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Scontri in Austria e in Punjab tra Sikh

Nei giorni scorsi c’è stata una sparatoria a Vienna tra Sikh che ha avuto ripercussioni in India, con scontri in Punjab, lo stato nor occidentale indiano patria del sikhismo, con due morti. Il mio amico Maro Restelli, orientalista, esperto di sikhismo, ha pubblicato sul suo blog questo post esplicativo.

LA CRONACA DEI FATTI. A Vienna domenica 24 maggio una banda di 6 fondamentalisti sikh, armati di coltelli e pistole, attacca il tempio di una setta sikh “eterodossa” (chiamata Ravidasia o Sach Khand Dera). Nel tempio si erano radunati circa 400 indiani per ascoltare i sermoni di due Sant, cioè di due autorità spirituali della setta. Durante l’attacco restano ferite una quindicina di persone, fra le quali uno dei due Sant, Rama Nand, che muore il 26 maggio. Questa serie di eventi ha due conseguenze immediate: 1) movimenti della destra austriaca chiedono al governo di Vienna misure restrittive nei confronti dell’immigrazione indiana; 2) manifestazioni di protesta e scontri di piazza si scatenano in Punjab – stato dell’India settentrionale a maggioranza sikh – ad opera dei Ravidasia, coadiuvati da gruppi di Dalit, cioè di fuoricasta o “intoccabili”.

Ad Amritsar, a Jalandhar e in altre città del Punjab vengono bruciate automobili e assaltati edifici pubblici; negli scontri fra manifestanti e polizia muoiono due persone. Per fronteggiare la situazione e allontanare lo spettro della guerra civile (che insanguinò il Punjab negli anni ‘80 e ‘90 del secolo scorso) le autorità politiche e religiose del Punjab si muovono su più fronti. Il Capo Ministro del Punjab, Parkash Singh Badal – che è un sikh – condanna duramente l’attacco sikh al tempio dei Ravidasi di Vienna, e contemporaneamente impone il coprifuoco nella città epicentro delle violenze, Jalandhar. Analoga dura condanna dei fondamentalisti sikh che hanno colpito Vienna viene espressa dal Primo Ministro dell’India Manmohan Singh – anch’egli un sikh – e dal partito sikh al governo in Punjab, lo Shiromani Akali Dal, che invita i commercianti a una serrata anti-violenza per martedì 26 maggio. Al momento in cui scriviamo, in Punjab regna la tensione ma la situazione pare sotto controllo.

I PROTAGONISTI E IL CONTESTO. UN’ANALISI CULTURALE. Il sikhismo (qui sotto il suo simbolo, il Khanda)

khanda

khanda

è una religione monoteista che propugna un rapporto diretto fra l’uomo e Dio. E’ la quinta religione al mondo per diffusione, e nacque in Punjab nel XV secolo ad opera di Nanak, primo di dieci Guru. Il libro sacro dei Sikh, il Guru Granth Sahib, contiene 5.894 inni di numerosi poeti e mistici fra cui Ravidas (nel dipinto qui a destra)

ravidas

ravidas

che fondò un movimento spirituale nel XIV secolo. E’ da lui che prendono il nome i Ravidasi, cioè i sikh “eterodossi” che hanno subìto l’attacco a Vienna e poi scatenato le violenze in Punjab. Sono noti anche come Sach Khand Dera perché il Sach Khand o “Regno della Verità” è lo stadio finale dell’ascesa spirituale secondo il Sikhismo, di cui i Ravidasi sono comunque “figli”. A differenza dei Sikh – sia del Khalsa sia di altre comunità minori – non hanno il tempio centrale in Punjab bensì a Varanasi; pregano con lo stesso libro sacro dei Sikh ma non lo considerano – come fanno invece i Sikh – un “Guru vivente”.

Ma la ragione alla base della disputa fra le due comunità non è tanto di carattere dottrinario (anche perché, è questo il paradosso, ciò che unisce i Sikh e i Ravidasi è molto più di ciò che li divide) bensì sociale: Ravidas era un fuoricasta, un “intoccabile”, considerato impuro a causa del suo lavoro di ciabattino, in cui lavorava le pelli di animali; tuttavia sostenne nei suoi inni che anche un fuoricasta può giungere a Dio, e che la divisione in caste è un errore. Divenne perciò un eroe dei fuoricasta del Punjab,  e ancora oggi il movimento che a lui si ispira, cioè quello dei Ravidasi, raccoglie  i suoi seguaci fra i fuoricasta, o Dalit, in particolare del gruppo dei Chamar, i ciabattini.

Anche il Sikhismo sostiene l’uguaglianza degli uomini davanti a Dio e nega il sistema delle caste, ma la divisione castale – benché cancellata anche dalla Costituzione dell’India moderna – resta comunque ancora oggi onnipervadente. In qualsiasi comunità sociale e religiosa (e il nucleo centrale dei Sikh in Punjab resta infatti di casta Jat). I protagonisti degli odierni scontri di piazza in Punjab, dunque, hanno manifestato per difendere la propria identità sociale di Dalit, offesa dall’attacco di Vienna. Perciò, trattandosi di un conflitto intercastale,  agli “eretici Sikh” Ravidasi si sono uniti in piazza anche i Dalit di religione hindu e buddhista (questi ultimi, seguaci di Ambedkar).
Il commento più appropriato a questa desolante situazione ci sembra quello fatto da un giovane blogger sikh: «Credo che questa sia una tragedia degli anni ‘80 e ‘90, quando in Punjab c’era la guerra civile». Il colpo di coda di un passato che sembrava chiuso per sempre. Sembrava…

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Il Pakistan ammette che i terroristi di Mumbai sono pachistani

Il governo del Pakistan ha ammesso oggi che è pachistano l’unico terrorista sopravvissuto degli attentati di Mumbai, Mohamed Ajmal Kasab, 21 anni, arrestato dopo gli attacchi e detenuto in India. E’ la prima volta che Islamabad conferma, anche se solo parzialmente, quanto gli indiani dicono dal primo momento: che i nove attentatori del 26-29 novembre erano tutti pachistani. “Siamo stati informati dalle autorità competenti che Ajmal Kasab è un cittadino pachistano” ha dichiarato un portavoce del ministero degli Esteri di Islamabad. Il giovane era stato arrestato il primo giorno degli attacchi, il 26, dopo aver compiuto una strage alla stazione ferroviaria. I suoi interrogatori sono uno degli elementi chiave dell’inchiesta indiana, insieme a intercettazioni telefoniche e dati gps. Il governo di New Delhi fin dal primo momento ha detto che gli attentatori erano pachistani e che gli attacchi erano stati preparati nel paese vicino. Islamabad ha sempre respinto le accuse, dicendo che Kasab era sconosciuto alle sue autorità. Il Pakistan tuttavia ha messo fuori legge l’organizzazione islamica Jamaat-ud-Dawa, braccio legale del gruppo terroristico Lashkar-e-Taiba, accusato da indiani, statunitensi e britannici degli attentati. I pachistani hanno anche arrestato decine di sospetti, fra i quali la presunta mente dell’attacco, Zakiur Rehman Lahwi. L’India quasi subito ha consegnato al Pakistan una lista di 40 sospettati da arrestare. Ma l’altro ieri, 5 gennaio, ha trasmesso a Islamabad i risultati delle indagini, una vera bomba politica. Secondo New Delhi, gli attentati sarebbero stati organizzati da Lashkar-e-Taiba con l’appoggio dei servizi segreti pachistani. “Ci sono prove sufficienti per dimostrare che gli attacchi di Mumbai, data la loro sofisticazione e precisione militare, hanno necessariamente ricevuto il sostegno di certe agenzie ufficiali del Pakistan”, ha dichiarato il premier indiano Manmohan Singh. Il governo di Islamabad subito ha respinto le accuse, ma oggi ha dovuto fare la prima ammissione. E non solo: oggi il premier pachistano Yousaf Raza Gilani ha licenziato il suo consigliere per la sicurezza nazionale, l’ex generale Mehmud Ali Durrani, fedelissimo dell’ex presidente Pervez Musharraf, accusandolo di “comportamento irresponsabile, per aver tradito la fiducia del primo ministro e di altri responsabili”.

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Per l’India, aprte tutte le opzioni contro il terrorismo

L’India manterrà tutte le opzioni aperte per smantellare “organizzazioni terroristiche” dopo gli attacchi a Mumbai dello scorso novembre. Lo ha detto oggi il ministro indiano della difesa che, senza nominare esplicitamente il Pakistan, non ha nascosto la frustrazione crescente di fronte alla convinzione che il paese vicino non intenda indagare pienamente sugli attacchi. “Anche dopo il 26 novembre -data degli attacchi di Mumbai- non c’é alcun serio tentativo in atto per smantellare le reti terroristiche ed è questa la maggior preoccupazione”, ha detto A.K. Antony ai giornalisti a New Delhi. “Faremo di tutto per impedire tutto questo e a tale scopo stiamo esaminando tutte le possibili opzioni disponibili, ma non posso dire ora quali”, ha aggiunto. Il primo ministro indiano Manmohan Singh ha accusato ieri il Pakistan di “isteria da guerra”, dopo che lunedì l’India aveva consegnato al Pakistan i risultati delle indagini sugli attentati di Mumbai, dai quali emergerebbero coinvolgimenti “dell’establishment” pachistano. Ufficiali indiani hanno intanto oggi riferito che ci sono finora sette morti -tre soldati e quattro militanti- nella battaglia combattuta da una settimana tra soldati indiani e un piccolo gruppo di separatisti nascosti nella remota zona montagnosa del Poonch, nel Kashmir.

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Brown in Pakistan la patria del terrorismo

Il premier britannico Gordon Brown, in visita oggi a New Delhi e a Islamabad, ha lanciato accuse pesanti al Pakistan, indicandolo come fucina di tre quarti delle azioni terroristiche che hanno preso di mira la Gran Bretagna. Brown ha chiesto un’azione ferma e congiunta contro il terrorismo, possibilita’ per Londra di partecipare alle indagini sugli attentati di Mumbai, impegno del Pakistan a non consentire oltre la permanenza di cellule terroristiche legate ad Al Qaeda sul suo territorio. Ma ha anche annunciato un aiuto di sette milioni di euro a Islamabad per aiutarla nella lotta al terrorismo, e ha cercato di gettare acqua sul fuoco delle tensioni fra Pakistan e India. Giunto nella tarda serata di sabato a New Delhi, Brown ha incontrato nelle prime ore di questa mattina, a colazione, il suo omologo indiano, Manmohan Singh. Dopo aver espresso all’India le sue condoglianze per le vittime di Mumbai (tra le quali anche un cittadino britannico), il premier ha detto che la Gran Bretagna sa che ”dietro gli attentati di Mumbai c’e’ Lashkar-e-Taiba”, un gruppo armato integralista islamico che si batte per sottrarre il Kashmir al controllo indiano. Una convinzione che Brown ha ribadito, poche ore dopo, anche al presidente pachistano Asif Ali Zardari, con il quale ha tenuto una conferenza stampa congiunta ad Islamabad. ”I tre quarti di tutti i complotti terroristici su cui si e’ investigato in Gran Bretagna sono riconducibili al Pakistan”, ha detto Brown ad Islamabad, aggiungendo che ”ora e’ tempo dell’azione e non piu’ delle parole”. Brown ha poi detto di voler ”aiutare il Pakistan a interrompere la catena del terrore” e ha proposto un ”patto anglo-pachistano” contro il terrorismo. Il premier britannico ha annunciato che la Gran Bretagna concedera’ a Islamabad sette milioni di euro da destinare, tra l’altro, ad un migliore addestramento delle squadre speciali antiterrorismo e al rafforzamento delle misure di sicurezza negli aeroporti. Nell’ottica della collaborazione e dell’aiuto reciproco Gordon Brown ha chiesto, sia all’India che al Pakistan, di concedere alla Grand Bretagna la possibilita’ che investigatori britannici interroghino l’unico terrorista del commando di Mumbai catturato vivo ed altri eventuali sospetti. Zardari, ha assicurato dal canto suo che il governo pachistano e’ pronto ad agire contro coloro che verranno identificati come responsabili degli attentati e ha chiesto all’India di condividere tutte le informazioni necessarie. ”Siamo noi stessi vittime del terrorismo”, ha detto. La visita di Gordon Brown a Delhi e ad Islamabad si e’ svolta solo poche ore dopo che i rapporti tra India e Pakistan hanno rischiato di subire un altro contraccolpo dopo che il Pakistan aveva accusato l’India di aver violato il suo spazio aereo. L’India pero’ detto che ”non si e’ verificato alcun incidente di questo genere” e Zardari ha attribuito l’incidente a un errore tecnico dei piloti.

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India a due velocità: tra nucleare e paura di terrorismo e violenze

E’ un’India a due facce quella che si presenta dinanzi alla comunita’ internazionale in questi giorni e dove oggi si e’ consumata l’ennesima tragedia. Da un lato il governo rappresentato dal primo ministro Manmohan Singh sta facendo il giro dei paesi amici in nome dello sviluppo della piu’ avanzata delle fonti di energia, il nucleare. Dall’altro nel paese non si fermano gli attentati terroristici, le violenze religiose, aumenta la paura e l’economia e’ in caduta libera. Singh e’ da oltre una settimana lontano da Delhi. Dopo aver parlato all’Assemblea Generale dell’ONU e aver gioito per il via libera del senato americano all’accordo di cooperazione nucleare con gli USA, e’ volato a Marsiglia per incontrare Sarkozy in qualita’ di presidente di turno dell’Ue. Qui ha ottenuto una doppia vittoria: da un lato, una serie di accordi economici e trattati con l’Ue, dall’altra la firma di un accordo di cooperazione nucleare con la Francia. Ma questa immagine di grande potenza, e’ offuscata da quello che succede in patria. Il paese dal mese di maggio e’ oggetto di attentati terroristici gravi. La crisi economica si sta facendo grave, la borsa e’ crollata ai minimi storici e l’inflazione supera il 12%, obbligando molte aziende a rivedere i propri bilanci e previsioni e, soprattutto a licenziare. La violenza e’ sempre piu’ diffusa e ottusa, e tra l’altro ha portato la settimana scorsa anche al linciaggio del presidente della Graziano Trasmissioni India, da parte di ex operai licenziati. Ma e’ sul terrorismo che il governo sta perdendo la sua battaglia. Dopo le ultime bombe, secondo un sondaggio della televisione IBN Live, la piu’ seguita tra quelle in inglese, l’82% degli indiani ha paura di attacchi terroristici. Il 71% ha detto che, nonostante le molte festivita’ in arrivo, non frequenteranno ristoranti e centri commerciali per paura. Il 61% degli intervistati ha detto che in India il terrorismo non e’ legato a nessuna religione, mentre tra la rimanente parte, l’85% lega il terrorismo all’Islam. Ma le rivalita’ religiose si sono riacutizzate anche in Orissa, dove le comunita’ cristiane sono ancora oggetto di attacchi da parte di quelle indu’. Argomenti, che stanno minando non poco il governo di Singh e di Sonia Gandhi che traballa mentre si avvicinano le elezioni.

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Via libera internazionale all’accordo nucleare USA-India

Via libera internazionale all’accordo sul nucleare civile tra l’India e gli Stati Uniti. Il gruppo dei 45 paesi fornitori di nucleare (NSG), dopo estenuanti trattative, hanno deciso di interrompere il trentennale isolamento dell’India, dando di fatto il via alla ripresa delle possibilita’ di accordi commerciali nucleari con New Delhi. Il via libera rappresenta una vittoria politica per il governo di New Delhi e quello di Washington, ma anche un precedente particolare. Il paese di Gandhi, inaffti, non ha mai sottoscritto l’accordo di non proliferazione nucleare e il via libera di oggi la pone in uno stadio intermedio tra i paesi che hanno sottoscritto l’accordo e quelli che non lo hanno fatto, ai quali vengono negati contratti sul nucleare. L’India era stata forzata all’isolamento nel campo del nucleare dopo i test atomici di Pokharan del 1974, a seguito dei quali le erano state applicate severe sanzioni economiche proprio dagli Stati Uniti. Il semaforo verde per il Paese di Gandhi e’ arrivato oggi dopo oltre tre giorni di incontri a Vienna e dopo che alcuni paesi tra i quali l’Austria, l’Irlanda e la Nuova Zelanda avevano espresso dubbi e preoccupazioni sul fatto di concedere sostanzialmente una deroga ad un paese come l’India che non ha mai firmato il Trattato di Non proliferazione (TNP) e il (CTBT), il Comprehensive Test Ban Treaty. Anche la Cina aveva espresso forti dubbi. Grande soddisfazione tra le fila del partito del Congresso indiano, principale fautore dell’accordo sul nucleare civile indo-americano, nonostante la ferma opposizione dei partiti di sinistra, che hanno abbandonato il governo proprio in seguito alle differenze di vedute sull’accordo che, la sinistra, vede come un modo di sottomettersi agli americani. Il Primo Ministro indiano, Manmohan Singh, ha detto che ”si tratta di un accordo storico”. ”Per l’India e’ un giorno memorabile – ha dichiarato il portavoce del partito del Congresso, Manish Tiwari – l’accordo dimostra la grande perseveranza e la visione ampia del Primo Ministro e di Sonia Gandhi nel riuscire a mettere fine all’apartheid indiana. Siamo stati capaci di convincere il mondo intero su questo accordo”. I negoziati sono durati piu’ del previsto a causa delle perplessita’ di alcuni paesi, tra i quali l’Austria che alla fine hanno acconsentito a dare il loro consenso solo dopo aver ottenuto di poter includere una clausola che vieta ai paesi dell’NSG di avere rapporti commerciali riguardanti il nucleare con l’India se questa effettuera’ test atomici. In un comunicato del Ministro degli esteri indiano, Pranab Mukherjee, si legge che ”l’India si impegna ad una moratoria volontaria sui test futuri”. La decisione presa a Vienna rappresenta un indubbio passo avanti verso la conclusione dell’accordo tra India e Stati Uniti sul nucleare civile che pero’ ora necessita di essere ratificato dal Congresso americano e cio’ dovra’ accadere entro la fine di settembre prima che il Congresso si aggiorni in vista delle elezioni presidenziali americane. Qualora infatti cio’ non avvenisse il destino dell’accordo potrebbe rimanere ancora sospeso fino all’insediamento della nuova amministrazione americana che avverra’ solo all’inizio del prossimo anno. Se non interverranno imprevisti e’ prevista una riunione del Congresso americano sull’argomento gia’ per lunedi’ prossimo. I due Paesi potrebbero firmare l’accordo bilaterale durante la prossima visita del PM indiano a Washington, prevista per la fine di settembre. Il via libera dell’NSG permette di fatto all’India di firmare accordi bilaterali in materia nucleare, oltre che con gli Stati Uniti, anche con la Russia e la Francia. L’accordo con la Francia potrebbe essere firmato gia’ alla fine di settembre durante la prevista visita di Manmohan Singh a Parigi mentre quello con la Russia potrebbe essere formalizzato a novembre, quando il presidente Dmitry Medvedev su rechera’ in visita a New Delhi.

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Aumenta la benzina, rivolta nel paese

Il governo indiano ha annunciato un aumento del prezzo dei carburanti, provocando la vibrata protesta dei partiti di sinistra e degli indiani. Da domani, la benzina aumenta di 5 rupie al litro (circa 10 centesimi di euro), il diesel 3 rupie e l’LPG, il gas in bombole per le cucine, di 50 rupie, circa un euro, a bombola. Questi aumenti, soprattutto l’ultimo, creeranno non pochi problemi alla classe medio-bassa indiana, la maggioranza della popolazione, che gia’ sta attraversando una grave crisi a causa dell’aumento dei prezzi dei prodotti di prima necessita’, soprattutto alimentari, dovuti ad una inflazione galoppante. Nessun aumento per il kerosene, il carburante utilizzato dai poveri dei villaggi indiani per cucinare. Il partito comunista indiano, a capo del fronte della sinistra, che appoggia dall’esterno il governo di Manmohan Singh e Sonia Gandhi, ha annunciato una settimana di sciopero generale in tutto il paese. I comunisti contestano l’aumento dei prezzi deciso dal governo a fronte della rinuncia dell’esecutivo al taglio delle tasse sui carburanti cosi’ come proposto da loro per evitare l’aumento ai danni dei cittadini. All’annuncio dell’aumento dei prezzi dei carburanti, la borsa di Mumbai ha perso quasi il 3%. In serata il primo ministro Singh ha parlato alla nazione a reti unificate, spiegando la necessità degli aumenti. Dovere e sensibilità isttituzionale o, meglio, paura per un calo di popolarità che potrebbe risultare decisivo per le elezioni politiche dell’anno prossimo?

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La finanziaria indiana: aiuto verso i poveri o populismo?

Di seguito il pezzo scritto per l’Ansa.

Attenzione verso i contadini e i poveri e piu’ investimenti per difesa e istruzione: questi i temi centrali del bilancio 2008 presentato oggi dal governo indiano, al suo ultimo mandato in vista delle elezioni generali del prossimo anno. Il documento di bilancio, illustrato al parlamento dal ministro delle finanze Chidambaram, e’ stato subito letto come una finanziaria elettorale, in quanto cerca di ritrovare consensi tra i piu’ poveri, la base elettorale che ha fatto vincere quattro anni il partito del Congresso di Sonia Gandhi ora delusa per il mancato raggiungimento degli obiettivi. Gli oltre 150.000 contadini suicidatisi nel solo anno scorso sono una spina nel fianco del governo che era stato eletto con la promessa di maggiori aiuti. ”Ci aspettiamo una crescita dell’economia dell’8.7% – ha detto il ministro – Mantenere l’inflazione sotto controllo sara’ un caposaldo della politica del governo. Puo’ essere fatto di piu’ per migliorare una crescita globale”. Il Ministro, nell’ottica di sanare la crisi del paese nel settore agricolo, ha annunciato massicci ed incisivi interventi a favore dei contadini, in particolare la cancellazione dei debiti dei piccoli agricoltori per aiutarli a risollevarsi da situazioni irrecuperabili. Secondo i calcoli il provvedimento di cancellazione dei debiti riguardera’ circa trenta milioni di piccoli agricoltori. Per tutti gli altri saranno comunque previste agevolazioni nei pagamenti e riduzioni in presenza di particolari condizioni. Questa operazione da sola costera’ al governo indiano circa 15 miliardi di dollari. ”La crescita in agricoltura di quest’anno e’ stata deludente, solo il 2.6% – ha detto il Ministro – e questa situazione ha inciso negativamente sull’espansione generale dell’economia indiana, che altrimenti era indirizzata verso piu’ elevati traguardi”. Incremento dei fondi anche a vantaggio dell’istruzione. Chidambaram ha proposto l’apertura di nuovi centri specializzati soprattutto nel settore dell’Information Technology. Il settore della difesa otterra’ un incremento del 10% dei fondi stanziati che saranno utilizzati per l’ammodernamento delle forze armate, portando la spesa a olter 26 miliardi di dollari. L’India conta di investire oltre 30 miliardi di dollari fino al 2012 per il riammodernamento degli armamenti. Anche la salvaguardia delle tigri trova spazio nel bilancio: 12,5 milioni di dollari saranno stanziati per proteggere l’animale il cui numero totale nel paese, secondo le ultime stime, ammonta a 1411 esemplari. Dure le critiche dell’opposizione che ha bollato il progetto di bilancio come un’operazione populista in cerca di consensi elettorali. Plauso invece dai maggiori esponenti dei partiti di maggioranza. Il Primo Ministro, Manmohan Singh, ha detto che ”Chidambaram ha fatto un ottimo lavoro e che il governo e’ stato molto generoso”. ” La cancellazione dei debiti per gli agricoltori – ha aggiunto Sonia Gandhi – e’ un passo molto importante per il paese”.

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