Fu un terrorista pachistano ad effettuare, dalla cella di massima sicurezza del carcere pachistano di Hyderabad nel quale era rinchiuso, la telefonata al presidente pachistano Zardari, spacciandosi per il ministro degli esteri indiano Mukherjee, all’indomani degli attacchi di Mumbai, facendo temere per qualche ora lo scoppio della quarta guerra fra i due paesi (se si esclude quella non dichiarata del 1998). Lo riferisce oggi il quotidiano pachistano Dawn. Omar Saeed Sheikh, ritenuto uno dei piu’ importanti terroristi pachistani, in carcere tra l’altro per il rapimento e l’omicidio del giornalista del Wall Street Journal Daniel Pearl, secondo il giornale pachistano, in carcere, nonostante si trovasse in isolamento, riusciva a ricevere telefonate dalla moglie su un cellulare che aveva nascosto. La scheda Sim era una scheda inglese, cosa che avvalora quanto ha scritto nella sua biografia l’ex presidente Pervez Musharraf, secondo il quale Saeed era un servizio del MI6, il servizio segreto inglese. Sul quel telefono cellulare, il terrorista fu informato dalla moglie dei fatti di Mumbai, ricevendo continui aggiornamenti. Venerdi’ 28 novembre, a due giorni dall’inizio degli attacchi terroristici a Mumbai, nelle stesse ore in cui i gruppi speciali indiani liberavano gli ultimi ostaggi negli alberghi della citta’, nella residenza ufficiale del presidente pachistano Asif Ali Zardari squillo’ il telefono riservato: dall’altra parte Saeed, spacciandosi per il ministro degli esteri indiano, Pranab Mukherjee, accusava il Pakistan di aver aiutato i terroristi, annunciando di star spostando le truppe verso il confine pachistano e ingiungendo a Islamabad di prendere provvedimenti contro i fondamentalisti islamici. Zardari richiamo’ a Islamabad il primo ministro Yusuf Raza Gilani che era a Lahore, un aereo militare parti’ alla volta di New Delhi per riportare a casa il ministro degli esteri Shah Mahmud Qureshi che sarebbe dovuto ritornare il giorno dopo con un volo di linea. Il capo di stato maggiore dell’esercito viene avvisato di mettere in stato di massima allerta le truppe, e di cominciare a spostare battaglioni dal confine afghano a quello indiano. Furono 24 ore di intense telefonate, di contatti diplomatici tra Islamabad, New Delhi e Washington. Lo stesso pseudo ministro degli esteri indiano autore del falso telefonico con Zardari avrebbe provato a chiamare anche il segretario di stato americano Condoleezza Rice, ma i servizi americani non hanno passato la telefonata. La Rice invece parlo’ con Zardari e poi con Mukherjee, che smenti’. Saed e’ stato trasferito nel carcere di Lahore e il responsabile del carcere di Hyderabad, dopo che una perquisizione approfondita ha fatto rinvenire telefoni cellulari e schede nella cella di Saed, e’ stato trasferito.
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Il Pakistan arresta una delle menti della strage di Mumbai
E’ stato assicurato alla giustizia pachistana il presunto organizzatore degli attentati di Mumbai. Le pressioni di Washington su Islamabad sembrano dunque aver avuto i loro primi effetti. Le forze di sicurezza pachistane hanno dato un primo importante segnale all’India, arrestando Zakiur Rehman Lahwi che, stando agli inquirenti, potrebbe essere la mente degli attentati di dieci giorni fa, che hanno causato la morte di 172 persone nella capitale economica dell’India. L’arrestato, Zakiur Rehman Lahwi, sarebbe colui che fece la telefonata ai dieci terroristi islamici inviati in India, dando loro l’ordine di dare inizio agli atti di terrorismo che hanno tenuto in scacco la metropoli indiana per ben tre giorni. Esponente di spicco di Lakshar-e-Taiba e già in passato noto per aver addestrato terroristi per compiere altri attentati, Lahwi è stato arrestato ieri durante un raid effettuato dalle forze di sicurezza del Pakistan in un campo ritenuto essere una delle basi dell’organizzazione terroristica islamica, nel Kashmir pachistano. Oltre a Lahwi, una ventina le altre persone arrestate, tra cui alcuni membri di un’altra organizzazione, la Jamat-ud-Dawah, guidata da Hafiz Mohammad Saeed e considerata una sorta di costola di Lakshar-e-Taiba. L’azione pachistana è ritenuta essere la risposta alle richieste della comunità internazionale, e soprattutto di quelle degli Stati Uniti, ad agire in maniera incisiva per combattere il terrorismo. Solo ieri, il Segretario di Stato americano, Condoleeza Rice, aveva detto che “il Pakistan ha la responsabilità di agire”. La Rice, rispondendo al presidente pachistano Zardari che aveva parlato di possibili “elementi senza paese come responsabili della strage di Mumbai” e aveva anche chiesto al Pakistan di stanare “giocatori non appartenenti allo stato ma presenti sul suo territorio”. Un riferimento, forse, a Lakshar-e-Taiba e ai suoi esponenti. Organizzazione islamica che era stata bandita dal Pakistan già nel 2001, dopo che le era stata attribuita la responsabilità dell’attentato al parlamento indiano a New Delhi. Sono in molti a ritenere che Lakshar-e-Taiba, negli ultimi anni, abbia potuto continuare ad agire indisturbata ed anzi a rafforzarsi anche grazie all’ISI, il servizio di intelligence pachistano che, in cambio di informazioni, non l’avrebbe contrastata lasciandole ampi spazi. Un collegamento che, tuttavia, non proverebbe alcun eventuale coinvolgimento dell’ISI negli attacchi di Mumbai. Il Pakistan intanto ha dichiarato di aver lanciato una vasta operazione, ancora in corso, contro i gruppi militanti islamici. Lo hanno reso noto le forze armate. “Questa è una operazione condotta dall’intelligence contro bande e organizzazioni militanti fuorilegge – hanno detto le forze armate in una dichiarazione – ci sono stati arresti e le indagini sono in corso”. Gli Stati Uniti hanno dichiarato di aver accolto con favore la notizia degli arresti in Pakistan. “E’ di estrema importanza – ha detto la portavoce della Casa Bianca Dana Perino – che l’India, il Pakistan, gli Stati Uniti e i paesi nostri alleati, tutti insieme continuiamo a collaborare per impedire nuovi attentati dopo quelli di Mumbai”.
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Uno scherzo telefonico ha rischiato di far scoppiare una guerra fra India e Pakistan
India e Pakistan sono stati ad un passo da una guerra, nei giorni scorsi, a causa di una falsa telefonata. Lo rivela oggi il quotidiano pachistano in lingua inglese Dawn, spiegando che venerdi’ 28 novembre sarebbe potuta essere la data di inizio della quarta guerra (se si esclude quella non dichiarata del 1998) tra i due cugini atomici. Secondo quanto scrive il quotidiano, tutto e’ cominciato la sera di venerdi’ dell’altra settimana, a due giorni dall’inizio degli attacchi terroristici a Mumbai, nelle stesse ore in cui i gruppi speciali indiani liberavano gli ultimi ostaggi negli alberghi della citta’. Nella residenza ufficiale del presidente pachistano Asif Ali Zardari squilla il telefono riservato: dall’altra parte il ministro degli esteri indiano, Pranab Mukherjee, accusa il Pakistan di aver aiutato i terroristi, annuncia di star spostando le truppe verso il confine pachistano e ingiunge a Islamabad di prendere provvedimenti contro i fondamentalisti islamici. Zardari richiama a Islamabad il primo ministro Yusuf Raza Gilani che era a Lahore, un aereo militare parte alla volta di New Delhi per riportare a casa il ministro degli esteri Shah Mahmud Qureshi che sarebbe dovuto ritornare il giorno dopo con un volo di linea. Il capo di stato maggiore dell’esercito viene avvisato di mettere in stato di massima allerta le truppe, e di cominciare a spostare battaglioni dal confine afghano a quello indiano. Sono state 24 ore di intense telefonate, di contatti diplomatici tra Islamabad, New Delhi e Washington. Lo stesso pseudo ministro degli esteri indiano autore del falso telefonico con Zardari avrebbe provato a chiamare anche il segretario di stato americano Condoleezza Rice, ma i servizi americani non hanno passato la telefonata. La Rice ha invece parlato con Zardari e poi con Mukherjee, che ha smentito tutto. Con il ministro degli esteri indiano la Rice ha usato un tono grave dicendosi, secondo una fonte giornalistica, ”estremamente preoccupata per l’escalation che avrebbe potuto portare ad una guerra provocata dall’India”. La Rice e’ stata poi inviata di persona a Dehi e Islamabad per calmare gli animi e normalizzare la situazione, stringendosi all’India nonostante la vecchia alleanza con il Pakistan. Il ministro pachistano dell’informazione, Sherry Rehman, si e’ affrettata stasera a dire che non c’e’ stata nessuna falla nella sicurezza, dal momento che la telefonata fasulla proveniva da un numero del ministero degli esteri indiano, gia’ utilizzato in passato. Accertamenti sono in corso, in Pakistan e in India, per tentare di scoprire chi, spacciandosi per Mukherjee, e’ arrivato vicino a gettare le due potenze nucleari dell’Asia meridionale sulla strada del non ritorno. Piu’ vicino, forse, di quanto abbiano potuto gli attentati di Mumbai. Il credito dato al falso telefonico e’ solo l’ultimo esempio di quanto sia alta la tensione tra i due paesi, i quali si erano ravvicinati negli ultimi anni normalizzando i loro rapporti, ma sono stati sul punto di romperli nuovamente dopo che l’India ha accusato Islamabad, i suoi servizi e alcuni esponenti militari, di aver in qualche modo aiutato i terroristi pachistani che hanno assaltato Mumbai facendo 172 morti. La polizia indiana intanto ha fatto sapere oggi di aver arrestato a Calcutta due uomini, sospettati di aver aiutato gli attentatori di Mumbai ad ottenere delle sim cards da utilizzare durante gli attacchi, per comunicare tra loro. E quella odierna, che doveva essere una giornata da bollino rosso per i rischi terrorismo in India, e’ scivolata via senza problemi: la ricorrenza della demolizione della moschea di Babri, ad Ayodhya, ha provocato solo 50 arresti nel luogo dove si pensa sia nato il dio Rama e dove sedici anni fa cominciarono feroci scontri tra induisti e musulmani.
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Gli USA con l’India bacchettano il Pakistan
L’India trova negli Stati Uniti un valido alleato nella lotta al terrorismo, al punto di portare dalla sua parte quello che è da anni invece il partner strategico del Pakistan, accusato in questi giorni da New Delhi di aver in qualche modo coperto il commando che ha attentato a Mumbai la settimana scorsa. È quanto emerge dalla visita lampo di Condoleeza Rice, segretario di stato americano, oggi a New Delhi, durante la quale ha incontrato il ministro degli esteri di New Delhi, Pranab Mukherjee e il primo ministro Manmohan Singh. La Rice ha avuto parole di vicinanza, non soltanto di solidarietà, con il governo indiano, anche in chiave antipachistana. Nono solo ha esortato Islamabad a prendere “azioni decise” contro il terrorismo, ma ha criticato in maniera indiretta il presidente Zardari. Quest’ultimo ieri aveva detto che “attori senza paese che vogliono tenere in ostaggio il mondo intero” avevano realizzato gli attentati. La Rice ha oggi detto in conferenza stampa congiunta con Mukherjee che “gli attori senza stato recitano dai confini dell’India e Islamabad deve prendere azioni decise, agire in maniera trasparente e urgentemente, dal momento che questi attori senza stato sono questione della responsabilità del Pakistan perchè in qualche modo relativa al suo territorio”. Una presa di posizione forte, soprattutto alla vigilia della visita che la Rice farà domani a Islamabad. Il ministro degli esteri indiano ha consegnato alla Rice le prove che gli attacchi sono giunti in qualche misura dal Pakistan. L’arrivo a Delhi del segretario di stato americano, era stato disegnato come il tentativo di pacificare le posizioni indiane e quelle pachistane, dopo che New Delhi aveva detto di avere le prove del collegamento dei terroristi di Mumbai con Islamabad e aveva chiesto al Pakistan di consegnare 20 terroristi, che in vece Islamabad ha rifiutato per bocca del presidente Zardari che si è impegnato a processarli e condannarli in patria semmai si dimostrasse la loro colpevolezza. Invece la Rice ha preso subito posizione nei confronti del Pakistan, ricevendo da Mukherjee le prove del coinvolgimento pachistano negli attentati e ribadendo l’appoggio americano sulle investigazioni. Questa posizione ha ringalluzzito anche Mukherjee che, dopo il rifiuto pachistano sui 20 terroristi, era stato silente. “La nostra azione dipenderà dalla risposta che riceveremo dal Pakistan”, ha detto il capo della diplomazia indiana, ribadendo, attraverso la formula diplomatica della “necessità di proteggere l’integrità territoriale indiana e la sicurezza dei suoi cittadini”, che non esclude l’utilizzo delle armi. E lo ha detto dinanzi alla Rice che ha chiesto all’India di valutare la propria reazione contro il Pakistan in modo da evitare “conseguenze indesiderate”, esortando comunque i due paesi a collaborare. Per la Rice inoltre, non si può escludere il coinvolgimento di Al Qaeda negli attentati di Mumbai perché, ha detto il segretario di stato americano, “questo è un tipo di terrorismo nel quale partecipa Al Qaeda”. A Islamabad, intanto, non stanno a guardare. Il governo pachistano, per il tramite del ministro degli esteri Qureshi, ha fatto sapere di essere anch’esso pronto a tutelare l’integrità territoriale del suo paese. La visita di domani a Islamabad della Rice è stata preceduta da quella di oggi dell’ammiraglio Mark Mullen, capo di stato maggiore americano. Mullen ha esortato oggi il Pakistan a rafforzare la lotta contro i gruppi della Jihad. Ed oggi, ad una settimana esatta dall’inizio dell’assedio di Mumbai, mentre centinaia di migliaia di cittadini indiani sono scesi in piazza in tutto l’India per manifestare solidarietà alle vittime e protestare contro il governo chiedendo maggiori azioni e meno parole, la polizia ha trovato una, forse due, sacche con dell’esplosivo nel Chhatrapati Shivaji Terminus, l’ex Victoria Station, la stazione più importante di Mumbai. Si pensa che si tratti di parte dell’arsenale dei terroristi che hanno assaltato la capitale economica indiana. Sul cui numero, però c’è un giallo perchè da alcune evidenze investigative, pare che siano più dei dieci da sempre annunciati dalla polizia indiana, per cui almeno 14 di essi sarebbero ancora in giro. Il ministro della difesa di Delhi, AK Anthony, riunendo lo stato maggiore, ha allertato di possibili nuovi attacchi terroristici che potrebbero essere portati da piattaforme marine, che ricalcherebbero quelli alle torri gemelle americane. È mistero intanto sul numero dei partecipanti al commando che esattamente una settimana fa ha preso d’assalto Mumbai facendo circa 200 vittime. La televisione americana ABC, riferendo di fonti di intelligence americana (che tramite l’FBI sta partecipando alle indagini in India), ha rivelato che oltre al terrorista sopravvissuto e arrestato, unico del commando di 10 che ha tenuto Mumbai in assedio per tre giorni, ce ne sarebbero altri 14 che potrebbero portare a termine un’altra azione questa volta a New Delhi. Il Times of India rivela che la giornata più calda sarebbe il 6 dicembre, sedicesimo anniversario della demolizione della moschea di Babri ad Ayodhya nel 1992, demolita dagli induisti perché ritenuta costruita sul luogo sul quale era nato il dio Rama e la cui demolizione provocò feroci scontri fra le due comunità religiose. A tal proposito, soprattutto nell’aeroporto di New Delhi sono state aumentate le misure di sicurezza. Il giallo dei terroristi mancanti, il cui numero sarebbe stato rivelato da Azam Amir Kasab,il terrorista nelle mani della polizia indiana, è venuto alla luce anche da un’inchiesta indiana e rivelata da giornali indiani e dal Times, secondo la quale a bordo della Kuber, la barca con la quale i terroristi sono arrivati a Mumbai, c’erano prove della presenza di molti più uomini, almeno una ventina. Da Karachi a Mumbai i terroristi hanno utilizzato due barche, uccidendone l’equipaggio, ma lasciando prove della presenza di molti più uomini di quelli che la polizia indiana ha identificato come i terroristi uccisi. Inoltre, il commando, nell’abbandonare una delle due imbarcazioni, ha lasciato anche un telefono satellitare dal quale si sarebbe risaliti al numero usato in Pakistan da Mohammed Muzzamil alias Yusuf alias Abu Gurera, uno dei comandanti del gruppo terrorista Lashkar-e-Taiba. Il nome di Muzzamil è stato fatto anche da Kesab agli investigatori indiani e americani, come il capo e coordinatore dell’ “Operazione VTS”, nome in codice dell’assalto a Mumbai, i cui partecipanti, secondo Kesab, sono stati addestrati tutti in Pakistan
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La giornata in Pakistan
Riporto di seguito una serie di notizie che riguardano la giornata odierna in Pakistan. Partono dalle più recenti alle più vecchie.
Il presidente pachistano Asif ALi Zardari e il primo ministro Yousuf Raza Gilani sarebbero dovuti essere all’hotel Marriott sabato sera quando è esploso il camion bomba che ha provocato almeno 60 vittime e 260 feriti. Lo ha detto in conferenza stampa a Islamabad il ministro degli interni Rehman Malik. Il ministro ha spiegato che entrambi, insieme ad altri ministri e politici, oltre che a dignitari stranieri, avrebbero dovuto partecipare al ricevimento in onore di Zardari, in occasione del suo primo discorso da presidente dinanzi al parlamento riunito, organizzato dal presidente della camera Fehmida Mirza. All’ultimo momento, forse anche per il informazioni di sicurezza che avevano parlato di un attentato in quei giorni, il ricevimento è stato spostato alla residenza del primo ministro, non lontana dall’hotel Marriot. Malik ha ribadito che il bilancio delle vittime è ufficialmente fermo a 60, anche se ci sono alcuni corpi non identificati per i quali si dovranno fare dei test del DNA. Tra questi si cercano un diplomatico danese e uno egiziano.
Gli investigatori pachistani stanno cercando una cellula di Al Qaida che ha base ad Islamabad. Da qui sarebbero partiti i kamikaze che hanno messo a segno l’attentato.
Intanto a Peshawar è stato rapito il console afghano Abdul Khalil Farahi e uccisa la sua guardia del corpo.
Gli americani continuano ad entrare su suolo pachistano senza autorizzazione. E i pachistani non ci stanno e sparano. L’ultimo episodio stamattina, quando truppe pachistane hanno sparato contro elicotteri americani. Secondo la televisione pachistana Dawn, l’episodio e’ avvenuto nei pressi del villaggio di Lwara Mubndi, nel Nord Waziristan, a 80 chilometri dalla città più importante del distretto, Miranshah. Qui le forze di sicurezza pachistane, sia truppe regolari dell’esercito che forze paramilitari sotto il comando del ministro degli interni pachistano, sono impegnate da mesi in scontri con i taleban e militanti di al Qaida. Non ci sono commenti immediati da parte dei militari pachistani ne’ da parte di ufficiali americani di stanza in Afghanistan. Un altro episodio simile era stato registrato la settimana scorsa nella stessa area, ma fu smentito da entrambe le parti in causa. Si parlo’ di militanti delle tribù pachistane che, spaventati dalle incursioni aeree, avevano sparato in aria per impedire l’arrivo di soldati americani.
Sono considerate concluse, in molte parti dell’Hotel Marriott, le operazioni di ricerca di altre vittime. Lo riferisce la televisione pachistana Geo Tv. I soccorritori avrebbero cercato in tutte le 298 stanze dell’albergo e nella maggior parte della struttura e, secondo quanto ha riferito la tv, non ci sarebbero possibilità di trovare altre vittime nell’albergo distrutto. Gli investigatori hanno comunicato di aver completato le prime indagini sull’attentato terroristico e che un primo dossier sulle modalità dell’attentato sarà reso noto oggi. Gli ingegneri hanno detto che la struttura e le fondamenta dell’albergo sono solide e sicure, il piano terra e il tetto sono state danneggiati dall’esplosione. Nonostante il crollo di una piccola parte della parte posteriore, gli ingeneri escludono la possibilità che l’intera struttura possa crollare. Sadruddin Hashwani, il proprietario pachistano dell’albergo, ha detto di voler ricostruire in tre mesi l’hotel e che nessun dipendente perderà il lavoro.
La British Airways ha deciso di sospendere i voil in Pakistan. “Abbiamo provvisoriamente fermato i nostri voli verso il Pakistan in seguito all’attentato suicida di sabato”, ha detto all’Afp, Sohail Rehman, portavoce del portavoce di British Airways a Islamabad. L’ultimo collegamento aereo Londra-Islamabad assicurato dalla compagnia aerea britannica risale a ieri. “La nostra sede di Londra sta valutando la situazione e, per il momento, non siamo ancora in grado di fornire informazioni sulla ripresa delle nostre operazioni”, ha aggiunto il portavoce.
Potrebbe esserci il gruppo jihadista taleban Harkatul Jehadul Islam (HUJI) dietro l’attentato di sabato sera all’hotel Marriott di Islamabad e non il Tehrik-e-Taliban di Baiatullah Mehsud come si è detto dall’inizio delle indagini. Lo scrive stamattina il quotidiano The News, riferendo informazioni di intelligence. Secondo quanto scrive il quotidiano, l’attacco di sabato ha dei precedenti chiari nei modi e per i materiali usati, che fanno pensare al coinvolgimento dell’Huji. In particolare, sono quattro gli attentati simili a quello di sabato sera che fanno propendere per la responsabilità dell’Huji anche nell’attacco al Marriott. Il 4 marzo di quest’anno, un kamikaze tentò di sfondare il cancello di ingresso del Naval War College di Lahore, facendosi esplodere con il suo camion pieno di esplosivo. Dopo sette giorni, l’undici marzo,sempre a Lahore con le medesime modalità fu preso d’assalto il quartier generale della Federal Investigation Agency (FIA). A giugno, il 3, l’obiettivo fu l’ambasciata danese ad Islamabad. Il 25 dicembre del 2003, invece, due kamikaze a bordo di autobomba, cercarono di far saltare in aria il convoglio di auto che trasportava e seguiva l’allora presidente Pervez Musharraf. L’Huji è anche ritenuto responsabile dell’attentato al ristorante italiano di Islamabad ‘Luna Caprese’ che a marzo scorso fece un centinaio di feriti e una vittima. Secondo l’intelligence pachistana, il movimento si muoverebbe per effettuare pressioni sul governo affinché rinunci alla sua alleanza con gli Usa, sarebbe questo il motivo dietro la scelta dell’obiettivo colpito sabato sera, un albergo di una catena americana molto frequentato da occidentali, in particolare statunitensi.
Due sospetti terroristi legati all’attentato di sabato sera all’hotel Marriott di Islamabad sono stati arrestati dalla polizia pachistana. Lo riferisce la televisione Dawn. I due sarebbero legati ad al Qaida e uno dei due già ricercato per un tentativo di uccisione dell’ex presidente pachistano Pervez Musharraf. L’arresto è avvenuto a Gujaranwala, una città della provincia orientale pachistana del Punjab, tra Lahore e Islamabad. Altre tre persone sono state arrestate, per essere interrogate, in una moschea del distretto di Kharian, tra Lahore e Islamabad.
Il governo federale pachistano ha deciso di intensificare le operazioni anti-terrorismo nella zona del FATA, l’acronimo con il quale sono note le zone tribali della parte occidentale del paese ai confini con l’Afghanistan. Secondo la televisione pachistana, nelle prossime 48 ore sarà dato il via ad una possente operazione delle forze di sicurezza in quei territori, da dove si crede siano partiti i terroristi responsabili dell’attentato di sabato sera. Sarà anche aumentato il numero dei militari che operano nei distretto dello Swat e di Bajaur e in altri distretti tribali teatro, nell’ultimo anno, di scontri cruenti tra ribelli ed esercito. Scopo del governo, dice la televisione, è di non mostrare nessun segno di cedimento nei confronti dei ribelli.
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Sono su Wikipedia come attore
La mia carriera sta prendendo una accelerata incredibile. Grazie al grande Andrea Filacchioni, presidente della società di accreditamento e altro After, sono stato inserito, come è giusto data la mia esperienza, nel cast di Dilli 6.
Clicca qui per vedere il documento che testimonia l’iscrizione
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E’ nata una stella
Devo proprio ammetterlo. Sono nato per fare l’attore. A dire il vero me lo ha sempre detto anche mia moglie quando accampo scuse su ritardi e strane situazioni. Ma questa è un’altra storia.
Se avessi ancora qualche dubbio su quanto siano incasinati, non organizzati e fanfaroni gli indiani, l’esperienza di oggi me lo ha confermato del tutto. Davvero non capisco come riescano a fare tutti sti film ogni anno e, in maniera più generale, a mandare avanti sto paese.
Detto questo, vi racconto la giornata nella quale ho preso parte come comparsa, con il ruolo di pilota, la film di Bollywood Dilli 6. Arrivo all’aeroporto alle 8.30, vado alla prova costume. Primo problema. Non hanno mai preso in considerazione le misure che avevo mandato via mail per cui mi hanno presentato un costume da pilota che non sarebbe entrato neanche ad Anna Chiara. Un sartino si è messo ad aggiustarlo e con una pezza qui, una là, lo ha fatto della mia misura. Giacca con le mostrine gialle, cappello, cravatta, camicia e pantalone. Mi hanno scelto per fare il pilota perché avevano bisogno di un pilota occidentale. Ma non avevano nomi occidentali sulle targhette, così me ne hanno messo uno che a loro poteva sembrare tale, ma che era indianissimo. Ma chissenefrega. Ovviamente, non avevano scarpe della mia misura, una semplicissima 43. E così mi hanno messo delle scarpe da trekking. “Tanto sono nere” mi hanno detto.
Erano le 10. Vado nel terminal dove qualcuno ci doveva chiamare. Aspettate solo 5 minuti, hanno detto a me, alle due hostess che avevo (una francese particolarmente carina, alla quale avevano dato una gonna cortissima per la gioia di tutti noi e delle scarpe per Barbie), e agli altri stranieri che dovevano fare i passeggeri. Alle undici sono andato a farmi aggiustare il pantalone. Si è rotta la cerniera. Pensando di non avere tempo, ci ho messo sue spille da balia.
Alle 12 siamo andati nell’altra parte del terminal, abbiamo consegnato i passaporti per avere i permessi e abbiamo aspettato i classici cinque minuti. Alle 13.00 ci hanno detto che i permessi non erano ancora arrivati. Allora sono andato a farmi cambiare la cerniera. Alle 13.30, ci hanno detto che era arrivato il pranzo.
Dovevate vederlo, il pranzo: tre scodelle di ferro nelle quali con le mani e con una specie di cucchiaio, i “cuochi” ti servivano in piatti di plastica due qualità diverse di riso e una cosa di yogurt e cereali. Ho bisogno d’un cucchiaio. C’è un omino che li distribuisce, di plastica. Solo che sono attaccati. E questo che fa? Come se dovesse contare i soldi, mette l’indice e il pollice in bocca, li bagna con la lingua e prende il cucchiaio, ovviamente dalla parte cava. Meglio mangiare con le mani.
Dopo questo lauto pasto e dopo aver buttato il piatto di plastica per terra dietro costrizione della troupe, siamo tornati nel terminal. Alle 16 abbiamo saputo che i permessi non arrivavano, per cui hanno deciso di spostare all’esterno la scena. Alle 18 eravamo pronti. Io ero, insieme alle due hostess, il secondo della fila di persone con carrelli che dovevano passare dinanzi alla telecamera mentre il protagonista maschile, Abishek Bachachan, arrivato a Delhi, con sua madre impersonata da Waheeda Rehman (una delle storiche attrici di Bollywood), erano accolti da un altro famoso attore, Rishi Kapoor.
Dietro di me c’era uno stronzo indiano sui 50 anni, un omino che voleva per forza apparire. Mi spingeva, dando con il suo carrello botte sui miei talloni. Ha capito che doveva smetterla quando mi sono girato e in perfetto torrenunziatese l’ho mandato a quel paese. Doveva capire il torrenunziatese, forse aveva degli antenati in zona, dopotutto era fetente come i torrenunziatesi (licenza corallina). Scherzo (riferito ai torrenunziatesi he hanno avuto l’onore di avermi studente al mitico Liceo Scientifico Pitagora di Via Rovereto).
Abishek era di fianco a me. Uno stronzo. Antipatico. Non si è degnato di rivolgere la parola, uno sguardo, un sorriso. La Rehman invece era molto dolce, guardava e sorrideva a tutti. Abi è antipatico. Ho scoperto il suo lato migliore: la moglie, l’ex miss universo Aishwarya Rai. Ho saputo poi leggendo il Times of India che il povero Abi si trovava a Connaught Place poco prima dello scoppio delle bombe.
Abbiamo fatto il percorso 20 volte, avanti e indietro, non per colpa nostra, venendo ripresi da due diverse angolazioni. Un’ora e mezzo di girato, per forse 2 minuti di film.
La cosa che mi ha impressionato è la disorganizzazione. Nessuno sapeva cosa fare ed erano centinaia e centinaia di persone di troupe. Una cosa megagalattica. Tutti con un tesserino bianco (altro che badge a prova di tutto che fa l’After) con un timbro della produzione. Badge senza nessun criterio di sicurezza, senza foto, solo con un nome, che venova girato da una persona al’altra. Ad un certo punto me ne è stato offerto uno con il nome Craig, subito dopo che, davanti alla polizia, era statoi fatto l’appello e mi avevano chiamato con il mio nome. Furbi.
Nessuno ci diceva niente, tanto che qualche comparsa se ne è andata. Io no. Non tanto per le 1500 rupie (meno di 30 euro) che ci davano, ma perché avevo preso un impegno e , si sa, noi napoletani ci teniamo a queste cose.
La scena che abbiamo girato è stata cambiata, perché all’inizio dovevamo girare una scena in aereo con me alla cloche e un’altra al baggage claim. Ma i permessi non sono arrivati per entrare all’interno del terminal. Ci hanno spiegato che la cosa non è stata possibile a causa delle bombe di sabato che hanno fatto alzare il livello di sicurezza. Per cui, per noi stranieri, non c’erano le autorizzazioni del ministero degli interni indiano. In verità, l’autorizzazione non ‘era neanche per gli indiani, che avevano solo il tesserino di cui sopra, ma il pericolo eravamo noi stranieri. Forse i poliziotti non sapevano che le bombe a Delhi le hanno messe degli indiani, e non un italiano, francesi, un danese, un paio di inglesi, una belga e una brasiliana.
Inutile dire che non ci hanno permesso di riprendere immagini con i nostri telefonini. Il regista era simpatico, alcuni della troupe, composta da soli ragazzi, pure. Alla fine è stata una esperienza carina, anche se molto stancante. Ma credo di aver finito qui la mia esperienza ocn Bollywood. La lascio agi altri. Io, oramai, sono lanciato verso altri lidi.
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