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In migliaia piangono Jyoti Basu, padre dei marxisti indiani

Non sara’ cremato il leader marxista indiano Jyoti Basu, morto ieri a Calcutta. Basu, infatti, diversi anni fa ha espresso il desiderio di donare il suo corpo per ricerche scientifiche e i suoi organi per trapianti. Ma, questo, non ha impedito a migliaia e migliaia di cittadini di Calcutta di andare nella casa di funerali dove il corpo dell’anziano leader riposa ora, per onorare l’uomo che per 23 anni consecutivi e’ stato primo ministro dello stato, fino al 2000. Il corpo di Basu domattina uscira’ dal Peace Haven per essere portato in corteo, attraversando il centro di Calcutta, al quartier generale del Communist Party of India – Marxist, del quale l’anziano politico e’ stato fondatore insieme ad altri nel 1964. Il corteo funebre, poi da qui ripartira’ passando all’esterno dei palazzi delle istituzioni, soprattutto quelli nei quali Basu, morto a 95 anni dopo un ricovero di 17 giorni in ospedale a causa di problemi respiratori, ha operato per anni. Il corpo di Basu poi sara’ ospitato nel palazzo del governo dello stato dove ci sara’ la commemorazione civili per poi terminare in serata in ospedale dove saranno rispettate le volonta’ dell’anziano leader. Jyoti Basu e’ stato uno dei piu’ importanti politici indiani. Riconosciuto dalla Cina come un amico, Basu si schiero’ addirittura contro il governo di New Delhi quando scese in guerra contro la Cina per la rivendicazione di alcuni confini comuni. Era l’ultimo tra i fondatori del CPI-M ad essere ancora in vita. Fu lui a portare alla vittoria e al governo in West Bengala i comunisti marxisti nel 1977, governo che dura tutt’ora. La caduta del comunismo sovietico non blocco’ la sua carriera, ma anzi, gli diede la possibilita’ di riformare il partito e agevolare lo sviluppo dello stato, tanto da diventare quasi una figura mitica tra i cittadini del West Bengala.

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Il Pakistan risponde ed ammette. Soldi anche dall’Italia

Il Pakistan ha risposto al dossier indiano con le investigazioni sugli attentati che a novembre scorso a Mumbai fecero 179 morti, ammettendo che ”parte della cospirazione e’ stata organizzata sul suolo pachistano”. Lo ha detto oggi in conferenza stampa, presentando a Islamabad il dossier di risposta, Rehman Malik, consigliere agli interni del primo ministro, in pratica il ministro degli interni pachistano. Malik ha spiegato che azioni legate all’organizzazione degli attentati di Mumbai sono state messe in atto in diversi altri paesi, tra i quali Italia, Spagna, Russia e Stati Uniti. In particolare in Italia, secondo le risultanze investigative pachistane, sarebbero transitati alcuni soldi. La risposta pachistana, attesa lungamente dall’India e arrivata dopo diversi rinvii, e’ stata accolta favorevolmente dal governo di New Delhi che, per bocca del ministro degli interni Chidambaram, ha parlato di ”positivo sviluppo” nelle relazioni dei due paesi. L’India aveva inviato il dossier il 5 gennaio scorso, chiedendo a Islamabad di rispondere quanto prima sulle accuse che puntavano al Pakistan e a gruppi pachistani per l’ideazione e la gestione dell’attentato di novembre. Malik ha detto che le indagini pachistane hanno portato a scoprire la colpevolezza in qualita’ di organizzatore degli attentati di Hamad Amin Sadiq, vicino al Lashkar-e-Taiba (LeT), il gruppo terrorista indicato da Delhi come il principale colpevole. Il governo pachistano ha ammesso la colpevolezza del LeT, in particolare del comandante delle operazioni Zaki-ur-Rehman Lakhvi e dell’esperto di comunicazioni Zarar Shah, che avrebbero addestrato i 10 componenti del commando che per tre giorni ha tenuto in pugno la capitale economica indiana. Malik ha comunicato ai giornalisti che il governo ha aperto un procedimento penale, tramite denuncia, nei confronti di coloro che ritiene implicati negli attentati, spiegando di aver rintracciato le comunicazioni telefoniche che portano alla rete di contatti in Pakistan e all’estero, oltre ad aver rintracciato il luogo dal quale sono partiti i gommoni alla volta di Mumbai. Il governo pachistano, nel consegnare all’India il dossier, ha chiesto a Delhi di rispondere a 30 altri quesiti lasciati irrisolti e ha chiesto l’esame del DNA di Kasab, l’unico attentatore sopravvissuto e in custodia dalla polizia di Mumbai.

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Firmato accordo tra India e AIEA

L’India ha siglato con l’Aiea (l’Agenzia internazionale per l’energia atomica) un importante documento di salvaguardia che permetterà ai tecnici dell’organizzazione internazionale con sede a Vienna di ispezionare le centrali nucleari indiane, ultimo stadio verso la totale liberalizzazione del mercato nucleare con l’India. Lo scrive l’agenzia Pti. Con l’intesa di oggi, l’India esce definitivamente dall’isolamento nucleare durato 34 anni e che ha tolto al Paese di Gandhi, che non ha mai firmato l’accordo di non proliferazione nucleare, di approvvigionarsi di carburante e tecnologie nucleari da altri Paesi. L’ambasciatore indiano a Vienna Saurabh Kumar e il direttore generale dell’Aiea Mohamed El Baradei, hanno siglato l’intesa, che dovrà essere ratificata dal governo indiano. I Paesi che hanno già stretto accordi nucleari con l’India (Stati Uniti, Francia, Russia e Kazakhstan in ordine temporale) potranno ora ratificare questi accordi e iniziare le forniture.

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