I ghiacciai himalaiani non si starebbero sciogliendo, smentendo quanto da mesi gli scienziati asserivano. Lo rivela la stampa indiana, secondo la quale gli studi dell’Inter-governmental Panel on Climate Change (Ipcc), guidato dall’indiano Rajendra Pachauri che annunciavano entro il 2035 lo scioglimenti dei ghiacciai dell’Himalaya, sono basati non su dati scientifici ma su interviste giornalistiche. Pachauri e’ uno stimato economista e scienziato presidente del The Energy and Resources Institute (Teri), l’istituto per l’energia e la ricerca di Nuova Delhi. Dal 2002 Pachauri e’ anche presidente dell’Ipcc, per i cui studi sul clima nel 2007 ha vinto, insieme all’ex vicepresidente americano Al Gore, il premio Nobel per la pace. Secondo le rivelazioni giornalistiche, lo stesso management dell’Ipcc ha ammesso errori scientifici nelle proprie predizioni e sarebbe pronto a ritirare i suoi documenti sullo scioglimento dei ghiacciai. L’errore e’ stato evidenziato da esperti del Wwf indiani che hanno mostrato come le previsioni dell’Ipcc non si basino su modelli scientifici accettati ma su una intervista che un professore della Jawaharlal Nehru University di Delhi, aveva dato ad un giornale. Nell’intervista, il professore, Syed Hasnain, parlava del 2035 come data entro la quale l’Himalaya avrebbe visto i suoi ghiacciai sciolti. La cosa fu ripresa dall’Ipcc, senza le opportune verifiche. Pachauri, contattato dalla stampa indiana, si e’ lavato le mani, dicendo che gli studi del suo istituto rispetto ai ghiacciai non sono del tutto sbagliati, perche’ alcuni di questi, i piu’ piccoli, comunque stanno mostrando segni di cedimenti. Il premio Nobel ha comunque assicurato che investighera’ sull’argomento.
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Sul clima, no ad accordo a tutti i costi
L’India non è d’accordo sull’ipotesi che per raggiungere comunque un consenso nel Vertice di Copenaghen si possa indurre i paesi a firmare un documento politico ‘uncooked’, incompleto e non lavorato, e assicura che anche la Cina ed i paesi poveri del cosiddetto G77 la pensano allo stesso modo. Al termine di una giornata molto tesa a Copenaghen il capo degli sherpa indiani, Shyam Saran, ha dichiarato alla stampa che “dobbiamo evitare la politica del fatto compiuto”. Secondo il programma, inoltre, domani dovrebbe giungere in Danimarca il ministro dell’Ambiente Jairam Ramesh, che giorni fa aveva rivelato come durante un incontro a Pechino l’India, la Cina ed il Brasile avessero concertato “una bozza di base” comune mirante “ad incanalare il negoziato”. Da parte sua Saran, che ha preso l’aereo per New Delhi per illustrare lo stato della trattativa sulla riduzione dell’intensità delle emissioni di CO2, ha indicato che con la Cina e con i paesi più poveri del G77 “lavoriamo insieme. Su tutte le questioni principali, siamo uniti”. Tuttavia nel corso dei lavori alcune divergenze sono emerse, soprattutto da parte di alcuni paesi più piccoli che temono che l’India possa negoziare individualmente con le nazioni industrializzate l’ammorbidimento della sua posizione. Su alcuni temi specifici, ha ammesso Saran, possono esservi posizioni articolate, ma sulle questioni più ampie – appoggio all’Unfccc sulle responsabilità comuni ma differenziate e Piano di azione di Bali su maggiori risorse finanziarie e riduzioni di CO2 più intense per i paesi industrializzati – non ci sono differenze di opinione”. “L’India, il G77 e la Cina – ha proseguito – hanno detto molto chiaramente che non si immaginano neppure che un documento politico incompleto possa essere trasmesso per l’approvazione ai capi di Stato e di governo”. Saran ha insistito che “qualunque testo sottoposto all’approvazione dei capi di Stato e di governo dovrà prima essere stato analizzato a fondo e messo a punto prima del 18 dicembre. Questo è messaggio molto forte che è stato fatto pervenire a chi di dovere”. Questa posizione sembra respingere completamente l’ipotesi circolata in giornata secondo cui, se non si riuscirà a mettere a punto un accordo legalmente coercitivo durante il Vertice, allora i 100 paesi convenuti a Copenaghen potrebbero firmare, in presenza dei capi di Stato, un documento politico, la cui natura comunque è tutta da definire.
fonte: ANSA
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Sul clima, accordo India, Cina e Brasile
Sospettata a lungo di voler contribuire al fallimento del Vertice dell’Onu sui Mutamenti climatici cominciato oggi a Copenaghen, l’India si è proposta invece oggi come parte attiva della trattativa per un accordo, anche se con i suoi noti distinguo legati al rifiuto di quote e date legalmente coercitive per gli sforzi di riduzione dell’intensità delle emissioni di CO2. In un intervento oggi nella Rajya Sabha (Camera alta), segnato dall’uscita dall’aula dell’opposizione, il ministro per l’Ambiente Jairam Ramesh ha negato che con l’annuncio di un progetto di riduzione volontaria dell’intensità del carbonio del 20-25% entro il 2020 – salutato dai paesi industrializzati – New Delhi abbia indebolito la sua posizione. A sostegno di questa tesi Ramesh ha rivelato che “India, Cina e Brasile hanno coordinato le loro posizioni per il Vertice”. Ricordando il recente incontro a Pechino dei paesi del cosiddetto Basic (Brasile, Sudafrica, India e Cina), il ministro ha detto che con due di questi paesi (non con Johannesburg) “abbiamo concordato una bozza di base”. “E io – ha aggiunto – ho una copia di questa bozza (…) Un testo che deve servire ad incanalare il negoziato”. Ramesh ha poi minimizzato le tensioni nate con le dimissioni, formulate e poi revocate, di due degli sherpa della delegazione indiana (Chandrasekahr Dasgupta e Prodipto Gosh), delusi per quelle che consideravano “concessioni troppo grandi ai paesi industrializzati”. La nostra equipe “é compatta – ha proseguito – e noi vogliamo essere visti come costruttori e non distruttori dell’accordo” a Copenaghen. “Abbiamo – ha aggiunto – già messo nero su bianco i nostri quattro punti irrinunciabili fra cui la non accettazione di coercizioni legali per quote di riduzione delle emissioni o per anni picco per le emissioni stesse come chiesto incerti ambienti”. La tesi indiana a Copenaghen è in definitiva che pur in uno sforzo comune di tutte le nazioni del pianeta per porre un freno all’effetto serra attraverso il contenimento delle emissioni, le responsabilità fra i gruppi di paesi sono differenti, e che i paesi in via di sviluppo hanno diritto ad essere aiutati. In questo senso si sono espressi oggi a Mosca in una dichiarazione comune il premier indiano Manmohan Singh (che sarà a Copenaghen il 17 dicembre) e il presidente russo Dmitri Medvedev. India e Russia, si assicura, si impegnano a “continuare il lavoro costruttivo allo scopo di favorire il successo della Conferenza (…) in conformità ai principi e alle tesi della Convenzione dell’Onu sui cambiamenti climatici e al Piano d’azione di Bali, ma anche tenendo conto del principio della responsabilità comune ma differenziata e delle rispettive possibilità dei diversi stati”.
fonte: ANSA
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L’India detta le regole per Copenaghen: nessun vincolo o fuori dal tavolo
Nessun vincolo sulla riduzione delle emissioni; nessun controllo e verifica delle azioni dei paesi in via di sviluppo che non sono supportati da finanziamenti e tecnologie dai paesi industrializzati; nessuna data per il raggiungimento massimo di emissioni dei paesi in via di sviluppo; la dichiarazione politica finale deve richiedere ai paesi industrializzati di non imporre barriere economiche nel nome dei cambi climatici contro beni esportati dai paesi in via di sviluppo. Queste le quattro condizioni che l’India ha deciso di imporre, con l’appoggio di Cina, Sud Africa e Brasile, al vertice di Copenaghen, contrastando una bozza di accordo, presentata dalla presidenza danese. Lo ha spiegato oggi a New Delhi il ministro indiano dell’ambiente, Jairam Ramesh. Il ministro è stato categorico: “se la bozza danese contiene indicazioni temporali, il vertice sarà un fallimento. Non escludiamo di abbandonare il tavolo”. L’India, così come gli altri tre paesi in via di sviluppo, contesta alla bozza danese, fatta circolare ad alcuni paesi in questi giorni e che sarà formalizzata da domani a Copenaghen così come la posizione indiana, di aver cambiato la forma ma non la sostanza. Nella bozza, infatti, non si parla di una data per il taglio delle emissioni, cosa che viene avversata dai paesi in via di sviluppo. Ma si utilizza il concetto di “picco delle emissioni entro una data”. In sostanza i danesi indicano in una data da decidere tra il 2020 e il 2025, il termine per raggiungere il massimo delle emissioni. Ciò significa, in pratica, che subito dopo quella data, si devono cominciare a ridurre le emissioni, anche se la parola “riduzione” non è contemplata per non urtare la suscettibilità. Ma gli indiani non ci stanno. Come hanno già più volte detto, non vogliono né limiti quantitativi né temporali sulle emissioni, considerando che, come ha detto oggi a Delhi Ramesh, “le nostre emissioni pro capite sono molto basse. Abbiamo già detto che siamo pronti a discutere sul livello di efficienza energetico. Ma dobbiamo avere un senso di realismo, che paiono non avere i paesi sviluppati, su quello che i paesi in via di sviluppo possono o non possono fare”. La strada è quindi tutta in salita, nonostante la settimana scorsa a Port of Spain un discorso del primo ministro indiano Manmohan Singh (che tra l’altro non ha ancora annunciato la sua partecipazione al vertice di Copenaghen) aveva fatto pensare ad aperture indiane. Ma l’apertura di Singh, al quale erano stati prospettati aiuti e che si era detto disponibile a impegnarsi “su obiettivi ambiziosi” in caso di “un accordo equo”, è stata subito smentita dal capo negoziatore indiano in Danimarca, Shyam Saran, che ha smentito categoricamente che l’India possa accettare tagli in tempi brevi.
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La posizione indiana sul clima
Ho scritto questo articolo qualche giorno fa sulla questione del clima rispetto alla posizione indiana. Approcciandoci al Vertice di Copenaghen, lo riporto.
‘’La sfida del mondo in via di sviluppo e’ come raggiungere i nostri obiettivi sviluppo riducendo, allo stesso tempo, i costi ecologici’’. Questa la posizione dell’India in materia di cambiamenti climatici, espressa dal Primo Ministro, Manmohan Singh, all’inaugurazione della Conferenza tenutasi nella capitale indiana sui cambiamenti climatici, sviluppo e trasferimento della tecnologia ambientale.
In attesa del Vertice di Copenaghen che si terra’ nella capitale danese a dicembre, e che dovrebbe servire a creare un nuovo accordo che possa sostituire il Protocollo di Kyoto che scadra’ nel 2012, l’India ribadisce con fermezza le sue posizioni. ”I paesi sviluppati – ha detto il premier Singh – non possono compromettere il nostro sviluppo. Cio’ non toglie che noi, quali membri della comunita’ globale, dobbiamo riconoscere che dobbiamo fare la nostra parte per mantenere le emissioni entro limiti che siano sostenibili e giusti”.
La posizione dell’India, come pure quella della Cina, e’ che siano soprattutto i paesi industrializzati a doversi impegnare di piu’. ”I paesi industrializzati – ha chiarito il PM indiano – hanno la capacita’ di passare a nuovi processi energetici anche se cio’ comporta costi addizionali. I paesi in via di sviluppo non hanno questa capacita’. Ecco perche’ e’ opportuno che il passaggio in questo caso sia agevolato da un adeguato supporto finanziario. Se tutto procedera’ bene e se quindi queste nuove tecnologie si diffonderanno, i costi pian piano scenderanno e saranno per noi piu’ abbordabili”.
L’India ha anche proposto la formazione di un network internazionale di Centri per l’innovazione climatica che dovrebbero servire come veicoli per migliorare le innovazioni tecnologiche nei paesi in via di sviluppo.
Il vertice di Copenaghen dunque, nelle intenzioni dell’India, dovrebbe riuscire a trovare una soluzione che, pur proteggendo l’ambiente, salvaguardi le possibilita’ di sviluppo econonomico dei paesi emergenti. Posizione condivisa anche con la Cina.
”La Convenzione dell’ONU sui cambiamenti climatici e il Protocollo di Kyoto – ha ancora detto Singh – devono comunque giocare un ruolo guida nella collaborazione internazionale in questo settore vitale”.
India e Cina hanno un paio di giorni fa siglato un MoU (Memorandum od Understanding) sul tema del clima per ribadire le loro posizioni comuni proprio in vista del vertice di Copenaghen.
”Non ci sono differenze tra la posizione indiana e quella cinese su questo argomento – ha detto il Ministro per l’Ambiente indiano Jairam Ramesh – e i nostri due paesi stanno cooperando per trovare delle soluzioni eque in vista della riunione di Copenaghen”.
Fino ad ora l’India si e’ duramente opposta all’eventuale fissazione di un limite legale prefissato alle emissioni per i paesi in via di sviluppo. Posizione questa ribadita dal ministro Ramesh.
”L’India e’ pronta a discutere e a rendere pubblici gli sviluppi del suo Piano Nazionale sul clima, ma non accettera’ mai imposizioni internazionali relative alla fissazione di limiti precisi alle emissioni”. Jairam Ramesh ha chiarito la posizione dell’India anche per smontare le polemiche dei giorni scorsi seguite all’invio di una sua lettera al Primo Ministro Singh nella quale era parso propenso ad un ammorbidimento della posizione indiana su questo tema.
La fermezza dell’India sul tema del taglio delle emissioni del resto era emersa con chiarezza anche durante le recenti negoziazioni sui cambiamenti climatici avvenuta a Bangkok, in cui l’India ha rifiutato una proposta australiana (appoggiata anche da Stati Uniti e dall’Unione Europea) di creare uno strumento legale per ridurre le emissioni valido per tutto il mondo.
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