Hanno giurato oggi in Bhutan il primo ministro, i ministri, il presidente e i membri dell’Assemblea Nazionale, il parlamento bhutanese. Dinanzi al simbolo religioso del ‘kusung thugten’ e al trono dorato simbolo della benedizione del re, i 47 parlamentari e i dieci membri del governo hanno giurato nelle mani del Giudice della corte suprema Lyonpo Sonam Tobgye, di fare il proprio dovere nei confronti del ‘tsa-wa-sum’, ovvero del paese, del re e del popolo. A guidare l’esecutivo Jigmi Y Thinley, già due volte primo ministro, leader del partito Druk Phuensum Tshogpa (DPT), il partito che aveva vinto le prime elezioni parlamentari tenutasi nel paese lo scorso 24 marzo, conquistando 44 dei 47 seggi della camera bassa. Le elezioni erano state volute dal re, Jigme Khesar Namgyel Wangchuck – sul trono dal 14 dicembre 2006 – per instaurare nel paese himalayano, incastrato tra India e Cina, una monarchia costituzionale, al posto di quella assoluta esistente da circa un secolo. Prima che la dinastia dell’attuale re prendesse il potere nel 1907, il Bhutan era un paese fermo al Medio Evo. Fino al 1960 non c’erano strade, telefoni o corrente elettrica. La televisione è arrivata solo nel 1999. L’avvento della democrazia si è avuto solo nel 2001 quando il precedente sovrano, Jigme Singye Wangchuck, abdicò in favore del figlio. Questi aveva rinunciato ad alcuni dei suoi poteri assoluti e nominato un primo consiglio dei Ministri. Nel 2004 aveva poi fatto redigere una bozza di costituzione.
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Elezioni in Bhutan, le prime della sua storia
Le seconda tornata delle prime elezioni legislative, destinate a porre fine alla monarchia assoluta in Bhutan, ha visto oggi l’entusiastica partecipazione della popolazione: quasi l’80% dei 318.000 aventi diritto al voto (su una popolazione di circa 670.000 abitanti) si è recato alle urne. Dopo l’appuntamento elettorale di fine dicembre per eleggere 15 rappresentati della Camera Alta, oggi si è votato per scegliere i deputati della Camera Bassa e la prossima tappa dovrebbe essere la nomina del primo governo democratico del Paese. Con la trasformazione del piccolo regno buddhista dell’Himalaya, grande come la Svizzera, da monarchia assoluta a monarchia costituzionale. Il voto odierno chiude la prima parte di un percorso avviato dall’ex re Jimge Singye Wangchuck che, nel 2006, ha abdicato a favore del figlio ventiseienne Jimge Khesar Namgyel. In precedenza aveva rinunciato ad alcuni dei suoi poteri assoluti affidandoli a un consiglio dei ministri incaricato di occuparsi della gestione ordinaria del Paese. E nel 2004 aveva fatto redigere una bozza di Costituzione. Il verdetto delle urne ha comunque riservato una sorpresa: tra i due partiti in lizza – il Partito Democratico del Popolo (guidato da un ex primo ministro che è anche zio dell’ex re) e il Partito Unificato del Bhutan (capeggiato da un ex premier che ha studiato negli Usa) – ha prevalso nettamente il secondo, che ha conquistato più di 40 dei 47 seggi in palio. Il primo capo di governo democraticamente eletto del Bhutan sarà quindi Jigmi Thinley, 56 anni. Dagli elettori è stato percepito, secondo gli osservatori, come più vicino al popolo. Lo sconfitto, Sangay Ngedup, più anziano e membro della famiglia reale, in questo momento politicamente ‘rivoluzionario’ sarebbe stato invece danneggiato proprio dalla sua parentela con il re. I risultati definitivi saranno resi noti domani. Alcuni parlamentari, sia nella Camera Alta (75 seggi in tutto) che nella Camera Bassa (25 seggi), saranno comunque nominati dal re. Nonostante la rapida modernizzazione del paese – nel 1999 la televisione era ancora vietata e ora si è votato con apparecchi elettronici fatti arrivare appositamente dall’India – il Bhutan mantiene una forte identità nazionale, i suoi abitanti continuano ad indossare gli abiti tradizionali e difendono con orgoglio le loro specificità di fronte ai due grandi Paesi confinanti, l’India e la Cina.
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