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Si chiude bottega

Cari amici vicini e lontani, dopo anni di onorata carriera, l’indonapoletano chiude baracca e burattini. L’esperienza indiana è finita, ho venduto, ahimè, l’Ambassador, ho chiuso casa, salutato gli amici cari e lasciatomi l’India alle spalle. Per dove? Se fate una ricerca nel blog lo scoprite. No, non lo dico apertamente perchè nel posto dove sto andando, anzi dove sono già arrivato, non apprezzano molto alcune mie idee, per cui me le devo tenere per me e fare finta di niente. Qui il Grande Fratello è forte e potente, così devo stare attento. Ma non vi lascio soli. Ho aperto un altro blog (che non è ancora attivo, vi informerò quando lo sarà), sempre con wordpress. Il titolo? Lo scoprirete, non è difficile, ha a che fare con quello di quetso blog. E se proprio non ci arrivate, bhe, inviatemi una mail e vi rispondo. Il blog Indonapoletano comunque non chiude. Non posso assicurare che lo aggiornerò quotidianamente come facevo prima, ma restareà in piedi l’archivio. Inoltre risponderò alle mail e ai messaggi di coloro che avranno la cortesia di scrivermi.
Vi lascio con un gioco: le cose “più” e “meno” dell’India rispetto alla mia esperienza. Un elenco che vi invito a completare e commentare con la vostra esperienza, con le vostre domande e suggerimenti.

La cosa più bella: gli occhi della gente, soprattutto dei bambini.
La cosa più brutta: la sofferenza, le malattie, il dolore.
Il cibo più buono: i dosa.
Il cibo meno buono: gulab jammun.
Il posto più bello: Sanchi, Jaisalmer, Kajhuraho.
Il posto più brutto: Agra (intesa come città).
La più grossa delusione avuta: l’assenza di spiritualità.
La più bella scoperta: alcuni italiani e alcuni indiani.
L’incontro più bello: Dalai Lama e Sonia Gandhi.
Il meno significante: politici indiani.
Il momento più toccante: l’accoglienza negli ospedali di Kallol Gosh per bambini handicappati e per quelli malati di Aids, con Anna Chiara che giocava con loro.
Il meno toccante: alcune attività pseudoreligiose.
Il luogo più santo: Sanchi, Tempio d’Oro di Amristar, la casa di Madre Teresa.
Il più congestionato: il tempio di Kali a Calcutta.
Il luogo più esaltante: il Nepal.
Il luogo più deludente: Goa (per il mare).
Le persone che mi mancheranno di più: padre Dino, gli amici italiani e alcuni indiani, soprattutto quelli di LPTI
Quelle che mi mancheranno di meno: i vicini e i venditori che la domenica mattina venivano a bussare alla porta.
La cosa che mi mancherà di più: la mia Ambassador.
Quella che mi mancherà di meno: il caldo soprattutto quando manca la corrente e non si possono accendere i condizionatori.
Il momento più bello: l’arrivo e la partenza.
Il momento più brutto: l’arrivo e la partenza.
Cosa rimpiangerò dell’India: di non esserla riuscita a vedere tutta.
Cosa non rimpiangerò dell’India: la burocrazia, le code, certa mentalità ottusa degli indiani.
La bibita più buona: il latte di cocco bevuto nella noce fresca a Mumbai e nel sud.
La bibita meno buona: i litri di superalcolici che bevono gli indiani.
Il cibo di strada più buono mangiato: un panino sulla strada verso il tempio d’oro, preparato su un improbabile carrettino.
La bibita “di strada” più buona: un chai offertomi da alcuni cammellieri al Pushkar Camel Fair.
La gita più affascinante: tre giorni con un amico in un villaggio, vivendo all’indiana rurale.
La meno affascinante:il terzo giorno di questa gita, quando non ne potevamo più di lavarci con un secchio, dormire su una stuoia, fare i nostri bisogni vicino ad un albero.
La pizza migliore: a Calcutta (o a Kathmandu) da Fire and Ice.
La peggiore: Pizza Hut (un po’ meglio è pizza domino, ancora meglio Raffaele Slice of Italy)
Il negozio preferito: l’elettricista di South Modhi Bagh
Quello più odiato: Airtel
La più grossa bufala sull’India: che l’India è la più grande democrazia del mondo.
Il sentimento che manca: la tolleranza

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Non saranno straccioni, ma…

L’altra sera ero a casa di un amico che si occupa di sicurezza in India. Mi ha detto che un ragazzo italiano, poverino, si trova in ospedale. Lo hanno rapinato di tutto. Lo hanno invitato a bere, ha ingurgitato un beverone, forse lui pensava che fosse lassi ed invece magari era un bang lassi, uno di quelli con la droga che ti manda in fumo il cervello. Alcuni indiani ne approfittano, per il fatto che noi pensiamo siano tutti gentili. Lo dico sempre ai turisti, ma non sempre mi ascoltano. Utilizzano, soprattutto gli indiani nelle città turistiche, la solita tecnica. Si avvicina uno e ti dice “Ciao, io parlo italiano, ma poco. Come stai? Da Dove vieni?”. E tu di risposta “da Torino, da Milano, etc.”. “Torino – dice lui – conosco, c’è mio cugino che ci abita. Anzi, mi ha inviato una lettera ma non so rispondere in italiano, mi aiuti? cel’ho li, nel mio negozio. Vienimi a trovare. La tua guida indiana prende la percentuale nei negozi dove ti accompagna”. Tu ci vai, leggi una lettera e, se ti va bene, compri per oro puro un pezzo di stagno. Peggio è quando ti succede come al ragazzo di cui sopra che è ora in ospedale. Non voglio dire che gli indiani siano truffatori, ma bisogna stare attenti e non farsi prendere dall’atmosfera del paese, dalle immagini oleografiche che abbiamo.  L’India è un paese bellissimo, ma non è il paradiso. Gli indiani peersone stupende, ma non tutti santi. La sicurezza anche qui è un problema.

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Sui turisti e la comprensione dell’italiano

Il 25 settembre ho scritto questo post sulla questione dei turisti che nel mondo vanno in cerca di avventura e spesso si cacciano nei guai. Citavo, senza fare il nome, anche il caso di un povero ragazzo in galera qui in India, condannato in primo grado per essere stato trovato con 18 kg di droga. Il post è stato commentato da molte persone. Un eminente esponente della società civile italiana, che si firma con una serie di titoli che ci vorrebbe Totò con il suo “ma mi faccia il piacere”, mi ha scritto oggi un commento che mi lascia allibito. Oltre ad avergli risposto, metto qui il suo commento e la mia risposta perché delle due l’una: o io ho ragione, o io non capisco un cazzo! Aiutatemi voi a capire.

Scrive Luciano Ardoino

Gentile Nello Del Gatto,

navigando in rete, alla ricerca di notizie riguardanti un caso accaduto in India tempo addietro, ho letto la Sua datata 25 settembre 2008 in merito a “Turisti alla ricerca di emozioni e carcerati italiani all’estero” e mi sono un po’ preoccupato per le terminologie usate nella descrizione di quanto accade nell’Ambasciata di New Delhi nonché delle Sue supposizioni al in merito ad eventuali colpevolezze di alcuni cittadini italiani attualmente imprigionati in quel lontano paese.
Premetto che ho una buona conoscenza dell’AIRE, degli uffici consolari e quindi anche Ambasciate dislocate un po’ in tutto il mondo, India a parte, poiché ho svolto prevalentemente la mia attività operativa all’estero nel settore turistico per quasi 40anni contribuendo, in alcuni casi con i Governi locali, alla stesura delle leggi sul turismo e della sicurezza, per quelle nazioni che provvisoriamente mi ospitavano per lavoro.
Detto ha permesso una mia assidua frequenza negli uffici sopra menzionati con un riscontro molto favorevole all’indirizzo delle personalità che ci rappresentavano, Ambasciatori, Consoli, semplici immigrati o turisti italiani occasionali e alcune volte ho dovuto affrontare problematiche, anche se non di mia stretta pertinenza, per risolvere casi che erano da imputare esclusivamente alla corruzione locale, taluni, proprio come nel caso di Angelo Falcone da lei citato, riportavano esattamente le stesse causali; attualmente dispongo di circa una ventina di coincidenze per quanto riguarda l’India e per differenti nazionalità.
In tutte queste occasioni o solamente quelle che mi vedevano vagare in quei corridoi, a volte solo per un cortese saluto, non ho mai, ripeto mai, sentito apostrofare parziali sentenze vocali all’indirizzo di concittadini più sfortunati e tanto meno verso parenti o genitori che impossibilitati richiedevano un aiuto. Nel Suo caso, cortese Nello, le ho viste addirittura scritte in un blog, contribuendo esageratamente all’abbassamento morale dei genitori del sopraddetto che si è manifestato in un chiaro senso di rabbia e sconforto. Mi creda, non è un gran bel agire tenendo in considerazione che Sua moglie lavora in quel dipartimento che dovrebbe invece agire in supporto e cooperazione con i connazionali come, tanto meno il Suo, che in possesso di notevoli armi mediatiche può contribuire a rendere vano ogni nostro sforzo per la liberazione di Angelo Falcone.
La prego pertanto voler rivedere le Sue posizioni e certo di un favorevole riscontro Le invio i miei più cordiali saluti.

Con stima

Luciano Ardoino

Membro Assefa per i bambini in India
Responsabile turismo, Liguria (F. I.)
Multi General Manager


Rispondo io:

Gentile Ardoino, Lei sarà tutte le cose che scrive e avrà tutte le qualifiche e le esperienze che dice, ma Le manca una cosa fondamentale. La conoscenza e la comprensione della lingua italiana. Forse ai Multi General Manager la cosa non è richiesta. A noi poveri mortali si. Vado con ordine a rispondere a quello che dice.
1) Innanzitutto lei non sa di chi parla e non sa che esperienza ha. Posso dire di conoscere meglio di lei ambasciate e consolati, per il semplice fatto di aver lavorato all’ufficio stampa del MAE, lavorando con l’entourage del presidente del Suo partito, che ancora mi ricorda e mi apprezza.
2) Io non ho fatto nessun nome proprio per non offendere nessuno. Ma, dal momento che lo ha fatto lei, vengo a parlare del caso di Falcone. Dal signor Falcone io sono anni che ricevo telefonate. Mi sono messo sempre a disposizione. Anche nei giorni scorsi, di nuovo, mi ha contattato prima tramite un collega a me molto caro e poi personalmente. Non ho fatto altro che fare quello che ho sempre fatto. Dirgli che io mi potevo solo limitare a scrivere del caso ma lui sarebbe in primo luogo dovuto venire qui e in secondo luogo trovare un avvocato. Non ha fatto nè la prima nè la seconda cosa. L’avvocato che gli ho proposto io è un avvocato italiano che lavora in un primario studio indiano che serve le più grosse multinazionali. Non ce ne sono altri italiani, anche perchè non possono esercitare. Ogni volta, ultima la settimana scorsa, il sig. Falcone mi ha detto che costava troppo. Non è certo colpa mia. Fare le battaglie dall’Italia non serve a nulla. Suo figlio, poverino, rimarrà in galera se non si fa qualcosa da qui. E chi lo deve fare se non i genitori? Io, lo ribadisco, rispetto il dolore del signor Falcone e sono vicino al figlio per le condizioni nelle quali si trova in galera. Ma ribadisco che se non si viene qui e, soprattutto, se le cose non si fanno in prima persona, si risolve poco.
3) Se avesse una minima conoscenza della lingua italiana, avrebbe letto che io ribadisco che per me lui, come chiunque altro, è innocente fino a prova contraria. Mi resta però qualche dubbio sulla “modica quantità” di droga: 18 chili è qualcosa in più di uno spinello. Vede, caro signore-non-conosco-l’italiano-ma-sono-bravo-solo-a-sputare-sentenze, non metto in dubbio che il ragazzo possa essere stato coinvolto in una cosa della quale non sa nulla. Allora delle due l’una: o è stato un po’ sprovveduto a fare un viaggio del genere e a “farsi buttare dentro”, o c’è qualcosa di diverso, dal momento che per lui ci si limita a fare battaglie dall’Italia.
4) Signor Multi General Manager, mi spiega che c’entra l’ambasciata e soprattutto mia moglie in tutto questo? Mia moglie non lavora in nessun dipartimento dove si aiutano i connazionali. E comunque, quando imparerà a leggere l’italiano, vedrà che io ho scritto nel post che i funzionari e i dipendenti non fanno mai mancare il loro supporto ai connazionali in difficoltà, spesso ricorrendo anche a soldi propri. Ho infatti scritto di “fare una colletta”: se apre qualsiasi vocabolario, sa quel librone grande dove ci sono le parole in quella lingua che lei fatica a comprendere, fare una colletta significa “raccolta di offerte”.
5) Tra l’altro, signor MGM, io so bene come vanno queste cose. Nel 1995 fui arrestato per aver subito un incidente stradale in Montenegro. A differenza di Falcone, io, nonostante avessi chiamato e chiesto aiuto alle autorità diplomatiche italiane, non ho avuto nessun supporto da loro. Sono stato dalla polizia picchiato e imprigionato, poi processato e condannato a pagare in nero ad un giudice. Credo quindi di avere un po’ di esperienza su questioni legati ai cittadini stranieri all’estero.
6) Lei si dice “preoccupato per le terminologie usate nella descrizione di quanto accade nell’Ambasciata di New Delhi”. E chi ha parlato male dell’ambasciata di New Delhi? Non è che il basilico che ha usato nel suo ultimo pesto era qualcosa di diverso che provoca allucinazioni?
7) Mi viene da pensare che se la politica per il turismo del più grande partito italiano sia nelle sue mani, vedo tempi foschi per il nostro turismo.
Nell’attesa di poterla risentire dopo un corso, da parte sua, anche rapido di lettura e comprensione dell’italiano, La saluto e La ringrazio.
nello del gatto

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Di turisti alla ricerca di emozioni e carcerati italiani all’estero

Spesso i giornali riportano notizie di turisti italiani che, in cerca di avventure e di emozioni forti, visitano luoghi pericolosi nei quali subiscono violenza, vengono rapiti. Interviene poi giustamente il governo, il paese per aiutarli. In questi giorni c’è ad esempio la notizia degli italiani che sono stati rapiti nel sud dell’Egitto. Avevano voluto fortemente questo viaggio, nonostante la Farnesina sul sito dei viaggi sconsigli da tempo questi luoghi. Ferma restando la necessità e il dovere morale di aiutare queste persone, chi deve pagare per i soccorsi, per eventuali riscatti? Non c’era quella massima che diceva “chi è causa del suo mal pianga se stesso”? Non è più valida? Ha fatto scalpore a metà del mese che il governo pachistano abbia chiesto il conto dei soccorsi agli alpinisti che avevano tentato di scalare il Nanga Parbat, in una spedizione che aveva visto la morte di un loro collega. Il ministero degli esteri italiano, giustamente, girò il conto agli alpinisti che si indignarono. Ma dde cche? Sapevano a che rischi andavano incontro, perchè dovrei pagare io? I turisti vengono rapiti in un luogo sconsigliato dalla Farnesina. Perchè devo pagare io? Si sono voluti assumere la responsabilità di farlo e, come si sarebero presi gli onori (mostrando orgogliosi le foto e i video dei viaggi agli amici, mostrando quanto sono machi), se ne devono prendere anche gli oneri. Qui in India, a volte, quando vado in ambasciata, vedo nella sala d’aspetto, degli straccioni che sono venuti in India a “cercare loro stessi”. Strafumati, strafatti, finiscono i soldi e pretendono che l’ambasciata dia loro i soldi e paghi il viaggio in Italia. E in ambasciata, spesso, fanno una colletta e li aiutano, oltre a fare quello che la legge e il buon senso chiede loro. La cosa succede anche altrove, ovviamente, ma soprattutto in paesi come questo. Ma dde cche? Il discorso, per me, vale anche per coloro che vengono arrestati all’estero per reati vari, in maggior parte dei quali legati a reati sessuali o a droga. Anche qui in India ci sono diversi italiani nelle galere indiane, più che altro per questioni di droga. L’ambasciata fornisce loro assistenza, gli impiegati vanno a trovarli in carcere una volta al mese più o meno, portando qualche genere di conforto. Ma c’è qualcuno che vorrebbe di più. Pretende che non siano loro, ma lo stato, a pagare gli avvocati. Da tempo, ad esempio, sono martellato dal genitore di un ragazzo che sta in galera da un anno. Lo hanno trovato con 18 kg di droga. Premetto che sono un innocentista, per me, a differenza di quello che succede in India, una perosna è innocente fino a prova contraria. Ma pretendere che debba essere il governo italiano a pagare l’avvocato per questo ragazzo che è stato arrestato, ricordo, con 18 kg di droga, mi pare assurdo. Una cosa è essere trovati con un grammo, magari in una macchina guidata da un altro. Ma non sapere di una borsa con 18 kg mi pare strano. Ribadisco che sono convinto dell’innocenza del ragazzo fino a prova contraria, ma ho qualche dubbio. Sono anche vicino ai genitori, sicuramente staranno patendo le pene dell’inferno e a lui, che si troverà in un posto sicuramente disumano. Ma ognuno, si dovrebbe assumere le responsabiulità di quello che fa. Il fatto è che noi, abituati in Italia ad un sistema giudiziario che funziona male nel quale i colpevoli sono spesso fuori, dando un senso diffuso di impunità, ci aspettiamo che la stessa cosa accada anche negli altri paesi che, a torto, consideriamo incivili. Deve finire il periodo dello stato che paga per tutti. Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Andate in vacanza giù alla Scala a Torre del Greco. Il massimo che vi può capitare è pigliarvi un eczema.

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Il Nepal cambia la politica dei visti turistici

Il Nepal ha aumentato il costo del visto di ingresso. Non più gratuito per coloro che restano al massimo per 3 notti. Ora si pagano 25 dollari per soggiorni fino a 15 giorni, con multiple entry. Un cambiamento radicale nella politica turistica nepalese che permetteva fino ad ora a coloro che volevano visitare Kathmandu e la valle (Patan e Bhaktapur principalmente) di non pagare il visto. Questa gratuità ora è stata tolta. Dal 16 luglio tutti dovranno pagare fino a quindici giorni di permanenza anche se restano meno. Devo dire che la cosa mi pare sensata nell’ottica di spingere i turisti a rimanere di più in Nepal, magari visitando anche Pokhara, Chitwan e altre zone. Tra l’altro, il prezzo del visto mi sembra ragionevole e comunque anche prima bisognava fare la fila all’aeroporto per ottenere quello gratuito. L’ottenimento del visto può avvenire sia all’aeroporto come prima che presso una ambasciata o consolato che, purtroppo, in Italia non abbiamo. Il visto si può ottenere a Delhi, per coloro che passano dall’India.

Ecco nel dettaglio le nuove tariffe:

15 days (multiple entries): US$ 25.00 or equivalent foreign currency
30 days (multiple entries): US$ 40.00 or equivalent foreign currency
90 days (multiple entries): US$ 100.00 or equivalent foreign currency

Il visto può essere poi esteso pagando in loco 2 dollari al giorno.

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