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Consigli di lettura

Un giovane autore indiano, Aravind Adiga, ha vinto il Booker Prize, un importante premio letterario che prende in considerazione libri scritti da autori dei paesi del Commonwealth. Di seguito una interessante recensione della, posso dire, amica Alessandra Consolaro, indologa dell’Università di Torino. Buona lettura dlela recensione e del libro, che credo meriti. Aggiungo che nel 2006 lo stesso premio è stato vinto dalla giovane indiana Kiran Desai, figlia della più nota Anita, con il suo “Eredi della Sconfitta”

Aravind Adiga ha ricevuto il Booker Prize di £50.000 per il suo romanzo The White Tiger e quando gli hanno chiesto che cosa avrebbe fatto con tutti quei soldi ha dichiarato: “beh, il problema è trovare una banca dove depositarli! ” …O tempora…! Nato nel 1974 a Chennai, ha trascorso parte dell’infanzia in Australia. Ha studiato alla Columbia University e a Oxford, è stato a lungo corrispondente del Time magazine per l’Asia e vive a Mumbai. Debuttante trentaquattrenne, la sua vittoria è da segnalare per più di una ragione. Innanzitutto lo ha visto sorpassare veterani come Sebastian Barry e Amitav Ghosh. Inoltre non è comune che scrittori al primo romanzo ricevano il Booker. Ma ciò che mi preme sottolineare qui è che il romanzo premiato parla del lato oscuro della nuova India. Il protagonista Balram Halwai è un antieroe: rozzo e incolto, ma ‘furbo’ figlio di un guidatore di risciò, diventa capo di una grande impresa di Bangalore grazie alla sua capacità di mentire spudoratamente, truffare e commettere delitti. Dunque un eroe ‘cattivo’, un ‘Mr. Macbeth’ che anziché essere reso folle dal suo delitto è ossessionato solo dalla sua esitatazione a compierlo! Il romanzo è strutturato come una serie di lettere indirizzate da Balram a Wen Jiabao alla vigilia di una sua visita in India. Il tono è quasi dickensiano. La realtà più sgradevole e rimossa della società indiana contemporanea si rivela tramite scene con personaggi dai tratti decisi, loquacissimi e spesso sarcastici: milionari rinchiusi nelle loro torri con aria condizionata e poveracci che letteralmente vivono sotto di loro, pronti a esaudire ogni loro minimo desiderio. Si parla di caste (“These days there are two castes: Men with Big Bellies, and Men with Small Bellies.”), di classi, del crescente divario tra ricchi e poveri, dei problemi su scala gobale: argomenti piuttosto noiosi, si direbbe, ma il romanzo è invece molto leggibile e originale e soprattutto privo di prosa sovra-ornata, di matrimoni e di profumi di spezie! La lettura può essere di nocumento ai propagatori della visione dell’India come grande democrazia in corsa verso un radioso futuro di prosperità. Per gli altri invece è caldamente raccomandata.

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