Archivi tag: sri lanka

Donne in Asia? Non pervenute

Sul sito di Partecinesepartenopeo, ho trovato questo interessante articolo dell’Ansa sulla condizione femminile in Asia. Andatelo a leggere.

2 commenti

Archiviato in Diario dal subcontinente, india, Rivolte terzomondiste

Finita operazione militare pachistana in Sud Waziristan

Le forze di sicurezza del Pakistan hanno concluso l’offensiva nel Waziristan meridionale cominciata a metà ottobre ed ora potrebbero trasferirsi in un altra zona calda alla frontiera con l’Afghanistan: l’Orakzay Agency. Lo ha dichiarato oggi il premier pakistano, Yousuf Raza Gilani. Parlando con i giornalisti a Lahore, capitale del Punjab e dove la polizia sta interrogando i cinque americani arrestati il 9 dicembre e sospettati di contatti con il terrorismo islamico, Gilani ha sostenuto che “l’operazione militare nel Waziristan meridionale si è conclusa e stiamo valutando l’opportunità di spostare l’esercito nella Orakzay Agency”. Questo perché, indica Dawn News Tv, il govern ritiene che molti talebani potrebbero essere fuggiti dal Waziristan meridionale per rifugiarsi in quello settentrionale o, appunto, in Orakzay. Le dichiarazioni di Gilani sembrano anche essere una risposta alle affermazioni del presidente statunitense Barack Obama, che ha chiesto al Pakistan, in una intervista alla Cbs, di “fare di più contro Al Qaeda”.

fonte: ANSA

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Attentato in moschea a Rawalpindi, 40 morti

Il Pakistan ha mostrato ancora una volta oggi la vulnerabilità della sua sicurezza quando un commando armato e accompagnato da due kamikaze, ha fatto irruzione a Rawalpindi in una moschea, piena di fedeli in preghiera e vicina al quartier generale dell’esercito, uccidendo almeno 42 persone, fra cui donne e bambini, e ferendone altre 80. Fra le vittime arrivate negli ospedali cittadini, si è appreso, vi sono molti militari, e perfino un generale in servizio. Testimoni oculari hanno riferito che “i terroristi hanno ucciso a sangue freddo alcune delle persone che si trovavano al riverse suolo”. L’attacco, che ha rianimato lo spettro di Osama Bin Laden e dei suoi uomini, ha avuto caratteristiche spettacolari perché nonostante le misure di sicurezza accuratissime attorno al luogo di culto che si trova nel quartiere di Westridge, sei uomini armati sono riusciti a penetrarvi. E ad operare in una zona dove si trovano vari uffici militari, fra cui il quartier generale dell’esercito, e che per questo è considerata la più icura della città. Un testimone oculare, citato dall’agenzia di stampa statale App, ha detto che il commando ha fatto irruzione fra i fedeli appena finite le preghiere della Jumma e, non appena l’Imam ha pronunciato la frase “Allah u Akbar”, ha lanciato due bombe a mano e cominciato a sparare all’impazzata. Subito dopo due kamikaze hanno attivato l’esplosivo che avevano indosso, fatto che ha contribuito a far crollare il tetto della moschea, come ha confermato il ministro dell’Interno, Rehman Malik. La reazione delle forze di sicurezza, che pure è stata tempestiva con l’uccisione di cinque assalitori, non ha potuto evitare l’enorme spargimento di sangue ed un altro colpo al prestigio del governo pachistano. E’ la sesta volta quest’anno che Rawalpindi, dove risiedono i comandi delle forze armate pachistane, è al centro di attacchi terroristici, con la perdita di almeno 120 vite umane. Sia il presidente Asif Ali Zardari sia il suo primo ministro Syed Yousuf Raza Gilani hanno duramente condannato “l’atto terroristico” chiedendo che “su di esso venga fatta la massima luce”. Da tempo il Pakistan è impegnato, su sollecitazione in particolare degli Stati Uniti, in una complessa offensiva contro i talebani, cominciata prima nella Calle dello Swat e proseguita poi nelle regioni confinanti con il Pakistan, fra cui il Waziristan del sud. Il presidente Zardari si trova in questo campo fra l’incudine rappresentata dai talebani ed il martello costituito da una opinione pubblica che vede con sempre più fastidio l’alleanza con Washington che per colpire i santuarì dell’estremismo islamico e di Al Qaida utilizza i droni, velivoli senza pilota che sparano razzi contro i nemici, colpendo però spesso civili incolpevoli. Un aumento dell’utilizzazione di questi droni, conosciuti anche come Predators, è stata autorizzata da Washington, ma questo sta trasformandosi in un motivo di frizione con Islamabad che, come ha dichiarato il premier Gilani al settimane tedesco Spiegel, li considera “controproducenti”. Comunque, incontrando oggi il premier della esplosiva Provincia della frontiera del nord-ovest (Nwfp) Ameer Haider Khan Hoti, il presidente Zardari ha assicurato che l’offensiva intrapresa contro i gruppi estremistici “continuerà fino alla loro completa eliminazione dal paese”.

fonte: ANSA

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Cecchini e attacco multiplo a Lahore

Si sarebbe trattato di un attacco congiunto tra un’autobomba, altre esplosioni con granate e diversi cecchini che sparavano da palazzi limitrofi, quello che ha fatto almeno 30 morti (40 secondo altre fonti non confermate) a Lahore, nella parte orientale del Pakistan. Lo riferiscono fonti televisive e di stampa indiane e pachistane, in particolare l’agenzia pachistana Associated Press of Pakistan parla di cecchini sui palazzi vicini, mentre sarebbero state udite almeno due potenti esplosioni ed altre piu’ piccole. Secondo il ministro degli interni pachistano Rehman Malik dietro all’attentato ci sarebebro i talebani che, sconfitti dallo Swat e registrando perdite nella guerra contro l’esercito nella parte orientale del paese ai confini con il Pakistan, starebbero dimostrando la loro forza nelle citta’, per destabilizzare il paese. Per questo motivo, Islamabad, Karachi e Rawalpindi sono state mese in stato di massima allerta. Altre fonti dei servizi, puntano invece il dito con il gruppo terrorista Lashkar-e-Toiba, mentre alcuni ufficiali di polizia hanno collegato l’attentato al processo in corso a Lahore contro Hafeez Saeed, capo del gruppo terrorista Jamaat-ud-Dawa. L’attacco e’ stato portato al Capital City Police Office, la caserma piu’ importante di Lahore, ma pare che l’obiettivo fosse il palazzo dell’ISI, il potente servizio segreto pachistano, che non si trova distante dal luogo dell’attentato. Tre persone sarebebro gia’ state arrestate e sotto l,e macerie del palazzo distrutto ci sono ancora diverse persone. Il 30 marzo scorso a Lahore dei terroristi presero in ostaggio 800 allievi di polizia in una scuola di polizia, mentre il 4 marzo ci fu un attentato contro l’autobus della squadra di cricket dello Sri Lanka.

1 Commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Attentato alla stazione di polizia centrale di Lahore, vittime

Almeno 10 morti e 100 feriti, la stazione centrale di polizia rasa al suolo: questo il bilancio provvisorio dell’attentato compiuto pare con un’autobomba oggi nella centralissima Civil Lane a Lahore, in Pakistan.

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Ban Ki-moon in visita in Sri Lanka

Un mare sterminato di 300.000 esseri umani, tutti di etnia Tamil e vittime di una guerra durata oltre un quarto di secolo, rischiano di essere i protagonisti nello Sri Lanka settentrionale di una catastrofe umanitaria e stanno sollecitando aiuti che gli organismi internazionali non sono per il momento autorizzati a fornire. E’ questa l’indicazione che ha ricevuto oggi il segretario generale dell’Onu Ban Ki-moon che ha avuto il privilegio di essere il primo straniero a visitare dalla fine della guerra con l’Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte) l’area nel distretto di Vavuniya dove il governo ha organizzato le tendopoli per ospitare i rifugiati. Accompagnato dal ministro degli Esteri Rohitha Bogollagama e da altri funzionari governativi locali, il responsabile delle Nazioni Unite è entrato in alcuni dei quattro campi approntati a Chettikulam, ed in particolare nel più grande, conosciuto come Manik Farm, dove ha raccomandato al governo di “contribuire a sanare le ferite” aperte dal conflitto. Dopo aver ispezionato alcune tende, verificato le condizioni di vita esistenti, parlato con vari profughi e visitato i malati di un ospedale, Ban ha detto che ” la situazione che ho visto con i miei occhi è molto, molto difficile. E’ veramente una sfida”. Ravvivando diplomaticamente una polemica riguardante il divieto per le agenzie dell’Onu e per gli organismi umanitari stranieri di portare soccorso alle persone sofferenti, il titolare del Palazzo di Vetro ha aggiunto: “C’é chiaramente una limitazione e noi dobbiamo cercare di colmare questo gap”. Rivolgendosi ai giornalisti, ha poi chiesto nuovamente al governo di autorizzare “senza limiti” l’intervento degli operatori umanitari internazionali, dando anche un caloroso benvenuto alla promessa del presidente Mahinda Rajapaksa di risistemare il grosso dei profughi entro fine anno”. Successivamente, Ban Ki-moon ha potuto anche sorvolare la zona di Mullaittivu dove si trovava la cosiddetta ‘zona di sicurezza’ all’interno della quale, insieme a decine di migliaia di civili rimasti intrappolati, l’Ltte e il suo storico leader, Velupillai Prabhakaran hanno organizzato la loro inutile resistenza finale. L’ultimo impegno della breve visita del segretario generale dell’Onu è stato un breve colloquio con lo stesso Rajapaksa, al termine del quale il tenore delle dichiarazioni è rimasto invariato: “Il governo fa del proprio meglio, ma non ha risorse. E c’é un baratro fra le esigenze reali e quanto può essere fatto”. Da giorni il governo cingalese èimpegnato in sontuosi festeggiamenti per celebrare la fine della guerra e “la sconfitta del terrorismo”, ma il drammatico bilancio del conflitto – in tutto si stimano 100.000 morti – e il sospetto di pesanti violazioni dei diritti umani da parte dei guerriglieri, ma anche da parte delle forze armate, impediscono all’opinione pubblica di chiudere gli occhi. E lunedì nel Consiglio dei diritti umani dell’Onu a Ginevra si annuncia battaglia fra due gruppi di paesi, favorevoli e contrari ad aprire una inchiesta per verificare se è stato violato il diritto umanitario internazionale.

fonte: Ansa

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Finita la guerra, riconosciuto cadavere del leader Tamil

Il presidente dello Sri Lanka, Mahinda Rajapaksa, ha proclamato oggi in un discorso in Parlamento che il Paese ”e’ stato liberato dal terrorismo” con la sconfitta dei separatisti delle Tigri Tamil (Ltte) dopo oltre un quarto di secolo di guerra civile, e che esso ”e’ stato quindi interamente unificato per la prima volta in 30 anni”. Proprio mentre il capo dello Stato cingalese pronunciava il suo discorso, l’agenzia Tamilnet pubblicava dichiarazioni del capo del dipartimento internazionale dell’Ltte, Selvarasa Pathmanathan, che smentivano la morte del leader storico del movimento, Velupillai Prabhakaran. ”Il nostro amato leader e’ vivo e al sicuro”, assicurava Pathmanathan fra accuse di ”perfidia” rivolte al governo di Colombo. Subito dopo, pero’, il comandante dell’esercito in persona, generale Sarath Fonseka, ha firmato un comunicato in ci ha assicurato che ”il corpo dello psicopatico leader del gruppo terrorista piu’ barbaro al mondo Ltte, e’ stato trovato poco fa”. Immagini del cadavere sono poi andate in onda sulla tv nazionale. Nel suo discorso odierno il presidente Rajapaksa ha chiesto alla comunita’ internazionale aiuti per i rifugiati e investimenti per aiutare lo sviluppo della regione settentrionale del Paese, dove prevale la minoranza tamil e per decenni afflitta dalla guerra. Dopo aver sottolineato che ”si e’ trattato di una vittoria totale contro l’Ltte”, il capo dello Stato ha concluso: ”Non ci sono piu’ minoranze nello Sri Lanka”, il ”Paese ora e’ finalmente unificato”. Rajapaks ha assicurato che ora ”proteggere la minoranza Tamil sara’ il mio impegno”.

fonte: Ansa

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Profilo del presidente cingalese Mahnda Rajapaksa

Si e’ definito una volta ”un ribelle con una causa” ma Mahinda Rajapaksa, presidente dello Sri Lanka di convinzioni progressiste che ha chiuso la partita militare con i guerriglieri Tamil, ha mostrato di avere grande determinazione nel raggiungere gli scopi prefissati. Nato nel 1945 in un distretto rurale del sud del Paese, Rajapaksa e’ cresciuto in una famiglia di politici cingalesi di etnia sinhala, maggioritaria rispetto alla minoranza Tamil, ha studiato fino a diventare avvocato e, a 24 anni, il piu’ giovane parlamentare nella storia del suo Paese. ”Sa come parlare alla gente – ha detto l’analista Jehan Perera – che con lui si sente a suo agio”. Pochi ricordano che quando nel 2004 fu nominato primo ministro dal Partito della liberta’ dello Sri Lanka (Slfp), fu favorevole ad un accordo negoziato con le Tigri Tamil, ma poi, dopo aver firmato un accordo elettorale con due partiti nazionalisti, la sua posizione e’ andata via via indurendosi. L’anno successivo, designato candidato alle presidenziali dallo stesso Slpf, Rajapaksa respinse categoricamente la richiesta di autonomia Tamil avanzata dalla guerriglia. Da allora il suo irrigidimento e’ cresciuto, fino alla denuncia del cessate il fuoco del 2002 con l’Esercito di liberazione delle Tigri Tamil (Ltte) e la richiesta alla Norvegia di abbandonare la funzione di garante per la pace. I vertici del Ltte capirono che con lui sarebbe stata dura e gli diedero battaglia. Ma la risposta di Rajapaksa dal luglio 2008 e’ stata affidata alle forze armate che hanno ricevuto finanziamenti enormi per raggiungere, come annunciato oggi, la liberazione di tutto il territorio nazionale. Sotto la sua presidenza, ha segnalato in un rapporto di Giornalisti senza frontiere, lo Sri Lanka e’ al 165/o posto (su 173 Paesi) per la liberta’ di stampa, con moltissimi giornalisti morti in circostanze dubbie. Human Rights Watch ha denunciato che il governo di Colombo e’ responsabile di numerosi sequestri di persona ed ha ricordato che lo scorso anno non ottenne i voti necessari per essere riconfermato nel Consiglio per i diritti umani dell’Onu.

fonte: Ansa

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente

Profilo del leader delle Tigri Tamil Prabhakaran

Dotato di una personalita’ controversa, considerato cinico e spietato, Veluppilai Prabhakaran, rocambolesco guerrigliero che oggi secondo il governo di Colombo e’ stato ucciso mentre tentava una impossibile fuga, si e’ ritagliato un posto nella storia dello Sri Lanka avendo coltivato il sogno, dimostratosi vano, dell’indipendenza di un territorio denominato Tamil Eelat. Nato nel 1954 nella cittadina di Velvettithurai (penisola di Jaffna) Prabhakaran fu il quarto ed ultimo figlio di un padre convinto assertore delle teorie della nonviolenza predicate in India dal Mahatma Gandhi. In contrasto con l’educazione paterna, si convinse da subito che i diritti della minoranza Tamil non potevano essere tutelati con le tecniche nonviolente. Entrato a 17 anni in politica, fondo’ un’organizzazione chiamata Tamil New Tigers (Tnt), per opporsi alla politica postcoloniale che vedeva a suo avviso la minoranza Tamil sfavorita rispetto alla maggioranza cingalese. Nel 1975, dopo aver cominciato ad occuparsi attivamente della causa Tamil, fu accusato dell’omicidio del sindaco di Jaffna, il maggiore Alfred Duraiappah, colpevole secondo Prabhakaran e i suoi sostenitori di aver tradito la causa. Nel 1976, assicurano le cronache, il defunto leader guerrigliero organizzo’ un campo di addestramento nella giungla, vicino a Vavuniya, con denaro frutto di una rapina in banca. Il Tnt, intanto, fu ribattezzato come Tigri di liberazione della patria Tamil (Ltte). Ossessionato dal sogno di costruire una ”grande patria Tamil” che comprendesse anche lo stato indiano meridionale del Tamil Nadu, Prabhakaran, noto come il ”capo supremo”, creo’ uno dei gruppi guerriglieri piu’ pericolosi del mondo, con 10-15.000 combattenti e una riserva inesauribile di potenziali attentatori suicidi. Si racconta che i kamikaze Tamil, prima di partire per compiere un attentato suicida, avessero il privilegio di una cena con il leader nel suo rifugio nella giungla di Wanni. Capo indiscusso delle Tigri Tamil sin dall’inizio del conflitto, nel 1983, a Prabhakaran sono stati attribuiti nel corso degli anni gli assassini di importanti leader politici cingalesi tra cui quello, nel 1993, del presidente Ranasinghe Premadasa. A lungo e’ stato uno degli uomini piu’ ricercati al mondo dall’Interpol mentre la magistratura indiana lo ha condannato a morte considerandolo il mandante dell’assassinio di Rajiv Gandhi, il leader politico che da primo ministro, nel 1987, aveva inviato nello Sri Lanka un corpo di pace, e che nel 1991 fu ucciso da una kamikaze Tamil.

fonte: Ansa

Lascia un commento

Archiviato in Diario dal subcontinente