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Condannato a morte il terrorista dell’11 settembre indiano

E’ stato condannato a morte Mohammed Ajmal Amir Kasab, l’unico terrorista sopravvissuto del commando che a novembre del 2008 attaccò alcuni alberghi ed altri siti di Mumbai facendo 166 morti. L’accusa aveva chiesto la pena di morte per il militante pachistano di 22 anni. “Un simile mostro non merita altro che la pena capitale” aveva detto il pubblico ministero Ujjiwal Nikam nella sua requisitoria. “Se a Kasab sarà inflitta una pena inferiore, l’India rischia di diventare un obiettivo facile per ogni tipo di gruppo terroristico” aveva aggiunto. Kasab è stato ritenuto colpevole di oltre 80 capi di accusa, tra cui insurrezione armata contro lo stato, cospirazione e pluriomicidio e sarà ucciso per impiccaggione. In India la pena di morte è praticata con l’impiccagione. L’ultima esecuzione è avvenuta in una prigione di Calcutta nel 2004 dopo un lasso di tempo di nove anni. Nel braccio della morte ci sono attualmente 50 detenuti, la cui esecuzione capitale è stata sospesa in seguito alla richiesta di grazia presentata al presidente della repubblica.

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Guerriglia maoista guidata da “donna con occhi di cobra”

E’ stata una donna minuta, agile nell’azione e dallo sguardo ipnotico, a guidare nello Stato indiano del Bengala Occidentale l’attacco di una colonna di guerriglieri che hanno massacrato, senza subire alcuna perdita, 25 agenti di polizia nel villaggio di Silda. E mentre infuriano le polemiche per la spettacolare azione, che ha colto completamente alla sprovvista il contingente ospitato nell’accampamento, attaccato con armi automatiche e bombe a mano da decine di maoisti naxaliti, testimoni hanno confermato che gli assalitori erano guidati da una donna. Si tratta, secondo The Times of India, di Jagar Baskey, una guerrigliera di circa 30 anni, che in poco tempo ha scalato i vertici dell’organizzazione, imponendosi per senso tattico e capacità decisionale. “E’ una donna straordinaria ed è capace di caricare un fucile con la mano sinistra mentre spara con un altro con la destra, dando nel contempo ordini ai membri del suo commando”, secondo la descrizione che è stata raccolta dal giornale. Banshi Badar Karmakar, un commerciante del mercato di Silda che ha chiuso il negozio poco prima dell’inizio della sparatoria di lunedì, ha dichiarato, ancora attonito per l’accaduto: “Comandava lei. Il suo sguardo era intenso, come quello di un cobra”. Altri testimoni hanno assicurato che nella colonna di maoisti, entrata in azione contro la base dei Fucilieri della frontiera orientale e formata da 45-50 elementi, “almeno quattro o cinque erano donne di età fra i 14 ed i 18 anni”. Nata nel villaggio di Beladubi, nel distretto di Midnapore West, dove è avvenuto l’attacco, Jagari si è unita al movimento di estrema sinistra Gruppo della guerra del popolo (Pwg) nel 2000, facendo una rapidissima carriera e guidando numerose operazioni di commando nella zona. Il suo primo exploit è stato nel 2004, quando organizzò un attacco nella foresta di Kankarjar in cui morirono sette agenti di polizia. Due anni dopo la consacrazione: fu designata dal capo indiscusso del Pfg, Koteswar Rao detto Kishanji, migliore allieva del corso di formazione di quadri nella foresta di Dandakaranya. E per provarlo, nell’ottobre 2009 guidò 50 uomini all’assalto a Sankrail (Midnapore West) di un commissariato, con poliziotti uccisi e sequestrati, e di una banca, che fu facilmente rapinata.

fonte: Ansa

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Finita operazione militare pachistana in Sud Waziristan

Le forze di sicurezza del Pakistan hanno concluso l’offensiva nel Waziristan meridionale cominciata a metà ottobre ed ora potrebbero trasferirsi in un altra zona calda alla frontiera con l’Afghanistan: l’Orakzay Agency. Lo ha dichiarato oggi il premier pakistano, Yousuf Raza Gilani. Parlando con i giornalisti a Lahore, capitale del Punjab e dove la polizia sta interrogando i cinque americani arrestati il 9 dicembre e sospettati di contatti con il terrorismo islamico, Gilani ha sostenuto che “l’operazione militare nel Waziristan meridionale si è conclusa e stiamo valutando l’opportunità di spostare l’esercito nella Orakzay Agency”. Questo perché, indica Dawn News Tv, il govern ritiene che molti talebani potrebbero essere fuggiti dal Waziristan meridionale per rifugiarsi in quello settentrionale o, appunto, in Orakzay. Le dichiarazioni di Gilani sembrano anche essere una risposta alle affermazioni del presidente statunitense Barack Obama, che ha chiesto al Pakistan, in una intervista alla Cbs, di “fare di più contro Al Qaeda”.

fonte: ANSA

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Attentato in moschea a Rawalpindi, 40 morti

Il Pakistan ha mostrato ancora una volta oggi la vulnerabilità della sua sicurezza quando un commando armato e accompagnato da due kamikaze, ha fatto irruzione a Rawalpindi in una moschea, piena di fedeli in preghiera e vicina al quartier generale dell’esercito, uccidendo almeno 42 persone, fra cui donne e bambini, e ferendone altre 80. Fra le vittime arrivate negli ospedali cittadini, si è appreso, vi sono molti militari, e perfino un generale in servizio. Testimoni oculari hanno riferito che “i terroristi hanno ucciso a sangue freddo alcune delle persone che si trovavano al riverse suolo”. L’attacco, che ha rianimato lo spettro di Osama Bin Laden e dei suoi uomini, ha avuto caratteristiche spettacolari perché nonostante le misure di sicurezza accuratissime attorno al luogo di culto che si trova nel quartiere di Westridge, sei uomini armati sono riusciti a penetrarvi. E ad operare in una zona dove si trovano vari uffici militari, fra cui il quartier generale dell’esercito, e che per questo è considerata la più icura della città. Un testimone oculare, citato dall’agenzia di stampa statale App, ha detto che il commando ha fatto irruzione fra i fedeli appena finite le preghiere della Jumma e, non appena l’Imam ha pronunciato la frase “Allah u Akbar”, ha lanciato due bombe a mano e cominciato a sparare all’impazzata. Subito dopo due kamikaze hanno attivato l’esplosivo che avevano indosso, fatto che ha contribuito a far crollare il tetto della moschea, come ha confermato il ministro dell’Interno, Rehman Malik. La reazione delle forze di sicurezza, che pure è stata tempestiva con l’uccisione di cinque assalitori, non ha potuto evitare l’enorme spargimento di sangue ed un altro colpo al prestigio del governo pachistano. E’ la sesta volta quest’anno che Rawalpindi, dove risiedono i comandi delle forze armate pachistane, è al centro di attacchi terroristici, con la perdita di almeno 120 vite umane. Sia il presidente Asif Ali Zardari sia il suo primo ministro Syed Yousuf Raza Gilani hanno duramente condannato “l’atto terroristico” chiedendo che “su di esso venga fatta la massima luce”. Da tempo il Pakistan è impegnato, su sollecitazione in particolare degli Stati Uniti, in una complessa offensiva contro i talebani, cominciata prima nella Calle dello Swat e proseguita poi nelle regioni confinanti con il Pakistan, fra cui il Waziristan del sud. Il presidente Zardari si trova in questo campo fra l’incudine rappresentata dai talebani ed il martello costituito da una opinione pubblica che vede con sempre più fastidio l’alleanza con Washington che per colpire i santuarì dell’estremismo islamico e di Al Qaida utilizza i droni, velivoli senza pilota che sparano razzi contro i nemici, colpendo però spesso civili incolpevoli. Un aumento dell’utilizzazione di questi droni, conosciuti anche come Predators, è stata autorizzata da Washington, ma questo sta trasformandosi in un motivo di frizione con Islamabad che, come ha dichiarato il premier Gilani al settimane tedesco Spiegel, li considera “controproducenti”. Comunque, incontrando oggi il premier della esplosiva Provincia della frontiera del nord-ovest (Nwfp) Ameer Haider Khan Hoti, il presidente Zardari ha assicurato che l’offensiva intrapresa contro i gruppi estremistici “continuerà fino alla loro completa eliminazione dal paese”.

fonte: ANSA

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Mumbai, anniversario tra commozione e polemiche

La commozione, le emozioni ancora vivide legate al ricordo delle vittime della strage di Mumbai che esattamente un anno fa provoco’ la morte di oltre 170 persone, hanno oggi presto lasciato il posto alle polemiche e alle proteste. L’emozione scaturita dalla parata della polizia che ha aperto la giornata di manifestazioni, seguita da incontri di preghiera interconfessionali e ricordo dei caduti, ha lasciato il posto a numerose polemiche e proteste che hanno riguardato la gente comune, scesa in piazza per partecipare a questo giorno di commemorazioni, ma anche la classe politica. Molte delle famiglie delle vittime degli attentati dello scorso 26 novembre lamentano di non aver ancora ricevuto le somme stanziate a titolo di risarcimento dal Ministero dell’Interno. Secondo fonti ufficiali, dei 107 aventi diritto solo 50 sarebbero stati esaminati e avrebbero ottenuto quanto loro spettante.
Il Ministero dell’Interno indiano ha stanziato 3 lakh (circa seimila euro) di risarcimento per ciascuna delle famiglie delle vittime e 50000 rupie (circa mille euro) per ciascuno dei feriti.
E le questioni relative al risarcimento hanno scatenato le discussioni anche all’interno del parlamento, soprattutto tra il leader dell’opposizione, L K Advani, e il Ministro delle Finanze, Pranab Mukherjee arrivando alla rissa fra i parlamentari.
Advani ha accusato il governo di compiere ”passi lenti” nel dare sollievo e il giusto risarcimento alle famiglie delle vittime, provocando l’ira del Ministro delle Finanze che ha vigorosamente affermato che il partito de BJP (che sta all’opposizione in India) in questo modo strumentalizza la tragedia del 26 novembre scorso per fini politici.
Le manifestazioni di oggi sono state anche segnate dalle proteste per la scarsa sicurezza che avvertono i cittadini, oggi come l’anno scorso. Un ex ufficiale di polizia di Mumbai, Hasan Gafoor, in una intervista ad un settimanale indiano, ha detto che una intera sezione di agenti di polizia si rifiuto’ di recarsi sul luogo degli attentati. Sono poi ancora veementi le polemiche sui ritardi sia dell’intervento della polizia, ma soprattutto di quello delle teste di cuoio, arrivati con oltre 10 ore di ritardo. Molti indiani sono spaventati che un simile attacco possa nuovamente ripetersi in futuro, timore avvalorato da dichiarazioni dei vertici militari e della polizia. Il popolo di Mumbai, insieme anche a tanta altra gente giunta da ogni parte del paese, si e’ riunito dinanzi al Gate of India, il monumento simbolo della citta’ che si trova a pochi passi dall’Hotel Taj )e nei pressi del quale approdo’ il barchino dei dieci assalitori), pregando, piangendo e rendendo omaggio ai caduti. Ma tra loro anche la rabbia e’ apparsa palpabile. ”Vogliamo che Kasab sia impiccato” hanno urlato in molti, invocando cosi’ una punizione esemplare per l’unico terrorista pachistano catturato vivo, al momento sotto processo. ”Proteggono i ministri, i politici, ma alla nostra sicurezza chi ci pensa?” ha detto un altro cittadino. E ci sono state polemiche anche contro la polizia, i cui membri, secondo la popolazione, sono scarsamente addestrati e inidonei a gestire le emergenze. Polemiche anche contro la marcia organizzata dalla polizia, accusata di strumentalizzare l’anniversario per fare bella mostra del suo moderno armamentario. Il tutto, ottenuto grazie ad un nuovo stanziamento per la sicurezza annunciato dal ministro degli interni dello stato del Maharashtra, R.R. Patil. Lo stesso che era in carica durante gli attentati e che si dimise subito dopo, per poi riprendere la sua carica con la nuova amministrazione.

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Fumetti, libri e film nel giorno dell’anniversario di Mumbai

Anche film, libri, mostre d’arte e fumetti nel primo anniversario degli attentati di Mumbai. Gia’ poche ore dopo la liberazione degli ostaggi nel Taj Mahal hotel da parte delle teste di cuoio indiane, un famoso regista di Bollywood, Gopal Varma, fece un sopralluogo nell’albergo, accompagnato dal primo ministro di allora dello stato, per riprendere le location per un film sugli attentati. La cosa indigno’ gli indiani tanto da convincere il primo ministro del Maharashtra, Vilasrao Deshmuk, a dimettersi e a Varma di abbandonare l’idea del film. Cosa che pero’ non e’ avvenuto per altri registi. Una serie di film sono in uscita in India, tutti coll’unico filo conduttore del sentimento di unita’ del paese, della vittoria sui terroristi pachistani, con esplosioni, sangue e corpi straziati in bella vista. Il richiamo di Bollywood non poteva non essere raccolto dagli altri media che stanno avendo sempre piu’ successo nel paese. E’ ad esempio il caso di ”Operation Mumbai”, un gioco on line nel quale il giocatore deve uccidere, in un tempo determinato, i terroristi. Libri e opere d’arte sono in esplosione a Mumbai e in altre citta’ indiane, mentre e’ stato da poco diffuso anche un fumetto, intitolato ’26/11′, nel quale 15 terroristi entrano via mare ed un super eroe, Doga, viene preso dai terroristi e poi liberato dalle forze speciali della polizia. In un altro fumetto, ‘Halla Bol’, il super eroe Nagraj entra nello stato vicino ‘Ghuspetistaan’ per distruggere i campi terroristi dopo che questi hanno attaccato i luoghi di Mumbai, che nel fumetto conservano i loro nomi originali. Entrambi i fumetti, venduti a poco meno di un euro, sono andati a ruba ed hanno esaurito le copie stampate, tanto che gli editori stanno pensando di metterli a disposizione su internet o attraverso i cellulari.

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Nessuno vuole i cadaveri dei terroristi di Mumbai

Quasi un anno dopo gli attentati di Mumbai agli alberghi del lungomare, che costarono la vita a piu’ di 170 persone, i corpi dei nove terroristi uccisi durante i giorni di assedio giacciono ancora nella camera mortuaria dell’ospedale di Mumbai, rifiutati da tutti. L’obitorio del J.J. Hospital e’ presidiato 24 ore su 24 e la sala ha la temperatura molto bassa, cosi’ da non permettere la decomposizione dei corpi. Sono li dal 29 novembre dell’anno scorso, quando fini’, dopo tre giorni, l’assedio alla citta’ che convolse due alberghi di lusso, la maggiore stazione ferroviaria, un ospedale e il centro culturale ebraico. In quella occasione, un solo terrorista su dieci sopravvisse ed ora e’ sotto processo, mentre gli altri, dopo gli esami autoptici, furono portati nell’obitorio dell’ospedale dove si trovano ancora oggi. Il governo locale ha inviato diverse richieste a quello pachistano tramite l’ambasciata di Islamabad in India, ma nessuno dal Pakistan ne ha reclamato i corpi, anche se gli indiani avevano indicato con precisione gli indirizzi dei nove. Inutile pensare di inumarli. Il consiglio dei musulmani indiani, ha vietato l’inumazione dei corpi dei nove terroristi nei cimiteri di tutto il paese, dopo aver bollato come ”non musulmani” i terroristi perch’ avrebbero dimostrato di non essere stati veri seguaci dell’Islam. Nessun cimitero musulmano del paese ha accettato i corpi tanto che qualcuno ha avanzato l’ipotesi di gettarli dinanzi al cancello dell’ambasciata pachistana o di gettarli nel mare Arabico. La soluzione e’ difficile, perche’ nessuno vuole urtare i sentimenti degli induisti ne’ quelli dei musulmani e tantomeno creare un incidente con il Pakistan. Da pochi giorni e’ stato eletto il nuovo governo dello stato del Maharashtra, a cui e’ demandata la decisione sul futuro dei nove cadaveri.

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Si dichiara colpevole l’unico terrorista sopravvissuto di Mumbai

Ha ammesso di essere colpevole, Mohammaf Ajmal Kasab, l’unico terrorista sopravvissuto del commando che il 26 novembre dell’anno scorso assalto’ due alberghi a Mumbai ed altri luoghi della capitale economica indiana, facendo oltre 170 vittime. Dopo essersi dichiarato colpevole appena dopo l’arresto, dopo aver ritrattato mentendo sulla sua data di nascita e il suo nome, Kasab, forse sperando di evitare il patibolo, ha stamattina ammesso, dinanzi al tribunale speciale organizzato per fare luce sulle responsabilita’ degli attentati, la sua colpevolezza. Il 22enne attentatore, che aveva dichiarato di essere minorenne per evitare la morte e per questo fu sottoposto a visite mediche, all’apertura dell’udienza di oggi in una dichiarazione spontanea ha ammesso di aver partecipato a tutte le fasi dell’attentato. Alla domanda del giudice sul perche’ non l’avesse fatto prima e avesse ritrattato la sua prima confessione, Kasab ha risposto di essere ora venuto a conoscenza che il Pakistan ha ammesso il fatto che lui sia pachistano, cosa che, in futuro, potrebbe anche aprirgli le porte di una eventuale, seppur difficilissima da ottenere, estradizione. E’ stato l’ultimo avvocato di Kasab, Abbas Kazmi, a convincerlo a confessare. Ma il suo gesto non ha cambiato l’opinione che di lui hanno gli indiani. Facendosi portavoce delle idee dei cittadini di Mumbai, il primo ministro dello stato del Mahasthra, del quale Mumbai e’ capitale, ha detto che in ogni caso il processo contro Kasab e gli altri terroristi sara’ veloce e che il giovane sara’ impiccato. Nella sua confessione, Kasab ha anche spiegato il modus operandi del commando terrorista e i dettagli dell’operazione. Dal Pakistan, il ministro della difesa Choudhary Ahmad Mukhtar, ha detto che questa confessione, comunque, non rappresenta una prova soprattutto del coinvolgimento pachistano negli attentati.

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Cecchini e attacco multiplo a Lahore

Si sarebbe trattato di un attacco congiunto tra un’autobomba, altre esplosioni con granate e diversi cecchini che sparavano da palazzi limitrofi, quello che ha fatto almeno 30 morti (40 secondo altre fonti non confermate) a Lahore, nella parte orientale del Pakistan. Lo riferiscono fonti televisive e di stampa indiane e pachistane, in particolare l’agenzia pachistana Associated Press of Pakistan parla di cecchini sui palazzi vicini, mentre sarebbero state udite almeno due potenti esplosioni ed altre piu’ piccole. Secondo il ministro degli interni pachistano Rehman Malik dietro all’attentato ci sarebebro i talebani che, sconfitti dallo Swat e registrando perdite nella guerra contro l’esercito nella parte orientale del paese ai confini con il Pakistan, starebbero dimostrando la loro forza nelle citta’, per destabilizzare il paese. Per questo motivo, Islamabad, Karachi e Rawalpindi sono state mese in stato di massima allerta. Altre fonti dei servizi, puntano invece il dito con il gruppo terrorista Lashkar-e-Toiba, mentre alcuni ufficiali di polizia hanno collegato l’attentato al processo in corso a Lahore contro Hafeez Saeed, capo del gruppo terrorista Jamaat-ud-Dawa. L’attacco e’ stato portato al Capital City Police Office, la caserma piu’ importante di Lahore, ma pare che l’obiettivo fosse il palazzo dell’ISI, il potente servizio segreto pachistano, che non si trova distante dal luogo dell’attentato. Tre persone sarebebro gia’ state arrestate e sotto l,e macerie del palazzo distrutto ci sono ancora diverse persone. Il 30 marzo scorso a Lahore dei terroristi presero in ostaggio 800 allievi di polizia in una scuola di polizia, mentre il 4 marzo ci fu un attentato contro l’autobus della squadra di cricket dello Sri Lanka.

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Attentato alla stazione di polizia centrale di Lahore, vittime

Almeno 10 morti e 100 feriti, la stazione centrale di polizia rasa al suolo: questo il bilancio provvisorio dell’attentato compiuto pare con un’autobomba oggi nella centralissima Civil Lane a Lahore, in Pakistan.

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