Archivi tag: tibetani

Celebrata dai cinesi la giornata di liberazione dal Dalai Lama

La Cina ha celebrato ieri per la prima volta il Giorno della Liberazione dalla Schiavitù nell’anniversario dell’ istituzione del primo governo filo-cinese nel Tibet. Il territorio fu definitivamente annesso alla Repubblica Popolare Cinese il 28 marzo del 1959, dopo la sconfitta della rivolta iniziata il 10 marzo, che si concluse con la fuga in India del Dalai Lama. In una cerimonia sulla piazza antistante il Potala, il palazzo d’inverno dei Dalai Lama a Lhasa, il governo ha lanciato il suo messaggio, secondo il quale l’occupazione del Tibet da parte dell’ esercito cinese ha messo fine ad un oppressivo regime feudale. A poco più di un anno dall’inizio della rivolta dell’anno scorso, iniziata a Lhasa e poi estesasi ad altre zone a popolazione tibetana della Cina, gli oratori hanno parlato davanti ad una folla di migliaia di tibetani vestiti nei loro costumi tradizionali. La cerimonia si è svolta mentre la maggior parte delle aree a popolazione tibetana sono guardate a vista da migliaia di uomini della polizia armata del popolo, che perquisiscono tutti coloro che entrano ed escono dalle zone “pericolose” e impediscono l’accesso a tutti gli stranieri. Dall’inizio del “lockdown” del Tibet, nella prima settimana di marzo, almeno 200 persone sono state arrestate dopo manifestazioni di protesta. Zhang Qingli, il segretario del partito comunista locale, ha affermato tra l’altro che “qualsiasi complotto per rendere il Tibet indipendente, per separarlo dalla Cina socialista, è destinato a fallire”. La cerimonia, che è stata trasmessa in diretta dalla tv di Stato, ha segnato il culmine di una lunga campagna di propaganda rivolta in primo luogo contro la “cricca” del Dalai Lama, il leader tibetano che chiede per il territorio quella che chiama una “vera” autonomia ma che secondo il governo cinese punta in realtà alla creazione di un Paese indipendente. Visitando ieri una mostra sul Tibet a Pechino, il presidente cinese Hu Jintao ha detto che l’attuale “buona situazione” del territorio “é stata conquistata a duro prezzo e deve essere fortemente apprezzata”, riferisce l’agenzia Nuova Cina. In una conferenza stampa a Dharamsala in India, dove risiede il Dalai Lama, la rappresentante del governo tibetano in esilio Kesang Y.Takla ha sostenuto che “i tibetani considerano questa celebrazione offensiva e provocatoria” e che la “massiccia propaganda” del governo cinese è volta a “nascondere la repressione in atto” nel territorio. Takla ha aggiunto che prima del 1959 i detenuti nelle prigioni del Tibet erano “poco più di un centinaio”. “Dopo la cosidetta ‘liberazione’ e l’emancipazione dei ‘servi’ prigioni sono sorte in ogni parte del Tibet. Nella sola Lhasa ci sono cinque prigioni principali con una popolazione di detenuti tra i tremila e cinquecento e i quattromila”. I tibetani in esilio hanno organizzato manifestazioni di protesta anticinesi a Londra, Parigi, Bruxelles, San Francisco, New York, Toronto, Montreal, Taipei, New Delhi e Dharamsala.

fonte: ANSA

Lascia un commento

Archiviato in Free Tibet

La Cina celebra domani giornata di liberazione da Dalai Lama

La Cina si prepara a celebrare domani, per la prima volta, la Festa della Liberazione dalla Schiavitù nel cinquantesimo anniversario della istituzione del primo governo cinese nel Tibet, che era stato occupato nel 1950 dalle truppe dell’ Esercito di Liberazione Popolare. La Festa segna il culmine di una lunga campagna di propaganda del Partito Comunista Cinese che per gli ultimi due mesi ha inondato i mezzi di comunicazione cinesi, tutti sotto il suo controllo, di denunce della “cricca del Dalai Lama”, il leader tibetano in esilio che chiede una “vera” autonomia per il territorio ma che Pechino accusa di puntare in realtà alla secessione del Tibet dalla Cina. La scrittrice e poetessa tibetana Woeser, interpellata dall’ ANSA, ha definito “ridicola” l’ iniziativa. “E’ la prima volta in 50 anni che viene celebrata questa festa, si tratta di una risposta alle manifestazioni di protesta dell’ anno scorso”, ha aggiunto. “Il governo dovrebbe rispondere piuttosto ad una sola domanda: come mai tanti tibetani protestano ancora contro la Cina?”, ha concluso Woeser, che ha 41 anni e vive a Pechino col marito, lo scrittore cinese Wang Xilong. Woeser ha diffuso nei giorni scorsi sul suo blog alcuni fotogrammi di un filmato girato l’ anno scorso in Tibet, nel quale si vede la polizia cinese che picchia a sangue alcuni monaci e civili tibetani con le mani legate dietro la schiena. Pechino ha sostenuto che il filmato – proveniente dal governo tibetano in esilio fedele al Dalai Lama – è stato “manipolato” e ha bloccato per oltre quattro giorni il sito web “Youtube”, sul quale era visibile. “Youtube” è tornato ad essere accessibile dalla Cina nella serata di venerdì. In quello che è stato interpretato come un indiretto attacco al Dalai Lama, il “numero due” della gerarchia tibetana, il Panchen Lama nominato da Pechino, ha affermato che il territorio “si trova di fronte all’ attacco di un individuo senza scrupoli”. Per domani è stata annunciata una “cerimonia teletrasmessa” che si svolgerà a Pechino. Non è chiaro se siano state programmate attività a Lhasa, capitale della Regione Autonoma del Tibet. Dall’ inizio di marzo tutta la Regione Autonoma e altre vaste zone a popolazione tibetana delle altre province cinesi sono strette in una morsa di controlli e posti di blocco dalla Polizia Armata del Popolo, il corpo paramilitare addetto al controllo dell’ ordine pubblico. Dalla zona, completamente sigillata, sono filtrate notizie di manifestazioni di protesta e di decine di arresti dalla province del Sichuan e del Qinghai. Nel marzo dell’ anno scorso iniziarono a Lhasa proteste che poi si estesero ad altre zone tibetane e proseguirono fino alla fine di maggio. I tibetani in esilio affermano che almeno 200 persone hanno perso la vita nella repressione che è seguita, mentre la Cina parla di una ventina di vittime, in grande maggioranza immigrati cinesi uccisi dai rivoltosi tibetani.
Per il governo tibetano in esilio, la Festa della liberazione della schiavitù proclamata per domani dal governo cinese “sta aggravando i problemi in Tibet con una iniziativa offensiva, provocatoria e destabilizzante, con l’intenzione di creare caos”. Lo afferma oggi in un comunicato il ‘Kashag’, l’organo di governo tibetano in esilio a Dharamsala nel nord dell’India, che reagisce fermamente alle celebrazioni indette per domani. Il Kashag ha parole dure e annuncia che “se i tibetani perdono la looro pazienza, scenderanno per le strade a protestare, consapevoli che daranno così la scusa ai leader cinesi per usare ancor più forza bruta per fermarli”. Nel comunicato Il Kashag tibetan denuncia lo stato di sudditanza nel quale si trovano i tibetani, sottomessi all’esercito cinese, annunciando che domani sarà osservato da tutti i tibetani del mondo un giorno di lutto. Il Kashag contesta anche la caratterizzazione di “stato feudale” usata da Pechino per giustificare l’invasione del 1950.

fonte: ANSA

Lascia un commento

Archiviato in Free Tibet

Giovane monaco tenta il suicidio bruciandosi in Tibet

Tensione alta in Tibet dopo il tentativo di suicidio con il fuoco di un giovane monaco tibetano ad Aba (Ngaba in tibetano) in una zona a popolazione tibetana della provincia cinese del Sichuan, un gesto confermato oggi anche dall’agenzia di stampa ufficiale di Pechino Nuova Cina. Secondo testimoni citati dalla Campagna Internazionale per il Tibet (ICT), un gruppo filotibetano basato negli USA, agenti di polizia avrebbero ripetutamente sparato contro il giovane monaco prima di spegnere le fiamme che lo avvolgevano. Confermando la notizia, l ‘agenzia governativa Nuova Cina ha scritto che il giovane e’ ricoverato in ospedale con ustioni “al collo e alla testa”, ma non fa menzione di ferite da arma da fuoco. Il dramma avviene mentre in tutte le zone a popolazione tibetana della Cina è in corso una silenziosa protesta che consiste nel non partecipare ai festeggiamenti per Losar, il capodanno tibetano, che in genere durano 15 giorni durante i quali si svolgono banchetti, canti e balli tradizionali. La protesta è stata indetta in segno di “rispetto” per le persone che hanno perso la vita durante le manifestazioni anticinesi che si sono svolte nel marzo dell’anno scorso in molte zone della Cina abitate da tibetani. Secondo Pechino i morti sono stati solo venti, tutti civili uccisi dai rivoltosi tibetani, mentre i tibetani in esilio sostengono che le vittime sono state circa duecento e di mille persone arrestate in quel periodo – tra marzo e maggio dell’ anno scorso – non si hanno notizie. Inoltre è vicina la delicata scadenza del 10 marzo, giorno nel quale cade l’ anniversario della rivolta del 1959 che si concluse con la fuga in India del Dalai Lama, il leader spirituale tibetano che da allora è vissuto in esilio. Secondo la ricostruzione di ICT, la protesta del monaco risale a mercoledì ed è stata innescata dal divieto posto dalle autorità alla celebrazione delle preghiere di Monlam, una festa religiosa collegata a quella di Losar. Poche ore dopo la notifica del divieto Tapey, il cui corpo era già cosparso di kerosene, è stato visto nel mercato vicino al monastero e, prima che gli agenti presenti potessero intervenire, si è dato fuoco agitando una bandiera tibetana fatta a mano con al centro un ritratto del Dalai Lama. I poliziotti lo hanno circondato e si sono uditi dei colpi di pistola. In seguito le fiamme sono state spente ed il giovane è stato portato via, in un apparente stato di incoscienza. Secondo l’ emittente di tibetani in esilio Voice of Tibet, manifestazioni anticinesi e pro-Dalai Lama alle quali avrebbero preso parte centinaia di persone si sono svolte in questa settimana a Guinan (Mangra in tibetano) e ad Hainan (Tsolho in tibetano), nella provincia del Qinghai. Colloqui tra esponenti cinesi ed inviati del Dalai Lama si sono tenuti in ottobre senza che sia stato raggiunto un accordo. Pechino accusa il leader tibetano di perseguire la secessione del Tibet dalla Cina, mentre il Dalai Lama afferma di voler per il territorio quella che chiama una “vera” autonomia.

Lascia un commento

Archiviato in Free Tibet

Per il Dalai e’ un capodanno da non festeggiare

”Nella nevosa terra del Tibet per tradizione celebriamo il capodanno con complessi rituali che incorporano sia elementi spirituali che materiali. Tuttavia, poiche’ lo scorso anno in Tibet centinaia di persone hanno perso la vita e altre migliaia hanno subito torture e detenzione forzata, quest’anno non e’ il momento giusto per festeggiare con la solita gioia”. Queste le parole con cui il Dalai Lama, in un comunicato stampa, ha espresso la volonta’ di osservare, quest’anno, un Capodanno (il cosiddetto Losar tibetano) silenzioso. Il calendario tibetano e’ composto da dodici mesi lunari e la festa del Losar comincia il primo giorno del primo mese lunare. ”Ognuno – ha proseguito il leader tibetano – dovrebbe invece utilizzare questo periodo per azioni positive, perseguendo finalita’ virtuose, cosi’ che coloro che hanno sacrificato le loro vite per la causa del Tibet possano trovare una loro realizzazione attraverso la rinascita in regni piu’ elevati”. Il Dalai Lama ha poi continuato sottolineando, nel comunicato, come le azioni contro i tibetani non si siano mai fermate. ”Ordini provocatori sono stati dati per le celebrazioni del Capodanno – si legge ancora nel comunicato – appare quindi chiaro che l’intenzione e’ quella di sottoporre il popolo tibetano ad un tale livello di crudelta’ in modo che poi non sia piu’ in grado di sopportare e reagisca. Per questo io faccio appello al popolo tibetano affinche’ eserciti la pazienza e non risponda a queste provocazioni”.

Lascia un commento

Archiviato in Free Tibet

Si condizionato alla Via di Mezzo del Dalai Lama

Fiducia al Dalai Lama, si alla sua ”via di mezzo” ma niente piu’ concessioni alla Cina e soprattutto non accantonamento dell’idea dell’indipendenza da Pechino. Questi i risultati della settimana di colloqui a Dharamsala, la citta’ del nord dell’India sede del governo tibetano in esilio, alla quale hanno partecipato 600 tra tibetani, monaci e sostenitori da tutto il mondo. Invitati dal Dalai Lama come previsto dalla costituzione del governo in esilio, le delegazioni hanno discusso in commissioni prima e poi in seduta plenaria, sul futuro del Tibet e sulla strategia da adottare nei confronti della Cina. Il messaggio che dall’assembla arriva al governo tibetano, unico organo in grado di decidere dal momento che il meeting aveva valore consultivo, e’ di fiducia alla politica attendista del leader spirituale, ma a tempo. Anche se nessun termine e’ stato fissato, la linea intransigente, portata avanti soprattutto dai movimenti giovanili che vorrebbero azioni decise contro la Cina per ottenere non l’autonomia ma l’indipendenza, non e’ passata del tutto ma ha ottenuto una grossa vittoria. Per la prima volta, infatti, dal 1993 da quando si scelse la ”via di mezzo”, la richiesta dell’indipendenza e’ stata avanzata a chiare lettere. E’ stato il presidente del parlamento tibetano in esilio, Karma Choephel, a spiegare le risultanze del meeting speciale ai giornalisti. ”L’assemblea ha detto alla Kashag (il governo tibetano in esilio, ndr) che non ha senso di continuare il dialogo con Pechino, la parte cinese non ha accettato le nostre richieste”, ha detto Choephel aggiungendo che non saranno mandati altri a Pechino per colloqui senza aperture chiare dalla Cina. Choephel ha anche ribadito che l’assemblea, pur ”unanimemente affermando la fiducia nel Dalai Lama”, ha minacciato di ”andare per una completa indipendenza e autodeterminazione” se la ”via di mezzo” del leader spirituale dovesse fallire nel lungo termine. In ogni caso, pero’, l’assemblea e’ stata chiara: sia nella richiesta dell’autonomia che dell’indipendenza, la politica sara’ sempre quella della non violenza. L’assemblea ha anche chiesto che la Cina finisca di criminalizzare il Dalai Lama, riconosciuto a livello mondiale come leader spirituale e politico dei tibetani. Il Dalai Lama fino ad ora non si e’ espresso. Attende che l’indicazione dell’assemblea giunga sul suo tavolo per l’approvazione. Non ha neanche partecipato ai lavori, per non condizionarli con la sua presenza, visto che era in discussione non la sua persona, ma la sua politica. L’assemblea ha rigettato ogni idea di dimissioni da parte del leader spirituale, ribadendo la fiducia in lui. Ha pero’ voluto dare un segnale politico al 73nne premio Nobel, il quale gode dell’appoggio morale di molti capi di stato e di governo oltre che di persone da ogni parte del pianeta. Che, pero’, fino ad ora non sono riusciti a premere efficacemente su Pechino per far concedere l’autonomia ai tibetani. La scelta di ribadire la fiducia nel Dalai nasce anche dal fatto che il leader e’ il catalizzatore di un movimento internazionale che andrebbe perso se uscisse di scena. Ma bisognava dare pure una risposta ai tanti, soprattutto i giovani dei movimenti tibetani, che chiedevano una svolta radicale e un intervento piu’ deciso su Pechino. Il Dalai ora dovra’ scegliere. Ottenuta la fiducia alla sua persona, potrebbe anche ritirarsi, come ha piu’ volte detto, lasciando agli altri il compito di fare gli ultimi tentativi verso l’autonomia. La politica della via di mezzo, potra’ continuare anche senza di lui. Ma non per molto.

3 commenti

Archiviato in Free Tibet

Si chiude domani riunione speciale tibetana

Si chiudera’ domani l’incontro speciale convocato dal Dalia Lama a Dharamsala, nel nord dell’India sede del governo tibetano in esilio, e che vede impegnati centinaia di monaci, tibetani e sostenitori della causa tibetani da tutto il mondo per discutere sul futuro della politica del paese. Fino ad ora si e’ registrato un nulla di fatto tra le posizioni attendista, che ha nel leader spirituale premio nobel, nella sua ”via di mezzo” e nella ricerca di una ”genuina autonomia” da Pechino i punti fermi, e quella piu’ intransigente dei giovani, che vogliono andare invece verso l’indipendenza dalla Cina. Dopo il fallimento dei recenti negoziati sino-tibetani sono in molti, soprattutto quelli appartenenti alle nuove generazioni e ai movimenti giovanili Free Tibet e Tibetan Youth Congress, che sembrerebbero favorevoli ad un cambiamento, a provare ad ottenere un maggiore ascolto con una politica piu’ aggressiva. Nonostante cio’, tuttavia, secondo un sondaggio condotto nell’ambito del popolo tibetano e i cui risultati sono stati resi noti dal portavoce del governo tibetano in esilio, Karma Chopel, sembra che la maggioranza intenda comunque seguire quella che sara’ la decisione finale del Dalai, nonostante la stessa maggioranza si sia espressa piu’ verso l’indipendenza che verso l’autonomia. Al momento una delle ipotesi piu’ probabili sarebbe quella secondo la quale si decida di continuare con la politica della via di mezzo, ponendo pero’ una sorta di time limit – si parla di un paio di anni – per poi eventualmente cambiare strategia qualora non saranno stati raggiunti risultati significativi. Intanto la posizione della Cina sembra irremovibile. ”Il cosiddetto governo tibetano in esilio – ha detto Qin Gang, portavoce del Ministero degli esteri cinese – non e’ riconosciuto da nessun governo al mondo. Ogni tentativo di separare il Tibet dalla Cina sara’ bloccato”.  La Cina inoltre contesta al Dalai Lama e ai suoi seguaci di mascherare, con la richiesta dell’autonomia, il tentativo di arrivare all’indipendenza.

1 Commento

Archiviato in Free Tibet

Cominciata la riunione speciale sul futuro del Tibet

Buddisti, tibetani e sostenitori della causa del Tibet da tutto il mondo, si sono riuniti oggi a Dharamsala, nel nord dell’India dove ha sede il governo tibetano in esilio, per il primo dei sei giorni dello speciale incontro voluto dal Dalai Lama per fare il punto della situazione sulla questione tibetana e verificare lo stato di attuazione della politica fino ad ora intrapresa. Da pochi giorni, il 5 novembre, e’ terminato il settimo round di colloqui tra due inviati del Dalai Lama e il governo cinese a Pechino. Un nulla di fatto, nel quale da un lato i tibetani hanno ribadito la loro richiesta di una ”genuina autonomia” sotto l’egida cinese, dall’altro i cinesi respingono le richieste tibetane perche’, dicono, nascondono una volonta’ secessionista e indipendentista. Un discorso tra sordi che, nonostante le pressioni internazionali soprattutto alla vigilia delle Olimpiadi dello scorso agosto, non ha portato a nessun cambiamento. Tanto da insinuare il dubbio tra i tibetani che la politica della ”via di mezzo” adottata dal Dalai Lama nei confronti della Cina, il suo approccio soft alla causa tibetana, non sia valido. Da qui la necessita’ di un incontro aperto, dal quale uscira’ il pensiero dei tibetani che si potra’ concretizzare in una conferma del mandato al Dalai sulla sua linea politica, o il radicale cambiamento della stessa verso una svolta piu’ radicale e intransigente. Il Dalai Lama, forse per non condizionare il dibattito, non sara’ presente alla sei giorni. Da tempo, il leader spirituale e politico dei tibetani ha anche affermato di essere pronto a fare un passo indietro, esprimendo la volonta’ di tornare a fare il monaco. Una posizione ribadita soprattutto all’indomani dei moti di marzo scorso a Lhasa, quando la polizia cinese e’ intervenuta duramente contro i manifestanti pro Tibet, arrestando e uccidendo diversi monaci e civili. Proprio la ferma reazione cinese e lo stallo nelle trattative per l’autonomia del Tibet da Pechino, ha spinto i giovani tibetani, soprattutto quelli del Tibetan Youth Congress, a criticare in piu’ di una occasione l’atteggiamento attendista del 73nne premio Nobel per la pace. Questa loro posizione, che e’ stata appoggiata da piu’ parti all’interno della diaspora tibetana, e’ stata la spinta che ha mosso il Dalai Lama a convocare questo incontro speciale, come quello che nel 1993 diede slancio alla ”via di mezzo”. Secondo molti osservatori, il Dalai Lama cerca anche di pesare il reale consenso internazionale sulla causa tibetana. Da anni il leader tibetano gira il mondo ottenendo da tutti simpatia e consenso. Molti leader politici lo appoggiano apertamente, tanti invece si sono rifiutati di incontrarlo per non urtare la suscettibilita’ di Pechino. Durante i moti di Lhasa e alla vigilia delle Olimpiadi, fu unanime la critica al governo cinese per quanto successe in Tibet e unanime fu anche la richiesta di rispettare i tibetani e di concedere l’autonomia che, come scritto nel memorandum per l’autonomia presentato dagli inviati del Dalai Lama al governo di Pechino, chiede alla Cina di rendere il Tibet autonomo sotto il governo cinese per permettere la sopravvivenza di lingua, cultura, tradizioni e religione di quel popolo. Nonostante le pressioni internazionali, la Cina non ha mai cambiato la sua posizione, accusando anzi il Dalai di giocare sporco e di volere in realta’ l’indipendenza da Pechino.

1 Commento

Archiviato in Free Tibet

Per Pechino il Dalai deve sciogliere il governo

Se il Dalai Lama ”intende davvero rinunciare all’obiettivo di uno stato indipendente, allora deve sciogliere il governo in esilio e deve cancellare l’articolo che sancisce l’indipendenza del Tibet dallo Statuto del governo in esilio”. Lo ha detto oggi il vice ministro cinese dell’informazione, Qian Xiaoqian in merito ai colloqui avviati con i rappresentanti del leader spirituale in esilio in India. ” Il governo cinese ora si attende dal Dalai Lama atti concreti”. ha aggiunto. Il riferimento del vice ministro, che oggi ha incontrato a Pechino una delegazione di giornalisti italiani, e’ alla ‘Carta dei tibetani in esilio’ (approvata nel 1991 dal parlamento in esilio) in cui si parla del Tibet come ” repubblica democratica federale che si autogoverna”. Il vice ministro ha sottolineato che la richiesta al Dalai Lama e’ di abbandonare le attivita’ ”separatiste” e di ”sabotaggio”: ”Speriamo – ha detto – che il Dalai Lama traduca in fatti concreti tali punti. Su queste basi credo che il dialogo continuera’, ma in quale misura egli potra’ rinunciare alle sue posizioni – ha aggiunto – e’ da vedere”. Quanto alle relazioni tra il leader spirituale tibetano e l’Associazione dei giovani tibetani, su posizioni piu’ estremiste, ” il Dalai Lama – ha affermato – vuole porre dei vincoli a tale organizzazione, ma l’obiettivo finale non e’ diverso: i mezzi sono differenti ma l’obiettivo politico e’ lo stesso, ovvero l’indipendenza del Tibet”. Qian Xiaoqian ha toccato anche il tema dei monaci. ” In Tibet – ha detto – ci sono oltre 1700 monasteri, piu’ delle scuole nella regione, e 46.000 monaci, che e’ una percentuale elevata rispetto alla popolazione. Ma i monaci non producono ne’ hanno figli, e questo rappresenta un problema per lo sviluppo economico del Tibet”. ‘Il 90% dei finanziamenti totali al Dalai Lama e’ occulto, non se ne conosce la provenienza” ha concluso, sottolineando che buona parte dei fondi al leader spirituale tibetano in esilio arriva dagli Stati Uniti.

Lascia un commento

Archiviato in Free Tibet

Per paura di proteste tibetane, la Cina vieta le spedizioni sull’Everest

Di seguito il mio articolo apparso stamattina su Il Mattino.

L’Everest chiude alle spedizioni fino alle prossime olimpiadi di Pechino. Questa la notizia circolata ieri per alcune ore ma poco dopo smentita dalle autorità cinesi. E’ stata la International Campaign for Tibet a denunciare la chiusura, riprendendo una notizia diffusa dalla China Tibet Mountaineering Association, secondo la quale la vetta sarebbe stata interdetta alle spedizioni fino al prossimo passaggio della fiaccola olimpica. Immediata la smentita. Un dirigente dell’ Associazione Alpinistica del Tibet ha dichiarato che si tratta di “voci”, che potrebbero essere nate da “equivoci” provocati da disposizioni di sicurezza, che sono state rinnovate quest’anno. Secondo sempre la stessa fonte, ci sarebbero state pressioni anche sul governo nepalese per chiudere anche il versante nepalese della montagna più alta del mondo, ma da Kathmandu hanno fatto orecchie da mercante, pur negando alcune spedizioni “per il troppo numero di richieste”. Da qualche mese, le autorizzazioni erano più difficili da ottenere. Ma dietro tutto questo sembra nascondersi la paura di Pechino che l’Everest possa diventare un palcoscenico ideale per le proteste tibetane in chiave anticinese e soprattutto che tali proteste possano trovare una eco ampliata dall’evento sportivo. La notizia (apparentemente falsa) della chiusura della vetta più alta del mondo è arrivata il giorno dopo della polemica scaturita dal rapporto del dipartimento di stato americano sui diritti umani, che riguarda anche la Cina. Gli Stati Uniti avevano annunciato in un primo momento di aver rimosso la Cina dalla lista dei paesi “peggiori violatori” dei diritti umani (nella quale Pechino compariva insieme a Birmania, Cuba, Corea del Nord, Sudan, Siria, Eritrea, Bielorussia e Uzbekistan), ma poi da Washington si sono affrettati a specificare che il rapporto considera ancora la situazione dei diritti umani negativa nel Paese, a causa della mancanza di libertà in Tibet e nel Xinjiang (la regione con una forte presenza musulmana nel nordovest del paese). Ma Pechino non ci sta. Il ministro degli esteri cinese Yang Jiechi ha dichiarato che le affermazioni americane “rivelano una mentalità da guerra fredda, fanno distinzioni basate sull’ideologia e rappresentano un’interferenza negli affari interni della Cina con la scusa dei diritti umani”.

E ieri i monaci hanno di nuovo sfidato la polizia a Lhasa. Dopo le manifestazioni di lunedì, per il secondo giorno consecutivo, migliaia di monaci hanno sfilato ieri nella capitale tibetana. Circa duecento agenti di polizia sono intervenuti con i bastoni e con i gas lacrimogeni per disperdere la folla.

Nuove proteste anche in India. Una quarantina di donne tibetane hanno preso parte a Delhi ad una dimostrazione in occasione del quarantanovesimo anniversario della sommossa femminile tibetana e sono state arrestate dalla polizia. Le donne si sono recate dinanzi all’ambasciata cinese e con il volto dipinto con i colori della bandiera tibetana hanno gridato slogan anti cinesi e hanno scritto sulle mura dell’ambasciata “free Tibet”. Trattenute dalla polizia indiana, hanno deciso di continuare la loro protesta facendo lo sciopero della fame e rifiutando di essere rilasciate su cauzione fin quando non verranno liberate senza alcuna accusa a loro carico, affermando che protestare per la libertà del proprio paese non può essere considerato un reato. Il 12 marzo 1959 migliaia di donne tibetane si riunirono in piazza e sfidando le autorità cinesi protestarono contro l’occupazione cantando slogan a favore dell’indipendenza tibetana. Molte di loro persero la vita.

Lascia un commento

Archiviato in Free Tibet

Trasferimento di massa di tibetani da parte della Cina

La Cina ha in progetto di trasferire 52 mila nomadi e contadini tibetani in nuovi appartamenti entro la fine dell’anno, proseguendo in una pratica che è stata criticata dei gruppi umanitari internazionali filo- tibetani. L’agenzia ‘Nuova Cina’ riferisce che il progetto è iniziato nel 2006 e che il governo della Regione Autonoma del Tibet prevede di costruire in totale 22 mila abitazioni. “Questo significa – chiarisce l’agenzia – che entro il 2010 l’80% dei pastori e dei contadini sarà trasferito nelle nuove abitazioni”. Il costo del progetto è stato di 1,3 miliardi di yuan (circa 130 milioni di euro). La Cina afferma che la sedentarizzazione dei nomadi e l’abbandono delle tradizionali case di legno dei villaggi tibetani permetterà di “alzare il loro livello di vita” e di “salvaguardare con maggior efficacia l’ambiente”. Programmi per la sedentarizzazione dei nomadi tibetani sono in corso anche nelle province del Sichuan e del Qinghai. Il gruppo umanitario internazionale Human Rights Watch (Hrw) ha criticato la qualità delle nuove case costruite per i nomadi, sostenendo che il loro trasferimento in normali abitazioni costituisce per loro un impoverimento, dato che per molti nomadi, che non hanno studiato e non hanno alcuna qualifica, è impossibile trovare un lavoro. Pechino controlla il Tibet dal 1950, quando la regione fu occupata dall’Esercito di Liberazione Popolare. Il leader spirituale del Tibet e premio Nobel per la pace, il Dalai Lama, vive in esilio in India dal 1959.

Lascia un commento

Archiviato in Free Tibet