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Niente topless mentre si guida a Goa

Giro di vite per i turisti stranieri, soprattutto russi e britannici, che in numero sempre maggiore frequentano Goa, lo Stato indiano ex colonia portoghese famosa per i rave party e il consumo di stupefacenti. Il governo locale ha infatti imposto nuove regole di comportamento per i bagnanti, tra cui quella di non guidare il motorino in costume o in topless. Lo rende noto l’agenzia di stampa Pti che cita al riguardo un nuovo regolamento emesso dal ministero del Turismo locale. Si tratta di un opuscolo in lingua inglese e russa che stabilisce alcuni divieti per i turisti, fra cui quello di ”non guidare un motociclo senza vestiti nella parte superiore del corpo”. Molti giovani frequentatori della meta turistica che sorge sul Mar Arabico praticano il naturismo ed hanno l’abitudine di affittare scooter o moto per spostarsi da una spiaggia all’altra. L’opuscolo, distribuito in hotel e uffici di informazione, invita i turisti a rispettare la sensibilita’ locale e ricorda anche che topless e nudismo sulle spiagge ”sono strettamente proibiti”.

fonte: ANSA

http://www.wikio.it/

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Ma sti turisti, sono pazzi o cosa?

Ho fatto uno dei miei soliti giri tra India e Nepal. A parte la bellezza del Nepal (estetica, ovviamente) e il contrasto con l’India, ho visto delle cose assurde soprattutto da parte di turisti italiani. Ad Agra, dinanzi al Taj Mahal, ho sentito una di Torino dire: “e siamo venuti fin qui per vedere questo coso?”. Questo coso è il Taj Mahal. A voi il commento. Ma di cose assurde dei turisti italiani ce ne sono tante. Alcuni di questi che ho visto negli ultimi giorni, invece di fotografare monumenti, fotografavano storpi, malati, mendicanti, lebbrosi, cadaveri. A Jaipur, dinanzi al palazzo dei venti, ho visto un uomo mettersi in posa insieme ad una mendicate con le mani fasciate e insanguinate, il corpo sporco e la maglietta con il sangue, mentre sua moglie li fotografava. La mendicante, che prima aveva il viso contrito e addolorato, ha sfornato un sorriso a 72 denti per il periodo della foto, per poi tornare alla sua aria contrita, afflitta e addolorata. A Varanasi, a parte le solite foto alle cremazioni, per altro vietate, ho sentito le solite stupide domande sul perchè gli induisti facessero il bagno in un fiume inquinato, nel quale galleggia di tutto. Quando c’ero io, sul fiume galleggiava un cadavere. Aveva la testa sommersa e i piedi legati. Proabilmente uno di quelli che non vengono cremati, un malato di lebbra, al quale, come consuetudine, avevano legato una pieta ai piedi e lo avevano buttato nel fiume. Giù via fotografie a non finire. E che dire di quelli che si chiedono perchè gli indiani non puliscono le strade, non la smettono di fare i loro bisogni in pubblico, perchè non si lavano e cose del genere? Non c’è che dire, bisogna essere acculturati anche per fare i turisti. Invece la maggior parte di quelli che vedo qui sono coloro che poi, tornati a casa, nei loro salotti di alcantara, mostrano orgogliosi le foto alle sciure e agli amici,  con commenti del tipo: “sai siamo stati in India, nella povertà, nella sporcizia, senza fogne, sapessi come vivono, io li ho aiutati, ho dato i soldi ai mendicanti, ho regalato le penne, gli shampoo ai bambini, le caramelle, ma sapessi come vivono, guarda qui i malati, i poveri, i cadaveri….”. E io che prendo a malincuore mai un cicloriscio’ perchè mi scoccia essere portato a forza da un uomo.

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E’ finita la fiera di Pushkar, che ha risentito di crisi diverse

E’ appena finita la Fiera di Pushkar, nella quale sono stato e della quale scrivo di seguito, riportando un articolo scritto per l’occasione. Quest’anno è stato tutto in tono minore: poca gente, pochi indiani, pochi turisti, pochissimi cammelli (che poi sono dromedari). La crisi, certo, ma soprattutto la paura di attentati. Pushkar, le fiere, i luoghi dove si riunisce tanta gente sono bersagli preferiti dai terroristi. In meno di sei mesi in India sono esplose 65 bombe, che hanno ucciso quasi 300 persone. La gente era molto poca, secondo i giornali si sono registrate oltre il 40% di presenza in meno. In effetti non c’era nessuno. Comunque, è sempre una cosa particolare, spero di riuscire a postare un video che ho girato, devo prima trovare il convertitore da video del telefonino a avi.

Cammelli, mercanti, saltimbanchi e santoni, cerimonie sacre e gare tra animali. Turisti occidentali, ma anche tanti indiani. Questo e molto altro, in una curiosa mescolanza di sacro e profano non inusuale in India, e’ Pushkar. Piccola cittadina del Rajastan, Pushkar e’ considerata, insieme a Varanasi (l’antica Benares, dove scorre il Gange) la citta’ piu’ sacra dell’India.  E’ conosciuta infatti per il suo lago sacro e per l’unico tempio dedicato al dio Brahma esistente nel mondo. La leggenda dice che questo lago si e’ formato dove Brahma – il creatore dell’universo nella religione indu’ – fece cadere un fiore di loto in un giorno di luna piena. La tradizione induista considera di buon auspicio bagnarsi in quelle acque, specie durante il plenilunio d’autunno. Pushkar e’ diventata cosi’ uno dei piu’ frequentati luoghi di pellegrinaggio non solo in India ma in tutta l’Asia. Qui, come a Varanasi, ogni giorno, centinaia di pellegrini si recano a compiere le abluzioni e i riti di purificazione. Ma la differenza con Varanasi e’ tangibile: a Pushkar, sui ghat che degradano verso il lago, non si compiono cremazioni. L’atmosfera e’ piu’ festosa. Il contatto con la morte, evidentissimo a Varanasi, qui non si avverte. Al lago i pellegrini vanno soprattutto a lavarsi, a rilassarsi, a pregare e a  giocare. Lungo la strada che porta al lago santoni di ogni tipo e bramini recitano preghiere e promettono buoni auspici. La citta’ ha fatto pero’ della spiritualita’ un lucroso commercio: finti santoni costituiscono per i turisti una vera e propria attrazione: bizzarramente abbigliati, con il volto e il corpo dipinto con colori vivaci, alcuni di essi arrivano a spillare a turisti creduloni anche fino ad 80 euro per una ‘puja’ (la preghiera indu’ di buona sorte) o fino a dieci euro in cambio di una foto. Non e’ raro udire di sprovveduti raggirati o derubati da piccoli truffatori e ladruncoli.  Ma Pushkar e’ soprattutto la citta’ della fiera dei cammelli: ogni anno, a novembre, in coincidenza con il periodo di luna piena, migliaia di cammelli, cavalli e altro bestiame vengono messi in vendita, fra gare, danze, musica ed altri intrattenimenti. Sono circa 200.000 le persone che puntuali arrivano ogni anno per partecipare alla festa. Oltre 150.000 animali guidati dai loro proprietari, mercanti e allevatori, giungono da tutta l’India. In uno Stato basato su un’economia prevalentemente rurale ed agricola, dove per molti possedere un cammello e’ gia’ sinonimo di ricchezza e benessere, la fiera di Pushkar costituisce l’occasione piu’ ghiotta dell’anno per realizzare buoni guadagni, destinati, in buona parte, a fronteggiare il periodo buio dell’inverno ormai alle porte. L’anno scorso, per la prima volta, proprio a testimoniare la grande importanza di questo animale per l’economia della zona, una Organizzazione non governativa (Ong) indiana ha istituito a Pushkar, per i giorni della fiera, un ambulatorio veterinario dove poter gratuitamente far curare i cammelli ammalati o feriti. A causa delle ristrettezze economiche, infatti, spesso i proprietari non sono in grado di far curare i cammelli malati e sono costretti a lasciarli morire. Una perdita enorme per la loro economia familiare. In citta’, durante i giorni della fiera, cammellieri e proprietari di bestiame si accampano nella grande spianata desertica che si trova a pochi passi dallo stadio: qui restano per una settimana (tanto dura la fiera), qui dormono, qui effettuano le operazioni di compravendita, qui fanno (spesso a beneficio dei turisti) la tosatura dei cammelli. Intanto nello stadio, poco lontano, si svolgono competizioni tra animali, parate e spettacoli folcloristici. Lo spazio della fiera e’ circondato da bancarelle che vendono souvenir, oggetti di artigianato locale, cibarie, frutta. Le famiglie portano i bambini sulle giostre o a vedere lo spettacolo dell’uomo che mangia il fuoco. Cittadina tranquilla per il resto dell’anno, per sette giorni Pushkar si trasforma completamente, dall’alba al tramonto. Solo la sera, col calare del buio, la citta’ ritorna al silenzio. I turisti si rintanano nei numerosi alberghi intorno al lago, altri preferiscono alloggiare nelle apposite tendopoli per provare l’ebbrezza di dormire una notte nel deserto. Cammellieri, mercanti e bestiame si accampano nella spianata per concedersi poche ore di riposo, in attesa dell’alba e di una nuova giornata di affari, colori, musiche e commerci.

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Sui turisti e la comprensione dell’italiano

Il 25 settembre ho scritto questo post sulla questione dei turisti che nel mondo vanno in cerca di avventura e spesso si cacciano nei guai. Citavo, senza fare il nome, anche il caso di un povero ragazzo in galera qui in India, condannato in primo grado per essere stato trovato con 18 kg di droga. Il post è stato commentato da molte persone. Un eminente esponente della società civile italiana, che si firma con una serie di titoli che ci vorrebbe Totò con il suo “ma mi faccia il piacere”, mi ha scritto oggi un commento che mi lascia allibito. Oltre ad avergli risposto, metto qui il suo commento e la mia risposta perché delle due l’una: o io ho ragione, o io non capisco un cazzo! Aiutatemi voi a capire.

Scrive Luciano Ardoino

Gentile Nello Del Gatto,

navigando in rete, alla ricerca di notizie riguardanti un caso accaduto in India tempo addietro, ho letto la Sua datata 25 settembre 2008 in merito a “Turisti alla ricerca di emozioni e carcerati italiani all’estero” e mi sono un po’ preoccupato per le terminologie usate nella descrizione di quanto accade nell’Ambasciata di New Delhi nonché delle Sue supposizioni al in merito ad eventuali colpevolezze di alcuni cittadini italiani attualmente imprigionati in quel lontano paese.
Premetto che ho una buona conoscenza dell’AIRE, degli uffici consolari e quindi anche Ambasciate dislocate un po’ in tutto il mondo, India a parte, poiché ho svolto prevalentemente la mia attività operativa all’estero nel settore turistico per quasi 40anni contribuendo, in alcuni casi con i Governi locali, alla stesura delle leggi sul turismo e della sicurezza, per quelle nazioni che provvisoriamente mi ospitavano per lavoro.
Detto ha permesso una mia assidua frequenza negli uffici sopra menzionati con un riscontro molto favorevole all’indirizzo delle personalità che ci rappresentavano, Ambasciatori, Consoli, semplici immigrati o turisti italiani occasionali e alcune volte ho dovuto affrontare problematiche, anche se non di mia stretta pertinenza, per risolvere casi che erano da imputare esclusivamente alla corruzione locale, taluni, proprio come nel caso di Angelo Falcone da lei citato, riportavano esattamente le stesse causali; attualmente dispongo di circa una ventina di coincidenze per quanto riguarda l’India e per differenti nazionalità.
In tutte queste occasioni o solamente quelle che mi vedevano vagare in quei corridoi, a volte solo per un cortese saluto, non ho mai, ripeto mai, sentito apostrofare parziali sentenze vocali all’indirizzo di concittadini più sfortunati e tanto meno verso parenti o genitori che impossibilitati richiedevano un aiuto. Nel Suo caso, cortese Nello, le ho viste addirittura scritte in un blog, contribuendo esageratamente all’abbassamento morale dei genitori del sopraddetto che si è manifestato in un chiaro senso di rabbia e sconforto. Mi creda, non è un gran bel agire tenendo in considerazione che Sua moglie lavora in quel dipartimento che dovrebbe invece agire in supporto e cooperazione con i connazionali come, tanto meno il Suo, che in possesso di notevoli armi mediatiche può contribuire a rendere vano ogni nostro sforzo per la liberazione di Angelo Falcone.
La prego pertanto voler rivedere le Sue posizioni e certo di un favorevole riscontro Le invio i miei più cordiali saluti.

Con stima

Luciano Ardoino

Membro Assefa per i bambini in India
Responsabile turismo, Liguria (F. I.)
Multi General Manager


Rispondo io:

Gentile Ardoino, Lei sarà tutte le cose che scrive e avrà tutte le qualifiche e le esperienze che dice, ma Le manca una cosa fondamentale. La conoscenza e la comprensione della lingua italiana. Forse ai Multi General Manager la cosa non è richiesta. A noi poveri mortali si. Vado con ordine a rispondere a quello che dice.
1) Innanzitutto lei non sa di chi parla e non sa che esperienza ha. Posso dire di conoscere meglio di lei ambasciate e consolati, per il semplice fatto di aver lavorato all’ufficio stampa del MAE, lavorando con l’entourage del presidente del Suo partito, che ancora mi ricorda e mi apprezza.
2) Io non ho fatto nessun nome proprio per non offendere nessuno. Ma, dal momento che lo ha fatto lei, vengo a parlare del caso di Falcone. Dal signor Falcone io sono anni che ricevo telefonate. Mi sono messo sempre a disposizione. Anche nei giorni scorsi, di nuovo, mi ha contattato prima tramite un collega a me molto caro e poi personalmente. Non ho fatto altro che fare quello che ho sempre fatto. Dirgli che io mi potevo solo limitare a scrivere del caso ma lui sarebbe in primo luogo dovuto venire qui e in secondo luogo trovare un avvocato. Non ha fatto nè la prima nè la seconda cosa. L’avvocato che gli ho proposto io è un avvocato italiano che lavora in un primario studio indiano che serve le più grosse multinazionali. Non ce ne sono altri italiani, anche perchè non possono esercitare. Ogni volta, ultima la settimana scorsa, il sig. Falcone mi ha detto che costava troppo. Non è certo colpa mia. Fare le battaglie dall’Italia non serve a nulla. Suo figlio, poverino, rimarrà in galera se non si fa qualcosa da qui. E chi lo deve fare se non i genitori? Io, lo ribadisco, rispetto il dolore del signor Falcone e sono vicino al figlio per le condizioni nelle quali si trova in galera. Ma ribadisco che se non si viene qui e, soprattutto, se le cose non si fanno in prima persona, si risolve poco.
3) Se avesse una minima conoscenza della lingua italiana, avrebbe letto che io ribadisco che per me lui, come chiunque altro, è innocente fino a prova contraria. Mi resta però qualche dubbio sulla “modica quantità” di droga: 18 chili è qualcosa in più di uno spinello. Vede, caro signore-non-conosco-l’italiano-ma-sono-bravo-solo-a-sputare-sentenze, non metto in dubbio che il ragazzo possa essere stato coinvolto in una cosa della quale non sa nulla. Allora delle due l’una: o è stato un po’ sprovveduto a fare un viaggio del genere e a “farsi buttare dentro”, o c’è qualcosa di diverso, dal momento che per lui ci si limita a fare battaglie dall’Italia.
4) Signor Multi General Manager, mi spiega che c’entra l’ambasciata e soprattutto mia moglie in tutto questo? Mia moglie non lavora in nessun dipartimento dove si aiutano i connazionali. E comunque, quando imparerà a leggere l’italiano, vedrà che io ho scritto nel post che i funzionari e i dipendenti non fanno mai mancare il loro supporto ai connazionali in difficoltà, spesso ricorrendo anche a soldi propri. Ho infatti scritto di “fare una colletta”: se apre qualsiasi vocabolario, sa quel librone grande dove ci sono le parole in quella lingua che lei fatica a comprendere, fare una colletta significa “raccolta di offerte”.
5) Tra l’altro, signor MGM, io so bene come vanno queste cose. Nel 1995 fui arrestato per aver subito un incidente stradale in Montenegro. A differenza di Falcone, io, nonostante avessi chiamato e chiesto aiuto alle autorità diplomatiche italiane, non ho avuto nessun supporto da loro. Sono stato dalla polizia picchiato e imprigionato, poi processato e condannato a pagare in nero ad un giudice. Credo quindi di avere un po’ di esperienza su questioni legati ai cittadini stranieri all’estero.
6) Lei si dice “preoccupato per le terminologie usate nella descrizione di quanto accade nell’Ambasciata di New Delhi”. E chi ha parlato male dell’ambasciata di New Delhi? Non è che il basilico che ha usato nel suo ultimo pesto era qualcosa di diverso che provoca allucinazioni?
7) Mi viene da pensare che se la politica per il turismo del più grande partito italiano sia nelle sue mani, vedo tempi foschi per il nostro turismo.
Nell’attesa di poterla risentire dopo un corso, da parte sua, anche rapido di lettura e comprensione dell’italiano, La saluto e La ringrazio.
nello del gatto

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Di turisti alla ricerca di emozioni e carcerati italiani all’estero

Spesso i giornali riportano notizie di turisti italiani che, in cerca di avventure e di emozioni forti, visitano luoghi pericolosi nei quali subiscono violenza, vengono rapiti. Interviene poi giustamente il governo, il paese per aiutarli. In questi giorni c’è ad esempio la notizia degli italiani che sono stati rapiti nel sud dell’Egitto. Avevano voluto fortemente questo viaggio, nonostante la Farnesina sul sito dei viaggi sconsigli da tempo questi luoghi. Ferma restando la necessità e il dovere morale di aiutare queste persone, chi deve pagare per i soccorsi, per eventuali riscatti? Non c’era quella massima che diceva “chi è causa del suo mal pianga se stesso”? Non è più valida? Ha fatto scalpore a metà del mese che il governo pachistano abbia chiesto il conto dei soccorsi agli alpinisti che avevano tentato di scalare il Nanga Parbat, in una spedizione che aveva visto la morte di un loro collega. Il ministero degli esteri italiano, giustamente, girò il conto agli alpinisti che si indignarono. Ma dde cche? Sapevano a che rischi andavano incontro, perchè dovrei pagare io? I turisti vengono rapiti in un luogo sconsigliato dalla Farnesina. Perchè devo pagare io? Si sono voluti assumere la responsabilità di farlo e, come si sarebero presi gli onori (mostrando orgogliosi le foto e i video dei viaggi agli amici, mostrando quanto sono machi), se ne devono prendere anche gli oneri. Qui in India, a volte, quando vado in ambasciata, vedo nella sala d’aspetto, degli straccioni che sono venuti in India a “cercare loro stessi”. Strafumati, strafatti, finiscono i soldi e pretendono che l’ambasciata dia loro i soldi e paghi il viaggio in Italia. E in ambasciata, spesso, fanno una colletta e li aiutano, oltre a fare quello che la legge e il buon senso chiede loro. La cosa succede anche altrove, ovviamente, ma soprattutto in paesi come questo. Ma dde cche? Il discorso, per me, vale anche per coloro che vengono arrestati all’estero per reati vari, in maggior parte dei quali legati a reati sessuali o a droga. Anche qui in India ci sono diversi italiani nelle galere indiane, più che altro per questioni di droga. L’ambasciata fornisce loro assistenza, gli impiegati vanno a trovarli in carcere una volta al mese più o meno, portando qualche genere di conforto. Ma c’è qualcuno che vorrebbe di più. Pretende che non siano loro, ma lo stato, a pagare gli avvocati. Da tempo, ad esempio, sono martellato dal genitore di un ragazzo che sta in galera da un anno. Lo hanno trovato con 18 kg di droga. Premetto che sono un innocentista, per me, a differenza di quello che succede in India, una perosna è innocente fino a prova contraria. Ma pretendere che debba essere il governo italiano a pagare l’avvocato per questo ragazzo che è stato arrestato, ricordo, con 18 kg di droga, mi pare assurdo. Una cosa è essere trovati con un grammo, magari in una macchina guidata da un altro. Ma non sapere di una borsa con 18 kg mi pare strano. Ribadisco che sono convinto dell’innocenza del ragazzo fino a prova contraria, ma ho qualche dubbio. Sono anche vicino ai genitori, sicuramente staranno patendo le pene dell’inferno e a lui, che si troverà in un posto sicuramente disumano. Ma ognuno, si dovrebbe assumere le responsabiulità di quello che fa. Il fatto è che noi, abituati in Italia ad un sistema giudiziario che funziona male nel quale i colpevoli sono spesso fuori, dando un senso diffuso di impunità, ci aspettiamo che la stessa cosa accada anche negli altri paesi che, a torto, consideriamo incivili. Deve finire il periodo dello stato che paga per tutti. Ognuno si assuma le proprie responsabilità. Andate in vacanza giù alla Scala a Torre del Greco. Il massimo che vi può capitare è pigliarvi un eczema.

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Il Tibet riapre ai turisti

Dopo tre mesi di isolamento totale il Tibet sara’ riaperto da domani ai turisti stranieri. Lo ha annunciato l’ agenzia governativa Nuova Cina, senza chiarire se la riapertura riguarda anche i giornalisti ed i diplomatici stranieri. L’ agenzia non chiarisce se verranno riaperte anche le zone a popolazione delle vicine province del Gansu, Qinghai e Sichuan, che sono state chiuse a tutti gli osservatori stranieri dopo che le manifestazioni di protesta anticinesi, iniziate in marzo nella capitale del Tibet, Lhasa, si sono estese ad altre zone a popolazione tibetana. Secondo le nuove regole per la stampa straniera in vigore dall’ inizio del 2007 e che avrebbero dovuto valere fino alla fine delle Olimpiadi e della Paraolimpiadi, in ottobre, i giornalisti stranieri in Cina avrebbero potuto recarsi liberamente in tutto il territorio nazionale (in precedenza erano obbligati a notificare ogni loro spostamento dalla loro citta’ di residenza) e sarebbero stati liberi di intervistare tutti i cittadini cinesi che avrebbero accetto di parlare con loro (in precedenza dovevano chiedere l’ autorizzazione delle autorita’ locali). Un funzionario locale citato dall’ agenzia afferma il passaggio della fiaccola olimpica da Lhasa sabato scorso ha dimostrato che il Tibet e’ ”sicuro” ed ha aggiunto che i turisti sia cinesi che stranieri sono ”i benvenuti” nel territorio. Le prime manifestazioni per invocare la ”liberta”’ e chiedere il ritorno del Dalai Lama, il leader buddhista esiliato, si sono svolte a Lhasa il 10 marzo per iniziativa dei monaci dei grandi monasteri di Sera, Drepung e Ganden, che sorgono nelle vicinanze della capitale. Il 10 marzo e’ l’ anniversario della rivolta tibetana del 1959, che si concluse con la fuga del Dalai Lama in India. Dopo quattro giorni di manifestazioni pacifiche violenze contro gli immigrati cinesi si sono verificate a Lhasa il 14 marzo. In seguito le proteste, nella grande maggioranza dei casi pacifiche, si sono svolte in altre zone della Regione Autonoma e nelle altre regioni della Cina a popolazione tibetana. Le ultime di cui si ha notizia sono avvenute a Kardze, nel Sichuan, alla fine di maggio e hanno portato all’ arresto di ottanta monache. La scorsa settimana, in occasione del passaggio da Lhasa della fiaccola olimpica, avvenuto sotto stringenti misure di sicurezza, Pechino ha annunciato che oltre mille delle persone detenute per le proteste sono state rilasciate. Altri 42 tibetani rimangono in prigione e sono accusati di reati gravi, per i quali saranno processati ”secondo la legge”. Secondo il governo tibetano in esilio nel corso delle proteste sarebbero morte piu’ di duecento persone. Il governo cinese sostiene che in tutto le vittime sono state una ventina, tutti civili o poliziotti cinesi uccisi dai manifestanti tibetani. Un incontro tra rappresentanti del governo cinese e del Dalai Lama e’ avvenuto in aprile nella Cina meridionale e si e’ concluso con l’ accordo a proseguire i colloqui nel tentativo di trovare una soluzione accettabile dalle due parti. La data per il secondo incontro non e’ ancora stata fissata.

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