Archivi tag: patil

Ancora bombe in India, 64 in meno di sei mesi

E’ di 61 morti e 470 feriti il bilancio delle 13 esplosioni che nel giro di 10 minuti hanno scosso quattro distretti dello stato nord orientale indiano dell’Assam. Erano le 11.25 quando la prima esplosione e’ stata avvertita nella citta’ principale dello stato, Guwahati, sotto la sopraelevata di Ganeshguri, vicinissima al tribunale distrettuale e nei pressi della zona del parlamento locale, ad appena cento metri dalla residenza del primo ministro. Da un cortile del tribunale si e’ alzato del fumo nero che ha invaso anche l’ufficio del vice procuratore, e la polizia crede che la bomba sia stata piazzata su un motorino. Pochi minuti dopo, altre esplosioni sono avvenute nei mercati affollati Pan Bazar e Fancy Bazar, per poi terminare alle 11.35 con l’ultima esplosione nei pressi del policlinico Dyspur. Quasi simultaneamente, altre bombe sono esplose nel mercato del pesce, in uno di verdure e nei pressi della stazione di Kokrajhar, citta’ dell’ovest dello stato. Sempre negli stessi minuti altre bombe sono esplose nelle citta’ di Barpeta e di Bogaingaon. 31, secondo il bilancio ufficiale annunciato dal primo ministro dello stato Tarun Gogoi, le vittime a Guwahati, dove una folla inferocita con la polizia, per la mancanza di sicurezza, ha attaccato gli agenti che, per difendersi, hanno fatto fuoco in aria. Per questo e’ stato imposto il coprifuoco in citta’, poi tolto dopo diverse ore, mentre lo stato di allerta e’ stato aumentato in tutto il paese. Al momento, non e’ stata fatta nessuna rivendicazione ufficiale. Nell’immediatezza delle bombe, la polizia e i politici hanno puntato il dito contro l’ULFA (United Liberation Front of Assam, Fronte di Unito di Liberazione dell’Assam), che dal 1979 combatte per affermare l’indipendenza dell’Assam da New Delhi, attraverso attentati anche al di fuori dello stato. Aanjan Borthakur, uno dei membri pubblici dell’ULFA, in una mail inviata ad alcuni giornali ha negato il coinvolgimento del suo gruppo negli attentati, condannandoli. Il governo assamese pero’ non crede a questa presa di distanza ed e’ convinto, da fonti di intelligence, che altri gruppi abbiano aiutato i separatisti. In particolare, gli agenti indiani sono convinti che anche l’HUJI, (Harkat-ul-Jihad-al Islami, il Movimento della Guerra Santa Islamica) una formazione terrorista legata ad Al Qaeda, nata in Pakistan con ramificazioni in India e in Bangladesh. Proprio il gruppo di questo stato, confinante con l’Assam avrebbe piazzato la prima bomba di Guwahati di concerto con quelli dell’Ulfa. Su una cosa gli inquirenti sono d’accordo: e’ stato usato in diversi attentati l’esplosivo RDX, gia’ usato dall’ULFA e, soprattutto, si e’ trattato di una serie di potenti attentati ben congegnati, che nel giro di 10 minuti hanno gettato nel terrore 4 distretti dell’Assam. L’India e’ sotto shock. Il ministro degli interni indiano Shivraj Patil, nel condannare le bombe, ha invitato tutti alla calma. In meno di sei mesi, l’India ha registrato 64 bombe in sei stati, che hanno provocato la morte di 220 persone e il ferimento di 900.

Lascia un commento

Archiviato in Vita indiana

L’identità indiana

Oggi è la festa della Repubbilca indiana. 58ma ricorrenza della proclamazione della Repubblica. Come ogni anno, ma quest’anno nel freddo siberiano, l’esercito è sfilato per  Campi Elisi di Delhi, il Rajpath, la strada dei re che collega l’India Gate al Rashtrapati Bhavan, il palazzo presidenziale indiano.

Migliaia di persone presenti, ministri, deputati, il primo ministro, il presidente Patil e quello francese Sarkozy, ma senza la Bruni.

E’ in queste occasioni che si sente l’attaccamento degli indiani al loro paese. Devo dire che gli indiani non hanno un grosso sentimento nazionale. Il tricolore, l’inno scritto da Tagore, l’emblema del capitello di Ashoka, sembrano non essere dei collanti per tenere uniti gli indiani.

Dopotutto, 22 lingue ufficiali più l’inglese, dedine e decine di migliaia di dialetti, 28 stati membri e 7 territori dell’unione racchiusi in quai 3 milioni e 300 mila di chilometri quadrati (circa 11 volte l’Italia) con 1miliardo e 100 milioni di persone, non rendono la vita facile.

E allora, cosa rende uniti gli indiani? Un quesito che mi è stato posto durante il seminario alla seconda università di Napoli al quale ho partecipato due settimane fa.

Non è semplice rispondere. Sicurametne lo sport, il cricket in particolare, è un collante forte, un marcatore dell’identità indiana. Io però credo che il minimo comune denominatore sia la questione e il sistema delle caste.

Pur se sono state abolite dalla costituzione, le caste vivono e continuano a mantenere e regolare il sistema sociale indiano. Certo, non si assiste alle esagerazioni del passato, quando un dalit che incontrava sulla sua strada un bramino doveva allontanarsi in maniera tale che neanche le ombre si toccassero, ma non siamo molto lontani.

Quando sono arrivato in India, agli intoccabili, quelli ad esempio che vengono a raccogliere l’immondizia da casa, non si dava da bere in bicchieri, ma si versava direttamente l’acqua nelle mani, per non fare toccare loro le stoviglie, per non contaminarle.

Ovviamente a casa mia mai è successa una cosa del genere, ma nel mio palazzo e intorno a me succede ancora. Quando ho chiesto al mio padrone di casa, un bramino, di mettere lo scaldabagno nella stanzetta della mia cameriera, lui mi ha risposto di no, perchè “non bisogna abituarli”.

Stamattina è salito perchè mi si è rotto un rubinetto e si è meravigliato del fatto che oggi, festa nazionale indiana, io abbia dato il giorno libero alla cameriera e alla tata. Non si deve fare mi ha detto. Pensa se viene a sapere che do’ 200 euro ad una e 160 all’altra. Si incazza come una belva, visto che lui da 40 euro al mese 24h su 24 7 giorni su 7.

Anche i matrimoni sono ancora regolati dal sistema castale. Gli annunci sul giornale la domenica dividono le offerte e le richieste per casta, olter che per lingua e religione. Adesso da un annetto, ci sono anche gli annunci per le vedove, i malati di AIDS, i separati.

Ma siamo ancora molto indietro. L’India delle grandi città è un paese; quella delle periferie e dei villaggi è un’altra cosa, un altro paese. Il governo tende a riservare dei posti pubblici alle minoranze religiose e alle caste e alle tribù registrate, ma questo non fa altro che ampliare i dissidi fra le etnie, i gruppi sociali e religiosi, perchè gli emarginati da queste riserve protestano veementemente.

Non c’è soluzione alla cosa. Non credo che nel medio termine si possa cambiare. E poi cambiare perchè? Il sistema regge, mantiene, e sorregge tutto l’apparato. Quello di cui ci sarebbe bisogno è una minore sperequazione, una riduzione delle distanze economiche e sociali, una più equa distribuzione di tutto.

Ma non siamo ad Utopia. Questa è un’altra isola. Non molto felice.

1 Commento

Archiviato in Diario indonapoletano, Vita indiana