Archivi tag: scontri

Ancora scontri in Orissa

Continuano, per il settimo giorno consecutivo, le violenze nello stato dell’Orissa che hanno come oggetto la comunità cristiana. Nonostante il coprifuoco imposto dalla polizia con l’ordine di sparare a vista, stamattina ci sono stati scontri per strada in diverse parti del distretto di Kandhamal, con violenze a Phulbani, Phiringia, Tikabali e Udayagiri. Un ufficiale di polizia ha raccontato all’agenzia IANS che una folla inferocita ha bloccato le strade e la polizia sta cercando di riportare la calma. Oltre 4000 agenti di polizia sono stati dispiegati nel solo Kadhamal e la polizia ha arrestato 137 persone nel distretto da sabato. La polizia ha detto che nel resto dello stato la situazione è calma. Intanto oggi tutti gli edifici e le scuole cattoliche nello stato restano chiuse come quelle del resto del Paese per protestare contro gli attacchi alle comunità cristiane. Non è chiaro ancora quante vittime ci siano state. La polizia parla di 11 vittime, la stampa locale di 17 con il ritrovamento di 13 cadaveri. Asit Kumar Mohanty, coordinatore regionale dell’Orissa del Consiglio Globale degli indiani Cristiani, ha parlato di 30 vittime da sabato. All’agenzia IANS, Mohanty ha detto che 10mila famiglie cristiane sono scappate dalle loro abitazioni per rifugiarsi nella foresta e le loro case sono state distrutte dalle fiamme degli assalitori hindu. Ventimila le case bruciate e 4000 i feriti. Il governo ridimensiona i numeri di Mohanty, parlando di 4000 famiglie cristiane che hanno lasciato le loro case. Il premier indiano, Manmohan Singh, durante l’incontro di ieri sera a Delhi con una delegazione della conferenza episcopale indiana, tra i quali l’arcivescovo di Delhi Vincent M. Concessao e il vescovo di Bubaneshwar, capitale dell’Orissa, Raphael Cheenath, ha detto che le violenze in Orissa sono “una vergogna”.

Lascia un commento

Archiviato in Vita indiana

Tibet, Lhasa in fiamme per le proteste

Manifestazioni di protesta anticinesi sono sfociate in violenze a Lhasa, in Tibet, secondo testimoni che parlano anche di un mercato che sta andando a fuoco nel centro della città. Voci non confermate parlano della proclamazione dello stato d’ emergenza nella principale città del Tibet, dove nei giorni scorsi migliaia di monaci buddhisti e laici tibetani hanno dato vita a proteste contro “l’ occupazione” cinese. Radio Free Asia, l’ emittente del governo degli Usa, ha citato testimoni secondo i quali la polizia ha impedito oggi con la forza ai monaci del monastero di Ramoche di tenere una manifestazione. Un residente citato dal sito web Times Online ha affermato che la situazione “é molto pericolosa” e che “nelle strade tibetani combattono contro cinesi”. Altri testimoni hanno detto che il mercato di Tromisikhang, sta andando a fuoco nel centro di Lhasa. Nei giorni scorsi manifestazioni contro la Cina e a favore del Dalai Lama, il leader tibetano che dal 1959 vive in esilio in India, si sono verificate in molte zone a popolazione tibetana nelle province del Qinghai e del Gansu.

Intanto, sono stati condannati a 14 giorni di detenzione I 100 attivisti e I due organizzatori della Marcia di ritorno al Tibet, la manifestazione di protesta contro l’occupazione cinese in Tibet, organizzata a Dharamsala, nel nord dell’India, e che in tre mesi avrebbe dovuto portare I cento a raggiungere Lhasa. I manifestanti, arrestati ieri dalla polizia indiana, si sono rifiutati di firmare un documento con il quale si impegnavano a non partecipare piu’ a manifestazioni di protesta anti cinese nel territorio indiano per i prossimoi 6 mesi. I 100 sono stati rinchiusi nelle stanze dello Yatri Niwas, una giuest house governativa nella citta’ di Jwalamukhi, nella zona di Dehra, dove si trovavano ieri, a 53 km da Dharamsala, sede del governo tibetano in esilio. La polizia indiana ha organizzato dei posti di blocco in tutta l’area, controllando anche tutti gli autobus che parlano da Dharamsala. Ad alcuni di questi autobus e’ stato ordinato di tornare indietro. ‘’Condanniamo questa decisione presa dalle autorita’ indiane di trattare i manifestanti tibetani come criminali – ha detto Chime Youngdrung, presidente del National Democratic Party of India e membro del comitato organizzatore del Movimento per la rivolta del Popolo Tibetano. ‘’La marcia del popolo tibetano e’ una iniziativa non violenta che intende aiutare la fine delle sofferenze che il popolo tibetano patisce sotto la brutale occupazione cinese. Tutti i partecipanti alla marcia restano saldi nella loro intenzione di continuare. Chiediamo l’immediato e incondizionato rilascio di tutti i detenuti e che le autorita’ indiane garantiscano il loro passaggio attraverso il territorio indiano’’. Intanto a Lhasa in Tibet, secondo fonti tibetane indiane, continuano le proteste. La polizia cinese ha chiuso e circonda tre dei piu’ importanti monasteri buddisti della capitale tibetana, Drepung, Sera e Ganden. Due monaci del monastero di Depung sarebbero in condizioni gravissime dopo aver tentato il suicidio, mentre i monaci del monastero di Sera sono in sciopero della fame. Si parla di centinaia di arresti e di torture da parte della polizia e la tensione a Lhasa e’ molto alta. Le autorita’ cinesi hanno incolpato dlele proteste sfociate lunedi’, il Dalai Lama. Secondo quanto riferiscono i media della diaspora tibetana, il portavoce del ministero degli esteri cinese, Qin Gang, avrebbe definito le protetse ‘’un deliberato complotto politico del gruppo del Dalai Lama per causare malcontento sociale, separare il Tibet dalla Cina e rompere la stabilita’, l’armonia e la vita normale del popolo tibetano’’.

5 commenti

Archiviato in Free Tibet