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Secondo uno studio, la polizia indiana è violenta. Ci voleva uno studio?

”L’India dovrebbe adottare misure serie per riformare il sistema di polizia che non solo permette, ma addirittura incoraggia le violazioni dei diritti”. Lo sostiene un rapporto dell’organizzazione internazionale Human rights watch (Hrw), reso oggi noto a Bangalore, nel sud dell’India. Nelle 118 pagine del rapporto, Hrw documenta, attraverso le interviste di 80 poliziotti e 60 vittime, una serie di violazioni commesse dalla polizia, incluse detenzioni arbitrarie, torture ed esecuzioni extra-giudiziali, avvenute in 19 stazioni di polizia degli stati di Uttar Pradesh, Karnataka, Himachal Pradesh e della capitale Delhi. Il documento, titolato ”Sistema al collasso: disfunzioni, abusi e impunita’ nella polizia indiana”, attacca i diversi governi che si sono alternati negli anni e che, nonostante le promesse, non hanno saputo creare un corpo di polizia professionale che sappia tutelare i diritti dei cittadini. ”Lo status dell’India di piu’ grande democrazia del mondo e’ minata dalla polizia che ritiene di essere al di sopra della legge”, ha dichiarato durante la presentazione Brad Adams, direttore di Hrw per l’Asia. Nelle testimonianze, i poliziotti lamentano i limiti della legge e ammettono l’utilizzo di metodi illegali come le esecuzioni extra-giudiziali. Il documento punta pero’ anche il dito contro le condizioni in cui sono costretti a lavorare gli agenti indiani, tra mancanza di risorse economiche, di equipaggiamento, spesso lontani dalla famiglia per mesi e reperibili 24 ore al giorno.

Fonte: ANSA

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Collaboratori fidati e polizia onesta

Lei ha lavorato cinque anni con una delle migliori amiche di tua moglie. La conosci. L’amica di tua moglie è andata via e tu l’aiuti a trovare lavoro presso un’altra famiglia. Poi, visto che hai bisogno anche tu, la prendi a lavorare con te. Lei ti dice che può lavorare dalle 9 alle 17. Va bene, non è quello che cerco, ma ti conosco, ti voglio aiutare, accetto. Ti pago uno stipendio alto rispetto agli altri. Cominci a venire. Vai via alle 17, ma smetti di lavorare alle 14. Dopo fai il pranzo e ti stendi a terra, nella stanza-dispensa per dormire. Alle 16.30 ti svegli, ti prepari e alle 17 in punto vai via. Ti dico che per me lavorare fino alle 17 significa lavorare fino alle 17, se vuoi una pausa, come è anche giusto che sia, prolunghi il tuo orario, in mezza giornata non puoi fare tutto. Tant’è che la tata della bambina ti da una mano. Accetti. Ma io non sono soddisfatto. La casa non è pulita bene, tu sparisci sempre per qualche decina di minuti. Hai sempre un parente ammalato. Che possiamo fare? dice mia moglie. Di meglio non troviamo. E’ vero. Ma io mi sento preso per il culo. A dicembre, quando parto con mia figlia per l’Italia, la cacciamo. Tanto a mia moglie basta una sola persona. Mi chiedi aiuto te lo do. Domenica mi arriva una telefonata di mia moglie. Hai preso dei soldi dalla “cassaforte”? Mancano. No, le rispondo, non ho preso nulla. Contiamo, ricontiamo, togliamo tutto, smontiamo. Ma i soldi mancano. E pure una bella cifra, parte dell’affitto della casa. E’ stata lei, ne sono quasi sicuro, anche se ovviamente debbo dubitare di entrambe. Lei è qui da due mesi, l’altra da oltre un anno e non è mai successo nulla. Prima di lei abbiamo avuto al sorella dell’altra, per quattro anni. Non è mai mancato neanche uno spillo. Ieri mattina, arriva come al solito. Pochi minuti dopo il suo arrivo, mentre facevo colazione, mi dice che deve andare via presto. Un parente è morto. Un altro. Ma quanti cazzi di parenti ha? E poi, è possibile che in meno di due mesi che sta da noi si sono ammalati e morti tutti in questo periodo? La blocco, convoco anche la tata, e dico loro che qualcuno ha rubato. Non accuso nessuno, chiedo solo di sapere. Anche perché, se nessuno di loro è stata io devo chiamare la polizia perché significa che sono entrati i ladri, cosa che comunque non le esime, soprattutto lei, dalle responsabilità. Ma perché chiamare la polizia?, dice. Se nessuno mi dice nulla, sono entrati in casa estranei, e io devo tutelare la famiglia, rispondo. Va bene, dice, io non sono stata, ma per evitare che venga la polizia mi potete tagliare lo stipendio a poco a poco e io ve li restituisco. No, non voglio la carità da nessuno, rispondo. Posso capire che una di voi ha avuto un momento di bisogno. Me lo dice, mi restituisce i soldi anche non tutti insieme, e se ne va. Avete solo due strade: uscire da questa casa con onore restituendo i soldi senza che io chiami la polizia, oppure uscirne con disonore con un’accusa di furto. L’altra, della cui bontà sono certo (anche perché è con noi da tempo e non avrebbe avuto la possibilità di rubare)  non ci sta. Io non restituisco niente e non ho paura della polizia, mi dice. Una cosa che mi ha fatto molto pensare. La polizia qui è corrotta, picchia gli indiziati, anche se sono donne. Lei, la buona, è anche una donna sola, senza marito, quindi preda più facile. Ma è sicura di se e non ha paura di affrontare gli agenti. Così li chiamo. Arrivano in tre e, ovviamente, non parlano inglese. Indagano, interrogano. Mi chiama uno in disparte. Mi dice che è convinto che sia stata quella nuova. Mi chiede che devo fare? la devo portare in caserma? Io gli dico che deve decidere lui. Allora va da lei e le dice di confessare, altrimenti l’avrebbe portata in caserma, dove avrebbe trovato delle poliziotte “gentili” che con i loro metodi l’avrebbero fatta confessare. Lei tentenna. Crolla ma non vuole confessare, per non essere arrestata. Ci accordiamo. Io scrivo un report alla polizia nel quale dico che ho trovato i soldi da un’altra parte. Lei sottoscrive una lettera nella quale dice che ha preso un anticipo da noi che ci restituirà entro la nostra partenza. Ovviamente la mandiamo via, lei sa che nel caso questa lettera va dalla polizia. Gli agenti, prima di andare via, chiamano in disparte l’altra, che ci ha fatto anche un po’ da interprete. Mi approcciano. Vogliono soldi. Uno dei tre rimprovera gli altri due. Niente soldi. Vanno via tutti. Anche (a sentire alcuni amici, solo) questa è l’India.

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Quando rispetto per le tradizioni e quello per le persone cozzano

Tra noi espatriati in India a Delhi, c’è una lista di ditribuzione on line che ci serve per condividere cose, suggerimenti su questioni pratiche. Da un paio di giorni c’è un dibattito sulla lista riguardo agli eunuchi. L’occasione è stata data dalla denuncia di una donna straniera che raccontava che alcuni eunuchi sono arrivati sotto il suo palazzo chiedendo soldi, come fanno di solito. Non contenti del centinaio di euro circa che hanno ottenuto, hanno cominciato a fare baccano e minacciare, impedendo per due giorni agli abitanti del palazzo di uscire, chiedendo più soldi. Interpellata a proposito, la polizia ha detto di non poter fare nulla, spaventati dalla valenza religioso/magica degli eunuchi. Questi ultimi se ne sono andati solo quando hanno ottenuto alcune centinaia di euro.

La donna, spaventata, ha raccontato la cosa alla lista. Apriti cielo. Gli stranieri amanti dell’India ad ogni costo e gli indiani in lista si sono rizelati sentendosi offesi perché si parlava male di una tradizione indiana. Una di quelle mezze pazze che gira l’India con il sacco a pelo e per la quale non esiste paese migliore al mondo, la cui visione dell’India di tutti i giorni credo sia obnubilata da quintali di canne, ha suggerito alla signora straniera di sorridere al cielo. Ma vaffanculo a te e al cielo.

Vorrei vedere te, pezzo di cretina, bloccata e minacciata in casa tua, senza l’appoggio della polizia. Ti vorrei vedere mentre, sorridendo al cielo, dai circa 500 euro ai transessuali (senza neanche averci fatto nulla…). Ridi al cielo, ma stai attenta che non ti caghino in faccia gli uccelli. Ho sempre odiato l’atteggiamento di coloro che affascinati giustamente da questo paese, non riescono a vedere le cose negative che, come tutti al mondo, l’India ha. Sorridendo non si risolvono i problemi, Si aiutano, magari, ma se non se ne discute, non vanno via da soli.

Un indiano ha scritto alla lista che è giusto dare agli eunuchi quanti soldi vogliono perchè queste persone non hanno diritti, lavoro, possibilità di votare, soldi. E non è meglio, gli ho scritto, battersi per dare loro diritti civili anzichè spronarli a fare estorsioni? E’ o non è la più grande democrazia del mondo? Non è questo il apese nel quali i cittadini sono orgogliosi di dire che vivono nella tolleranza e nella democrazia?

Un’altra indiana ha scritto che gli eunuchi fanno parte della tradizione indiana, che nessuno ci ha pregato di venire in questo paese e che dobbiamo rispettare la tradizione. Non c’è nessun dramma nel cheidere soldi. Le ho scritto che in qualsiasi paese questa cosa si chiama estorsione. Anche il rapimento in Yemen si può dire che sia una tradizione, ma non credo che l’appoggi nessuno, mia bell’indianina cretina. Rispetto le ttue tradizioni: mi satengo dal mangaire carne, facciamo i bagni in piscina con costumi degli anni quaranta, rispettiamo le tradizioni sociali, civili e religiose. Ma tu perchè non vuoi rispettare la legge? Mi stanno bene gli eunuchi, sono tradizionali, religiosi e folcloristici. Ma se uno/a mi impedisse di uscire di casa se non gli/le do 500 euro come offerta forzata, scendo con un palo e gli/le spacco la testa.

Ci lamentiamo dei camorristi, del pizzo, e questo che è? Non è l’unico che c’è in India a sfondo religioso. Prova ad andare a Pushkar, sarai avvicinato da uno stuolo di brahmini che ti obbligheranno a farti fare un rito al termine del quale ti dicono che puoi dare una offerta a piacere, ma alcuni, se dai meno di cento euro, fanno storie, urlano, ti seguono. La polizia non interviene perchè sono santi o portano bene come nel caso degli eunuchi.

Ribadisco, io rispetto le tradizioni. Ma chi rispetta me? Chi rispetta il fatto che me ne voglio stare a casa mia tranquillo senza che nessuno venga a suonare il campanello di domenica mattina alle 6 volendomi vendere qualcosa? O chi impedisce che mi arrivino continuamente telefonate con offerte di prodotti più disparati? O chi impedisce che mi vengano a rompere le scatole quando cammino per strada, quando sono fermo ad un bar, chiedendomi ogni sorta di cosa? O, peggio, chi impedisce alle donne straniere di essere importunate solo perchè magari hanno una maglietta con la scollatura o la minigonna?

In questo paese il confine tra democrazia intesa come diritti del singolo e quelli della massa non è marcato. Io posso scrivere un libro, o, come è successo poco fa, fare un film che racconta una vicenda storica settecentesca, l’amore di un re e di sua moglie. Un manipolo di imbecilli, offesi del fatto che nella realtà, a differenza dle film, la regina è di una città piuttosto che di un’altra, attaccano i cinema, distruggendoli e obbligando i produttori a ritirare il film. Perchè? perchè un paio di persone si sono sentite offese. La garanzia dei diritti personali dovrebbe tenetre presente la garanzia dei diritti della comunità, invece molto spesso in India, come nel mondo, non è così.

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La polizia indiana spinge a comprare antifurti per auto

La polizia indiana sta pubblicando sui giornali di Delhi una serie di inviti ad istallare nelle automobili antifurti e dispositivi contro il furto dell’auto. Nei primi quattro mesi di quest’anno sono state rubate a Delhi 2800 vetture, 2244 solo da marzo. Stando ai dati del 2006, in tutto il paese, l’enorme stato del Maharasthra, detiene il primato con 12814 auto rubate, seguito da Delhi con 9402. La polizia ha quindi puntato sulla capitale indiana per cominciare l’opera di convincimento all’istallazione di antifurti, in considerazione soprattutto del basso numero di auto recuperate, solo 26474 auto su 91100 rubate in tutta l’India, che rappresentano il 29% del totale. Sui giornali i poliziotti illustrano anche quali antifurti istallare: in testa a tutti quelli con il gps e l’avvisatore acustico. E ci sono le indicazioni anche per coloro che non possiedono un’auto nuova o di fabbricazione straniera. Molte auto che circolano in India, ad esempio, non hanno gli alzacristalli elettrici: sui giornali i poliziotti spiegano anche con illustrazioni come istallare delle placche metalliche sotto la manovella dell’alzacristalli manuale, cosi’ da impedirne i movimenti. Il capo della polizia della capitale indiana ha tenuto a precisare che queste pubblicita’ non intendono esimere dalle responsabilita’ gli agenti, ma vogliono evitare spiacevoli sorprese ai cittadini di Delhi, che devono fare i conti con un fenomeno totalemente inesistente fino a a qualche anno fa.

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Arrestato in Nepal trafficante di organi

Era proprio il dottore indiano Amit Kumar, ricercato alle polizie di tutto il subcontinente per essere al centro di un traffico di organi, l’uomo arrestato ieri sera in un resort di Chitwan, la città nel Nepal sud orientale ai confini con l’India sede del parco nazionale. Il socio di Kumar, con il quale gestiva una clinica a Kathmandu per l’espianto di reni, è riuscito a fuggire poco prima che la polizia facesse irruzione nella stanza del lodge nella jungla nepalese. Kumar era in possesso di un passaporto falso a nome di Yaspal Sharma. L’uomo è stato portato a Kathmandu per interrogatori e addosso gli sono stati trovati circa 20mila euro di rupie indiane, 145 mila euro e 18900 dollari. Il suo arresto è stato confermato dal ministro degli interni nepalese che ha informato anche le autorità indiane. Non è certo se e quando Kumar potrà essere estradato in India. Fra i due paesi non c’è un accordo del genere e inoltre Kumar è accusato anche in Nepal.

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Traffico di organi a Delhi, polizia aiuta colpevole a scappare

Sottraevano reni a persone povere e bisognose per poi venderli e trapiantarli a ricchi indiani o a stranieri. La polizia indiana ha scoperto un traffico di organi in una clinica di Gurgaon, citta’ satellite a pochi chilometri da Delhi. La clinica e’ stata sigillata e quattro persone sono state arrestate ma il suo titolare, il Dr. Amit Kumar, ritenuto il principale artefice dell’attivita’ illegale, e’ riuscito a fuggire. Gli inquirenti sono ora sulle sue tracce. Ricercati anche altri due medici, ritenuti suoi complici. Tutti gli aeroporti del Paese sono stati messi in allerta, per impedire al medico di fuggire all’estero. Ma, secondo alcuni, Kumar potrebbe gia’ essere riuscito a varcare la frontiera via terra e a recarsi in Nepal attraverso la strada che collega quest’ultimo stato con quello indiano dell’Uttar Pradesh. Kumar non e’ nuovo a problemi con la giustizia. Arrestato in passato sia a Mumbai che in Andhra Pradesh che a Delhi per faccende simili, aveva cambiato nome e ripreso la sua losca attivita’. La polizia indiana ha scoperto il traffico a seguito della denuncia di una delle vittime. Kumar e i suoi, stando alla ricostruzione degli inquirenti, attiravano nella loro rete soprattutto indiani poveri che, in cambio di una somma fino a 2500 dollari, accettavano di farsi togliere un rene. L’organo poi veniva rivenduto, a prezzi decuplicati, a indiani ricchissimi o a stranieri che, in lista da tempo per il trapianto senza successo in ospedali in varie parti del mondo, trovavano nella clinica di Gurgaon la soluzione al loro problema. La preoccupazione della polizia indiana e’ proprio che Kumar possa essersi recato in Nepal. ”Non abbiamo un trattato di estradizione con il Nepal – spiega un ufficiale della polizia indiana – per cui non possiamo chidere direttamente a quel paese di catturare un ricercato dalla polizia indiana”. E intanto, mentre proseguono le indagini, lo scandalo sembra allargarsi a macchia d’olio. ” Dai documenti rinvenuti e dagli interrogatori effettuati – spiega Prem Prakash, della polizia – sembra che almeno altre 50 persone, tra medici e paramedici, possano essere implicati nel traffico illegale di organi che si faceva a Gurgaon”. Il traffico di organi umani e’ illegale in India ma nonostante cio’ sono ancora molto frequenti i casi in cui esso viene praticato, in maniera clandestina. Un trapianto di reni costa in India tra le 350000 e le 400000 rupie (tra i settemila e gli ottomila euro circa).

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