
Con una storica sentenza che fa breccia in una legge coloniale del 1860, l’alta corte di New Delhi ha dichiarato che l’omosessualita’ non e’ piu’ un reato. Ora spetta al governo nazionale e al parlamento riformare i codici per estendere l’efficacia della sentenza dal solo territorio della capitale federale a tutta l’India. Ci sono voluti anni di battaglie sociali, manifestazioni, parate gay pride e anche suicidi per portare a quella che dai media indiani viene vista come una sentenza epocale che ora passa la palla al parlamento, il quale fra problemi e divisioni, e’ chiamato ora a legiferare. La sentenza ha dichiarato anticostituzionale il reato di omosessualita’ perche’ discrimina una parte sociale, confermando la rilevanza penale dei rapporti non consensuali, soprattutto con minorenni. Fino a oggi una legge emanata sotto l’Impero britannico e confluita nella sezione 377 del codice penale indiano, puniva il ”sesso contro natura” fino a dieci anni. In alcuni casi, la punizione poteva anche arrivare all’ergastolo. La legge inoltre equiparava gli omosessuali a coloro che hanno rapporti con animali, e contro queste discriminazioni, il movimento omosessuale indiano aveva da sempre combattuto. Gli attivisti omosessuali nel 2004 avevano anche fatto ricorso al tribunale di Delhi, che respinse la richiesta bollandola come ”accademica”.

Tutte le petizioni sono state rigettate dalle autorita’ indiane che, almeno finora, hanno sempre considerato i comportamenti omosessuali contrari alla morale. I gruppi per la tutela dei diritti di gay e lesbiche da qualche anno stanno suffragando la loro lotta una nuova importante argomentazione: la lotta all’Aids. In India infatti vi sarebbero milioni di omosessuali a rischio Aids che, per paura del carcere, non denunciando la loro condizione e non hanno percio’ accesso alle cure mediche. Gia’ il ministro della salute – l’omosessualita’ in India e’ ritenuta infatti da molti una malattia – del passato governo, Ramadoss, si era impegnato a lavorare per depenalizzare il reato. Ma Ramadoss non riusci’ nel suo intento:: Palanippan Chidambaran, ministro degli interni alla fine del passato governo e in questo attuale, la settimana scorsa annuncio’ l’intento di voler riunire i suoi colleghi di gabinetto per analizzare il problema e arrivare alla depenalizzazione. Il giorno dopo il ministro della giustizia, pero’, dopo feroci critiche della comunita’ musulmana, freno’ dicendo che l’argomento non era in agenda. In base alla legge indiana, la sentenza di oggi vale solo per il territorio di Delhi e non per tutto il Paese, e dovra’ essere il governo a esprimersi sulla modifica del codice penale. Un mandato non facile: la sentenza e’ stata commentata da Shakeel Ahmed, portavoce del Partito del Congresso di Sonia Gandhi, con un laconico ”e’ una questione tra governo e tribunale”. La sentenza e’ stata salutata con slogan e canti in aula da un centinaio di attivisti dei diritti degli omosessuali, i quali hanno dichiarato la loro felicita’ per la depenalizzazione del loro status. Ma la stessa sentenza e’ stata subito condannata da alcuni leader religiosi indiani, soprattutto musulmani. ”E’ assolutamente sbagliato legalizzare l’omosessualita’, non accetteremo mai una legge del genere”, ha dichiarato alla tv l’ Imam della Jama Masjid di Delhi, la piu’ grande moschea dell’ India, Ahmed Bukhari. Anche il segretario dell’All India Muslim Peronsal Law Board, organismo che riunisce tutte le associazioni musulmane del Paese, il maulana Khalid Rashid Firangi Mahali, s’e’ dichiarato contrario alla sentenza: ”l’omosessulita’ e’ contro la religione e la sharia (la legge islamica, ndr)”. La Chiesa cattolica indiana, attraverso il Dominic Immanuel, pur ribadendo la sua contrarieta’ alle relazioni omosessualita’, e favorevole a rimuovere le discriminazioni contro gli omosessuali, che non rischiano piu’ l’arresto.

