Archivi tag: sacrifici animali

In Nepal festa religiosa con il sacrificio di oltre 300000 animali

Comincia oggi in Nepal una delle piu’ importanti feste religiose durante la quale oltre 300000 animali vengono sacrificati. Il Gadhimai festival, durante il quale si venera la dea della potenza, ha visto il via stamattina alle 2.45 a Bariyapur, nella parte meridionale del Nepal, con l’inizio dell’arrivo di milioni di devoti provenienti anche dall’India. Ma anche la presenza di attivisti animalisti che protestano. Ad aprire il festival religioso, il ministro della salute nepalese Umakanta Chaudhri che ha raggiunto il tempio vecchio di 260 anni dedicato a Gadhimai, per dare inizio al festival. Non senza polemiche. A parte quelle sulla sicurezza, visto che il Nepal da settimane registra problemi a causa degli ex ribelli maoisti, a tenere banco sono le polemiche animaliste. Attivisti per i diritti degli animali di tutto il mondo, tra i quali Brigitte Bardot, hanno scritto al presidente nepalese chiedendo la fine della festa e, soprattutto, della mattanza degli animali. ”Personalmente trovo difficile da immaginare – ha scritto la Bardot al presidente nepalese Ram Baran Yadav – che il suo cuore possa approvare questa crudelta’, sapendo che lei, essendo il capo di un paese, e’ anche responsabile della cosa”. Almeno 40000 bufali, arrivati principalmente dall’India, saranno sacrificati insieme a molti altri animali nel piu’ grande sacrificio animale di tutto il mondo. Dinanzi al tempio stamattina, anche attivisti di organizzazioni animaliste nepalesi e indiane che manifestavano contro i sacrifici di massa degli animali. Il governo nepalese si e’ lavato le mani, rispondendo agli attivisti di non avere il potere di fermare la festa religiosa. Il ”piccolo Buddha”, Ram Bahadur Bomjan, il giovane che ha meditato nella foresta per settimane senza mangiare ne’ muoversi, ha meditato nei pressi del tempio di Gadhimai per chiedere la fine del massacro, cosi’ come maestri e monaci tibetani che hanno recitato mantra (preghiere buddiste) intorno al tempio. Oltre 1100 agenti di polizia sono stati dispiegati in zona per evitare scontri. La festa di Gadhimai si celebra ogni cinque anni nella citta’ di Bariyapur. Fino a 500000 animali vengono sacrificati da 250 ‘sgozzatori’ autorizzati. I primi animali ad essere sacrificati son i bufali, seguiti poi da capre, pecore, polli, piccioni ed anche topi. Circa 5 milioni di fedeli sono attesi alla festa, la maggior parte dei quali provenienti dall’India. La tradizione vuole che nei due giorni della festa, vengano sacrificati animali alla dea della potenza, assetata di sangue. Su internet si trovano video, ma sono troppo cruenti per me da postare.

11 commenti

Archiviato in Diario dal subcontinente

Rivolta degli intoccabili del Nepal: non mangeremo animali sacrificali

Gli intoccabili nepalesi sono sul piede di guerra e minacciano di boicottare l’importante festa religiosa di Dashain che cade fra pochi giorni. I dalit da sempre vengono chiamati, in occasione di Dashain e di altre ricorrenze religiose, a raccogliere i resti degli animali sacrificati durante le funzioni religiose e a consumarli. Questa pratica e’ riservata a loro, perche’ gli animali sacrificati sono considerati impuri e nessun induista ne puo’ mangiare, altrimenti ne paga in termini di merito per la vita futura. Ma le carcasse dei bufali, galline, oche che vengono offerte alla dea Durga, dea della potenza, quest’anno rischiano di restare nei templi, perche’ i Dalit non vogliono piu’ consumare le loro carni. Soprattutto i giovani dalit si stanno ribellando, spiegando la loro decisione con il fatto che questa pratica aggrava lo stato di discriminazione in cui sono costretti a vivere. La protesta dei Dalit e’ stata appoggiata anche da diverse associazioni per i diritti umani, ma e’ osteggiata da organizzazioni induiste che vogliono mantenere le tradizioni.

1 Commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

A Calcutta, tra arte e spiritualità

Non c’è che dire, Calcutta è sempre la stessa. Bella, sporca, disordinata, decadente, fatiscente, coloniale, come solo Calcutta può esserlo. Una città unica al mondo, anche se non so se potrei viverci. La qualità della vita è veramente bassa e non resisterei di continuo in quei club internazionali post coloniali che rappresentano l’unico svago degli expat nella città della gioia.

Ci sono tornato due fine settimane fa, per vedere una mostra d’arte di Serena, la figlia di Sergio. La mostra GenNextIII mi ha impressionato, ci sono raccolte opere di giovanissimi artisti contemporanei da tutto il mondo, anche se principalmente indiani. L’arte contemporanea in India si sta sviluppando molto e gli artisti indiani sono molto richiesti. Basti pensare che il gallerista di Calcutta che ha organizzato la mostra, mi ha mostrato un suo libro nel quale analizza il prezzo di beni di investimento (oro, etc) confrontandoli con le opere d’arte. Queste ultime hanno avuto un valore in crescita costante.

Serena ha presentato due opere, davvero interessanti. Infatti è stata molto apprezzata e ha conquistato le prime pagine dei giornali della capitale culturale dell’India, un titolo che nessuna città del subcontinente riuscirà mai a strappare a Calcutta dove, in effetti, al di là del fatto che vengano organizzate numerose manifestazioni, si respira un’aria diversa (e non a causa dell’inquinamento) tra i suoi vecchi palazzi.

Immancabile il pranzo delizioso con i colleghi di Marianna al consolato di Calcutta. Stavolta, a differenza della prima, siamo andati in un altro club, il Tollygunge club, uno dei più vecchi ed esclusivi, nonchè grandi, con un campo di golf e i ricchi indiani che, al posto degli inglesi colonizzatori, ora lo frequentano.

Ma l’andata a Calcutta è coincisa anche con la Durga Puja, la più grande festa dei bengalesi, durante la quale si venera Durga, una delle incarnazioni, come Kali, di Parvati, la moglie di Shiva. In onore della dea vengono realizzate statue in cartapesta raffiguranti Durga con le sue almeno sei braccia, tutta ornata di gioielli, vestiti scintillanti, e circondata da altre raffigurazioni sacre e mitologiche indù.

Queste statue, che sono continuo oggetto di venerazione, vengono custodite in pandal, dei templi costruiti per l’occasione utilizzando cartapesta, bambù e altro. Al termine della festa, i pandal vengono distrutti e la statua della dea lasciata nelle rive del Gange o dello Hoogly, il fiume di Calcutta.

La festa è scintillante, c’è casino dovunque. Calcutta è la capitale della Durga Puja e tutti sono eccitati, anche se quest’anno c’era il problema della Tata e la chiusura della fabbrica a rendere le cose più tristi.

Anche noi abbiamo visitato dei pandal e, soprattutto, siamo andati (Marianna, Anna Chiara, io e Oscar, un amico svedese di Sergio), a visitare il Kali Temple, al Kali Ghat, il tempio più sacro di Calcutta che ha dato il nome alla città, dedicata alla incarnazione di Parvati che distrugge i demoni, assetata del loro sangue da qui la faccia nera della morte e la lingua rossa. Sin dalle prime luci dell’alba centinaia, poi migliaia, di fedeli affollano la piccolissima struttura per pregare la piccola statua nera della dea. All’esterno, oltre ai negozietti che vendono oggetti rituali, pellegrini e mendicanti, anche gli animali che vengono sacrificati alla dea. Al Kali Temple, infatti, è ancora viva la tradizione del sacrificio animale. Fino a qualche anno fa, venivano sacrificati anche gli uomini, ma la pratica è stata vietata dalla legge.

Per ovviare a questo, gli indiani hanno escogitato il sistema del cocco. Questo frutto viene tagliato in maniera tale che ne resta il cuore e un ciuffetto, che simboleggia una testa con capelli. Il cocco, inoltre, contiene il latte che, una volta rotto, si disperde, come il sangue quando si taglia un corpo. Infine, quando si apre un cocco, all’interno si trovano tre puntini neri, come se fossero due occhi e un naso. Rompere e offrire alla dea un cocco è come offrire un umano.

Per ovviare alla fila che alle 7 etra già immensa, abbiamo usato il metodo indonapoletano. Abbiamo beccato uno dei tanti brahmini che vogliono obbligatoriamente farti fare una puja, una preghiera rituale, gli ho dato un po’ di rupie che lui ha sapientemente diviso con la polizia, e così siamo passati davanti alla fila. Ogni santone è paese.

Ma per me la visita di Calcutta non può essere considerata tale senza tre cose: Kallol, Madre Teresa e Annamaria.

La visita ai centri di Kallol Gosh, dove abbiamo partecipato prima al coro dei bambini malati di HIV ad Anandaghar, poi assistito allo spettacolo dei bambini con ritardi mentali di Apanjan, è stata come al solito super. Questi bambini, nonostante tute le loro disabilità, hanno messo in scena alcuni quadri dalla vita di Durga e degli altri dei, rigorosamente in costume. Come guest of honour, insieme a due politici e a Sergio, ho dovuto anche tenere un discorso, mentre Anna Chiara mi faceva da claque tra la gente. Lo spettacolo e l’impegno dei bambini sono stati egregi ed è bello vedere il lavoro che fanno in questi centri per aiutare i bambini sfortunati, raccolti per strada dopo essere stati abbandonati. Un’opera alla quale tutti possono contribuire, come già fanno molti napoletani di MondoAmico. E, credetemi, i soldi sono ben spesi.

Hanno completato il quadro un fotografo fortemente strabico (non so cosa vedesse nell’obiettivo) e un operatore video con la gobba, tutto piegato.

Una preghiera sulla tomba di Madre Teresa, con Anna Chiara che porta scompiglio nel piccolo convento, presa simpaticamente in cura e passata di braccia in braccia tra tutte le suore, è immancabile.

Inutile dire che, per suggellare la visita, siamo andati a cena da Annamaria e il suo Fire and Ice, la migliore pizzeria del sub continente asiatico.

La ciliegina sulla torta del viaggio è stata la business class al ritorno. Su questa storia devo fare una premessa. Venerdì, poco prima di partire da Delhi per Calcutta, ricevo un sms dalla Jet Airways, di solito una buona compagnia, che mi avvisa che il mio volo di ritorno di domenica alle 20 era stato cancellato e che ero stato riprotetto alle 17. Significava lasciare l’albergo alle 13 visto il traffico della città. Ho chiamato il call centre, ma non c’è stato nulla da fare. Così il colpo di genio. Chiamo il responsabile stampa della compagnia, le dico che io domenica ho una intervista con il primo ministro dello stato alle 16, quindi non posso partire alle 17. Delle due l’una: o mi trovano un altro volo, oppure mi pagano l’albergo e mi fanno partire di lunedì. A meno che nono volessero dire al primo ministro che non sarei potuto andare.

Detto, fatto: ritorno di domenica su volo Indian Airlines, in business class. Con conseguente show di Anna Chiara a bordo.

Unita nota triste e negativa? Probabilmente questa è l’ultima volta che vado a Calcutta. A maggio lasciamo l’India e… chissà.

8 commenti

Archiviato in Diario indonapoletano