di aerei e manutenzione degli stessi. La presenza di testate nucleari nella base non e’ confermata dai vertici di Islamabad, ma e’ rivelata da esperti militari e osservatori sia pachistani che stranieri. Due agenti sono tra le vittime, mentre sono 13 i feriti. La base era stata gia’ attaccata nel dicembre del 2007, quando una autobomba si fece esplodere contro un autobus che trasportava bambini e aviatori. Cinque furono le vittime. L’attentato ha fatto rialzare la preoccupazione per la sicurezza dei siti nucleari pachistani, allarme lanciato dalla comunita’ internazionale, Stati Uniti in testa. Dopo qualche ora, un’auto e’ esplosa a Peshawar, il capoluogo della Provincia Frontaliera di Nord Ovest ai confini con l’Afghanistan, nel settore 2 del quartiere di Hyatabad. L’auto era esplosa dinanzi ad un ristorante e l’esplosione ha ferito dieci persone. C’e’ stata anche una sparatoria. Infine nel distretto di Mohmand, nel nord ovest del paese, un autobus con i partecipanti ad un matrimonio e’ esploso su una mina, facendo 18 morti. Per tutti e tre gli attentati, la polizia punta il dito contro i talebani, verso i quali e’ in corso una massiccia offensiva dell’esercito pachistano nel distretto del Sud Waziristan, sempre nella parte occidentale del paese.

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Offensiva antitalebana e attentato all’universita’

Continua l’offensiva antitalebana dell’esercito pachistano nel nord ovest del paese, nella regione del Sud Waziristan ai confini con l’Afghanistan, e tornano le bombe a Islamabad. Nel pomeriggio, due attentatori suicidi si sono fatti esplodere all’Università islamica della capitale pachistana facendo almeno sette vittime (cinque secondo altre fonti). Erano circa le 15.15 quando il primo kamikaze si è fatto esplodere nella caffetteria della sezione femminile, il secondo, a distanza di un minuto, nel campus della facoltà maschile di legge. Oltre 30 i feriti, la maggior parte donne, alcuni dei quali in gravi condizioni. Da qualche giorno si era diffuso il timore, in tutto il paese di attentati contro istituzioni scolastiche. In mattinata, la polizia aveva disinnescato due bombe in una scuola femminile a Peshawar, nel nord ovest del paese. Molte scuole da ieri erano chiuse proprio per timore di bombe, altre, in tutto il Pakistan, hanno annunciato oggi la chiusura per sette giorni. Anche se non c’é stata nessuna rivendicazione, la concomitanza con l’offensiva antitalebana nel nord ovest e soprattutto la circostanza che la maggior parte delle vittime sia femminile, fa propendere per una azione dei talebani, abili ad entrare in strutture supercontrollate come l’Università, oggi, e la sede dell’Onu, due settimane fa, dove un attentato fece 5 vittime. I talebani, soprattutto quelli del Therik-e-Taliban Pakistan (Ttp), avevano annunciato attentati in tutto il paese se il governo non avesse richiamato l’esercito. Gli stessi talebani in passato si sono resi responsabili di attentati contro istituzioni scolastiche femminili. L’attentato è stato condannato dal premier Yusuf Raza Gilani e dal presidente Asif Ali Zardari che in serata si sono riuniti per fare il punto sulla situazione di sicurezza nel paese. Entrambi hanno ribadito che l’esercito non tornerà indietro e che le operazioni antitalebane andranno avanti. Sul fronte militare, l’esercito ha annunciato di aver ucciso altri 20 talebani nelle aree di Makeen e Ladha, portando il bilancio ad oltre 100. Tra i soldati, dall’inizio dell’offensiva, ci sono 13 morti, secondo i dati dell’esercito. Continua anche l’esodo dei civili, che sono ora arrivati a 150.000, che però lamentano l’assenza di campi e strutture di accoglienza. Molti hanno trovato rifugio presso parenti ed amici in altre zone, ma sono tanti quelli accampati all’addiaccio. I talebani sono riusciti a conquistare la città di Koktai, che era stata presa ieri dall’esercito pachistano nell’ambito dell’offensiva antitalebana in Sud Waziristan, nella parte occidentale del Pakistan ai confini con l’Afghanistan. Koktai è il luogo di nascita di Hakemullah Mehsud, capo del gruppo terrorista Therik-e-Taliban Pakistan. Dopo la riconquista della città da parte dei talebani, l’aviazione pachistana ha bombardato la zona.

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Continua l’offensiva nel Sud Waziristan e in Pakistan arrivano Kerry e Petraeus

Artiglieria pesante e aerei da guerra stanno aiutando l’esercito pachistano ad avanzare nelle remote ed impervie aree del Sud Waziristan, l’area nord occidentale pachistana ai confini con l’Afghanistan dove da tre giorni e’ in corso una massiccia offensiva anti talebana. I combattimenti, che non si sono fermati neanche durante la notte, sono continuati anche durante la visita a Islamabad del senatore americano John F. Kerry, presidente della commissione Esteri del Senato Usa, per discutere il piano di aiuti americano al Pakistan. A Islamabad oggi sono arrivati anche il generale americano David Petraeus, capo del comando centrale Usa, e del generale Stanley McChrystal, comandante in capo delle forze Usa e Isaf in Afghanistan, per colloqui con i vertici militari pachistani. Kerry ha ribadito al governo pachistano l’impegno degli USA negli aiuti, spiegando che il piano di aiuti americano non intende minare la sovranita’ di Islamabad (come denunciato da parlamentari pachistani) ma solo contribuire allo sviluppo del paese. Gli Stati Uniti hanno infatti deciso di stanziare, fino al 2014, un contributo al governo pachistano di 1,5 miliardi di dollari annuo, triplicando il contributo precedente. Petraeus e McChrystal, incontrando il capo di Stato Maggiore pachistano Kayani, hanno discusso di cooperazione militare fra i due Paesi, ma soprattutto il punto sull’offensiva militare che l’esercito pachistano sta conducendo nel Sud Waziristan, offrendo armi e tecnologie. Sul piano dell’offensiva, sono 18 i talebani uccisi nelle ultime 24 ore, portando cosi’ a 78 il numero totale delle vittime talebane. Un portavoce dell’esercito ha annunciato che i militari hanno trovato molta resistenza nelle zone di Sher Bangai e Koktai, dove si trova il centro di addestramento dei kamikaze talebani. Dopo una strenua battaglia, l’esercito e’ riuscito a conquistare queste due citta’. Forti scontri nei dintorni di Wana, la citta’ di origine di Hakemullah Mehsud, il capo del Therik-e-Taliban Pakistan, il gruppo talebano piu’ cruento. Il capo dell’esercito pachistano, il generale Kayani, ha fatto distribuire dai militari una lettera ai membri della tribu’ dei Mehsud. Nella lettera Kayani spiega che l’offensiva dell’esercito non e’ contro di loro ne’ contro i tribali che hanno da sempre appoggiato l’esercito, ma intende cacciare dall’area i talebani sia pachistani che stranieri. Intanto continua l’esodo dei civili. Secondo fonti governative, quasi 20000 persone hanno lasciato le loro abitazioni oggi per essere ospitati nei campi di accoglienza di Peshawar e Dera Ismail Khan.

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L’India protesta per piano contributi USA a Pakistan

L’India è preoccupata che gli aiuti americani al Pakistan vengano utilizzati per operazioni nei suoi confronti. Lo ha detto a New York il ministro degli esteri indiano S. M. Krishna, dopo l’annuncio del presidente americano Obama che l’amministrazione USA ha deciso di triplicare l’aiuto al Pakistan. Gli Stati Uniti hanno infatti deciso di stanziare, fino al 2014, un contributo al governo pachistano di 1,5 miliardi di dollari. L’annuncio è stato fatto dallo stesso Obama durante la riunione nel palazzo dell’ONU degli “amici del Pakistan democratico”, un gruppo di 26 paesi e organizzazioni internazionali. E’ la prima volta, come ha ricordato Richard Holbrooke, inviato speciale americano per Pakistan e Afghanistan, che il congresso americano approva uno stanziamento al Pakistan che prevede un orizzonte temporale così ampio. Ma lo stanziamento preoccupa l’India. Krishna infatti teme che i soldi vengano utilizzati per attività anti indiane. La preoccupazione deriva da precedenti dichiarazioni dell’ex presidente pachistano Pervez Musharraf che ha rivelato come molti fondi americani siano stati utilizzati in passato per operazioni contro l’India. “Ci auguriamo – ha detto il ministro degli esteri indiano prima di incontrare Hillary Clinton – che il governo americano monitori come il Pakistan utilizzerà questi soldi, affinché vengano spesi solo per gli usi per i quali sono stati stanziati”. New Delhi ha anche protestato perché dalla legge che istituisce il contributo americano a Islamabad, è stata tolta la condizione secondo la quale il territorio pachistano non deve essere usato per attacchi terroristici contro l’India. Clausola cambiata con la “cooperazione del Pakistan con i suoi vicini nella lotta al terrorismo”.

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Illegale l’asta degli oggetti di Gandhi

L’India ha comunicato al governo americano che l’asta nella quale sono stati venduti gli oggetti appartenuti a Gandhi, e’ illegale. Lo riferisce l’agenzia di stampa PTI. Un ufficiale del governo indiano ha risposto a una richiesta del dipartimento di giustizia americano, affermando che l’asta battuta il 6 marzo scorso a New York era illegale in quanto i cinque oggetti appartenuti al Mahatma non erano di proprieta’ del collezionista americano James Otis, ma della fondazione indiana Navjivan Trust, fondata dallo stesso Mahatma Gandhi. Il dipartimento americano della giustizia aveva inviato una richiesta al governo indiano circa gli oggetti di Gandhi, dopo che questi erano stati acquistati dall’industriale indiano Vijay Mallya per 1,8 milioni di dollari. Lo stesso tycoon, che opera nel campo dei liquori e dell’aviazione civile tra gli altri, non ha potuto formalizzare l’acquisto ed entrare in possesso degli oggetti, per questioni legali legate ad essi. Secondo il governo indiano, che ha inviato le risposte al dipartimento americano tramite il ministro degli esteri, trattandosi di oggetti di Gandhi e appartenendo alla fondazione da egli stesso voluta, non possono essere venduti o utilizzati per qualsiasi scopo commerciale. Il collezionista americano Otis aveva deciso di mettere all’asta gli occhiali, il portaocchiali, i sandali, l’orologio da taschino e una ciotola appartenuti al padre della patria indiana. Il governo indiano tento’ di bloccare la vendita degli oggetti e Otis si dichiaro’ disposto a cedere al governo di Delhi gli oggetti se questi si fosse impegnato a investire di piu’ per l’educazione e la salute dei poveri. L’India rifiuto’ e gli oggetti andarono all’asta, nonostante ricorsi al tribunale. Furono acquistati dall’imprenditore indiano che, smenti’ come il ministro della cultura di Delhi aveva detto, di aver comprato gli oggetti di Gandhi per conto del governo.

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Il collezionista vuole indietro gli oggetti di Gandhi

Continua la telenoleva. Il collezionista americano proprietario degli oggetti appartenuti a Gandhi, andati all’asta e comprati da un industriale indiano, ha presentato al tribunale una richiesta per riaverli indietro. Lo riferisce l’agenzia indiana PTI. James Otis, collezionista californiano e attivista dei diritti civili, era proprietario degli occhiali, del portaocchiali, dei sandali e dell’orologio da taschino appartenuti al Mahatma Gandhi. L’uomo aveva deciso di vendere all’asta a New York gli oggetti ed era stato approcciato dal governo indiano che li voleva acquistare direttamente. Il collezionista non li ha venduti al governo perché questi si è rifiutato di impegnarsi a spendere di più per l’educazione e la sanità dei più poveri. Così l’asta si svolse regolarmente e gli oggetti sono stati acquistati il sei marzo dal tycoon indiano Vijay Mallya che, nonostante le dichiarazioni del governo, ha smentito di aver acquistato gli oggetti per conto dell’esecutivo di New Delhi. Oggi Otis, secondo l’agenzia di stampa indiana, avrebbe presentato tramite i suoi legali un esposto alla suprema corte dello stato di New York, per riottenere gli oggetti di Gandhi.

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Vijay Mallya smentisce di aver acquistato gli oggetti di Gandhi per conto del governo

Come volevasi dimostrare, ecco un’altra puntata della telenovela sugli oggetti di Gandhi, un’altra dimostrazione del fatto che l’India da più grande democrazia del mondo sta diventando la più grossa barzelletta dle mondo. Vijay Mallya, il tycoon indiano che ha acquistato all’asta gli oggetti appartenuti al Mahatma Gandhi, ha smentito di essere stato contatto dal governo per fare l’offerta all’asta, come detto dal ministro della cultura di Delhi. Lo ha riferito lo stesso imprenditore dalla Francia, dove si trova in questo momento per affari, e l’intervista e’ stata ripresa dalla televisione indiana IBNLive. ”Sto aspettando di vedere cosa ho comprato e spero che sia piu’ prima che dopo. Non sono stato contattato da nessuno del governo indiano, ma avro’ sempre la soddisfazione morale di aver comprato gli oggetti e regalarli al governo indiano. Non l’ho fatto per nessuna pubblicita’ o benevolenza per me”. La dichiarazione di Mallya arriva poche ore dopo quella ministro della cultura Ambika Soni che aveva detto che il governo indiano aveva spinto l’imprenditore ad acquistare gli oggetti appartenuti al padre della patria, acquisto che sarebbe stato in cooperazione fra Mallya e il governo e che gli emissari dell’uomo d’affari, presenti nella casa d’aste, sarebbero stati in stretto contatto con il governo indiano. Mallya, proprietario di uno dei piu’ grossi gruppi al mondo che opera nel campo degli alcolici, dell’aviazione civile e possiede un team di formula uno, ha pagato gli oggetti del Mahatma Gandhi, 1,8 miliori di dollari ad un’asta di New York. L’imprenditore, il cui nome all’asta e’ stata una sorpresa, ha anche una carriera politica nel partito conservatore Janatha Party, che da sempre e’ in opposizione al Congress Party della famiglia Gandhi-Nehru, che da cinque anno guida il paese. Mo dico io, cara Ambika Soni, ma se proprio devi dire una cazzata o ti vuoi rivolgerti a qualcuno che ti pari il culo, non sarebbe stato meglio farlo con qualcuno che ti sia complice, almeno che ti sia vicino, invece di sceglier l’esponente di un partito che ha sempre avversato quello del tuo capo? Minchia, sti politici indiani fanno rivalutare Silvio, Uolter & co.

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Mallya acquista gli oggetti di Gandhi e il governo ne rivendica il successo

Il governo indiano ha rivendicato a se il successo del recupero degli oggetti appartenuti a Gandhi, andati ieri all’asta a New York e acquistati dall’imprenditore indiano Vijay Mallya. Lo ha detto alla stampa il ministro della cultura di New Delhi, Ambika Soni, che ha spiegato che e’ stato il governo indiano, impossibilitato a partecipare all’asta a causa di una sentenza della corte, a spingere Mallya all’acquisto. Il proprietario della United Breweries, la societa’ che produce la birra Kingfisher, proprietaria della compagnia aerea Kingfisher, di diverse aziende di liquori sia indiane che internazionali e anche il team di Formula 1 Force India, ha speso 1,8 milioni di dollari tramite suoi rappresentanti a New York per acquistare gli occhiali, il portaocchiali in metallo, i sandali e l’orologio da taschino Zenith appartenuti al padre della patria indiana. La Soni ha spiegato che Mallya e i suoi rappresentanti erano in costante contatto con il governo indiano attraverso il consolato di New York, mentre si battevano gli oggetti all’asta. Per il ministro ”si e’ trattato di una vittoria del governo della United Progressive Alliance (la coalizione, presieduta da Sonia Gandhi, che guida l’India, ndr), arrivata con una stretta cooperazione tra il mio dipartimento e il ministero degli affari esteri”. Mallya si e’ detto ”veramente contento di portare la storia degli oggetti di nuovo in India”, affermando di aver partecipato all’asta ”per la nazione indiana”. Con la vendita a Mallya, anche l’ordinanza del dipartimento della giustizia americana che chiedeva alla casa d’aste newyorchese Antoquorum Auctioneers, dopo l’ingiunzione dell’Alta Corte di New Delhi di bloccare la vendita degli oggetti e di tenerli in custodia fino a quando non si dirimeranno tutte le questioni, cada, anche se ci vorranno un paio di settimane prima che arrivino in India. Il nome di Vijay Mallya e’ stata una sorpresa all’asta, in quanto fino a quel momento si erano avanzato ipotesi di altri imprenditori indiani che avrebbero acquistato gli oggetti per poi donarli all’India.

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L’India non recupera gli oggetti di Gandhi perchè non vuole spendere per i poveri

Nessun accordo tra l’India e il collezionista americano James Otis, proprietario degli oggetti appartenuti al Mahatma Gandhi che andranno all’asta stasera a New York. Il governo di New Delhi aveva chiesto al collezionista di ritirare il suo lotto e di donarlo al paese di Gandhi. Una offerta che l’uomo aveva anche accettato, ma ponendo delle condizioni. Otis, infatti, dopo un incontro con il console generale indiano a New York, ha scritto la governo di New Delhi offrendo gli oggetti di Gandhi in cambio della promessa e dell’impegno dell’esecutivo indiano di investire di piu’ sull’educazione, il sollievo dei poveri e la salute dei piu’ deboli in India. Il governo di New Delhi, ha rifiutato l’offerta del documentarista-collezionista californiano, impegnato in molte campagne per i diritti civili. ”Lo stesso Gandhi – ha detto alla PTI il sottosegretario agli esteri indiano Anand Sharma – non accetterebe queste condizioni. Il governo dell’India rappresenta la sovranita’ del popolo di questa repubblica, non puo’ entrare in questi accordi che impongono restrizioni e allocazione di risorse in specifiche aree”. A questo punto la situazione degli gli occhiali, il portaocchiali, i sandali e l’orologio da tasca del Mahatma Gandhi, si fa piu’ complicata. Alle 15.30 di oggi ora americana, (le 21.30 in Italia) alla casa d’aste Antiquorum Auctioneers di New York, gli oggetti andranno all’asta ad un prezzo tra i 20mila e i 30 mila dollari ciascuno. Il governo di New Delhi sta cercando di bloccare l’asta con mezzi diplomatici. Il console di New Delhi sta anche cercando una via legale: e’ stato infatti inviato ad un tribunale di New York, un ordine dell’alta corte di New Delhi con il quale si chiede di bloccare l’asta. Come ultima possibilita’, sono anche gia’ pronti degli indiani, in particolare alcuni imprenditori del settore alberghiero, ad acquistare all’asta gli oggetti del padre della patria e a donarli al governo indiano.

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Il governo tenta di recuperare all’asta oggetti di Gandhi

Il governo indiano ha convocato una riunione di emergenza di esperti per decidere le azioni da intraprendere nei confronti di una casa d’aste di New York nella quale, il mese prossimo, saranno venduti oggetti appartenuti al Mahatma Gandhi. Il ministro della Cultura, Ambika Soni, ha convocato degli esperti, tra i quali la nipote del padre della patria, Tara Gandhi Battacharjee, che dovranno decidere le azioni per recuperare gli occhiali, i sandali e l’orologio da tasca del Mahatma. ”Con questi ho visto il sogno di fare un’India libera”, aveva detto Gandhi ad un ufficiale britannico poco prima di regalargli i suoi occhiali da vista tondi, uno dei segni esteriori caratteristici del padre della patria indiana. Tanto caratteristici da diventare essi stesso simbolo di Gandhi in diverse iconografie e addirittura simbolo di partiti politici che si rifanno al messaggio gandhiano. Per questo il governo vorrebbe recuperare gli oggetti, come fece l’anno scorso per delle lettere autografe del Mahatma che furono acquistate dall’esecutivo pochi giorni prima che andassero all’asta da Christie’s. Il valore degli oggetti che saranno messi all’asta il prossimo mese a New York si aggira intorno ai centomila euro. Il governo indiano vorrebbe portare gli oggetti in un museo in India, dal momento che la quasi totalita’ delle reliquie del Mahatma sono conservate nel suo paese. Il ministro della Cultura ha chiesto al collega degli Esteri di verificare se ci sono degli spiragli diplomatici per impedire che altri acquistino gli oggetti di Gandhi.

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