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Rahul Gandhi nuova icona gay

Rahul Gandhi, primogenito di Sonia e segretario generale del partito del Congresso, e’ diventata la nuova icona gay dell’India. Il giovane rampollo della dinastia Gandhi Nehru, considerato uno dei grandi vincitori delle scorse elezioni, e’ stato riconosciuto come simbolo da una delle associazioni omosessuali piu’ importanti dell’India. Rahul e’ da qualche tempo, come lo era suo padre, il simbolo e un esempio per i giovani indiani. GayBombay, la piu’ importante organizzazione omosessuale d’India, lo ha eletto a icona, sperando che nella sua azione politica e di governo ci possa essere anche il riconoscimento dei loro diritti. In India, infatti, l’omosessualita’ e’ reato e si rischia fino all’ergastolo per ”unione carnale contro natura”. La legge, inserita nel codice penale e che si richiama ad una legge britannica del 1830, mette sullo stesso piano i rapporti tra omosessuali e quelli tra uomini e animali. Da tempo alcune parti della societa’ civile si stanno battendo per depenalizzare l’omosessualita’, soprattutto perche’ i gay e le lesbiche indiane malate di AIDS, spaventati dalla minaccia di andare in galera, non sfruttano la possibilita’ di avere le cure mediche per la malattia perche’ per farlo dovrebbero denunciare le loro inclinazioni sessuali. Il Ministro della salute dello scorso governo a guida del Congresso, Ramadoss, aveva provato a discutere della depenalizzazione, ma e’ stato emarginato. Rahul, 38 anni e non sposato, incarna le aspirazioni e i sogni dei giovani indiani ed ora anche degli omosessuali, che vedono in lui una speranza. Il suo celibato infatti, non usuale per un giovane della sua eta’ e del suo stato, lo dipinge come una persona che va oltre gli schemi in un paese molto legato alle tradizioni e molto puritano, dove il sesso e’ tabu’ nonostante sia il paese del Kamasutra. I gay indiani sperano che Rahul possa, come segno di apertura, cominciare con il dare il patrocinio governativo o del suo partito al Gay Pride che ogni anno si tiene a Mumbai.

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Vietato fumare in India

Da oggi in India è vietato fumare nei luoghi pubblici. Il ministro della salute Anbumani Ramadoss, ha scelto una data importante per quello che sarà uno dei momenti che cambieranno la vita agli indiani. Oggi infatti é festa nazionale, si ricorda la nascita del Mahatma Gandhi, e per tradizione è ‘dry day’, un giorno nel quale sono vietati la vendita e il consumo di alcolici. Da oggi, anche il fumo. Per sempre. Addio dunque, quantomeno in pubblico, a sigarette e bidi, i cigarillos indiani costituiti da una foglia secca di tabacco arrotolata riempita di trinciato. Niente più fumo neanche nei luoghi pubblici all’aperto, come gli stadi, ma permesso di fumare sui marciapiedi o nei mercati all’aperto. Vietato in tutti gli altri posti, sia pubblici che privati, se sono aperti al pubblico. Alberghi, aeroporti, pub e ristoranti, se ne avranno gli spazi, potranno tuttavia creare aree riservate ai fumatori. Le multe previste per i trasgressori sono a livelli popolari: chi viene beccato a fumare dovrà pagare 200 rupie, 3,50 euro circa. La legge era stata già disegnata nel 2003 e doveva entrare in vigore nel 2004. Ma mancavano una serie di provvedimenti come i regolamenti di attuazione che ora, dopo quattro anni, hanno fatto entrare in vigore il divieto. Il provvedimento è stato fortemente voluto dal ministro Ramadoss, già contestato in patria, oltre per questa del fumo, per una serie di scelte. Ad esempio, lui è l’unico esponente del governo che si batte per i diritti degli omosessuali e della depenalizzazione dell’omosessualità, che attualmente può portare un gay alla prigione fino all’ergastolo. Per Ramadoss è stata una battaglia dura, non tanto per aver dovuto fronteggiare le multinazionali del tabacco che in India hanno attecchito poco, ma per combattere le tradizioni degli indiani e, soprattutto, le proteste dei divi di Bollywood che vedono venire a mancare un mucchio di soldi derivati dalle sponsorizzazioni. Secondo i dati forniti dall’Indian Council of Medical Research, i fumatori indiani sono più di 120 milioni, e i morti per tumore da fumo un milione all’anno, 3000 ogni giorno. A dire il vero, la legge che vieta il fumo nei luoghi pubblici era già teoricamente in vigore dalla fine degli anni 90 in diversi stati e territori autonomi, tra i quali Delhi. Ma non è mai stata applicata con particolare severità: dal 1997, da quando la norma è in vigore nella capitale indiana, circa 13mila euro di multe sono state comminate dalla polizia nei confronti di fumatori colti in flagrante. Una curiosità: l’anno scorso a Delhi 5.739 uomini sono stati multati, a fronte di sole 18 donne. Adesso, però, la nuova norma voluta da Ramadoss vale per l’intero paese e specifica i luoghi nei quali il fumo è bandito, contemplando ospedali, ristoranti, uffici pubblici e privati, cinema, centri commerciali, tribunali etc. Il ministro ha inviato una circolare a tutti gli stati dell’Unione chiedendo di far applicare la legge. Due di questi, il Maharashtra (con capitale Mumbai) e il Bihar (nell’India orientale), hanno detto di non essere pronti. E intanto si profilano altri problemi, giacché la nuova legge, se è molto specifica sui luoghi nei quali sarà vietato fumare, nulla dice riguardo alle persone. In India i sadhu, i santoni, sono gli unici che possono fumare anche droga per fini spirituali senza essere arrestati. L’esenzione varrà anche per questa nuova legge? Il divieto, inoltre, riguarda il fumo, ma non masticare il tabacco e suoi derivati, pratica cui gli indiani ricorrono forse in misura maggiore del fumare sigarette.

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